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I santi di oggi 15 novembre:
nome Sant'Alberto Magno- titolo Vescovo e dottore della Chiesa- nascita 1206, Lauingen, Germania- Consacrato vescovo 1260- morte 15 novembre 1280, Colonia, Germania- ricorrenza 15 novembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Ratisbona- Beatificazione 1622- Canonizzazione 1931- Patrono di Scienziati- Alberto Magno, canonizzato e decorato del titolo di Dottore dal Sommo Pontefice Pio XI, nacque all'inizio del secolo XIII dai conti di Bollstädt a Lauingen in Svevia storica regione della Germania, dove passò la giovinezza. Recatosi all'Università di Padova per una formazione intellettuale più elevata, fu dal beato Giordano di Sassonia guadagnato all'Ordine Domenicano.
Terminati gli studi ed emessi i voti religiosi, fu designato come professore a Colonia, Ratisbona, Strasburgo e poco dopo all'Università di Parigi. Tra i suoi discepoli il più illustre fu S. Tommaso d'Aquino, la cui elevatezza di mente egli per primo conobbe ed esaltò. Nel 1254 fu tolto dall'insegnamento ed eletto provinciale dei Domenicani in Germania. Due anni dopo si portò a Roma, e nel Concistoro di Anagni, alla presenza del Sommo Pontefice difese vittoriosamente, contro alcuni avversari, i diritti della Santa Sede e dei Religiosi Mendicanti. Il Papa ne fu così entusiasta che lo tenne a corte e gli assegnò una cattedra all'Università Pontificia. Rinunziò allora alla carica di provinciale, ma dovette nuovamente portarsi in patria, prima come arbitro, poi come mediatore di pace politica e sociale in un'infinità di contese. Al principio dell'anno 1260 lo sorprese la notizia che il Papa l'aveva eletto vescovo di Ratisbona. Lo stato della diocesi non era lusinghiero: decaduta spiritualmente e finanziariamente, aveva bisogno di uno zelante riformatore. Alberto ubbidì alla chiamata pontificia e divenne, colla sua vita santa ed apostolica, modello dei sacerdoti e dei vescovi. Visitava chiese, predicava, confessava, lavorava in tutti i modi al miglioramento spirituale della diocesi, a cui, allorché fu ristabilito l'ordine, la disciplina e le finanze. Decise però di rinunziare al suo incarico di Vescovo e dopo tante insistenze, Urbano IV lo esonerò dall'ufficio pastorale, ed egli ritornò lieto nel suo convento di Colonia, spendendo il resto della sua vita tra la preghiera, la direzione spirituale, la composizione di opere scientifiche ed ascetiche ed esplicando una vasta azione di pacificazione sociale. Meritò il titolo di dottore universale. Il 13 febbraio 1263 Urbano IV lo nominò predicatore della crociata per la Germania, la Boemia ed altri luoghi di lingua teutonica. Questa missione durante gli anni 1263 e 1264 gli fece percorrere la Germania da Ratisbona e Colonia fino alle frontiere con la Polonia. Dal 1265 sino all'inizio del 1267 Alberto fece un lungo soggiorno a Wurzbourg dove svolse, come a Colonia, il ruolo di pacificatore, pur continuando a studiare e scrivere. Mentre un giorno, già più che ottantenne, teneva una lezione, perdette improvvisamente la memoria; piangendo scese dalla cattedra. Si preparò alla morte che lo colpì poco dopo, al 15 di novembre 1280, fra il compianto di tutta la cristianità. Fu sepolto nella chiesa parrocchiale di sant'Andrea a Colonia. Fu beatificato da papa Gregorio XV nel 1622, nel settembre 1872, i vescovi tedeschi, riuniti a Fulda, inviarono alla Santa Sede una petizione per la sua canonizzazione. Alberto fu proclamato santo da papa Pio XI nel 1931. Lo stesso papa, in occasione della canonizzazione, lo proclamò dottore della Chiesa. Dieci anni più tardi, papa Pio XII lo dichiarò patrono dei cultori delle scienze naturali. PRATICA. Leggiamo o ascoltiamo una istruzione. PREGHIERA. O Dio, che hai reso grande il tuo beat vescovo e dottore Alberto nel far servire la sapienza umana alla fede divina, deh! concedici di seguire le 0;ne del suo insegnamento onde godere della luce perfetta nei cieli.
