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21/02/2024 alle 10:06

I santi di oggi 21 febbraio:

I santi di oggi 21 febbraio:

nome San Pier Damiani- titolo Cardinale Vescovo e dottore della Chiesa- nascita 988 circa, Ravenna- Consacrato vescovo 1058- Creato cardinale novembre 1057 o 14 marzo 1058 da papa Stefano IX- morte 1072, Faenza- ricorrenza 21 febbraio, 23 febbraio messa tridentina- Santuario principale Monastero di Fonte Avellana- Attributi bastone pastorale- Incarichi ricoperti Vescovo di Ostia, Cardinale vescovo di Santa Romana Chiesa- Glorioso collaboratore di S. Gregorio VII e come lui figlio di S. Benedetto. S. Pier Damiani è una delle glorie più fulgide della Chiesa nel secolo xi. Nacque a Ravenna verso l'anno 988 da buona famiglia, ma poco favorita dai beni di fortuna. Perduti i genitori quando era ancor fanciullo, ebbe come tutore un suo fratello maggiore di nome Damiano. E Pietro, in riconoscenza di tutte le sollecitudini che questi usò verso di lui, prese in seguito il soprannome di Damiano. Studiò a Faenza dove eccelse per sapere e per illibatezza di costumi. Ma un giorno la Divina Provvidenza volle che incontrasse due eremiti camaldolesi, ai quali confidò il suo desiderio di vivere in solitudine. Accolto nel loro ordine, si ritirò nel monastero di Fonte Avellana in diocesi di Gubbio, divenendone presto abate. Divideva il tempo nella preghiera, nello studio della Sacra Scrittura e nella penitenza, mostrandosi ai giovani figli modello sublime in ogni virtù. Quando l'attrattiva del comodo vivere veniva ad istigarlo andava prontamente a tuffarsi nell'acqua gelata e vi rimaneva finché le membra fossero intirizzite dal freddo. Il suo amore alla povertà gli faceva preferire le vesti più sdruscite. Fondò vari romitaggi, dai quali uscirono eminenti figure di santi che servirono egregiamente a risollevare la moralità di quei tempi, così decaduta. S. Pier Damiani. nonostante la sua vita ritirata, non potè sottrarsi ai disegni che Papa Stefano IX aveva su di lui: lo creò difatti cardinale e vescovo di Ostia. Iddio lo aveva suscitato per rendere grandi servigi alla Chiesa: in quel tempo la simonia era molto in voga e causava grande scandalo ai fedeli. Pietro, con instancabile opera e prolungate penitenze, riuscì a poni un argine; il fascino del suo esempio e della sua loquela, piegava principi e dignitari ecclesiastici. Ebbe importanti e delicate missioni in Francia ed in Germania: quivi riuscì a distogliere l'imperatore Enrico IV dal proposito di divorzio. Intanto moveva continue suppliche al S. Pontefice, pregandolo di volere accettare le sue dimissioni dalla carica prelatizia e concedergli il ritorno nella pace solitaria del monastero. Dopo tanto, ottenne ciò che desiderava. Chiusosi in una cella, spese i suoi giorni a combattere colla penna certi abusi che offendevano la santità monastica. Ebbe in tale modo occasione di lasciare al mondo cristiano dottissimi libri di ascetica che rivelano nell'autore l'uomo di talento perspicace, squisito, santo. Ha uno stile facile e dilettevole e le sue poesie sono giudicate piene di grazia e d'eleganza. Il Santo spirò a Faenza nel 1072. La Chiesa, riconoscente per i suoi grandi meriti, l'annoverò tra i suoi Dottori. PRATICA Se vogliamo sentire la voce di Dio fuggiamo, per quanto è possibile, il chiasso del mondo. PREGHIERA. Concedi, o Signore, di seguire gli insegnamenti e gli esempi del beato Pietro tuo confessore e vescovo, onde, col disprezzo delle cose terrene conseguiamo i gaudii eterni. MARTIROLOGIO ROMANO. A Faènza, nell'Emilia, il natale di san Pier Damiàni, Cardinale e Vescovo di Ostia e Confessore, dell'Ordine Camaldolese, celebre per dottrina e santità, dal Papa Leone dodicesimo dichiarato Dottore della Chiesa universale.

