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15/09/2024 alle 15:20

I santi di oggi 15 settembre:

I santi di oggi 15 settembre:

nome Beata Vergine Maria Addolorata- titolo I sette dolori di Maria- ricorrenza 15 settembre- Ogni sguardo dato a Lei da Gesù, ogni accento di quel labbro soave, mentre sollevava Maria sulle ali dell'amore materno, la precipitava nell'investigabile abisso del più acerbo dolore. Se la Vergine si compiaceva nel contemplare quel volto leggiadro, tosto la conturbava il desolante pensiero che un giorno quel volto sarebbe stato sformato dalle percosse e ricoperto dal gelido sudore della morte; se ne mirava la fronte divina, su cui si divideva la bionda capigliatura, Maria soffriva pensando all'orribile serto da cui sarebbe stata un giorno incoronata. Questi sentimenti dolorosi si tramutarono in realtà, quando giunse per Maria il momento solenne di assistere alla divina passione. Tutto quello che Ella sofferse sin qui, altro non fu che la preparazione del martirio che l'attendeva sull'erta fatale del Golgota. Quando Gesù morì, la terra tremò, si spaccarono le pietre, cominciarono ad addensarsi le tenebre sul creato; a queste manifestazioni della natura indignata, la folla dei curiosi, colta da panico, si diradò. L'invitta Madre allora si accostò ancor più alla croce per unire il proprio martirio a quello del Salvatore. L'addoloratissima Madre accolse più tardi sulle sue ginocchia le spoglie dell'adorato Figlio. Questo fu il prezzo che la Madonna dovette pagare per la rigenerazione dell'umanità e meritarsi la sublime dignità di Madre universale. Tale infatti fu proclamata Maria nel modo più solenne al cospetto del cielo e della terra dalla voce di un Dio agonizzante PRATICA. Consideriamo quanto siamo costati a Maria SS., e non rinnoviamole i dolori con nuovi peccati. PREGHIERA O Dio, nella cui passione, secondo la profezia di Simeone, la spada del dolore trapassò l'anima dolcissima della gloriosa Vergine Maria, concedi benigno, che come ne celebriamo i dolori, così otteniamo i frutti abbondanti della tua passione. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria della beata Maria Vergine Addolorata, che, ai piedi della croce di Gesù, fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio e si presentò come la nuova Eva, perché, come la disobbedienza della prima donna portò alla morte, così la sua mirabile obbedienza porti alla vita.

