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20/03/2024 alle 19:58

I santi di oggi 20 marzo:

I santi di oggi 20 marzo:

nome San Giovanni Nepomuceno- titolo Sacerdote e martire- nascita 1330, Nepomuk, Boemia- morte 20 marzo 1383, Praga- ricorrenza 20 marzo, 16 maggio in Slovacchia e Repubblica Ceca- Beatificazione 1721- Canonizzazione 1729 da papa Benedetto XIII- Attributi abito talare, cotta, almuzia, berretta, palma del martirio e cinque stelle- Patrono di Boemia, Slovacchia, confessori, invocato contro le alluvioni e gli annegamenti- È il martire del sigillo sacramentale. Nacque nel 1330 a Nepomuk, in Boemia. Cominciò gli studi ecclesiastici nella città di Praga, e fu consacrato sacerdote dall'arcivescovo di quella città. Appena ordinato, si diede con zelo alla sacra predicazione e il re Venceslao lo volle come predicatore di corte. Non passò molto tempo che l'Arcivescovo, per dargli un premio, volle eleggerlo canonico della cattedrale e l'Imperatore lo propose alla sede vescovile eli Leitometitz. Spaventato il buon canonico di tanti onori e responsabilità, riuscì a persuadere il sovrano a ritirare la sua proposta. La moglie di Venceslao, la piissima Giovanna di Baviera, conosciutolo, lo elesse per suo confessore e direttore di spirito. La buona signora passava ore intere dinanzi al SS. Sacramento, fuggiva anche l'ombra del peccato ed era a tutti esempio di grande virtù. Però il re, corrotto, sospettava ch'ella gli fosse infedele e la tormentava spesso per conoscere se era vero ciò che esisteva solo nella sua mente. Riuscendo naturalmente infruttuose tutte le sue investigazioni, e non essendo ancora convinto dell'innocenza della consorte, deliberò di interrogare il suo confessore e farsi rivelare da lui, o per amore, o per forza, quanto la regina gli diceva in confessionale. Chiamato a sé Giovanni, lo interrogò in belle maniere e con promesse di onori gli intimò di parlare. Il Santo rabbrividì alla proposta e rispose con invitto coraggio che in quella richiesta non poteva assolutamente ubbidirlo. Fu rimandato dopo essere stato minacciato della prigionia ed anche di peggio, se entro alcuni giorni non si fosse presentato a svelare quanto gli era stato intimato. Richiamato la seconda volta ed essendosi mostrato inflessibile, fu nuovamente rimandato. Lo invitò un'ultima volta, ad un pranzo e ritornò all'attacco, ma non riuscendo, ordinò ai suoi sgherri di gettarlo nel fiume Moldava. Nottetempo, onde non vi fosse pericolo d'una sommossa del popolo, venne condotto sul ponte della città e, tra il sesto ed il settimo pilastro (dove ancora una croce ricorda il delitto), venne gettato nella corrente. Era l'anno 1383. Il mattino seguente però sulle acque del fiume galleggiava un cadavere circondato da una luce misteriosa. Fu tratto alla riva e si riconobbe Giovanni. Tutta la città fu sossopra appena chiarito il mistero e conosciuto l'autore del misfatto. Processionalmente il santo corpo fu portato alla vicina chiesa di S. Croce, mentre ogni persona, piangendo, accorreva a baciargli i piedi e a raccomandarsi alla sua intercessione. PRATICA. Accostiamoci fiduciosi al sacramento della Confessione; scacciamo il timore, che spesso il demonio suscita nelle anime, che il confessore possa svelare il segreto e servirsene a nostro danno. PREGHIERA. Fa', o Signore, che la festa che oggi celebriamo del tuo santo martire Giovanni, ci ottenga la grazia di usare sempre bene del sacramento della Confessione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Praga in Boemia, san Giovanni Nepomuceno, sacerdote e martire, che nel difendere la Chiesa patì molte ingiurie da parte del re Venceslao IV e, sottoposto a torture e supplizi, fu infine gettato ancora vivo nel fiume Moldava.

nome Sant'Alessandra di Amiso e compagne- titolo Martiri- nascita III Secolo- morte IV Secolo- ricorrenza 20 marzo- Il Martirologio Romano cita oggi Santa Alessandra in un gruppetto di sette Sante: un gruppetto non folto, ma bellissimo nella sua compattezza. E bellissimi sono anche i sette nomi:<br /> Claudia, Alessandra, Eufrasia, Matrona, Giuliana, Eufemia e Teodosia. La testimonianza della loro fede fu pubblica, addirittura clamorosa, perché furono Martiri, tutte insieme, in tempo di persecuzione. Le loro personali vicende, però, restano velate, anzi nascoste dal tempo, con un senso di modestia che possiamo dire tutta femminile. Il martirio delle sette Sante dai bei nomi, ma senza un volto per noi, ebbe luogo ad Amide, in Asia Minore, quasi alle sorgenti del Tigri, dove probabilmente vivevano. Il gruppetto delle Martiri capeggiate da Santa Claudia appartenne perciò a un paese remoto, lontano da Roma, centro dell'Impero, e lontano dalle più importanti Chiese dell'Oriente. Forse anche per questo, la lontananza geografica ha lasciato filtrare solo il ricordo dei loro nomi, senza alcun particolare della loro vita. Sembra che siano cadute nei primi anni del IV secolo, e sarebbero dunque tra le ultime vittime di persecuzioni promosse da un Imperatore, che in questo caso sarebbe stato Massimino Cesare, rivale di Costantino. Il mazzetto delle sette donne di Amide ha attraversato compatto anche se silenzioso la storia per portare fino a noi il fascino dei loro nomi, e anche il mistero della loro vita.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Amiso, nella Paflagónia, sette sante donne, cioè Alessàndra, Clàudia, Eufràsia, Matròna, Giuliana, Eufèmia e Teodósia; le quali furono uccise per la confessione della fede, e furono seguite da Derfùta e da sua sorella.