nome Sant'Eleonora- titolo Regina d'Inghilterra- nascita 1222, Aix-en-Provence, Francia- morte 25 giugno 1291, Amesbury- ricorrenza 21 febbraio- Eleonora nacque nel 1222 da Beatrice di Savoia e Raimondo Berengario IV, il nonno era il Beato Umberto III conte di Savoia, primo santo di Casa Savoia. Eleonora era una donna di grande pietà e cultura, il 14 gennaio 1236 a Canterbury sposò il re Enrico III d'Inghilterra. Nella sua nuova residenza inglese numerosi parenti e connazionali decisero di seguirla abbandonando la Provenza in cerca di fortuna. Molti di essi riuscirono con la sua intercessione ad occupare vari importanti uffici pubblici, ma il favoritismo di Eleonora nei loro riguardi suscitò contro di lei una grande impopolarità da parte dei sudditi inglesi. Questi insorsero nel 1261, costringendola a rifugiarsi nella torre di Londra. Allorché Enrico III fu fatto loro prigioniero nel 1264, durante la battaglia di Lewes, ad Eleonora non restò che fuggire nel continente, ove riunì un esercito con cui riuscì a far liberare il marito. Tornata dunque in Inghilterra nel 1265, insieme al Legato Pontificio, Eleonora non mancò di esercitare una grande influenza, sia durante il regno di Enrico, sia nei primi anni del regno del figlio nato dalla loro unione, Edoardo I. Ritiratasi infine dalla vita pubblica, il 3 luglio 1276 prese il velo nell'abbazia benedettina di Amesbury, ove trascorse i suoi giorni sino alla morte, avvenuta il 25 giugno 1291 in concetto di santità. È facile comprendere come la venerazione nei suoi confronti sia nata in modo particolare all'interno dell'ordine religioso di cui fece parte e comunque il suo culto non è mai stato ufficializzato dalla Chiesa e non è citata nel Martirologio Romano. Nonostante ciò la festa di Santa Eleonora viene localmente celebrata al 21 febbraio.

nome San Roberto Southwell- titolo Sacerdote gesuita, martire- nascita 21 febbraio 1595, Horshow Saint Faith, Inghilterra- morte Tyburn, Inghilterra- ricorrenza 21 febbraio- Beatificazione<br /> 1929 da papa Pio XI- Canonizzazione 25 ottobre 1970 da papa Paolo VI- Questo poeta-martire condivide con Gerard M anley T Topkins (che visse tre secoli dopo) gli allori letterari dei gesuiti inglesi. Come poeta la sua fama andò ben oltre il mondo cattolico e persino religioso: per quanto infatti i suoi versi non segnarono la poesia come quelli di Hopkins, tuttavia essi — come pure la sua prosa lirica — ebbero maggiore influsso sulla cultura del tempo. La sua arte apparteneva al genere letterario allora in auge, eppure la sua opera sgorgava direttamente dalle circostanze e dall'ispirazione che guidavano tutta la vita di Roberto, cioè dal sacerdozio e dal martirio. Nato nel villaggio di Horshow Saint Faith (contea di Norfolk), imparentato per parte materna con gli Schelleys del Sussex, dove trascorse parte della sua infanzia, Roberto fu mandato a scuola a Donai. Qui, sotto la guida del gesuita Leonardo Lessius, iniziò un brillante percorso scolastico, prendendo i primi contatti con la Compagnia. Trasferitosi a Parigi, studiò sotto la guida di Tommaso Darbyshire, che era stato arcidiacono nella contea di Essex al tempo della regina Maria. Quanto alla sua vocazione sembra che fosse indeciso tra il diventare gesuita o entrare nei certosini (stili di vita molto diversi), ma all'età di soli diciassette anni (o forse anche meno) rese nota la sua intenzione di entrare nella Compagnia di Gesù. Inizialmente fu rifiutato a causa della giovane età: il dolore per questo rifiuto gli ispirò il primo degli scritti a noi pervenuti, nel quale egli lamenta la propria esclusione in termini che potrebbero apparire un po' troppo melodrammatici rispetto a quanto la situazione richiederebbe:«Ahimè dove sono, dove sarò? Un vagabondo su una terra secca e riarsa». La sua esclusione era comunque solo una questione di mesi: nell'ottobre del 1578 fu ammesso infatti al noviziato gesuita di S. Andrea a Roma. Si sono conservati anche alcuni scritti del periodo del noviziato, che mostrano un lucido apprezzamento della vita e dei compiti ai quali si stava preparando: «Quale eccezionale perfezione è richiesta a un religioso della Compagnia, che dovrà essere sempre pronto ad andare in una qualsiasi parte del mondo, tra qualsiasi tipo di gente: eretici, turchi, pagani o barbari». Ordinato sacerdote nel 1584 e nominato preside del Collegio inglese, fu inviato due anni dopo nella missione inglese insieme al suo compagno gesuita Enrico Garnet. Quando giunsero in patria era in vigore già da un anno il decreto che sanciva che qualsiasi prete formato all'estero in uno dei nuovi seminari, tornando in Inghilterra poteva essere accusato di alto tradimento. Anche solo dare ospitalità a tali persone era reato e Roberto doveva essere ben consapevole del probabile esito della sua missione, avendo letto la descrizione