MARTIROLOGIO ROMANO. Sant'Alberto, detto Magno, vescovo e dottore della Chiesa, che, entrato nell'Ordine dei Predicatori, insegnò a Parigi con la parola e con gli scritti filosofia e teologia. Maestro di san Tommaso d'Aquino, riuscì ad unire in mirabile sintesi la sapienza dei santi con il sapere umano e la scienza della natura. Ricevette suo malgrado la sede di Ratisbona, dove si adoperò assiduamente per rafforzare la pace tra i popoli, ma dopo un anno preferì la povertà dell'Ordine a ogni onore e a Colonia in Germania si addormentò piamente nel Signore.
nome San Leopoldo III il Pio- titolo Margravio d'Austria- nascita 1075, Melk- morte 15 novembre 1136, Klosterneuburg- ricorrenza 15 novembre- Nato intorno al 1075, figlio di Leopoldo II e di Ita, Leopoldo III successe senza problemi nel 1095/1096 al suo omonimo padre, che apparteneva alla fazione papale, nella carica di margravio e si riavvicinò ad Enrico IV, con il quale ebbe un incontro a Ratisbona nel 1099.<br /> Tuttavia, quando nel settembre 1105 si dovette giungere al confronto militare tra l'imperatore e suo figlio Enrico V, egli lo abbandonò. Dopo essere stato sposato una prima volta con una nobile di cui non si conosce il nome, in seguito al rinnovato allineamento a Enrico V, poté unirsi in matrimonio alla sorella di lui Agnese (1106), vedova del duca Federico I di Svevia, da cui ebbe molti figli. Leopoldo prese parte nel 1108 alla campagna militare di Enrico V contro gli Ungari e anche negli anni successivi (per esempio nel 1112, 1114 e 1121) è attestata la sua presenza al seguito dell'imperatore. Insieme al duca di Boemia intraprese anche autonomamente alcune campagne militari contro gli Ungari, che più volte, negli anni del suo governo, invasero il suo territorio. Fu cofirmatario del concordato di Worms e dopo la morte di Enrico V nel 1125 rifiutò una propria candidatura al trono. Dal punto di vista della politica interna, sotto Leopoldo III si giunse a un primo ampliamento della sovranità territoriale: il margravio aumentò i suoi diritti di proprietà e di sovranità e si dedicò sistematicamente all'ampliamento territoriale, in particolare a nord del Danubio. In politica ecclesiastica cercò di salvaguardare gli antichi diritti di controllo signorile sulle chiese private, anche contro il vescovo Reginmaro di Passau, senza timore di entrare in conflitto con i nobili fondatori di monasteri, qualora avesse rivendicazioni giuridiche da avanzare sui beni dati loro in dotazione; solo alla fine della sua vita si mostrò conciliante, quando rinunciò alle decime ecclesiastiche di trenta parrocchie che fino ad allora erano state di sua competenza. Nel 1110 sottopose al papa il monastero di Melk, in origine monastero privato della diocesi di Eichstàtt, pur riservando a sé e ai suoi successori il baliato di tale monastero, che dotò riccamente. Su sua iniziativa la collegiata secolare di Klosterneuburg (prima menzione nel 1108), molto vicina al luogo dove si era trasferito nel 1113, fu trasformata in un monastero di canonici regolari (1114), il cui primo preposto fu Hartmann di Chiemsee (più tardi vescovo di Bressanone). Altre fondazioni che devono essere citate sono il monastero cisterciense di S. Croce a Wienerwald (1133/1136) e il monastero benedettino di Mariazell (lettera di fondazione solo del 1136). Morì il 15 novembre 1136 e fu sepolto nel monastero di Klosterneuburg. Il culto del pius marchio prese le mosse dal suo sepolcro e fu favorito dai primi Asburgo, ma soprattutto dal duca Rodolfo IV il Fondatore. La canonizzazione da parte di papa Innocenzo VIII ebbe luogo il 2 febbraio 1485. A partire dal 1663 (sotto l'imperatore Leopoldo I) è patrono dell'Austria inferiore. Caso singolare di potente con problemi spirituali. Nell'iconografia compare, dal XIII sec., soprattutto nella zona austriaca, sempre in tenuta principesca, con cappello da margravio ornato in ermellino; su stendardo, mantello e scudo i colori dell'Austria antica (aquila d'oro su fondo blu); spesso rappresentato insieme a sua moglie Agnese. Più antica rappresentazione come fondatore senza aureola e con modellino di monastero (Klosterneuburg): pittura su vetro, XIII sec., Klosterneuburg (LCI, VII, 400ss.). MARTIROLOGIO ROMANO. Nel cenobio di Klosterneuburg in Austria, deposizione di san Leopoldo, che, margravio di questo territorio, chiamato Pio già da vivo, fu promotore di pace e amico dei poveri e del clero.