nome Santa Maria Giuseppina del Cuore di Gesù- titolo Religiosa- nome di battesimo Maria Josefa Sancho de Guerra- nascita 7 settembre 1842, Vitoria, Spagna- morte 20 marzo 1912, Bilbao, Spagna- ricorrenza 20 marzo- Nacque a Vitoria il 7 settembre 1842 e morì il 20 marzo 1912, dopo aver fondato 43 case religiose delle Serve di Gesù, cui affidò la missione di mostrare il volto misericordioso di Dio a quanti soffrono, contribuendo ad alleviare le loro sofferenze con l'assistenza generosa a domicilio e negli ospedali. Il suo profilo spirituale rivela la sua generosità e la sua dedizione nell'accogliere le parole del Signore, «ero malato e mi avete visitato». Canonizzata da Giovanni Paolo II il 1 ottobre 2000. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bilbao nella Guascogna in Spagna, santa Maria Giuseppa del Cuore di Gesù Sancho de Guerra, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Serve di Gesù, che formò soprattutto alla cura dei malati e dei poveri.

nome San Cutberto di Lindisfarne- titolo Vescovo- nascita 634 circa, Wrangham- Consacrato vescovo Pasqua 685- morte 20 marzo 687, Isole Farne- ricorrenza 20 marzo- Incarichi ricoperti<br /> Vescovo di Lindisfarne (685-687)- Canonizzazione 698 dai monaci di Lindisfarne- Attributi abito vescovile- Nella Pentecoste dell'anno 563 S. Columba (9 giu.) arrivò in Dalriada (Scozia) con altri dodici monaci irlandesi. Là vi era già una comunità di monaci irlandesi, tra cui anche dei membri del suo clan che gli diedero del terreno sull'isola di Tona per costruirvi un monastero ed evangelizzare il territorio circostante. Etelberga, la figlia cristiana di Etelberto del Kent, arrivò nel nord della Northumbria nel 625 come moglie di re Eduino, accompagnata da Paolino di York, a cui si deve la prima evangelizzazione formale della regione.<br /> Quando Eduino venne ucciso nel 633 dal cristiano Caedwalla e dal pagano Penda, Paolino di York fuggì in Kent, portando con sé la regina e sua figlia. Caedwalla uccise anche i due principi Osric e Eanfrido, che avevano preso il potere dopo Edoardo. Il fratello di Eanfrido, Osvaldo (9 ago.) sconfisse Caedwalla e regnò in Northumbria fino al 642. Cosciente del danno inflitto alla cristianità nascente, Osvaldo chiese che fossero mandati da Tona dei monaci per continuare l'opera di evangelizzazione iniziata da Paolino, ma la fusione tra le due tradizioni cristiane, l'irlandese e la scozzese, fu lunga e difficoltosa e durò per tutto il V secolo. Tona mandò un missionario che non ebbe molto successo; poi inviò S. Aidano (31 ago.), uomo amabile che si guadagnò l'affetto della popolazione. Beda non trova parole di lode sufficienti per questo vescovo amante della povertà, la cui discrezione, umiltà, abnegazione e zelo erano superati solo dalla sua affabilità e cordialità. Insieme a lui lavorarono molti altri monaci irlandesi, ma è la sua spiritualità che formò quella della Northumbria del vn secolo. Vilfrido (12 ott.) ne fu in parte influenzato, anche se i maggiori esponenti furono Boisil, Eata, Ereberto e soprattutto Cutberto. Beda ricorda un solo difetto di Aidano, quello, cioè, di non osservare la Pasqua secondo il Calendario Romano, ma ammette che questo fatto non può costituire un'accusa contro di lui. Sull'isola di Lindisfarne, donatagli da Osvaldo, Aidano fondò un monastero sul modello irlandese sotto la protezione del castello di Bamburgh, residenza dei re della Northumbria. Durante la sua vita fu l'unico vescovo della contea, ma il suo successore dovette scendere a compromessi con le regioni della Bernicia e del Deira e acconsentire alla creazione di tre e poi cinque diocesi. Cutberto, anglosassone, nacque verso il 634, l'anno in cui Osvaldo divenne re. Non si hanno notizie dei genitori e del luogo di nascita, anche se accenni casuali dei suoi biografi suggeriscono che provenisse da una famiglia benestante. Divenne monaco non a Lindisfarne, come ci si sarebbe potuti aspettare, ma a Melrose, di cui conosceva c stimava il priore, Boisil. All'epoca l'abate Eata era assente, e fu Boisil che nel 651 accolse il postulante, il quale arrivò a cavallo armato di spada, ultimo segno della sua vita profana. Boisil quando lo vide esclamò: «Ecco che viene un servitore di Dio!». Egli stesso si occupò del giovane e, una volta avuta conferma della sua vocazione, chiese all'abate di permettergli di ricevere la tonsura e di unirsi alla comunità. Cutberto intraprese il regolare percorso monastico, arrivando a superare gli altri monaci. Nel 660 re Ahlfrith donò alcuni terreni a Melrose perché fondasse un nuovo convento a Ripon ed Eata scelse il giovane Cutberto per affidargli il delicato ruolo di responsabile degli ospiti. Cutberto è descritto da Beda come una persona che aveva facilità nei rapporti umani, affabile e gentile. Il dono della facilità di relazione con gli altri costituì uno dei suoi tratti distintivi e una delle caratteristiche pastorali più apprezzabili. Nonostante ciò non era disponibile ad aprirsi verso i sostenitori della tradizione romana, così come non lo era l'abate Eata. In seguito ai prolungati contatti con esponenti della tradizione cattolica romana in Kent, nella Gallia e a Roma, Vilfrido era tornato in Northumbria nel 658, ansioso di convertire i suoi connazionali al rito romano e specialmente di importare la datazione romana per la Pasqua. Ahlfrith stesso era convinto e sperava che il monastero di Ripon si conformasse alla pratica romana. Piuttosto che cedere, Lata preferì ritirarsi dall'incarico: i monaci