nome Santa Caterina Fieschi Adorno da Genova- titolo Vedova, mistica- nome di battesimo Caterina Fieschi Adorno- nascita 1447, Genova- morte 15 settembre 1510, Genova- ricorrenza 15 settembre- Beatificazione 6 aprile 1675- Canonizzazione 23 aprile 1737- Caterina Fieschi nacque a Genova nel 1447, quinta e ultima figlia di Giacomo, che secondo alcune fonti, .mori prima della sua nascita, e della moglie, Francesca di Negro. I Fieschi erano una delle grandi famiglie guelfe di Liguria, importanti nella Chiesa e nello Stato a partire dal mi secolo. Sinibaldo Fieschi regnò in modo energico, anche se non sempre edificante, dal 1243 al 1254, con il nome di Innocenzo TV, e vent'anni dopo, suo nipote Ottobono diventò papa per un mese con il nome di Adriano V (t 1276). La famiglia raggiunse l'apice del potere nel XV secolo, quando un membro, Roberto dei Fieschi, fu eletto cardinale, e il padre di Caterina, che discendeva da un fratello di Innocenzo IV, fu eletto viceré di Napoli per conto di Renato d'Angiò. Molti dettagli che i primi biografi di Caterina offrono della sua infanzia possono essere probabilmente considerati convenzionali, dati i tentativi a posteriori di migliorare la sua immagine. Assieme ai tre fratelli e alla sorella, ricevette una conveniente educazione religiosa e umanistica, tipica della classe cui apparteneva. Sembra tuttavia certo che dall'età di tredici anni desiderasse molto entrare nella vita religiosa; sua sorella, Limbania, era già canonichessa del Laterano, e giacché il cappellano del convento era suo confessore, Caterina tentò di persuaderlo a lasciare entrare anche lei. Dopo aver consultato le monache, egli le annunciò che era troppo giovane e le chiese di aspettare; poi accaddero alcuni eventi che fecero volgere la sua vita in una direzione differente. In mancanza del padre, che a quel tempo era certamente già deceduto, gli altri uomini della famiglia si preoccuparono di pensare alla vita futura; così il 13 gennaio 1463, non ancora sedicenne, Caterina sposò Giuliano Adorno: non si trattava di una scelta personale, ma di un accordo politico. La famiglia ghibellina degli Adorno, vedendo diminuire le proprie ricchezze, pensò di poterne salvare una parte alleandosi con i potenti Fieschi. Questi si mostrarono favorevoli all'unione, e così Caterina divenne la vittima sacrificale. Non tutti i santi che si dice si sposarono per obbedienza, quando invece avrebbero voluto entrare in monastero, furono in realtà costretti al matrimonio, ma indubbiamente non fu il caso di Caterina. In passato, gli agiografi hanno avuto la tendenza a denigrare il coniuge dei loro soggetti per mettere in risalto le virtù di questi ultimi, ma anche accettando questo, a livello personale, non si può affermare che il matrimonio di Caterina e Giuliano non fosse difficile. Caterina era bella, molto intelligente, sensibile e profondamente devota; aveva anche ciò che il suo biografo più favorevole, Friedrich von Hiigel, descrisse come «una faticosa veemenza» (in altre parole, molto intensa), ma non il senso dell'umorismo. Giuliano non dovrebbe essere considerato interamente responsabile del fallimento nel comprenderla e apprezzarla, dato che non è facile vivere con persone cui manca il buonumore; inoltre il matrimonio era un accordo politico sia per lui che per lei, e, come dimostrarono gli eventi successivi, il primo ne trasse dei vantaggi. Egli non ottenne da lei altro che una doverosa sottomissione, alla quale ogni moglie allora era tenuta: indisciplinato, rabbioso di carattere e disordinatamente amante del piacere, le era spesso infedele, come ammise lui stesso, e nei primi cinque anni non fu quasi mai a casa. Abbandonata a se stessa, Caterina comprensibilmente fu colpita dalla depressione, e nei successivi cinque anni, seguendo il consiglio di parenti e amici, tentò di distrarsi prendendo maggiormente parte alle attività sociali e ricreative. Grazie alla sua bellezza, cultura, e conversazione intelligente, era brillante quando si trovava in compagnia, cosa di cui in seguito si pentì: chiunque l'ascoltasse in seguito, concludeva che il suo precedente comportamento doveva essere stato terribile, ma in questo periodo anche il minimo peccato veniale le sembrava spaventoso. In ogni caso, nessuno dei suoi tentativi contribuì ad alleviare la depressione, ma sembra che in questi dieci anni abbia continuato a osservare la religione. Il 20 marzo 1473, stava pregando in una chiesa sulla costa fuori Genova, dedicata a S. Benedetto (21 mar., al tempo, ora 11 lug.), al quale chiese di «pregare Dio di farmi ammalare e stare in letto per tre mesi» e quando ottenne una risposta a questo grido d'aiuto, anche se in un modo che non si aspettava: due giorni dopo, quando s'inginocchiò davanti al cappellano del convento di sua sorella per la benedizione, fu sopraffatta dalla sensazione di essere amata da Dio, e si accorse di esserne indegna. Il giorno della festa dell'Annunciazione (25 mar.), dopo aver reso una totale e sincera confessione, ricevette la comunione con fervore, per la prima volta dopo tanti anni. Il cambiamento fu totale, e subito dopo si comunicò ogni giorno, fino alla fine della vita, cosa abbastanza rara per i laici e soggetta a critiche; per questo motivo invidiava i sacerdoti. Fu all'incirca in questo periodo, dopo dieci anni di matrimonio, che il comportamento dissoluto di Giuliano lo portò sull'orlo della rovina finanziaria e personale. Le preghiere di Caterina lo spinsero a riflettere e a riformare il suo stile di vita, fino al punto di diventare terziario francescano. Con lei si trasferì dal loro palazzo in una casetta in un quartiere di Genova molto più povero del necessario, dove vissero insieme, come fratello e sorella, dedicando le loro energie all'assistenza dei malati dell'ospedale di Pammatone, in cui lavorava anche Tommasina Fieschi, una delle cugine di Caterina, una donna allegra e dotata, che diventò canonichessa e poi domenicana alla morte del marito. Apparentemente, non ci furono variazioni nei successivi sei anni, poi nel 1479, la coppia traslocò all'ospedale, e undici anni dopo, Caterina fu nominata direttrice, incarico amministrativo in cui si dimostrò abile, oltre a essere un'infermiera devota, distinguendosi in particolare