dell'esecuzione di Edmondo Campion (1 dic. 1581) — il primo gesuita martirizzato in Inghilterra — resa da testimoni oculari. Egli scrisse a Roberto Persons, camuffando l'argomento come se si trattasse di una questione commerciale: «Egli [Campion] è stato il primo a caricare il suo vascello con mercanzie inglesi e con successo è tornato al porto sospirato. Giorno per giorno noi aspiriamo a qualcosa di simile». Alludeva evidentemente all'invio in missione e al martirio. Da Calais scrisse al generale dei gesuiti Aquaviva: «Non temo neppure molto le torture perché guardo dritto alla corona. La carne infatti è debole e non giova a nulla. Sì, quando penso a queste cose essa batte in ritirata». Poco dopo il suo arrivo in Inghilterra partecipò a un'importante riunione a Hurleyford House nella valle del Tamigi, in cui si pianificò una nuova strategia per la sopravvivenza del cattolicesimo in Inghilterra. Durante la festa di S. Maria Maddalena (22 lug.), a cui partecipò Guglielmo Byrd, compositore di corte, i presenti cantarono una Missa Solemnis. Qualche tempo dopo Roberto tenne un sermone ai cattolici della prigione di Marshalsea a Londra sulla conversione di Maddalena (identificandola, come era solito a quei tempi, con la peccatrice penitente di Luca 7). Svolse quindi questo tema in un opuscolo, Le lacrime funebri di Maria Maddalena, che riuscì a far pubblicare e che ebbe un forte effetto sui costumi del tempo. Tra i cattolici presenti a Marshalsea c'era Dorothy Arundel, che raccomandò Southwell ad Anna Dacre, sua parente e contessa di Arundel e'del Surrey, come sacerdote adatto ad amministrarle occasionalmente i sacramenti. Essa era moglie di Filippo Howard (19 ott.), allora prigioniero nella Torre; Roberto riuscì a fargli visita (scrisse per lui Trionfi sulla morte, al fine dí consolarlo della morte della sorellastra, Margaret Sackville). Tra Roberto c Anna nacque una profonda amicizia, ed egli cominciò quello straordinario servizio destinato a durare sei anni, vivendo in una piccola stanza in un'ala remota della casa degli Arundel, comportandosi in modo così discreto che solo un piccolo numero di servitori fidati era a conoscenza della sua presenza. Trascorreva i giorni pregando e scrivendo, uscendo solo di notte per amministrare i sacramenti ai cattolici. Fu lì che scrisse Una lettera di conforto, riuscendo a farla pubblicare in Inghilterra, molto probabilmente con l'aiuto di Anna: ella era, come egli scrisse, una di quelle «donne delicate che hanno assunto il coraggio degli uomini». La base di quest'opera era costituita dalla serie di lettere scritte a Filippo Howard e in seguito indirizzate più generalmente a tutti i cattolici perseguitati e detenuti. Tema centrale è la transitorietà e la volubilità dell'esistenza umana, che «nel mezzo della vita si trova già nella morte»; l'unico conforto consiste nel fatto che tutti si dirigono ugualmente verso la medesima fine: «E così è la vita dell'uomo: egli entra nel mondo con dolore, inizia il suo percorso con gemiti pietosi ed è continuamente molestato dalle avversità, non arresta mai la sua corsa finché non precipita alla fine dentro il mare della morte. La nostra ultima ora non è quindi l'inizio della morte ma la sua conclusione; perché allora è giunto a termine ciò che per molto tempo si stava compiendo, e completamente finito ciò che era ancora in divenire». Roberto esercitò il suo ministero anche fuori Londra: a Badessey Clinton (Warwickshire) sfuggì per miracolo ad alcuni "cacciatori di preti" giunti mentre si apprestava a celebrare la Messa alle cinque del mattino: fece infatti in tempo a nascondere i paramenti e a entrare in un rifugio segreto costruito per i sacerdoti. In risposta alla Proclamazione del 1591 (secondo la quale i cattolici erano banditi solo per le loro intenzioni proditorie e non per la loro confessione religiosa in quanto tale), Southwell compose la sua Umile supplica a sua Maestà, attacco veemente contro l'affermazione ufficiale secondo cui non esisteva alcuna persecuzione per motivi esclusivamente religiosi. Riaffermando con sicurezza la lealtà dei suoi correligionari, scrisse: «Offriremo il petto ai colpi di spada del nostro paese piuttosto che usare le spade per spargere il sangue del nostro paese». Nonostante la sua vita riservata, Roberto era già allora una figura di spicco nella società letteraria inglese ed è stato recentemente ipotizzato (da Davide Lunn) che Southwell sia stato la causa propulsiva dell'evoluzione morale osservabile nell'opera di Shakespeare nel periodo 1591-1594: c'è infatti un netto cambiamento di tono e di temi tra Venere e Adone e Il ratto di Lucrezia, dove il rapimento è trattato come un'allegoria della violazione dell'anima da parte del peccato mortale. Shakespeare si era posto sotto il patrocinio del conte di Southampton, che Roberto conosceva dai giorni