di Melrose lasciarono il convento e Ripon passò sotto Vilfrido. Per quasi tutto il VII secolo la popolazione fu soggetta a epidemie periodiche di peste. Anche Cutberto si ammalò e Boisil si impegnò a far sì che tutta la comunità pregasse per lui. Venuto a sapere che vi era stata una veglia per la sua guarigione, Cutberto si alzò da letto, convinto che quelle preghiere non potevano non aver avuto effetto. In realtà era ancora troppo presto e in seguito avrebbe risentito delle conseguenze di quest'atto, ma la sua costituzione robusta gli fece superare il peggio. Boisil, che stava anch'egli morendo di peste, assicurò Cutberto che non sarebbe mai più caduto vittima del morbo, e propose che fino alla sua morte leggessero insieme il Vangelo di Giovanni. L'immagine di questi due monaci (Boisil, impaziente di comunicare al giovane l'amore di Dio rivelatosi in Gesù, e Cutberto, ansioso di assimilare le parole del maestro) è molto toccante. Beda stesso dice che evitarono di trattare questioni controverse, concentrandosi piuttosto sulle cose di «fede, lavorando attraverso l'amore». In quegli ultimi giorni Boisil parlò a Cutberto del suo futuro, predicendo perfino la sua nomina a vescovo, rivelazione che il giovane monaco tenne prudentemente per sé. Alla morte di Boisil, Cutberto venne eletto priore di Melrose. Imitando forse inconsciamente Boisil, unì alla fervente vita monastica le visite ai fedeli per predicare e insegnare e con la sua disponibilità e manifesta bontà conquistò molti alla fede. Un racconto del periodo in cui fu priore di Melrose mostra il suo impegno per migliorarsi attraverso la preghiera personale e la penitenza: la badessa di Coldingham gli aveva chiesto di visitare la sua comunità e di tenere un sermone e Cutberto acconsentiva sempre volentieri a queste richieste di aiuto. Mentre era là, trascorse come il solito la notte in preghiera, immerso nel mare gelato con l'acqua fino al collo. Un altro monaco, incuriosito, lo aveva seguito e spiato. Con sua grande meraviglia, quando Cutberto uscì dall'acqua, due lontre lo asciugarono e lo scaldarono, così che fu pronto a partecipare alle celebrazioni in chiesa. Il biografo di Cutberto narra molti miracoli dettati dalla compassione per le sofferenze altrui. Tuttavia a un certo momento il santo iniziò a sentire la necessità di una vita di preghiera solitaria e secondo la Vita di un monaco di Lindisfarne egli fece un tentativo di diventare eremita già all'epoca di Melrose. Eata, però, divenuto abate di Lindisfarne dopo la morte di Colman (18 feb.), insieme agli altri monaci che non volevano accettare la data romana per la Pasqua, lo convinse ad accettare l'incarico di priore. Si dimostrò un compito tutt'altro che facile, perché i monaci di Lindisfarne erano vicini alla ribellione, anche se non è chiaro quali fossero le loro rimostranze. Gli irlandesi della Northumbria si erano sentiti minacciati da Vilfrido e dai suoi sostenitori. Il sinodo di Whitby, nel 664, aveva deciso di adottare la data romana per la Pasqua e anche Eata e Cutberto accettarono, come fece la maggior parte degli irlandesi. Vilfrido era anche desideroso di introdurre la Regola di S. Benedetto. Beda scrive: «Ora vi erano alcuni fratelli nel monastero che preferivano conformarsi ai loro vecchi costumi più che alla regola monastica.<br /> Tuttavia Cutberto li conquistò con la sua virtù e la pazienza, e con uno sforzo quotidiano li portò gradualmente a un miglior comportamento. Nel corso delle discussioni durante il capitolo riguardo alla regola, quando veniva insultato dai suoi oppositori, egli era solito alzarsi in piedi e uscire dalla sala compostamente, chiudendo il capitolo. Il giorno seguente, come se niente fosse, tornava a impartire i medesimi insegnamenti davanti agli stessi ascoltatori fino a che, come è già stato detto, riuscì a convertirli gradualmente». Beda aggiunge: «Era un uomo ammirevole per la sua pazienza e insuperabile nel sopportare con coraggio ogni peso, sia spirituale che fisico». Era forse stato affidato a Cutberto il compito di introdurre la regola benedettina? O semplicemente di rafforzare la Regola di S. Columba, aggiungendovi elementi di quella di S. Benedetto? O di riformare una comunità che si stava lasciando andare eccessivamente? Il biografo anonimo di Cutberto scrive: «Stilò la nostra regola di vita, che componemmo allora per la prima volta e che osserviamo ancora oggi insieme alla Regula di .S. Benedetto». Cutberto aveva trascorso dodici anni a Lindisfarne sotto la guida dell'abate Eata, «seguendo la vita contemplativa insieme a quella attiva», quando sentì che doveva assecondare la chiamata al deserto e intraprendere la vita solitaria. Lo fece, dice Beda, «con il benestare di quello stesso abate [Eata] e dei fratelli», ritirandosi nel 676 prima nella vicina "isola di Cutberto" e poi nella più lontana isola di Farne, dove Aidano era solito trascorrere le settimane di Quaresima. Vi rimase nove anni. L'isola era così desolata da venire considerata un covo di demoni dove nessun essere umano poteva essere al sicuro. Sulla riva volta verso la terraferma non vi erano altro che rocce a picco sul mare, mentre dall'altra parte vi era una scogliera meno ripida con un'unica possibilità di attracco. Cutberto costruì sull'isola una casa a pianta circolare, scavando profondamente nella roccia così che il pavimento si trovò sottoterra mentre i muri erano così alti che l'eremita non poteva vedere null'altro che il cielo. Costruì anche una piccola capanna vicino