nel 1493, quando quattro quinti degli abitanti della città morirono di peste. Caterina stessa rischiò di morire in seguito a una grave infezione virale, contratta da una donna morente che aveva baciato per confortarla. Quasi certamente durante quest'epidemia, incontrò Ettore Vernazza per la prima volta, un avvocato e filantropo genovese che al tempo aveva solo ventitré anni, che aveva la sua stessa visione della vita e condivideva gli stessi ideali. Ettore, che al contrario di Caterina era felicemente sposato, divenne uno dei suoi devoti ammiratori, e raccolse molti dettagli della sua vita e delle loro conversazioni. Nel 1496, la salute di Caterina peggiorò, e fu costretta a dimettersi dall'incarico di amministratricc dell'ospedale, sebbene continuasse a vivere con il marito nello stesso edificio. L'anno seguente, poi, Giuliano morì di una malattia dolorosa. «Messer Giuliano è morto», Caterina disse a un'amica. «Come saprai bene, aveva un carattere piuttosto indocile, e io ho sofferto molto dentro di me, tuttavia anche prima della sua morte, il mio tenero Amore mi ha dato la certezza della sua salvezza.» Mostrò una gentilezza e una generosità estrema verso la figlia illegittima di Giuliano, Tobia, e si assicurava costantemente che alla ragazza e alla madre, a cui egli aveva provveduto nel suo testamento, non mancasse mai nulla. Al contrario di Tommasina, Caterina non tentò di entrare nel Terz'ordine, alla morte del marito, e, in realtà, in nessun altro momento negli anni seguenti. Sembra, infatti, che non abbia avuto nessuna guida spirituale formale dal 1479, anno della conversione di Giuliano, al 1499, quando incontrò un sacerdote secolare, Cattaneo Marabotto, appena nominato rettore dell'ospedale, e sembra che in lui Caterina abbia trovato finalmente qualcuno che riuscisse a capirla. Dalla sua conversione nel 1473, tuttavia, condusse un'intensa vita spirituale che trovò espressione nell'assistenza instancabile dei malati e dei depressi, sia nell'ospedale sia per tutta Genova, che amava moltissimo. Condusse una vita austera, ma senza esagerazioni, sempre pronta a moderarla, quando il consiglio proveniva dalle autorità ecclesiastiche, mediche o sociali. Il suo carattere era un'attraente fusione di totale altruismo e, come avrebbe affermato von Hiigel, di «presenza» (per esempio, si assicurò a tal punto che le sue proprietà fossero distribuite appropriatamente, da redigere quattro copie del testamento con diversi codicilli). Il lato mistico del suo carattere la portò a scrivere due opere importanti, un trattato sul purgatorio e un Dialogo tra l'anima e il corpo. Il S. Ufficio decise che queste da sole erano sufficienti a dimostrare la sua santità, ed effettivamente appartengono alla letteratura mistica migliore, sebbene Alban Butler le descriva semplicemente come «non per la gente comune». È improbabile, infatti, che Caterina abbia scritto anche una sola parola, e Von Hiigel conclude che la figlia di Ettore Vernazza, la ven. Battista, fosse l'autrice del Dialogo e la redattrice finale del trattato sul purgatorio, in cui mette in rilievo la visione di Dio come amore puro ed esigente, ma dimostra allo stesso tempo che quest'insegnamento è davvero di Caterina. Dal 1493 in poi, la salute di Caterina peggiorò, e nel 1507 cedette completamente; negli ultimi mesi, soffrì molto, sebbene nessuno dei dottori che la curavano, compreso Giovanni Battista Boerio, medico principale di Enrico VII d'Inghilterra, potesse diagnosticare la malattia. Alla fine, giacché non presentava sintomi riconoscibili, decisero che si trattava di «un evento soprannaturale e divino». Il 13 settembre 1510 la temperatura si alzò pericolosamente e fu colpita da delirio, e all'alba del 15 morì. Fu sepolta nella chiesa dell'Annunciazione dell'ospedale, e il culto riconosciuto da Clemente X (1670-1676) nel 1675; nel 1737 fu beatificata e Benedetto XIV (1740-1758) aggiunse il suo nome nel Martirologio Romano con il titolo di santa. Questo titolo fu conquistato a fatica, e Von Hiigel, che nella sua ricca opera in due volumi esamina la vita, l'insegnamento e il significato spirituale di Caterina nel contesto della sua più ampia discussione dei tre «elementi» della religione, rivela la sua intenzione di «tentare di distinguere ovunque ciò che era e non era, con la stessa determinazione», giacché solo così, possiamo raggiungere «una certa adeguata comprensione degli elementi "pietosi" che trovò, e dell'istituzione e nucleo spirituale di gran portata che lasciò in eredità». Il pensiero di Caterina era «privo di umorismo o arguzia», e il suo temperamento «era così eccessivo, da raggiungere vertici più o meno abnormi». Inoltre, «le mancava molto quella sensibilità innocente e naturale, che sembra essere necessaria in una personalità umana completa». Era un organismo psicofisico «molto nervoso, dall'equilibrio instabile, assai sensibile e impressionabile». In assenza di «una mente e di un volere almeno alla pari del suo» e senza il sostegno di «una religione definita, ricca, e dal punto di vista soprannaturale potente, storica e istituzionale», questo carattere «avrebbe comportato, se non la rovina dal punto di vista morale, almeno un'incapacità che sarebbe durata tutta la vita», ma fortunatamente per lei, poté contare su entrambe. Nel suo caso, tutte queste qualità grezze e straordinariamente turbolente, erano strettamente ed eccezionalmente legate a una capacità intellettiva e di volontà rara. Riuscire a ottenere, tuttavia, un modo di fuggire da una tale tirannia, la padronanza di un tale tumulto e l'armonizzazione di un simile caos comportava uno sforzo costante e immenso, un eroismo sempre crescente, e tuttavia santo, e, tramite tutte queste qualità, una corrispondente espansione e una gioia virile. Si può affermare perciò, la pura e semplice verità che diventò santa perché era necessario, per evitare di cadere in pezzi: doveva letteralmente salvare, come fece, la vita feconda della ragione e dell'amore, combattendo incessantemente il suo sé immensamente sensibile, assoluto e pieno di richieste. MARTIROLOGIO ROMANO. A Genova, santa Caterina Fieschi, vedova, insigne per il disprezzo del mondo, i frequenti digiuni, l’amore per Dio e la carità verso i bisognosi e gli infermi.