della sua infanzia nel Sussex. Fu al conte che indirizzò il suo Lamento di Pietro, un lungo racconto degli ultimi eventi della vita di Cristo posti sulle labbra di Pietro subito dopo il suo rinnegamento. In esso egli chiede un cambiamento morale: «Io porgo la domanda, la risposta è ora nelle tue mani». Il ratto di Lucrezia potrebbe quindi essere la risposta del grande drammaturgo: ma al tempo in cui fu scritto (1594) Southewell era già sulla strada dell'esecuzione capitale. I missionari cattolici cercavano solitamente non tanto di convertire i veri protestanti quanto di riconciliare alla loro fede originaria i cattolici che l'avevano rinnegata. Southwell seguì questa strategia, unendola alla tendenza gesuita di concentrarsi sull'aristocrazia e sulle figure di rilievo, categorie alle quali appartenevano sia Southwell che Shakespeare (tuttavia non esiste alcuna prova, nonostante i numerosi tentativi di dimostrare il contrario, che Shakespeare abbia mai abbracciato il cattolicesimo o che si sia riconciliato con esso). Pare che per alcuni anni Southwell abbia condotto una vita tranquilla nel centro di Londra, venendo alla fine catturato, come molti suoi cc. missionari, a causa di un tradimento. Ti capo dei persecutori al servizio della regina, il famigerato Riccardo Topcliffe, aveva fatto pagare un prezzo esorbitante alla famiglia Bellamy per aver ospitato alcuni giovani fuggiti dopo l'insuccesso del "complotto Bebington": due dei loro figli furono messi a morte, un terzo fu torturato ed esiliato e la loro sorella Anna fu violentata da Topcliffe stesso. Rimasta incinta le fu offerta la riparazione di un onorevole matrimonio se avesse invitato Roberto Southwell nella sua casa di Uxenden Hall nell'Harrow; ella acconsenti e Roberto fu quindi catturato. Il luogo dove si trovava la sua attrezzatura tipografica fu scoperto, ed essa venne distrutta. Fu condotto a casa di Topcliffe in Westminster, dove era allestita una camera di tortura (v. Tommaso Pormont, 20 feb.). Roberto fu attaccato dieci volte per i polsi ad anelli agganciati a un uncino sul soffitto: era il "muro della tortura" appena ideato. Il primo ministro di Elisabetta, Roberto Cedi, testimone oculare, dichiarò che non era «possibile per un uomo sopportare tanto. Eppure ho visto Roberto Southwell pendere lassù, rigido come un tronco d'albero, ma nessuno riusciva a farlo parlare». Roberto stesso, descrivendo le dieci torture, disse che «ciascuna era peggio della morte». Fu quindi incarcerato nella Gatehouse e nella Torre per quasi tre anni senza che alcuna accusa fosse mossa contro di lui. Alla fine egli chiese a Cecil di essere processato o di poter godere di qualche misura di libertà. In risposta a questo appello fu condotto in tribunale e condannato per il fatto di essere un sacerdote. Il suo processo e la sua esecuzione provocarono però una svolta, portando alla deposizione di Topcliffe e alla ribellione generale contro il barbaro metodo dell'impiccagione, trascinamento del corpo e squartamento. Segnò inoltre l'avvio di metodi più diplomatici per tenere i cattolici sotto controllo. Topcliffe tentò inizialmente di negare di aver mai sottoposto qualcuno a torture e, come fece Adolf Eichmann secoli dopo, affermò di essere stato un semplice esecutore degli ordini: «Io non feci altro che metterlo contro un muro. Avevo il potere di disporre di lui come ho fatto, ho le lettere del Consiglio che lo provano». La risposta di Roberto fu semplice e radicale nella sua evidente veridicità: «Voi siete un uomo malvagio». Topcliffe iniziò allora un violento battibecco con il giudice che lo costrinse infine al silenzio. Era la fine dei cinque anni del suo regno di terrore. Il verdetto tuttavia fu inevitabile: Roberto sarebbe stato impiccato, sventrato e squarta-o a Tyburn. Come avvenne con la crocifissione di Gesù, fu condannato a essere giustiziato insieme a lui un famigerato bandito del tempo. Si voleva evidentemente distogliere l'attenzione dall'esecuzione di un famoso poeta: ciò però sortì il solo effetto di aumentare la folla. Roberto, come era usanza, fu condotto a Tyburn su una carretta, ma procedette a testa alta, e i molti che tra la folla avevano assistito a più esecuzioni lo definirono «la figura più nobile che avessero mai visto andare a Tyburn per l'impiccagione». Roberto lanciò il suo fazzoletto tra la folla a Enrico Garnet, suo amico e compagno gesuita (costui aveva con sé quella reliquia quando successivamente dovette stendere la sua testimonianza oculare). Dopo una certa insistenza gli fu permesso di tenere un breve discorso; cominciò: «Sto per recitare l'ultimo atto di questa povera vita» e citando S. Paolo aggiunse: «Se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore» (Rm 14, 8). Pregando poi per la regina e per il suo paese, concluse dicendo: «Voi tutti angeli e santi, assistetemi». Il