all'approdo dove i visitatori potevano alloggiare. Al l'inizio i fratelli lo aiutarono nella costruzione, portandogli anche da mangiare, ma poi egli preferì coltivare da sé il suo cibo piuttosto che pesare sugli altri; il suolo era povero e vi poteva crescere solo orzo, e questo fu il suo nutrimento in quegli anni. Il suo primo biografo, cogliendo il pesante fardello di quella solitudine scrive: «Sopportava ogni condizione con risoluzione». Il tempo era speso in grande prevalenza nella meditazione, ma vi erano molti che lo cercavano per avere consiglio, aiuto spirituale, guarigioni e per conoscere il futuro. Nel 684 il sinodo di Twyford, che si riunì alla presenza di re Ecgfrith e sotto la presidenza dell'arcivescovo Teodoro di Canterbury, elesse Cutberto all'unanimità vescovo di Hexham, il cui titolare era appena stato deposto. Gli furono inviati dei messaggi, ma l'eremita non si mosse. Ecgfrith, con altri membri del sinodo, lo scongiurò in nome di Dio di accettare, mentre l'arcivescovo attendeva una risposta. Cutberto si arrese alle loro insistenze: aveva trascorso nove anni rafforzando la sua fede attraverso la preghiera; due anni di servizio attivo gli diedero ora l'opportunità di esprimere la sua profonda fede attraverso l'opera dell'amore. Eata, egli stesso vescovo di Lindisfarne, che sapeva perfettamente che cosa avrebbe comportato la nomina per il suo ex priore, si offrì quindi di prendere la diocesi di Hexham e di dare a Cutberto quella di Lindisfarne, già conosciuta dall'eremita. Cutberto iniziò il suo ministero con grande semplicità. Consacrò chiese, ordinò sacerdoti, consacrò vergini, predicò e insegnò, si prese cura dei poveri, il tutto mantenendo uno stile di vita semplice. Si dedicava soprattutto ai malati e ai sofferenti, agli sfiduciati e ai malati di peste. Egli stesso aiutò la regina Eormenberg dopo la morte del marito Ecgfrith in battaglia, consegnandole poi il velo. Il modello utilizzato dal suo biografo per descrivere questo periodo è quello della vita di S. Martino, il monaco-vescovo ideale, ma non ci sono dubbi che Cutberto si guadagnò la stima e l'affetto dei fedeli della sua comunità. Durante una visita a Carlisle per la consegna del velo alla regina Eormenberg, Cutberto vide il suo amico e compagno d'eremitaggio Ereberto per l'ultima volta. I due erano soliti incontrarsi una volta all'anno, ma Cutberto capì chiaramente di essere prossimo alla fine e che quello sarebbe stato l'ultimo saluto e glielo confidò. Sopraffatto dal dolore, Ereberto chiese al suo amico di pregare perché potessero essere uniti dopo la morte come lo erano stati in vita. Trascorse il Natale del 686 con la sua comunità a Lindisfarne in segno di addio, poi immediatamente dopo si ritirò nel suo rifugio di Farne e trascorse i seguenti due mesi e tre settimane preparandosi alla morte. I monaci presero congedo da lui. Quando uno di loro si attentò a chiedere quando lo avrebbero rivisto, egli rispose: «Quando riporterete indietro il mio corpo». Beda aggiunge che era felice di incontrare i numerosi visitatori di Lindisfarne, preoccupato di mostrare loro gli ultimi segni del suo affetto. Si ammalò il 27 febbraio. Il mattino seguente l'abate Herefrith andò a cercarlo per dirgli che doveva tornare a Lindisfarne. Trovò Cutberto chiaramente indisposto e pensò che stesse soffrendo per un vecchio disturbo, ma con sua grande sorpresa, Cutberto iniziò a dare disposizioni per la sua sepoltura. Ilerefrith gli chiese se doveva lasciare dei monaci per prendersi cura di lui, ma Cutberto non lo permise. Partirono e, ancora preoccupato, Herefrith chiese alla comunità di pregare per il loro vescovo, giunto alle sue ultime ore.Per cinque giorni una tempesta impedì all'abate di tornare sull'isola e quando vi arrivò, trovò Cutberto nella capanna vicino all'approdo, nella quale si era trascinato nonostante il tempo e la debolezza. Cutberto spiegò: «Accade per volere divino e della provvidenza che, separato dalla società umana e da ogni aiuto, dovessi soffrire. I miei avversari, durante tutto il tempo che ho vissuto in quell'isola, non mi avevano mai perseguitato con tale frequenza come in questi cinque giorni.» Era forse andato nella capanna per risparmiare ai monaci l'ulteriore salita alla sua cella, o aveva forse tentato di anticipare di un poco il conforto umano di cui necessitava in quel momento? L'abate non osò interrogare il morente ma fece il possibile per occuparsi delle sue necessità corporali. Cutberto fu riportato nella sua cella dove morì nel tardo pomeriggio, il 20 marzo 687. Era stato vescovo per soli due anni, e monaco per trentasei. L'abate Herefrith aveva ottenuto da Cutberto il permesso di portare il suo corpo a Lindisfarne. In seguito ai racconti dei numerosi miracoli accaduti sulla sua tomba, nel 698 la comunità decise di riesumare il corpo e di porlo in un nuovo sepolcro, dove potesse essere venerato più facilmente. Con grande stupore di tutti, il corpo di Cutberto fu trovato incorrotto e non ancora rigido, perfino gli abiti con i quali era stato seppellito erano in condizioni perfette. I vestiti e i sandali vennero sostituiti, mentre il corpo fu avvolto in un telo cerato e posto in un feretro di legno a livello del pavimento. Nell'875 iniziarono i lunghi spostamenti delle sue reliquie quando, in seguito a un attacco dei danesi, la comunità dovette abbandonare il monastero. Un gruppo di monaci che trasportava con sé le reliquie vagò nel nord dell'Inghilterra per sette anni fino a che arrivò a Chester-le-Street. Là