nome Beato Rolando (Orlando) de' Medici- titolo Eremita- nascita 1330 circa, Milano- morte 15 settembre 1386, Busseto, Parma- ricorrenza 15 settembre- Beatificazione 23 settembre 1853 da papa Pio IX- La Vita originale di B. Rolando (Orlando), scritta nel 1386, anno della morte, da un carmelitano di nome Domenico de Domenicis, ci è stata tramandata come copia della metà del XV secolo, attualmente conservata nella Biblioteca Laurenziana a Firenze, alla fine tradotta in italiano da Silvano Razzi, un monaco di Camaldoli, nel 1601. Sembra che Rolando abbia suscitato un grande interesse, ed entrambe le versioni, quella latina e italiana, furono usate come fonti. Rolando nacque dal ramo milanese della potente famiglia de' Medici nel 1330 circa, ma non si sa nulla della sua infanzia e giovinezza, cosa imbarazzante in vista dell'isolamento quasi totale in cui scelse di vivere la seconda parte della vita. La prima cosa che si racconta di lui è che nel 1360, all'età di quasi di trent'anni, si ritirò nella foresta tra Tabiano e Salsomaggiore, in provincia di Parma, infliggendosi per i restanti ventisei anni di vita le più severe penitenze, con il desiderio di diventare santo. Secondo la Vita osservava il silenzio totale, comunicando con gli altri solo in caso di assoluta necessità, e solo con i gesti. Indossò l'abito che aveva il giorno in cui si recò nella foresta finché fu coperto di stracci, e quando non li poté più rappezzare con le foglie, li cambiò con la pelle di una capra. Viveva tutto l'anno all'aria aperta, nutrendosi con le erbe, le bacche e gli altri frutti che riusciva a trovare. Ovviamente non era lontano dalle abitazioni, giacché si afferma che molta gente, dopo averlo incontrato, pensava che fosse alienato, gli tirava oggetti o lo picchiava. Rolando, nel frattempo, cercava di rimanere in uno stato di costante preghiera. Alla fine, in ogni caso, la sua austerità estrema lo piegò, dato che un giorno fu rinvenuto per terra, su un sentiero vicino al castello di Niccolò Pallavicino, signore di Bargone, dai servi di sua moglie, Antonia Casati, che era a caccia con il falcone, e nonostante i suoi cenni di non voler aiuto, Antonia ordinò di portarlo in una chiesa vicino al castello, dove Rolando accettò d'incontrare il confessore della donna, il carmelitano Domenico de Domenicis, che diventò poi suo biografo. Alla fine Rolando ruppe il silenzio, raccontando la sua vita e ricevendo i sacramenti di cui si era privato per così tanto tempo. Grazie a queste cure, visse ancora per poche settimane, prima di morire il 15 settembre 1386. Dopo la morte, ottenne quel riconoscimento che aveva evitato nella vita: il corpo fu portato da un gran numero di sacerdoti e di laici a Busseto e seppellito dietro l'altare maggiore di ún oratorio vicino alla chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo. Al tempo, quest'oratorio era dedicato a S. Nicola (6 dic.), ma per un breve periodo anche a Rolando, prima di essere definitivamente intitolato alla S. Trinità. Si descrissero numerosi miracoli sulla sua tomba, e immediatamente il culto ebbe origine. Nel 1749 papa Benedetto XIV menzionò il fatto che il suo predecessore Pio IV (1559-1565) aveva iniziato una causa di canonizzazione nel 1563, per richiesta della famiglia de' Medici, interrotta tuttavia alla morte di Pio IV. La causa non proseguì fino al xix secolo, quando fu riaperta; ci fu un intoppo nel 1839, quando Gregorio XVI (1831-1846) decise di rinviare la conferma per la lunga astinenza di Rolando dai sacramenti. La questione fu alla fine risolta quando si affermò che non poche persone già canonizzate si erano trovate nella sua condizione. Il 23 settembre 1853, Rolando fu beatificato da Pio IX, e la sua festa è celebrata nella diocesi di Fidenza, sebbene il culto si sia indebolito in tempi recenti. MARTIROLOGIO ROMANO. A Busseto vicino a Fidenza in Emilia, beato Rolando de’ Medici, anacoreta, che visse in sommo spirito di penitenza tra luoghi impervi e deserti delle Alpi, conversando soltanto con Dio.