carro fu mandato avanti e l'ufficiale si avvicinò per tagliare la fune in modo tale da non farlo morire prima che il suo corpo fosse straziato; lord Mountjoy però si fece innanzi e spinse via il militare, mentre la stessa folla supplicava di lasciarlo appeso finché non fosse morto. Lo sceriffo tentò nuovamente di tagliare la fune, ma ne fu dissuaso dal boato di disapprovazione della folla. Il boia allora tirò le gambe di Roberto finché non sentì il suo corpo afflosciarsi; lo prese tra le braccia, lo pose sul ceppo e ne recise la testa, sollevandola mentre pronunciava l'usuale formula «Questa è la testa di un traditore». Ma la folla, in risposta, si scoprì il capo senza il consueto grido di risposta: «Traditore». Fu poi sventrato e smembrato. Fu l'ultima esecuzione del genere a Tyburn. Roberto è stato prima di tutto sacerdote e martire e le opere in prosa e in poesia, per le quali è ricordato al di fuori del mondo cattolico e religioso in genere, riflettono la sua vita. Egli scrisse utilizzando le forme grammaticali e le espressioni tipiche del suo tempo: come poeta è stato spesso paragonato a Philip Sidney. Mentre però Sidney fu ammirato come il perfetto gentiluomo del suo tempo, Southwell era un gesuita «probabilmente traditore». Le sue opere, ben conosciute e ammirate, furono influenti: «Che uomo famoso e quanto amato, padre Southwell», scrisse Enrico Gamct. Le sue liriche sono caratterizzate dall'unione di forza, passione e disciplina: le migliori sono relativamente brevi e dirette, e la ricercatezza stilistica non prende mai il sopravvento sul contenuto. La Vergine Maria a Cristo sulla croce è forse la più commovente delle sue liriche. Come prefetto degli studi nel Collegio inglese aveva studiato a lungo la lingua inglese. Nella prefazione ai suoi poemi pubblicati è esposto il suo proposito di utilizzare le tecniche secolari della poesia popolare del tempo per uno scopo sacro (così fece anche S. Giovanni della Croce — 14 dic. —, quasi suo contemporaneo, con le ballate della tradizione popolare spagnola). La sua formazione intellettuale si unirono al talento poetico per operare un profondo cambiamento nel clima morale inglese. Roberto Southwell fu beatificato nel 1929 e canonizzato come uno dei quaranta martiri dell'Inghilterra c del Galles nel 1970 (25 ott.). MARTIROLOGIO ROMANO. Sempre a Londra, san Roberto Southwell, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che svolse per molti anni il suo ministero in questa città e nella regione limitrofa e compose inni spirituali; arrestato per il suo sacerdozio, per ordine della stessa regina fu torturato con grande crudeltà e a Tyburn coronò il suo martirio con l’impiccagione.<br />

nome Beata Maria Enrichetta Dominici- titolo Vergine- nascita 10 ottobre 1829, Torino- morte 21 febbraio 1894, Torino- ricorrenza 21 febbraio- Beatificazione il 7 maggio 1978 da papa Paolo VI- Nata a Torino il 10 ottobre 1829, Maria Enrica fu battezzata con il nome di Caterina. Nel 1850 entrò nell'istituto torinese delle suore (li S. Anna e della Provvidenza, fondato nel 1834 per istruire le ragazze povere, e qui rimase tutta la vita. La sua consacrazione a Dio nella vita religiosa fu totale; fin da giovane provò «un desiderio fortissimo di diventare sempre più buona e di servire il Signore con cuore sincero». Le sue lettere e gli altri scritti dimostrano un abbandono totale, fanciullesco, a Dio come Padre di assoluto amore; Maria Enrica riecheggiava l'Abba di Gesù tutte le volte che si rivolgeva a Dio chiamandolo "Babbo mio": «Mi sembrava di riposare nel grembo di Dio come una giovane fanciulla dorme pacificamente sul seno di sua madre: ho amato Dio e potrei dire, se non avessi paura di esagerare, di aver gustato la sua bontà». Nel 1861 fu nominata superiora generale dell'istituto, posto che occupò fino alla morte avvenuta trentatré anni dopo. La sua guida, in un periodo storico particolarmente difficile, dimostrò una chiara comprensione delle necessità della Chiesa e del paese, contribuendo enormemente allo sviluppo dell'istituto. La sua spiritualità si fondava sui capisaldi dell'umiltà e della donazione di se stessi; le sue ultime parole alle suore furono: «Vi raccomando l'umiltà... l'umiltà». Il suo lavoro si concretizzò in una vita di carità e di servizio degli altri, di cui godettero in particolare le vittime di un'epidemia di colera. Papa Paolo VI, durante la cerimonia di beatificazione dell'8 maggio 1978, terminò l'omelia invitando gli ascoltatori a riflettere sulle parole di Maria Enrica: «Volere quello che Dio vuole, come Dio lo vuole e per il tempo che Dio vuole». MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino, beata Maria Enrica (Anna Caterina) Dominici, delle Suore di Sant’Anna e della Provvidenza, che governò con saggezza l’Istituto per trent’anni fino alla sua morte e lo accrebbe.