venne costruita una chiesa dove il corpo rimase per centotredici anni, fino a quando fu traslato a Ripon nel 995, per sfuggire nuovamente ai danesi. Quattro anni dopo venne posto nella chiesa di Durham costruita dal vescovo Aldhune. L'arrivo di Guglielmo il Conquistatore nello Yorkshire causò un altro spostamento, questa volta a Lindisfarne, ma già nel 1070 le reliquie vennero riportate a Durham. Tredici anni dopo una comunità di benedettini fu installata a Durham e iniziò a costruire una nuova chiesa. Fu eretto un sepolcro temporaneo e, nel 1104, prima dell'attuale completamento della basilica, il corpo fu traslato nel sepolcro costruito appositamente. Prima dello spostamento il monumento funebre venne aperto per esaminare le reliquie: vi erano tre strati: una cassa esterna, poi una ricoperta di cuoio e, infine, la bara di legno del 698. All'interno di questa, su un coperchio interno, stava il Vangelo di S. Cutberto, che era stato scritto e illustrato a Wearmouth. Il corpo di S. Cutberto ancora incorrotto e non rigido, giaceva su un fianco per lasciare spazio alle reliquie, ritenute da fonti scritte essere la testa di S. Osvaldo, le ossa di S. Aidano e quelle del vescovo suo successore, salvate dalla profanazione dei danesi. Le altre reliquie vennero tolte e íl corpo di S. Cutberto e la testa di S. Osvaldo vennero ricollocati nella bara. Furono rimessi anche altri oggetti: un altare mobile d'argento, un calice finemente lavorato, un corporale e una patena, un pettine d'avorio e un paio di forbici. Quando il sepolcro venne saccheggiato tra il 1537 e il 1539 dagli inviati di Enrico VIII e la bara aperta, il corpo era ancora incorrotto, anche se durante l'apertura fu rotta una gamba. Il corpo venne risepolto nel 1542 nel medesimo luogo.<br /> Questa tomba venne aperta nel 1827 dalle autorità anglicane della cattedrale: sotto la prima lastra, fu trovato del sudiciume, poi un'altra lastra con inciso il nome di un monaco del xv secolo. Le bare erano distrutte, furono trovate delle ossa in una di esse ma un solo scheletro giaceva sul fondo (avvolto in seta che si sgretolò quando la toccarono, ma di cui sono rimasti alcuni frammenti). Si ritenne che lo scheletro fosse quello di Cutberto. Non c'era traccia di calice, patena e forbici, ma fu trovato un pettorale a forma di croce, di cui non si aveva conoscenza, rotto ma coni pezzi messi vicini. Questo fine reliquiario d'oro e granati è conservato nel tesoro della cattedrale di Durham con la maggior parte delle altre reliquie di Cutberto. Le ossa vennero interrate in una nuova bara il giorno stesso. La tomba venne riaperta nel 1899 e un'analisi medica delle ossa rivelò che lo scheletro era quello di un uomo di circa cinquant'anni, il cui teschio era stato datato all'xi secolo, che aveva sofferto di tubercolosi. La sostanza che era ancora attaccata alle ossa denotava la condizione di mummificazione del corpo come risultato dell'imbalsamazione, processo che si ritiene fosse stato favorito anche dall'interramento nel suolo sabbioso del Lindisfarne. I pezzi di tessuto furono datati al va secolo. Le informazioni ottenute con queste analisi sono numerose, ma le conclusioni non trovarono piena accoglienza. La tradizione cattolica ha conosciuto molti santi, antichi e recenti, i cui corpi sono rimasti incorrotti a testimonianza della loro santità e non per l'aiuto dell'imbalsamazione. Anche nel caso di Cutberto il lento processo di imbalsamazione dovuto all'interramento non sembra ipotesi verosimile perché il suo corpo rimase nella terra per soli undici anni, dopo i quali fu posto nel sepolcro sopra al pavimento per oltre ottocento; analogamente, la sorpresa dei monaci nel trovare il corpo intatto nel 698 non è comprensibile, se loro l'avessero imbalsamato solo pochi anni prima. Se il corpo, con i suoi paramenti e le sue vesti, era ancora incorrotto quando il sepolcro venne violato all'epoca della Riforma e il corpo per un certo tempo lasciato nella sagrestia, è possibile che durante o dopo l'interregno sia stata fatta una sostituzione, con il passaggio dei vestiti del santo a un altro scheletro. Alcuni cattolici inglesi a lungo hanno creduto fermamente a questa sostituzione e che il vero corpo di S. Cutberto sia nascosto da qualche altra parte nella cattedrale. Si crede che esistano "messaggi in codice" indicanti la sua collocazione ma il luogo ipoteticamente segnalato da uno di questi e verificato durante gli scavi, si rivelò insignificante; altri sono apparsi in seguito in fonti scritte ma sono probabilmente ugualmente inaffidabili. Anche l'ipotesi che le vesti siano state scambiate all'epoca della sostituzione del corpo, anche se non impossibile, sembra forzata. Il culto di S. Cutberto, il santo più popolare del nord dell'Inghilterra, è ancora oggi molto vivo. Gli sono state dedicate 135 chiese in Inghilterra e diciassette in Scozia, mentre la vetrata dello York Minster rimane un grande esempio della tarda iconografia medievale del santo. Il Vangelo di Lindisfarne, associato fin dall'antichità con il sepolcro, è oggi nel British Museum, mentre il National Trust ha cura dell'isola di Farne, oggi riserva naturale. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Farne in Northumbria, nell’odierna Inghilterra, transito di san Cutberto, vescovo di Lindisfarne, che nel suo ministero pastorale brillò per la stessa diligenza dimostrata in precedenza in monastero e nell’eremo, e armonizzò pacificamente l’austerità e lo stile di vita dei Celti con i costumi romani.