nome San Felice di Nola- titolo Vescovo- nascita I secolo, Nola, Campania- morte I secolo, Nola, Campania- ricorrenza 15 novembre- Santuario principale Cripta di San Felice nel Duomo di Nola- Patrono di Nola- Secondo Abel Della Costa in "The Faithful Witness": "Questo San Felice da Nola, a cui si attribbuisce questo nome per essere stato appunto vescovo di Nola, non va confuso con il ben più noto San Felice de Nola, sacerdote e confessore, che viene celebrato il 14 gennaio, e al quale si attribuisce il toponomastico per esservi nato (e per distinguerlo dai tanti santi chiamati Felice). Questa distinzione è di grande importanza, perché l'identità dei nomi e la scarsità di dati sui due ci hanno da tempo portato a pensare che era una duplicazione, soprattutto se si tiene conto che San Felice sacerdote è accreditato dell'agiografia di San Paolino per aver rigettato l'episcopato.<br /> Gian Domenico Gordini, in “ Santi e Beati ”, fornisce la seguente notizia: «Di questo personaggio ci sono pochissimi dati attendibili, e molti sono leggendari e poco chiari. Le notizie certe si riferiscono all'inizio del suo ministero episcopale nel 473, e alla sua morte, il 9 febbraio 484, come si può vedere in un'iscrizione sepolcrale. Per il resto, la leggenda ha lavorato molto duramente per creare una confusione dalla quale non è facile uscire ". Secondo il racconto di una famosa passio, Felice liberò con la sua preghiera due uomini indemoniati e il governatore di Nola Archelao, pressato dai sacerdoti pagani, lo arrestò per interrogarlo. Mentre cercava di costringerlo ad adorare le divinità pagane in un tempio della città, una profonda voragine inghiottì l'edificio. In seguito a questo episodio, Felice fu acclamato dal popolo vescovo di Nola e lo stesso Archelao chiese di essere battezzato. Nell'anno 95 d.C. fu nuovamente arrestato dal Prefetto Marciano durante una delle prime persecuzioni cristiane. Si racconta che Felice sia stato dato in pasto ai leoni i quali, con meraviglia dei presenti, indietreggiarono davanti a lui. Fu poi gettato in una fornace di carboni ardenti, ma riuscì a liberarsi per l'intervento di un angelo. Il Prefetto lo fece allora appendere a testa in giù e, dopo averlo sottoposto ad altre torture, lo fece decapitare il 15 novembre. Secondo la tradizione, il corpo del martire fu poi seppellito di nascosto all'interno di un pozzo di una casa patrizia sul quale fu in seguito edificato un luogo di culto, che diventerà la cripta della cattedrale di Nola, dove riposano ancora oggi le spoglie del santo.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Nola in Campania, san Felice, della cui cura pastorale e del cui culto questa città si onora.