nome Beato Paolo Manna- titolo Missionario- nome di battesimo Paolo Manna- nascita 16 gennaio 1872, Avellino- morte 15 settembre 1952, Napoli- ricorrenza 15 settembre, 16 gennaio per il PIME- Beatificazione 4 novembre 2001 da papa Giovanni Paolo II- Il Beato Padre Paolo Manna nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872. Mentre frequentava l'Università Gregoriana per la Filosofia, nel settembre 1891 entrò nel Seminario dell'Istituto Missioni Estere a Milano. Il 19 maggio 1894 ricevette l'ordinazione sacerdotale. Il 27 settembre 1895 partì per la Missione di Toungoo nella Birmania Orientale. Vi lavorò a tre riprese per un decennio, fino a che nel 1907 a causa di una grave malattia rimpatriò definitivamente. Per «risolvere nel modo più radicale possibile il problema della cooperazione dei cattolici all'apostolato», nel 1916 fondò l'Unione Missionaria del Clero, elevata da Pio XII a "Pontificia" nel 1956. Nel 1924 venne eletto Superiore Generale dell'Istituto Missioni Estere di Milano che, nel 1926, diventò il Pontificio Istituto Mis sioni Estere (P.I.M.E.). Su mandato dell'Assemblea Generale del P.I.M.E. (1934), nel 1936 ebbe parte di primo piano alla fondazione delle Missionarie dell'Immacolata. Morì a Napoli il 15 settembre 1952; Giovanni Paolo II lo ha beati-ficato il 4 novembre 2001. MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, beato Paolo Manna, sacerdote del Pontificio Istituto per le Missioni Estere, che, lasciato il ministero di missionario in Birmania a causa della sua malferma salute, si adoperò molto per l’opera di evangelizzazione, dedicandosi con grande zelo alla predicazione della parola di Dio e alla promozione dell’unità dei cristiani.