nome Beato Francesco di Gesù Maria Giuseppe- titolo Sacerdote carmelitano- nascita 29 dicembre 1811, Aytona, Spagna- morte 20 marzo 1872, Tarragona, Spagna- ricorrenza 20 marzo, per i carmelitani il 7 novembre-Beatificazione 24 aprile 1988 da papa Giovanni Paolo II- Francesco Palau y Quer, settimo di nove fratelli, nacque nel 1811 ad Aytona nella regione di Lérida, in Spagna. Entrò nel seminario di Lérida nel 1828 e poi nel convento dei carmelitani scalzi di Barcellona nel 1832, facendo i voti solenni nel 1833 (anno della morte di re Ferdinando VII). Poiché il re non aveva lasciato alcun erede, scoppiò una guerra dinastica tra il fratello di Ferdinando, Carlo, e la sua vedova, Maria Cristina, che fungeva da reggente per la figlia Isabella. I due contendenti erano sostenuti dalle due fazioni politiche che rivaleggiavano per il potere: i liberali anticlericali, che rigettavano la legge salica e appoggiavano la reggente, e i tradizionalisti, che erano dalla parte di Carlo. Alla fine i liberali prevalsero, ma si divisero a loro volta in due fazioni, liberali e moderati, che si alternavano al governo. Vi erano poche differenze nella loro posizione nei confronti della Chiesa ed essa fu obbligata a consegnare i beni per finanziare la guerra dinastica e quella coloniale. Le case religiose vennero depredate e nel 1834 una comunità di frati di Madrid venne massacrata. Francesco proseguì regolarmente i suoi studi, ma nel 1835 fu obbligato a lasciare il convento, che non venne più riaperto. Ordinato prete nel 1836, iniziò il suo ministero apostolico in Catalogna. Venne catturato e rinchiuso da simpatizzanti liberali nel castello di Monjuich; liberato l'anno seguente, andò in esilio in Francia (dal 1840 al 1851), dove divise il suo tempo tra l'attività apostolica e periodi di profonda solitudine eremitica. In quell'epoca scrisse anche alcuni libri e fu direttore spirituale di un gruppo di giovani a Notre Dame de Livron, nella diocesi di Montauban. Al suo ritorno in Spagna nel 1851, dopo la firma di un nuovo concordato tra Roma e il governo spagnolo, riprese il suo ministero fondando a Barcellona la "Scuola della virtù", che fu un modello esemplare per l'insegnamento del catechismo. La scuola però fu presto accusata di complicità negli scioperi organizzati dalle unioni artigiane e fu soppressa duramente dalle autorità civili. In qualità di direttore, Francesco venne esiliato a Ibiza (nelle isole Baleari) per sei anni (1854-1860). Ritornato dall'esilio diede vita a due congregazioni, le Suore Carmelitane Missionarie e le Carmelitane Missionarie Teresiane, nelle Baleari. Continuò così, nelle isole e sulla terraferma, a predicare le missioni al popolo e diffuse la devozione a Maria, modello perfetto della Santa Chiesa. Morì in Tarragona il 20 marzo 1872. Nel 1947 le sue reliquie vennero traslate dal cimitero alla chiesa della sua congregazione. Apprezzava la solitudine per l'occasione che gli procurava di partecipare al mistero della Chiesa, mentre faceva tutto ciò che era in suo potere per servirla: predicazione, catechesi, esorcismi, attività di scrittore e giornalista. Tutte le sue azioni apostoliche erano motivate da un unico proposito: «Amare e servire la Chiesa nei poveri e nei malati, nei bambini e giovani, nelle famiglie». Ha lasciato diversi scritti: alcuni di carattere pastorale e pedagogico, altri autobiografici e spirituali. I suoi ideali sono portati avanti dalle congregazioni che ha fondato e che oggi sono diffuse in quattro continenti. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 24 aprile 1988.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Tarragona in Spagna, beato Francesco di Gesù Maria Giuseppe Palau y Quer, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, che durante il suo ministero sostenne atroci vessazioni e, accusato ingiustamente, fu relegato nell’isola di Ibiza, dove morì abbandonato a se stesso.

nome Beato Ippolito Galantini- titolo Laico, fondatore- nome di battesimo Ippolito Galantini- nascita 14 ottobre 1565, Firenze- morte 20 marzo 1619, Firenze- ricorrenza 20 marzo, 3 ottobre- Beatificazione 19 giugno 1825 da papa Leone XII- Ippolito Galantini, figlio di un tessitore fiorentino, nacque il 14 ottobre 1565. Da bambino sviluppò un talento incredibile nel memorizzare e ripetere le omelie. Quando compì dodici anni l'arcivescovo Alessandro de' Medici (il futuro papa Leone XI), riorganizzò l'insegnamento della dottrina cristiana nella diocesi, nominando supervisore don jacopo Ansaldi. Don Jacopo riconobbe le potenzialità del ragazzo e prese la decisione, senza antecedenti, di nominarlo capo dell'insegnamento della dottrina cristiana nella chiesa di Santa Lucia sul Prato, nonostante la sua giovane età. Con l'aiuto di altri giovani Ippolito organizzò classi di catechismo per i bambini poveri e non istruiti. Egli avrebbe ricoperto altri incarichi in altre istituzioni laicali, ma questa prima confraternita continuò a svolgere un ruolo vitale nella città di Firenze. Più tardi tentò di entrare nei cappuccini, ma non venne accettato per la salute malferma. Divenne allora membro dei terziari francescani, che gli permisero di consacrarsi al Signore come desiderava e insieme di seguire la vocazione di catechista. All'età di diciassette anni fu nominato guardiano della Compagnia di Santa Lucia, un'associazione laicale presente in diverse parrocchie, che egli riorganizzò e verso la quale attirò molti nuovi giovani. La sua figura non passò inosservata e, a causa delle gelosie che alcuni nutrivano, dopo alcuni anni si sentì obbligato a dare le dimissioni. Accettò poi la direzione di un'associazione simile (Congregazione di S. Salvatore) legata alla chiesa francescana di Ognissanti occupandosi non solo dell'istruzione religiosa, ma anche dei bisognosi, specialmente durante la carestia del 1590. Lavorò in seguito per la chiesa di San Domenico in Palazzuolo e per l'oratorio dei Bini, continuando a rimanere legato alla sua confraternita.Pur senza fondi e istruzione, Ippolito riuscì a fondare un istituto secolare che si occupava dell'insegnamento della dottrina cristiana ai bambini e agli adulti: compose la regola per i suoi associati verso l'anno 1602, ispirando altre persone a imitare il suo esempio. Sebbene fosse generalmente conosciuta come la Compagnia d'Ippolito, o più comunemente come quella dei "Vanchetoni", la sua società venne rinominata, dietro richiesta di papa Clemente VII, Congregazione di S. Francesco per la dottrina cristiana. Nel 1603 i cittadini di Firenze, riconoscendo i suoi meriti, contribuirono alla costruzione di una cappella per il suo istituto in un luogo accessibile agli appartenenti alle classi sociali più basse, che avrebbero potuto così ottenere dalla confraternita un corso completo nell'educazione cristiana. Per i suoi compagni scrisse gli Esercizi della scuola dello Spirito (pubblicato solo nel 1831). Morì il 20 marzo 1619, Venerdì Santo, baciando un'immagine di Cristo crocifisso. La sua tomba a Firenze divenne presto meta di pellegrinaggi. È stato beatificato da papa Leone XII nel 1825. MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, beato Ippolito Galantini, che fondò il Sodalizio della Dottrina Cristiana e si adoperò assiduamente per l’istruzione catechistica dei fanciulli e dei semplici.