nome San Natale Pinot- titolo Sacerdote e Martire- nome di battesimo Noël Pinot- nascita 19 dicembre 1747, Angers, Francia- morte 21 febbraio 1794, Angers, Francia- ricorrenza 21 febbraio- Beatificazione 31 ottobre 1926 da papa Pio XI- Ultimo di sedici figli di un tessitore, perse suo padre a otto anni ed entrò nel seminario della sua città Angers. Ordinato sacerdote il 22 dicembre 1770, fu prima nominato vicario a Bousse e poi cappellano degli "Incurabili" ad Angers nell'agosto 1781. Nel settembre 1788 divenne parroco di Louroux-Béconnais.<br /> Durante la Rivoluzione francese, rifiutò di prestare giuramento alla Costituzione civile del clero, a differenza del suo vicario, Mathurin Garanger, che prestò giuramento domenica 23 gennaio 1791 e in seguito fu membro della Chiesetta. Ma il comune si lamentò poco dopo del suo intento "di sollecitare i sacerdoti locali ad opporsi alla legge". Denunciato, fu arrestato il 5 marzo e condannato a un divieto di soggiorno dal tribunale distrettuale. Finisce sotto processo ad Angers con accuse di cospirazione contro lo Stato e ribellione alle sue leggi. Ma non ci sono prove, non una parola o un gesto suo da ribelle, sicché ad Angers lo assolvono. C’è subito un altro processo a Beaupréau, in appello; e un’altra assoluzione. Ma Noël Pinot viene nuovamente arrestato la notte di 8 febbraio 1794 a Milandrie dove aveva trovato rifugio, mentre si nascondeva in una cassa di legno con "tutti gli ornamenti necessari per dire messa". Fu portato ad Angers, e giudicato dalla commissione militare rivoluzionaria che lo condannò alla ghigliottina il 21 febbraio 1794 a Place du Ralliement, nelle vesti liturgiche che indossava al momento del suo arresto. Salì sul patibolo, recitando le prime preghiere della messa: "Introibo ad altare Dei". Una statua della cattedrale di Angers lo rappresenta mentre sale il primo gradino dell "altare di Dio". Fu beatificato da Pio XI il 31 ottobre 1926 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 19 febbraio 1984. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Angers in Francia, beato Natale Pinot, sacerdote e martire: parroco, durante la rivoluzione francese, mentre si preparava a celebrare la Messa, fu arrestato e, rivestito per scherno con i paramenti sacri, fu condotto al patibolo come all’altare del sacrificio.

