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I santi di oggi 17 giugno:
nome San Ranieri di Pisa- titolo Eremita- nome di battesimo Ranieri Scacceri- nascita 1118, Pisa- morte 17 giugno 1161, Pisa- ricorrenza 17 giugno- Santuario principale Cappella di San Ranieri nel Duomo di Pisa- Patrono di Pisa e Principato di Monaco- Ricco mercante, in grado di leggere il latino, entrò in relazione con una asceta di Pisa, si convertì e decise di abbandonare la vita mondana. La vita di Ranieri ebbe una profonda trasformazione negli anni della giovinezza, nel 1140 andò in pellegrinaggio in Terra Santa, dove visse per tredici anni divenendo eremita. Nel 1153 ritornò a Pisa, preceduto da una fama di santità. Dopo un soggiorno di un anno presso il monastero di Sant'Andrea in Kinzica, si installò a San Vito, dove rimase sino alla morte. Si dedicò all'apostolato e alla predicazione. Il corpo venne sepolto in una cappella della cattedrale di Pisa. Il culto ebbe una grande fortuna a livello locale, e a partire dal XIII secolo divenne patrono della città. Ogni anno viene ricordato con una caratteristica luminara, secondo una tradizione che per alcuni avrebbe origine nell'anno stesso della morte del santo. Non è provato che sia stato canonizzato da Alessandro III, ma il culto liturgico fu approvato nel XVII secolo e compare nel Martirologio romano. La sua vita scritta subito dopo la sua scomparsa dal canonico pisano Benincasa, che era stato suo confidente e consigliere. Molte sono le leggende su Ranieri e vivono non solo legate alle sue gesta da vivo. Da tempo immemore i pisani si tramandano la tradizione riguardante una burrasca di san Ranieri, secondo la quale ogni anno il santo metterebbe alla prova i propri concittadini scatenando la pioggia sulle loro teste. MARTIROLOGIO ROMANO. A Pisa, san Raniero, povero e pellegrino per Cristo.
nome Beato Pietro Gambacorta- titolo Fondatore degli Eremiti di S. Girolamo- nascita 1355 circa, Pisa- morte 1435, Venezia- ricorrenza 17 giugno- Beatificazione 4 aprile 1693 da papa Innocenzo XII- Pietro Gambacorta da Pisa è il fondatore della Congregazione degli Eremiti, o Fratelli Poveri, di S. Girolamo (noti anche con il nome di "girolamiti"). Al tempo della sua giovinezza Pisa era una repubblica e suo padre, che portava il suo stesso nome, ne era il podestà. All'età di venticinque anni Pietro, travestito da penitente, lasciò segretamente la casa paterna andando a vivere in solitudine sul monte Bello, sostenendosi con l'elemosina degli abitanti del villaggio vicino. Là trovò i mezzi per costruire un oratorio e celle per una dozzina di compagni (la tradizione popolare dice che fossero briganti da lui convertiti); scelse Girolamo (30 set.) come patrono della nuova congregazione e redasse una regola, che includeva alcune norme tratte dagli scritti di quel grande dottore. I suoi monaci osservavano quattro quaresime all'anno, digiunando tutti i lunedì, mercoledì, venerdì e ogni notte prolungavano la preghiera di due ore dopo l'Ufficio Mattutino. Nel 1393 suo padre e i suoi fratelli furono assassinati da nemici politici: l'istinto del legame famigliare lo spingeva a lasciare il suo eremo per compiere la vendetta ma, come la sorella, la B. Chiara Gambacorta (17 apr.), ritenne doveroso perdonare gli assassini. La congregazione approvata da papa Martino V nel 1421 si diffuse presto in varie parti d'Italia (contava a quel tempo quarantasei case nelle sole province di Ancona e Treviso). Piccoli gruppi di eremiti e terziari si affiliarono alla congregazione, che nel 1668 fu poi unita da papa Clemente IX a quella di S. Girolamo di Fiesole; questo nuovo ordine è sopravvissuto fino al 1933. MARTIROLOGIO ROMANO. A Venezia, beato Pietro Gambacorta, fondatore dell’Ordine degli Eremiti di San Girolamo, i cui primi seguaci furono dei briganti da lui convertiti.