nome Beata Lucia da Narni- titolo Mistica Domenicana- nome di battesimo Lucia Brocadelli- nascita 13 dicembre 1476, Narni- morte 15 novembre 1544, Ferrara- ricorrenza 15 novembre- Beatificazione 1710 da papa Clemente XI- Lucia era la prima degli undici figli di Bartolomeo Brocade tesoriere del comune di Narni in Umbria, e di sua moglie, Gentilina Cassio; nata a Narni il 13 dicembre 1476, sin da bambina decise di consacrare la vita a Dio, ma sfortunatamente i suoi tutori (il padre mori mentre lei era piccola) avevano altri progetti su di lei e all'età di quattordici anni, la costrinsero a fidanzarsi. Pare che in occasione del fidanzamento, Lucia getto per terra l'anello, schiaffeggio il pretendente e fuggì via dalla stanza; a ogni modo l'anno successivo, dopo una certa resistenza, ma grazie ai consigli del suo confessore e (secondo lei, della Madonna che le apparve in una visione) acconsenti a sposare un giovane di nome Pietro di Alessio. Si tratto di un matrimonio solo di nome e dopo tre anni Pietro, senza dubbio perplesso, le disse che era libera di andare e fare ciò che desiderava. Lucia, inizialmente, torno nella casa materna; poi, dopo aver ricevuto l'abito del Terz'ordine domenicano, entro nella congregazione di terziarie regolari, prima a Roma e poi a Viterbo, dove rimasè per tre anni e ricevette le stigmate, condividendo anche fisicamente la passione di Cristo attraverso perdite effettive di sangue che avvenivano regolarmente ogni mercoledì e venerdì impossibili da nascondere. L'inquisitore locale, il maestro di palazzo, un vescovo francescano, e il medico personale di papa Alessandro VI la esaminarono, e, nonostante fossero scettici per natura, si convinsero della veridicità del fenomeno; anche Pietro le fece visita e si convinse della realtà (si narra che sia entrato poi nei frati minori). Perfino più tardi, come nota uno dei biografi, quando i francescani di Majorca tentarono di distruggere un ritratto in cui era raffigurata con le stigmate, dal momento che papa Sisto IV aveva minacciato di scomunica chi avesse raffigurato un Santo (a parte S. Francesco) con le stigmate, la veridicita del fenomeno non fu messa in discussione. A questo punto, Lucia divenne vittima dell'ambizione benintenzionata, ma nondimeno fuorviante, di Ercole I, duca di Ferrara, sinceramente devoto di S. Caterina da Siena (29 apr.), morta nel 1380 e canonizzata nel 1461, il quale annoverava la B. Colomba di Rieti (20 mag.) e la B. Osanna di Mantova (20 giu.) tra i suoi amici. Quando il duca apprese l'esistenza di Lucia, non riusci a resistere all'idea della presenza di una mistica a Ferrara, perciò, con il suo consenso, ottenne il permesso dal papa di cosquire un convento per lei in citta. La sua partenza da Viterbo incontro molti ostacoli, ma alla fine Lucia riusci a lasciare la citta nascondendosi in una cesta sul dorso di un mulo. Sfortunatamente il progetto fu più o meno compromesso fin dal'inizio: Lucia aveva appena compiuto vent'anni e le mancavano completamcnte le doti naturali, oltre all'esperienza, per svolgere il ruolo di superiora. Ercole d'Este, d'altro canto, era un uomo di larghe vedute, e desiderava che il nuovo convento, che aveva fatto decorare spendendo grosse somme di denaro, ospitasse almeno un centinaio di suore, perciò chiese l'aiuto della nuova moglie di suo figlio Alfonso, Lucrezia Borgia, indubbiamente abile nel reclutare nuovi membri, anche se non tutte le monache si dimostrarono adatte a quello stile di vita. Ciò rese il compito di Lucia ancora più duro, tanto che fu presto sollevata da quell'incarico e il suo posto fu occupato da una monaca domenicana, Maria di Parma, che desiderava affiliare l'intera congregazione al cosiddetto secondo ordine. Alla morte di Ercole d'Este nel 1505, Lucia rimase senza protezione, pur avendo fino a quel momento svolto il ruolo di "mistica alla moda" che le era stato imposto, e fu completamente dimenticata, trascorrendo in solitudine i restanti trentanove anni di vita. La nuova priora la trattava con una severità che era piuttosto crudeltà; in questi anni Lucia sopportò tutto, non si lamentò mai di nulla, perfino quando era malata e nessuno l'assisteva, perciò alla fine fu considerata santa. Il suo isolamento fu tale che alla sua morte, il 15 novembre 1544, il popolo di Ferrara restò attonito pensando che fosse morta da tempo; subito nacque un culto popolare spontaneo e di tale portata che fu necessario trasferire le spoglie dal convento in un luogo più accessibile al pubblico. Sulla sua tomba nella cattedrale sembra siano avvenuti diversi miracoli; il culto fu poi confermato nel 1710. MARTIROLOGIO ROMANO. Ferrara, beata Lucia Broccadelli, religiosa, che tanto nella vita matrimoniale quanto nel monastero del Terz’Ordine di San Domenico sopportò con pazienza molte sofferenze e umiliazioni.