nome Santi Germano e Randoaldo- titolo Abate e monaco- ricorrenza 21 febbraio- Allevato dal vescovo di Treviri, Modoaldo (12 mag.), dall'età di diciassette anni Germano, ispirato dall'esempio di S. Arnoldo (18 giu.) che aveva rinunciato alla diocesi di Metz per vivere da eremita sui monti Vosgi, chiese al suo tutore il permesso di ritirarsi dal mondo. Modoaldo gli rispose che, essendo orfano, doveva chiedere l'autorizzazione al re, ma Germano, insieme a tre cc., senza indugiare partì alla ricerca di Arnoldo: costui li ricevette molto amabilmente e li ospitò nel suo monastero di Romberg. Germano inviò quindi due dei suoi cc. a prendere il fratello minore Numeriano, ancora bambino, e insieme entrarono nel monastero (Romberg sui Vosgi, diventato famoso come Remiremont). I fratelli si trasferirono poi a Luxeuil, dove l'abate Walberto, dopo alcuni anni, indicò Germano al duca Gondo come il miglior candidato per la carica di abate nella sua nuova fondazione a MoCi-tier-Granval, un alto passo montano sui Vosgi. Una vecchia strada romana che attraversava il passo era rimasta a lungo bloccata dalle frane: uno dei lavori di Germano in qualità di abate fu appunto quello di sgombrare e riaprire la strada. Altri due monasteri furono posti sotto la responsabilità di Germano. Il successore di Gondo, Carico, conosciuto anche come duca Boni-facio Kattemund, aveva un carattere diverso da quello del suo predecessore e sotto la sua mano i monaci e gli abitanti della regione patirono molti abusi. Germano, che lo implorava di porre fine al saccheggio, sembrò aver inizialmente ottenuto qualche risultato; i soldati di Catico irruppero però ben presto nel monastero e dopo aver spogliato completamente il santo e il priore Rondoaldo (probabilmente per rubare loro i vestiti), un soldato trafisse Germano con la lancia, mentre altri decapitavano Rondoaldo. Tutto ciò accadeva alla vigilia della festa della Cattedra di S. Pietro, e nel giorno di questa solennità la diocesi di Basilea commemora appunto Germano e Rondoaldo. I loro corpi furono dapprima sepolti a Saint-Ursanne e poi, nel XVI secolo, trasferiti a Berna per paura dei calvinisti. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Grandfelt nell’odierna Svizzera, san Germano, abate, che, avendo voluto difendere con parole di pace gli abitanti dei dintorni del monastero assaliti da una banda di predatori, morì insieme al santo monaco Randoaldo spogliato delle vesti e trafitto da una lancia.

nome Sant'Eustazio di Antiochia- titolo Vescovo, Patriarca di Antiochia- nascita 270, Side, Panfilia Elezione 325- Fine patriarcato 332 o 337- morte 338 circa, Tracia- ricorrenza 21 febbraio- Oriundo di Sida in Panfilia, Eustazio è descritto come un uomo eloquente, erudito e virtuoso. Nominato vescovo di Berea in Siria, la sua fama si diffuse a tal punto che intorno al 324 fu elevato alla sede di Antiochia, che allora deteneva il terzo posto per importanza nella Chiesa universale, dopo Roma e Alessandria. L'anno seguente fu accolto con grandi onori al concilio generale di Nicea, e si distinse per la sua totale opposizione all'arianesimo. Come vescovo di Antiochia aveva la supervisione anche delle diocesi circostanti, nelle quali nominò vescovi capaci d'istruire e guidare il proprio gregge. La sua opposizione all'arianesimo lo portò a scontrarsi con Eusebio, vescovo di Cesarea, il "padre della storia della Chiesa" (che non lo menziona mai): Eustazio lo accusò di alterare il senso del credo niceno e si scatenò così una tempesta tra i niceni ortodossi e i vescovi che ancora sostenevano l'arianesimo. Costoro ottennero il rinnovato appoggio della corte imperiale, assiduamente frequentata da Eusebio, il quale nel 330 persuase Costantino a deporre Eustazio (ma quando l'anno seguente la sua sede vescovile fu offerta proprio a Eusebio, questi rifiutò). Eustazio fu esiliato a Traianopoli in Tracia, ma prima di lasciare Antiochia parlò alla sua gente con una forza tale che molti di loro diedero vita a una fazione di "eustaziani" tenacemente opposta ai vescovi nominati con l'appoggio della fazione ariana. Eustazio morì in esilio in luogo e data sconosciuti. Scrisse molte opere, delle quali però non ne è sopravvissuta alcuna; la più importante delle opere andate perdute era un trattato, Adversus Arianos, in otto volumi. A parte qualche frammento, l'unico brano a noi pervenuto appartiene a un trattato antiorigenista, De engastrimutho, noto come La pitonessa di Endor contro Origene o Il Ventriloquo contro Origene. La sua teologia pare fosse la stessa della scuola di Antiochia, con un approccio alla Scrittura più storico e critico rispetto a quello di Alessandria; ciò lo portò a essere poi sospettato di nestorianesimo (in Cristo sussistono due persone separate) e di sabellianismo (Dio è assolutamente uno, i nomi "Padre" "Figlio" e "Spirito Santo" indicano in Dio solo diversi modi e azioni, non persone distinte). MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di sant’Eustazio, vescovo di Antiochia, che, illustre per dottrina, sotto l’imperatore ariano Costanzo fu mandato in esilio a Tuzla in Tracia per aver difeso la fede cattolica e qui riposò nel Signore.