nome San Niceta il Goto- titolo Martire- nascita IV secolo, Nord del Danubio, Romania- morte IV secolo, Nord del Danubio, Romania- ricorrenza 15 settembre- Attributi palma del martirio- Patrono di Melendugno- Insieme a S. Saba il Goto (12 apr.), S. Niceta è uno dei visigoti cristiani più noti, che subì il martirio nei primi secoli del cristianesimo. Le informazioni provengono da due passio, la più antica che risale al V secolo, da cui S. Simone Metafraste (28 nov.) trae dei dettagli per scrivere un'altra passio, che è meno attendibile. Secondo queste fonti, Niceta nacque sulle rive del Danubio in Dacia (l'attuale Romania); gran parte dei goti che vivevano in questa zona era ancora pagana, ma esistevano due raggruppamenti cristiani, uno ariano e l'altro cattolico. In età ancora giovane, Niceta diventò cattolico e fu successivamente ordinato sacerdote da un grande missionario chiamato Ulfila, che, tra l'altro, tradusse la Bibbia nella lingua locale. Niceta stava svolgendo il suo ministero sacerdotale nel 369 quando il capo dei visigoti, Atanarico, diede inizio a una persecuzione che durò fino al 372. Irritati dal maltrattamento da parte delle autorità romane di alcuni visigoti, che avevano chiesto asilo per difendersi dagli unni in Moldavia, Atanarico decretò che un carro con l'immagine di una divinità locale attraversasse ogni paese notoriamente o presumibilmente abitato da cristiani. Tutti i cristiani che avessero rifiutato di adorarla, sarebbero stati condannati a morte (l'esecuzione consueta era arderli dentro le loro case o nelle chiese). Niceta morì in questo modo, probabilmente nella sua chiesa, ma dato che non si conosce esattamente la data della morte, la festa è celebrata il giorno della traslazione delle reliquie a Mopsuestia in Cilicia, dove fu costruita una cappella per custodirle. E venerato come martire in tutte le Chiese greche e siriane, che lo collocano nella categoria dei "grandi martiri". MARTIROLOGIO ROMANO. Sulle rive del Danubio, san Niceta il Goto, martire,<br /> che fu messo al rogo per la sua fede cattolica per ordine del<br /> re ariano Atanarico.