nome San Giuseppe Pignatelli- titolo Sacerdote gesuita- nome di battesimo Giuseppe Pignatelli- nascita 27 dicembre 1737, Saragozza, Spagna- morte 15 novembre 1811, Roma- ricorrenza 15 novembre- Beatificazione 1933- Canonizzazione 1954 da papa Pio XII- Santuario principale Chiesa del Gesù- San Giuseppe Pignatelli, sacerdote della Compagnia di Gesù, lavorò a Roma per migliorare le condizioni di questa famiglia religiosa che a quei tempi era ridotta quasi all'estinzione e si contraddistinse per la sua carità, umiltà e integrità morale, rivolgendosi sempre alla più grande gloria di Dio. Nacque a Saragozza. Era di famiglia nobile, metà napoletana e metà aragonese: suo padre era un principe del Sacro Impero Germanico, e sua madre, marchesa de la Mora.La sua famiglia era imparentata con san Francesco di Borja e san Luigi Gonzaga. Studiò presso il collegio dei gesuiti di Saragozza, dove si occupò di Teologia; Una volta entrato nei gesuiti, studiò filosofia a Calatayud. Era un uomo gentile, colto ed elegante. Capiva di antichità, parlava varie lingue ed era un grande esempio per l'umanità. Fu sempre esempio di carità, umiltà e fiducia in Dio.Queste furono le sue virtù. Entrò nella Compagnia di Gesù (1753) e fece un soggiorno di formazione a Tarragona, Calatayud e Manresa. Nel 1759 chiese di essere assegnato alle missioni del Paraguay ma alla vigilia dell'esodo finale di Teologia morale si è ammalò. Iniziò a vomitare sangue e fu mandato presso i Pirenei perché si riprendesse. Fu ordinato sacerdote nel 1762, poco prima che Carlo III decretasse l'esilio dei gesuiti. Il suo primo impiego fu quello di professore di Grammatica presso il collegio dei gesuiti di Saragozza, dove rimase per quattro anni, tempo che utilizzò per introdurre nella scuola la pratica delle sei domeniche in onore di san Luigi Gonzaga. Si dedicò anche a curare i malati e i condannati a morte. Nel 1767 fu ordinata l'espulsione dei gesuiti dalla Spagna. Era molto malato di tisi e suo fratello lo fece portare a Salou per imbarcarsi insieme ai suoi fratelli espulsi e condividere con loro le sue sofferenze. Nel 1771 fece i suoi voti solenni nella Chiesa di Gesù di Ferrara. Nel 1773, il papa pubblicò l'estinzione totale e assoluta della Compagnia di Gesù. 23.000 gesuiti da tutto il mondo cessarono di essere gesuiti e furono privati di tutte le loro casse e dei loro beni. Giuseppe e suo fratello Nicolas, anch'egli gesuita, affittarono un appartamento a Ferrara e poi a Bologna. In Italia vissero come degli appestati, e lui decise di dedicarsi allo studio vivendo sempre con grande modestia; cominciò a dipingere e a comprare libri. Realizzò una biblioteca piuttosto ricca. Nonostante la sua salute cagionevole, si dedicò ai poveri ed ai malati. Suo fratello cercò di fargli lasciare la Compagnia e a ciò Giuseppe rispose: “... non lo farò mai, anche se dovessi perdere mille volte la vita”. Giuseppe cercò di rientrare nel noviziato della Compagnia in