nome San Martino di Braga- titolo Vescovo- nascita 520 circa, Pannonia- morte 20 marzo 579, Braga, Portogallo- ricorrenza 20 marzo- Gregorio di Tours (17 nov.) afferma che S. Martino da Braga fu il più importante studioso della sua epoca, mentre il poeta cristiano Venanzio Fortunato (4 dic.) lo descrive come l'erede dei meriti e del nome di S. Martino di Tours (11 nov.). Martino nacque verso il 520 in Pannonia, terra del santo omonimo. Alcuni studiosi hanno ritenuto che la notizia procedesse da una confusione tra i due, ma il nome del paese appare nel suo epitaffio, che si dice abbia composto egli stesso. Da giovane si recò in pellegrinaggio in Palestina. Non ci sono informazioni precise riguardo a ciò che fece, ma è probabile che abbia conosciuto la vita monastica e sia divenuto monaco là. Sempre in Terra Santa, inoltre, potrebbe aver incontrato pellegrini dalla Spagna, i cui racconti della tribù germanica degli svevi, per metà pagani per metà ariani, anch'essi originari della Pannonia ma stabilitisi in seguito in Galizia negli ultimi cinquant'anni, potrebbero averlo indotto a recarsi in Spagna con lo scopo di convertirli. Gli svevi erano stati cattolici sotto il re Rechiario, ma durante il regno di Remismondo furono convertiti all'arianesimo da Aiace, un vescovo apostata della Gallia. Inoltre, benché la Galizia non annoverasse molti abitanti romano-ispanici, alcuni di questi avevano impiantato il priscillianesimo, eresia gnostico-manichea che aveva in passato colpito la maggior parte della Spagna. L'arrivo di Martino nel 550 coincise con la traslazione delle reliquie di S. Martino di Tours a Orense. Il figlio del re Carriarico era stato guarito grazie alle preghiere rivolte al santo: per questo miracolo il re aveva abbandonato l'arianesimo e abbracciato la fede cattolica. Il suo successore Teodomiro fu molto deciso nel combattere l'arianesimo e così, con l'appoggio della monarchia, a Martino fu possibile intraprendere l'opera di conversione degli svevi. Egli fondò numerosi monasteri e fissò la sua base in quello di Dumio, di cui fu abate e che alla fine nel 556 divenne la sede del vescovado. Fu in seguito nominato vescovo della diocesi di Braga, oggi in Portogallo, che lo fece metropolita di tutta la Galizia. Martino partecipò al I concilio di Braga nel 561 e poi come vescovo di quella sede presiedette il II concilio, tenuto nel 572, nel quale poté affermare: «Ora non vi è alcun dubbio che, attraverso la grazia di Cristo, vi è una sola confessione nella provincia». Oltre alla sua opera di missionario, Martino scrisse alcuni trattati con l'intenzione di rispondere ai bisogni pastorali della sua giovane Chiesa. Compilò una collezione di ottantaquattro canoni, soprattutto greci ma anche spagnoli e africani, che furono di grande importanza nella storia del diritto canonico medievale. Che fosse o no sua intenzione dare agli insegnamenti un carattere graduale, il trattato Formula vitae honestae, indirizzato a re Miro e basato, come il De ira, sui trattati morali di Seneca, illustra la ricerca di una vita buona e virtuosa, mentre i suoi Pro repellenda iactantia, De superbia e Exhortatio ad humilitatem introducono i lettori alla spiritualità cristiana. Martino dice ai fedeli: «Quando avete compiuto qualche azione buona, qualunque sia, guardate attentamente il vostro cuore affinché non si compiaccia delle lodi degli altri e cresciate in autostima e soddisfazione. Non cercate attivamente la gloria per i vostri meriti, perché essa è come l'ombra del vostro corpo: inseguitela, ed essa vi sfuggirà, rifuggitela, ed essa vi seguirà. Se fate qualcosa di buono, attribuite il merito a Dio, che vi ha donato tutto ciò che avete». Per i suoi monaci raccolse il Sententiae Patrum Aegyptorum e, con la collaborazione di Pascasio, un monaco della comunità di Dumio, il Verba Seniorum. L'impresa di convertire l'intera tribù degli svevi era probabilmente impossibile per qualsiasi persona e il De correctione rusticorum di Martino rivela quant'egli ne fosse consapevole e quanto rimanesse ancora da fare. La mancanza di un'istruzione adeguata, unita al relativo isolamento, favorivano il persistere dell'idolatria paganeggiante. La posizione di Martino verso questo paganesimo latente è decisamente diversa, tuttavia, dai metodi violenti dei visigoti: la sua politica si basava sulla persuasione più che sulla coercizione e questo comportamento fu il cardine del consiglio offerto al vescovo Polcmio, a cui era indirizzato lo scritto. Fu per la grande stima conquistata che Martino ebbe un successo inaspettato nell'opera di rievangelizzazione. Morì nel 579 al monastero di Dumio. Le sue reliquie furono traslate a Braga nel 1606. MARTIROLOGIO ROMANO. A Braga in Portogallo, san Martino, vescovo, che, originario della Pannonia, ebbe dapprima la sede di Dume e poi quella di Braga; per il suo zelo e la sua predicazione gli Svevi, abbandonata l’eresia ariana, abbracciarono la fede cattolica.