nome Beato Tommaso Pormort- titolo Sacerdote e martire- nascita 1560 circa, Little Limber, Inghilterra- morte 21 febbraio 1592, St. Paul’s Churchyard, Londra- ricorrenza 21 febbraio- Nacque a Little Limber nel Lincolnshire in Inghilterra. Dopo aver studiato al Trinity College di Cambridge, si trasferì all'estero per intraprendere studi ecclesiastici. Nel 1582 ricevette l'ordinazione sacerdotale a Roma. Nel marzo 1588 lasciò il collegio inglese a Roma e per un periodo fu al servizio di Owen Lewis, vescovo di Cassano, nel regno di Napoli. Quest'ultimo lo mandò prima a Milano e poi in Inghilterra, a Londra divenne amico di San Roberto Southwell. Trovò rifugio nella parrocchia di San Gregorio, insieme al negoziante John Barwys, che riuscì a riconciliare con la Chiesa. Pormort usò tre pseudonimi per mascherare la sua identità: Whitgift, Meres e Price. Nel 1591 fu arrestato sulla testimonianza del sacerdote apostata, William Tedder, compagno del collegio inglese a Roma. Tommaso riuscì a scappare, ma fu nuovamente catturato. Fu torturato nella stanza del crudele Topcliffe, "sacerdote dei preti", dove fu allestita una camera di tortura illegale. Nel 1592, Tommaso fu processato insieme a John Barwys e condannato a morte. Barwys fu graziato mentre il nostro beato veniva giustiziato davanti al cimitero di St. Paul, a Londra, durante il regno di Elisabetta I. Fu beatificato dalla SS Giovanni Paolo II il 22 novembre 1987, insieme a George Haydock e 84 compagni martiri. MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, beato Tommaso Pormort, sacerdote e martire, che, crudelmente torturato in carcere sotto la regina Elisabetta I a causa del suo sacerdozio, portò poi a compimento a Saint Paul il suo martirio con l’impiccagione.

nome San Paterio- titolo Vescovo di Brescia- ricorrenza 21 febbraio- Vissuto tra il VII e l'VIII secolo, è una figura sulla quale non si hanno molte notizie. La sua esistenza è attestata da sei manoscritti dei secoli XI-XV e da due corsi di litanie monastiche primitive. La sua festa, originariamente il 21 febbraio, è stata poi spostata al 20 aprile insieme a tutti i santi bresciani. Secondo alcuni, il santo venne sepolto a San Fiorano, sul colle Degno in territorio bresciano, e le sue reliquie furono poi traslate nella chiesa monastica di Sant'Eufemia della Fonte. Nel 1479, i monaci trasportarono il corpo del vescovo in una cappella a lui dedicata. Nel XVII secolo, il corpo del presule venne collocato in un altare dedicato a San Paterio, mentre nel 1787, le reliquie vennero riportate sotto l'altare maggiore e racchiuse in un'urna marmorea. Nella cronologia dei santi Vescovi di Brescia, agli inizi del VII secolo, è menzionato San Paterio (o Paterius). Tutti gli storici concordemente affermano che il suo fu un episcopato molto breve tra il 604 e il 606, mentre alcuni Annuari diocesani lo collocano tra il 630 e 642. Anche se alcuni, lo indicano quale benedettino romano discepolo di San Gregorio Magno, sia P. Guerrini che F. Lanzoni lo escludono categoricamente; inoltre viene anche escluso che il santo bresciano si possa identificare con l’omonimo vescovo ricordato nel calendario napoletano del XII secolo.<br /> Di lui non sappiamo nulla. Il nome di S. Paterio è riportato in sei manoscritti dei secoli XI-XV e in due corsi di litanie monastiche primitive. Nel martirologio romano la sua festa è riportata il 21 febbraio, mentre in quello bresciano la sua memoria è fissata il 25 febbraio a ricordo della traslazione del suo corpo avvenuta nel 1479. Dal 1962 la sua festa è stata conglobata al 20 aprile insieme a tuti i santi bresciani. Secondo alcuni, San Paterio venne sepolto in San Fiorano, sul colle Degno in territorio bresciano. A questa prima sepoltura sarebbe seguita una traslazione delle reliquie che posero i suoi resti sotto l’altare maggiore della chiesa monastica di Sant’Eufemia della Fonte. Successivamente, il 25 febbraio 1479, i monaci trasportarono il corpo del vescovo, in una cappella a lui dedicata. Nel XVII secolo, nel corso di alcuni importanti restauri alla chiesa venne costruito un altare, il primo a destra presso il battistero, dedicato a San Paterio. E, nel 1616, il corpo del presule venne collocato in quella sede. Nel 1787, nel corso di un’ultima ristrutturazione della chiesa, le reliquie vennero riportate sotto l’altare maggiore e racchiuse in un’urna marmorea con l’indicazione dedicatoria. Infine, le spoglie furono accolte in una nuova arca realizzata appositamente, e collocata nella cripta della chiesa. Dalla seconda metà dell'Ottocento l’arca di San Paterio si trova esposta nel museo cittadino di Santa Giulia. Al santo è stata dedicata la chiesa parrocchiale di Paisco Loveno in Val Camonica.

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