Russia, ma ciò non era permesso agli spagnoli. Nel 1797 poté rinnovare i suoi voti quando l'Ordine fu ricostituito nel ducato di Parma, aggiungendosi al nucleo della Russia, unico luogo dove restavano ancora i gesuiti. A Ferrara e Bologna svolse una grande attività riorganizzando la Compagnia. Sarà l'anello di unione tra i gesuiti prima e dopo la persecuzione e l'abolizione del XVIII secolo. Dopo essere stato padre provinciale di Napoli, dove era stata restaurata anche la Compagnia, è stato nominato padre provinciale di tutta Italia. Marcò a Roma, sotto la protezione di papa Pio VII che momentaneamente riconobbe la Compagnia. Ma l'invasione napoleonica fece sì che dovessero di nuovo vivere nella clandestinità. Giuseppe si dedicò ai più poveri. Morirà senza aver visto la Compagnia in ostaggio, durante l'invasione di Napoleone e facendo in modo che non venissero a sapere della sua morte perché non ci fossero manifestazioni popolari. Pio XI lo descrisse come un sacerdote di "virile e animosa santità". È considerato il secondo padre dei figli di sant'Ignazio. È morto a Roma. Pio XII lo ha canonizzato nel 1954. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Giuseppe Pignatelli, sacerdote della Compagnia di Gesù, che si adoperò a fondo per ridare vita a questa famiglia religiosa ormai ridotta quasi all’estinzione e si dimostrò insigne per carità, umiltà e integrità morale, sempre rivolto alla maggior gloria di Dio.
nome Beata Maria della Passione (Elena) di Chappotin de Neuville- titolo Religiosa, fondatrice della congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Maria- nome di battesimo Hélène Marie Philippine de Chappotin de Neuville- nascita 21 maggio 1839, Nantes, Francia- morte 15 novembre 1904, Sanremo- ricorrenza 15 novembre- Nacque il 21 maggio 1839 a Nantes, in Francia, da nobile e cristiana famiglia. Nell'aprile 1856, ebbe una prima esperienza di Dio che la chiamava a una vita di totale consacrazione. Nel dicembre 1860 entrò nelle Clarisse. Il 23 gennaio 1861, fece una profonda esperienza di Dio che la invitava ad offrirsi vittima per la Chiesa e il papa. Dopo una lunga e complessa esperienza in India, tornata in Francia fondò le missionarie di Maria. Il 4 ottobre 1882, ritrovando il suo originario orientamento francescano, fu ricevuta nel Terz'Ordine di San Francesco. Tutto, nella sua vita, rimanda all'Unità-Trinità di Dio-Verità-Amore, che si comunica a noi attraverso il mistero pasquale di Cristo. Nell'unione a questi misteri vive la sua vocazione di offerta in una dimensione ecclesiale e missionaria. Morì il 15 novembre 1904 e fu beatificata il 20 ottobre 2002. MARTIROLOGIO ROMANO. A Sanremo in Liguria, beata Maria della Passione (Elena) di Chappotin de Neuville, vergine, che, rapita nell’intimo dalla semplicità di san Francesco, istituì le Suore Francescane Missionarie di Maria e prestò sempre grande cura alla difesa della condizione della donna nelle terre di missione.