nome Sant'Ipazio- titolo Egumeno- nascita Frigia- morte 446, Turchia- ricorrenza 17 giugno- Attributi mitra e bastone pastorale- Patrono di Tiggiano- Nei sobborghi di Calcedonia, in Bitinia, un monastero nel deserto aveva la reputazione di essere un covo di spiriti demoniaci; un santo asceta di nome Ipazio giunse in quel luogo, mentre era in viaggio con due compagni, Timoteo e Moschione, in cerca di un luogo ritirato. Si unirono a lui dei discepoli e si formò una grande comunità. La Vita di Ipazio scritta da Callinico, uno dei suoi monaci, dice che era nato in Frigia, educato dal padre letterato: desiderava per lui la medesima carriera e lo percosse quando venne meno alle sue attese. Ipazio fuggì da casa a diciott'anni, raggiunse la Tracia, dove per qualche tempo fu pastore, e un prete, che lo udì cantare mentre pascolava il gregge, gli insegnò il salterio e il canto religioso. Allora Ipazio si unì a Giona, un ex-soldato divenuto eremita; i due conducevano una vita molto austera astenendosi da cibo e bevanda per lunghi periodi. Qui Ipazio fu ritrovato dal padre ed ebbe luogo la riconciliazione. Sembra che Giona avesse deciso di fermarsi a Costantinopoli, che avevano visitato insieme, mentre Ipazio ritornò in Asia Minore con Timoteo e Moschione, fondando il suo monastero. Come abate fu un campione potente dell'ortodossia, seguì il vescovo Eulalio di Calcedonia nel denunciare la cristologia nestoriana (accentuava la separazione in Cristo della persona umana e divina), e diede rifugio e ospitalità all'abate Alessandro l'Acemeta (23 feb,) e ai suoi monaci quando furono cacciati da Costantinopoli dal patriarca Nestorio. Ipazio entrò in contrasto con Eulalio per la proposta di reintrodurre a Calcedonia i giochi olimpici, che il vescovo non aveva osteggiato; l'idea fu abbandonata per la veemenza delle obiezioni del monaco contro il ripristino di pratiche pagane. Gli studiosi hanno dei dubbi sulla veridicità di questo racconto da parte di Callinico per due motivi: primo per la sua credulità e poi perché non ci sono fonti che attestino di un Eulalio vescovo a Calcedonia. C'è il ricordo di un Eleuterio, che era vescovo nel 451, e date le difficoltà di traduzione o traslitterazione, non sembrano esserci buone ragioni per dubitare che si tratti della stessa persona. Si tramanda che il nostro santo sia morto a metà del v secolo e per secoli è stato invocato nella Chiesa greca come protettore contro le bestie dannose. MARTIROLOGIO ROMANO. In Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Ipazio, egúmeno del monastero dei Rufiniani, che con una vita di sobrietà e di austeri digiuni insegnò ai suoi discepoli la perfetta obbedienza alla vita monastica e ai laici il timore di Dio.
nome Sant'Erveo- titolo Abate e eremita in Bretagna- nascita VI secolo, Galles- morte 575 circa, Bretagna- ricorrenza 17 giugno- Attributi lupo aggiogato- Patrono di chi soffre di problemi agli occhi- La storia di Hervé, come ci è presentata nella Vita del xili secolo, così recita: suo padre era un menestrello inglese di nome Hyvarnion, espulso dal paese dai sassoni e rifugiatosi a Parigi alla corte del re franco Childeberto. Divenne molto popolare per la sua musica, ma non era provvisto di un galateo personale per vivere a corte e così dopo due o tre anni si trasferì in Bretagna, dove sposò Rivanona, ragazza orfana, che gli diede un bambino, nato cieco, al quale misero nome Hervé, che significa "amarezza"; quando il bambino piangeva la madre gli cantava delle canzoni ed egli crebbe con un grande amore per la musica e la poesia. Il padre morì giovane e Rivanona affidò il bambino a un sant'uomo, Artian; in seguito Hervé si trasferì presso suo zio, che aveva una piccola scuola monastica a Plouvien, lavorando nella fattoria e facendo ogni tipo di lavori. Una leggenda racconta che un giorno stava lavorando nei campi quando soppraggiunse un lupo che divorò l'asino che trainava l'aratro; il giovane Guirano, che aiutava Hervé, si mise a urlare per avvertirlo del pericolo, che lui non poteva vedere. Il giovane cieco pregò, il lupo mansuetamente accettò di tirare l'aratro e finire l'aratura. Quando suo zio non fu più in grado di dirigere la scuola la affidò a lui, creandogli intorno un gruppo di monaci e professori che l'aiutassero. Dopo qualche tempo sentì l'ispirazione a cambiare di luogo alla scuola e con i compagni si trasferì a Léon, dove il vescovo l'avrebbe ordinato sacerdote se Hervé