nome Beato Anton Maria Schwartz- titolo Fondatore- nascita 28 febbraio 1852, Baden, Austria- morte 15 settembre 1929, Vienna- ricorrenza 15 settembre- Beatificazione 21 giugno 1998 da papa Giovanni Paolo II- Antonio Schwartz nacque il 28 febbraio 1852 a Baden (Austria), quarto di tredici figli; il padre svolgeva un servizio civile minore ed era musicista di teatro. Dopo la scuola elementare, Antonio diventò cantore nel coro nella famosa abbazia cistercense di Heiligenkreuz (S. Croce) vicino a Vienna e successivamente continuò gli studi allo Schottengymnasium, una nota scuola benedettina per ragazzi a Vienna. Il padre morì mentre era ancora a scuola, e la famiglia attraversò molte difficoltà. Nel 1869 entrò nell'Ordine delle Scuole Pie a Krems, in Austria meridionale, fondato nel 1597 da S. Giuseppe Calasanzio (25 ago.), che si occupava dei ragazzi di strada di Roma, e istituì la prima scuola elementare in Europa. Antonio ammirò il fondatore sin da quel momento, ma prestò lasciò l'ordine seguendo il consiglio dei suoi superiori, pessimisti sul futuro dell'ordine, poiché temevano fosse chiuso data la rinascita della Kulturkampf (cioè della lotta tra Stato e Chiesa) di Bismark, e s'iscrisse nel seminario diocesano a Vienna. Nel settembre 1879 fu nominato cappellano dell'ospedale gestito dalle suore della Misericordia a Sechshaus, nel XV distretto di Vienna, dove fu testimone delle difficoltà incontrate dagli apprendisti e dai giovani operai costretti a lavorare per molte ore nelle fabbriche in cambio di un salario pietoso e in condizioni disastrose. La Chiesa deplorava «il pantano morale» e la «destituzione religiosa» delle classi operaie, ma quando Antonio chiese all'arcivescovo di Vienna, il cardinale CiSlestin Ganglbauer, di essere sollevato dai suoi incarichi per dedicarsi completamente a svolgere il ministero presso gli apprendisti poveri, la richiesta fu respinta. Alla fine, la madre superiora delle suore della Misericordia persuase un gruppo di ricchi aristocratici non solo a pagare i considerevoli debiti che Antonio aveva contratto, svolgendo il suo apostolato agli apprendisti, ma anche a garantirgli dei fondi per il futuro. Denunciò apertamente lo sfruttamento degli operai e li spinse a creare delle associazioni per proteggersi e per ricevere una maggiore istruzione; ciò accadde diversi anni prima che papa Leone XIII pubblicasse la sua famosa enciclica sociale Rerum Novarum, nel 1891. Schwartz vide che rimediare all'ingiustizia sociale era «uno dei problemi più importanti e difficili del nostro tempo». Nel 1886 fondò un'associazione, l'Unione Cattolica degli Apprendisti, che invitava gli apprendisti a consumare un buon pasto, la domenica pomeriggio e li incoraggiava a recitare opere teatrali e a imparare a suonare degli strumenti musicali, oltre a pregare con loro finché non ritornavano a casa. Nel 1886 costruì anche un Rifugio per Apprendisti, in modo che quelli che giungevano da fuori Vienna, fossero assistiti e accuditi. Tre anni dopo, nel 1889, fondò, insieme ad altri cinque confratelli la Congregazione degli Operai Cristiani di S. Giuseppe Calasanzio (Kalasantiner), di cui fu padre superiore fino alla morte che avvenne trent'anni dopo. Fece costruire la chiesa della Madonna Aiuto dei Cristiani nel XV distretto di Vienna, e la strada in cui si trova è oggi chiamata via Padre Antonio Schwartz. I fratelli trovarono un lavoro agli apprendisti presso maestri artigiani cattolici, fondarono associazioni di operai risparmiatori, promossero una forma d'assicurazione contro la disoccupazione, e istituirono una casa per gli apprendisti che si trasferivano a Vienna da tutte le zone dell'impero austroungarico. Antonio e i suoi confratelli rastrellarono le strade di Vienna alla ricerca di apprendisti senza casa e diedero loro cibo e riparo. Sognava di convincere gli operai e gli artigiani a riavvicinarsi alla Chiesa e di evangelizzare di nuovo l'Austria, un compito non facile: più s'impegnò nella politica, più aspri divennero gli attacchi contro di lui e il suo ordine. Nel 1908 si ritirò dalla vita pubblica e si concentrò unicamente sull'assistenza dei giovani operai. L'ordine incontrò opposizioni dall'interno della Chiesa per molto tempo, ma nel 1913 l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Friedrich Piffl, riconobbe i suoi meriti e divenne suo caro amico e sostenitore. Antonio morì il 15 settembre 1929 e fu sepolto nella chiesa che aveva fatto costruire. La causa della beatificazione fu iniziata venti anni dopo, e infine conclusa da papa Giovanni Paolo II a Vienna, il 21 giugno 1998. MARTIROLOGIO ROMANO. A Vienna in Austria, beato Antonio Maria Schwartz, sacerdote, che fondò la Congregazione degli Operai Cristiani di San Giuseppe Calasanzio per la cura pastorale e la difesa dei diritti degli apprendisti e dei giovani lavoratori.