nome San Raffaele di San Giuseppe- titolo Sacerdote- nome di battesimo Josef Kalinowski- nascita 1 settembre 1835, Vilna, Lituania- morte 15 novembre 1907, Wadowice, Polonia- ricorrenza 15 novembre- Beatificazione 20 ottobre 2002 da papa Giovanni Paolo II- Giuseppe, figlio di Andrey Kalinowski e lozefa Polonska, nacque a Vilna nella Polonia russa (nell'attuale Lituania), D settembre 1835; la madre morì poche settimane dopo la sua nascita, perciò il bambino fu affidato alle cure della zia Vittoria, che successivamente sposò suo padre. Anche Vittoria morì, quando Giuseppe aveva solo nove anni, e il padre, rimasto solo con cinque figli, sposò Sophia Puttkamer. Giuseppe fu educato in casa fino all'età di nove anni, poi studiò al collegio della nobiltà di Vilna, dove suo padre insegnava matematica. Era uno studente modello e a diciassette anni si diplomò con la medaglia d'oro; sebbene si sentisse chiamato a diventare sacerdote, seguì il consiglio paterno di frequentare prima l'università. Non era certo facile a quel tempo per un giovane polacco frequentare l'università; la Polonia, infatti, che comprendeva nel suo territorio anche l'attuale Lituania, era stata occupata dalla Russia nel 1795 e tutte le sue università indipendenti erano state, perciò, chiuse. I giovani polacchi erano costretti quindi a frequentare l'università in Russia; Giuseppe s'iscrisse all'istituto di Agronomia di Hory Horki, dove studiò zoologia, chimica, agricoltura e apicoltura, ma non vi rimase a lungo. La sua vera passione era la matematica e tutte le discipline a essa connesse, perciò si trasferì all'Accademia Militare di Ingegneria di S. Pietroburgo, e, dopo aver ottenuto il diploma di luogotenente del corpo dei genieri, fu mandato a supervisionare il progetto della linea ferroviaria Kursk-Kiev-Odessa. Una lettera mostra che in quel periodo stava già attraversando una certa crisi spirituale: «Nella completa solitudine della mia vita, sono riuscito a condurre una profonda vita contemplativa e, onestamente, posso dire che questo lavoro, così lontano dalle altre persone, mi ha dato la possibilità di migliorare me stesso. Ho riconosciuto il valore della nostra fede religiosa e mi sono riavvicinato a essa». Quando, nel 1860, terminò il suo incarico nel progetto ferroviario, Giuseppe fu trasferito alla fortezza di Brest-Litovsk e due anni dopo fu nominato capitano dello stato maggiore. I tre anni trascorsi a Brest-Litovsk non furono molto felici, a causa della dominazione russa e, in particolare, dei suoi effetti sulla Chiesa cattolica polacca; tuttavia non si scoraggiò, anzi fondò una piccola scuola cattolica domenicale, di cui divenne insegnante, e limitò le spese personali per assistere i poveri. Tutto ciò ebbe fine con la sommossa polacca del gennaio 1863; Giuseppe capì che, unendosi ai ribelli nella loro giusta causa, avrebbe forse potuto limitare i danni, perciò si congedò dall'esercito e si unì a loro. Nominato ministro della guerra per la regione di Vilna (posizione che accettò a condizione di non dover pronunciare nessuna sentenza di morte), trascorse i dieci mesi successivi facendo il possibile per salvare vite umane. Attirata inevitabilmente l'attenzione dei russi, l'anno successivo (il 25 marzo 1864) fu arrestato e tre mesi dopo condannato a morte, ma le autorità russe, data la sua fama e temendo che il popolo l'avrebbe poi considerato un martire, commutarono la sentenza in dieci anni di lavori forzati. Iniziò il tremendo viaggio verso la Siberia (nove mesi a piedi in colonna con altri prigionieri) il 29 giugno dello stesso anno; descrisse lo squallore di cui fu testimone, nelle sue memorie: «Vicino a Perm [la città dove venivano radunati i condannati prima di essere smistati altrove), nel lontano oriente, l'immensa pianura che si stende da una parte all'altra degli Urali, si è trasformata in un cimitero immenso, con diecimila vittime, strappate all'abbraccio della loro madre patria. Sono state inghiottite per sempre». Nei nove anni trascorsi in Siberia, non si lamentò mai delle sue sofferenze, condivise il poco che possedeva e, con le parole