nome San Giuseppe Bilczewski- titolo Arcivescovo di Lviv dei Latini- nome di battesimo Józef Bilczewski- nascita 26 aprile 1860, Wilamowice- Ordinato presbitero 6 luglio 1884- Nominato arcivescovo 17 dicembre 1900 da papa Leone XIII- Consacrato arcivescovo 20 gennaio 1901 dal vescovo Jan Maurycy Paweł Puzyna de Kosielsko (poi cardinale)- morte 20 marzo 1923, Leopoli- ricorrenza 20 marzo- Incarichi ricoperti Arcivescovo metropolita di Leopoli (1900-1923)- Beatificazione 26 giugno 2001 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 23 ottobre 2005 da papa Benedetto XVI- Attributi Bastone pastorale- Giuseppe Bilczewski nacque il 26 aprile 1860 a Wilamowice, nell'odierna diocesi di Bielsko2ywiec. Il 6 luglio 1884 venne ordinato sacerdote. Divenne professore di Teologia dogmatica all'università Giovanni Casimiro di Leopoli. Leone XIII il 17 dicembre 1900 lo nominò arcivescovo di rito latino di Leopoli. Morì il 20 marzo 1923 ed è stato proclamato beato il 26 giugno 2001. Il 23 ottobre 2005 è stato santificato da Benedetto XVI. MARTIROLOGIO ROMANO. A Leopoli in Ucraina, beato Giuseppe Bilezewski, vescovo, che con grande ardore di carità si adoperò per l’edificazione dei costumi e la formazione dottrinale del clero e del popolo di rito latino e, in tempo di guerra, sovvenne con ogni mezzo e premura alle necessità dei poveri e dei bisognosi.

nome Beato Ambrogio Sansedoni- titolo Sacerdote Domenicano- nome di battesimo Ambrogio Sansedoni- nascita 16 aprile 1220, Siena- morte 20 marzo 1286, Siena- ricorrenza 20 marzo- Beatificazione 16 aprile 1443 da papa Eugenio IV- Nato a Siena, a 17 anni abbracciò la vita domenicana. Insieme a s. Tommaso d'Aquino fu allievo di s. Alberto magno a Parigi e a Colonia. Dopo alcuni anni di insegnamento a Colonia, si dedicò generosamente alla predicazione in Italia e in Germania. Nel 1270 fu chiamato dal papa a Roma per curare la restaurazione degli studi teologici. Negli ultimi anni della sua vita predicò a favore delle crociate e della pacificazione di diverse città italiane. A Siena, facendo un discorso contro l'usura, fu tale la sua veemenza che gli si ruppe un'arteria e mori: era il 20 marzo. Il suo corpo si venera nella basilica di san Domenico a Siena.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Siena, beato Ambrogio Sansedoni, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che fu discepolo di sant’Alberto Magno e, benché uomo versato nella dottrina e nella predicazione, si mostrò nello stesso tempo semplice verso tutti.

nome San Vulfranno- titolo Arcivescovo di Sens- nascita Milly, Gâtinais- morte 700 circa, Sens, Francia- ricorrenza 20 marzo- Canonizzazione pre canonizzazione- Nacque a Milly nel Gâtinais. Era cappellano di corte. Fu abate dell'abbazia benedettina di Fontenelle (Saint Wandrille), in Normandia e poi ricevette la sede episcopale di Sens (693), che mantenne per due anni e mezzo e svolse devotamente i suoi doveri episcopali per due anni e mezzo. Dopo quel breve periodo si dimise solennemente, spinto dal desiderio di lavorare tra i frisoni pagani. Si associò con il missionario inglese San Willibrordo per evangelizzare la Frisia per diversi anni. In preparazione al suo lavoro missionario, Wulfrano si ritirò nell'Abbazia di Fontenelle, dove ottenne dei monaci che lo assistessero nella sua missione. Viaggiarono via mare e, dopo essere sbarcati in Frisia (l'attuale provincia dei Paesi Bassi settentrionali), riuscirono a convertire un gran numero di persone, incluso uno dei figli di re Radbod, e combatterono per strappare i nativi alla pratica dei sacrifici umani. Secondo la leggenda, avrebbe salvato un impiccato e due bambini che i pagani volevano annegare. Dopo aver lavorato per diversi anni tra i Frisoni, San Vulfrano tornò a Fontenelle, dove morì e fu sepolto nei pressi di San Wandregisilo. Le sue reliquie furono trasferite prima a Blandigny e poi ad Abbeville, dove sono ancora venerate.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Fontenelle nella Neustria, in Francia, deposizione di san Vulframno, che, prima monaco e poi vescovo di Sens, si dedicò a donare al popolo frisio l’annuncio del Vangelo; tornato infine nel monastero di Fontenelle, vi riposò in pace.

nome Beato Battista Spagnoli- titolo Sacerdote- nome di battesimo Battista Spagnoli- nascita 13 aprile 1147, Mantova- morte 20 marzo 1516, Mantova- ricorrenza 20 marzo- Beatificazione 17 dicembre 1885 da papa Leone XIII- Nacque a Mantova il 17 aprile 1447, Battista detto "il Mantovano" entrò giovanissimo tra i carmelitani di Ferrara. Dotato di grande intelletto, ebbe vari incarichi di prestigio finché nel 1513 fu eletto priore generale di tutto l'Ordine. Compose vari carmi e scritti di carattere religioso, particolarmente contro la dialogante corruzione del clero e del popolo. La sua morte avvenne a Mantova il 20 marzo 1516. Il culto del beato, che ebbe inizio subito dopo la morte, fu approvato da Leone XIII il 17 dicembre 1885. La festa si celebra il 20 marzo.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Mantova, beato Battista Spagnoli, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani, che promosse la pace tra i principi e riformò l’Ordine di cui, suo malgrado, fu messo a capo per volontà del papa Leone X.

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