per umiltà non avesse opposto un rifiuto; da quel luogo il gruppo si diresse verso Occidente, e ai bordi della strada per Lesneven c'è una sorgente che porta il suo nome, che, si dice, egli fece sgorgare quando i suoi compagni erano assetati. Infine arrivarono a Lanhouarneau, dove si stabilirono ed Hervé fondò un monastero; là rimase il resto della vita, assai venerato per la sua santità e per la sua arte oratoria; inoltre dai luoghi circostanti molto si ricorreva a lui in qualità di esorcista. È il santo patrono di chi ha problemi agli occhi; di solito è rappresentato con un lupo e con Guirano, la sua giovane guida. È tra i santi più popolari in Bretagna e figura centrale delle ballate e del folclore bretone. Originariamente il suo culto aveva il centro a Lanhouarneau, ma, nel 1002, le sue reliquie furono distribuite in vari luoghi quando la venerazione per lui divenne generale in tutta la regione; il suo sepolcro era situato a Finisterre fino alla Rivoluzione francese. Sulle sue reliquie si prestavano giuramenti solenni fino al 1610, quando il parlamento rese obbligatorio, per atti legali, giurare sul Vangelo. In Bretagna solo Ivo, come nome, è più diffuso di Hervé. Canon Doble afferma che non esiste alcun culto del nostro santo in Bretagna, il nome sembra provenire dall'Inghilterra dopo la conquista normanna, e Harvey, la sua forma anglicizzata, la si incontra più spesso come nome di famiglia piuttosto che di battesimo, e la sua forma latina è Herveus o Erveo. Nelle arti figurative Hervé è rappresentato con un lupo che gli fa da guida o, come Antonio da Padova (13 giu.) e Bennone di Meissen (16 giu.), mentre fa tacere delle rane. La storia delle rane ha un significato speciale in Bretagna poiché i primi cristiani bretoni chiamavano i bardi druidi "le rane", e c'è un antico poema bretone intitolato Il dialogo tra le rane e i cristiani, che appunto contiene un contraddittorio tra i bardi e il clero. MARTIROLOGIO ROMANO. In Bretagna, sant’Ervéo, eremita, che, come si racconta, pur privo della vista fin dalla nascita, cantava tuttavia con letizia le meraviglie del paradiso.
nome Beato Paolo Burali- titolo Cardinale di Santa Romana Chiesa- nascita 1511, Itri, Gaeta- Ordinato diacono 5 marzo 1558- Ordinato presbitero 26 marzo 1558- Nominato vescovo 23 luglio 1568 da papa Pio V- Consacrato vescovo 1º agosto 1568 dal cardinale Scipione Rebiba- Elevato arcivescovo 19 settembre 1576 da papa Gregorio XIII- Creato cardinale 17 maggio 1570 da papa Pio V- morte 17 giugno 1578, Torre del Greco, Napoli- ricorrenza 17 giugno- Beatificazione 8 giugno 1772 da papa Clemente XIV- Incarichi ricoperti Vescovo di Piacenza (1568-1576), Cardinale presbitero di Santa Pudenziana (1570-1578), Arcivescovo metropolita di Napoli (1576-1578)- Della nobile famiglia del ramo dei Burali d'Arezzo nacque ad Itri (diocesi di Gaeta) nel 1511. Laureatosi all'Università di Bologna svolse in Napoli l'attività forense. Fu Regio Consigliere dello Stato. Chiamato da Dio a maggior perfezione, nel 1557 entrò tra i Teatini. Suo maestro di noviziato fu il Beato Giovanni Marinoni e suo compagno S. Andrea Avellino; professò il 2 febbraio 1558, anno in cui fu ordinato sacerdote. Nel 1564 fu inviato a Madrid come ambasciatore della città di Napoli. Rifiutati i vescovadi di Castellammare, di Crotone e di Brindisi, S. Pio V nel 1568 lo costrinse ad accettare il vescovado di Piacenza e nel 1570 lo creò cardinale. Pastore zelantissimo, amico di S. Carlo Borromeo, curò ogni aspetto della vita religiosa e sociale del clero e del popolò, promuovendo la formazione degli alunni del seminario. Nel 1576 Gregorio XIII, già suo maestro a Bologna, lo trasferì all'Arcidiocesi di Napoli, dove proseguì la riforma ecclesiastica e applicò al seminario le norme tridentine già sperimentate a Piacenza. Morì aTorre del Greco, dove si trovava per un breve soggiorno, il 17 giugno 1578. Fu beatificato da Clemente XIV il 17 maggio 1772. Il suo corpo riposa nella Basilica di S. Paolo Maggiore in Napoli. La sua festa ricorre il 17 giugno. MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, beato Paolo Buralo, dell’Ordine dei Chierici regolari Teatini, vescovo prima di Piacenza e poi di Napoli, che si adoperò nel rinnovamento della disciplina della Chiesa e a fortificare nella fede il gregge a lui affidato.
nome Santa Sofia- titolo Vergine e Martire- ricorrenza 17 giugno- Attributi giglio, palma del martirio, libro del Vangelo