nome San Valeriano di Tournus- titolo Martire- nascita Francia- morte Francia- ricorrenza 15 settembre- Valeriano era un compagno di S. Potino, vescovo di Lione e capo del gruppo venerato come i Martiri di Lione e Vienne (2 giu.). Il racconto del loro martirio è conservato nella Storia ecclesiastica di Eusebio ed è la prima prova di una comunità cristiana organizzata in Gallia. Questi martiri furono accusati ingiustamente e condannati a morte con sconcertante violenza, maciullati dalle bestie feroci nell'anfiteatro (di cui si possono ancora vedere le rovine). Valeriano fu martirizzato un anno dopo il gruppo descritto nella lettera riportata da Eusebio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tournus lungo la Saône nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Valeriano, martire.

nome San Nicomede di Roma- titolo Presbitero e Martire- nascita I secolo, Roma- morte I secolo, Roma- ricorrenza 15 settembre- Attributi Abiti sacerdotali e palma del martirio- Esistono prove attendibili dell'esistenza di Nicomede e del suo martirio, ma sono stati tramandati pochi dettagli. Ti racconto più antico della sua morte, che risale al V o VI secolo, compare nella passio leggendaria dei SS. Nereo e Achilleo (12 mag.). Il Martirologio Romano, citando da quest'opera, sostiene che era un sacerdote, arrestato e condannato a morte per aver sepolto il corpo di S. Felicola (13 giu.), una pura speculazione. Tutto ciò che si può affermare con certezza è che fu un martire della Chiesa romana, sepolto in una catacomba sulla via Nomentana, proprio fuori Porta Pia. È probabile che il martirio sia avvenuto durante il regno di Domiziano (81-96), sebbene esista una passio del vii secolo che lo colloca all'i giugno durante quello di Massimiano. Nicomede non è menzionato nella Depositio Martyrum del 354, ma gli itinerari e i sacramentari mostrano che era venerato a Roma sin da antica data. Nel VII secolo, i pellegrini veneravano la sua tomba, su cui papa Bonifacio V (619-625) aveva costruito una basilica, luogo di sepoltura riscoperto nel 1864. I sacramentari gelasiano e gregoriano citano Nicomede all'i giugno e al 15 settembre, come il Martirologio Geronimiano e i successivi martirologi, mentre Baronio ha accettato il 15 settembre come dies natalis, ed eliminato la commemorazione del 1 giugno dal Martirologio Romano.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Nicomede, martire, il cui corpo, sepolto nel cimitero sulla via Nomentana, fu onorato dal papa Bonifacio V con una basilica sepolcrale.

nome Sant'Acardo (Aicardo) di Jumieges- titolo Abate- nascita 624 circa, Poitiers, Francia- morte 687 circa, Jumièges, Francia- ricorrenza 15 settembre- Nessuna delle tre Vite conosciute di S. Acardo (o Aicardo) è completamente attendibile, ma complessivamente riferiscono gli eventi basilari: fu istruito nella scuola del monastero a Poitiers, dove rimase finché il padre, Anscario, decise che era giunto il momento di introdurlo nella vita di corte e dell'esercito. La madre, Ermena, che si dice abbia avuto una sola ambizione per il figlio, cioè che diventasse santo, si oppose a quest'idea. Indipendentemente dalla risoluzione o meno di questo disaccordo, come affermano i biografi, convincendo il padre e ottenendo il suo consenso, Acardo entrò direttamente nel monastero di Saint-Jouin ad Ansion nel Poitou, dove trascorse trentanove anni, finché fu coinvolto, con S. Filiberto, abate di jumièges (20 ago.), e il vescovo Ansoaldo, nella fondazione o forse nella riforma del priorato di S. Benedetto a Quirway. La sequenza degli eventi a questo punto non è totalmente chiara, ma si dice che Acardo si sia recato a QuinQay, presumibilmente istituito sulla terra di proprietà della sua famiglia, con l'incarico di priore e che la congregazione, inizialmente composta di quindici monaci, prosperò sotto la sua guida. Successivamente, quando Filiberto si ritirò dall'incarico di abate di Jumièges, nominò Acardo come successore, cosa che non piacque a tutti i membri della congregazione, e che fu accettata soltanto, secondo un resoconto tradizionale, perché un monaco ebbe una visione che lo ammoniva di farlo. Il compito di Acardo era scoraggiante: la congregazione era enorme, e non tutti i monaci seguivano la sua abitudine di predicare con l'esempio, tuttavia un sogno che gli annunciava la morte e il giudizio imminente di quattrocentoquarantadue di loro si dice lo abbia stimolato molto a migliorare l'osservanza della regola. Quando si accorse che stava per morire, Acardo si sdraiò da solo sulle ceneri e si coprì con una tela di sacco. Nel suo ultimo messaggio alla congregazione, mise in risalto l'amore reciproco: «Avete sopportato il peso della penitenza e siete cresciuti osservando i doveri religiosi invano, se non vi amate sinceramente l'un l'altro: senza questo, il martirio stesso non può rendervi accettabili a Dio». Fu seppellito a Jumièges, ma durante l'invasione normanna per sicurezza i resti furono trasferiti temporaneamente a Haspres, prima di essere riportati nell'antico sito. S. Acardo non va confuso con il cistercense B. Acardo, anch'egli commemorato in questo giorno, che per un periodo fu maestro dei novizi a Clairvaux e morì nel 1170 circa. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Jumièges in Neustria, sempre in Francia, sant’Aicardo, abate, che, discepolo di san Filiberto, fu da lui messo a capo di questo cenobio.

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@Raining

4 mesi fa

Belin, finally una zeneize

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