e l'esempio, tentava di sostenere continuamente i suoi compagni. Subì un profondo cambiamento interiore quando fu liberato dalle miniere di sale e fu esiliato a Irkutsk: conobbe un sacerdote polacco, Krzystof Szwernicki, che si occupava dell'intera Siberia; insieme insegnarono catechismo ai bambini del luogo e li prepararono alla prima comunione. Sotto la guida di Krzystof, nel frattempo, Giuseppe iniziò a prepararsi alla sua vera vocazione; quando nel 1873 finalmente fu liberato, l'unico suo desiderio fu di entrare in monastero. Completato il noviziato, con il nome di Raffaele, partì per Gy6r in Ungheria, dove terminò i suoi studi filosofici e teologici e pronunciò i voti solenni. Si recò poi a Czerna, nel distretto di Cracovia (l'unico monastero carmelitano polacco ancora aperto), dove fu ordinato sacerdote il 15 gennaio 1882; fu nominato priore a Czerna nello stesso anno, e fu varie volte provinciale, priore ancora una volta Wadowice, e poi vicario provinciale delle carmelitane scalze. La sua grande ambizione era di rivitalizzare completamente l'Ordine carmelitano in Polonia. Nel 1904, i superiori gli chiesero di scrivere le sue memorie; iniziò il lavoro, ma la salute cominciò a peggiorare portandolo alla morte, che avvenne il 15 novembre 1907 a Wadowice. La notizia si diffuse velocemente e il popolo giunse da ogni parte per venerarlo, considerandolo già santo. Raffaele è stato beatificato il 23 giugno 1983, durante la visita in Polonia di papa Giovanni Paolo II (nato a Wadowice nel maggio del 1920), e canonizzato il 17 novembre 1991.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Wadowice in Polonia, san Raffaele di San Giuseppe (Giuseppe) Kalinowski, sacerdote, che, durante un’insurrezione popolare contro gli oppressori, fu catturato nel corso della guerra dai nemici e deportato in Siberia, dove patì molte tribolazioni, e, dopo essere stato liberato, entrò nell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, a cui diede grande impulso.
nome San Rocco Gonzalez de Santa Cruz- titolo Sacerdote professo della Compagnia di Gesù e Martire- nome di battesimo Roque González de Santa Cruz- nascita 1576, Asunción, Paraguay- morte 15 novembre 1628, Caaró, Brasile- ricorrenza 15 novembre- Beatificazione 28 gennaio 1934 da papa Pio XI- Canonizzazione 16 maggio 1988 da papa Giovanni Paolo II- I primi martiri a essere beatificati in America morirono nel 1628. Ovviamente non significa che siano stati i primi martiri nel Nuovo Mondo: infatti, nel 1516, tre francescani furono uccisi dagli abitanti caraibici delle Antille. Seguirono presto altri massacri sulla terraferma, e nel 1544 frate Juan Padilla diventò il primo martire del Nord America (non si conosce il luogo della morte, anche se sono state suggerite varie opzioni: il Colorado orientale, il Kansas occidentale e il Texas). Questi martiri precedenti non sono stati beatificati semplicemente perché le circostanze della loro morte non sono state sufficientemente documentate, perciò i primi martiri d'America a essere beatificati furono tre gesuiti del Paraguay, uno dei quali, il B. Rocco, era americano. Rocco Gonzalez y de Santa Cruz nacque in una nobile famiglia spagnola ad Asuncion, capitale del Paraguay, nel 1576; da bambino era insolitamente buono e molto devoto e sembra che tutti fossero certi del suo futuro ingresso nel sacerdozio. All'età di ventitré anni, fu davvero ordinato sacerdote (suo malgrado, dato che si sentiva indegno), e subito cominciò a interessarsi degli indigeni del Paraguay, raggiungendoli nei luoghi più remoti del paese per predicare il cristianesimo. Dopo dieci anni, entrò nella Compagnia di Gesù, con la speranza di evitare una promozione all'interno della Chiesa e poter continuare l'attività missionaria. Tra gli ordini religiosi presenti in Paraguay, i gesuiti erano tra i più recenti; i francescani erano giunti nel 1537, seguiti subito dopo dai mercedariani, dai geronimiani e dai domenicani, mentre i gesuiti vi arrivarono solo nel 1609, quando il governatore di Asuncion e il vescovo locale li contattarono specificamente per lavorare nelle missioni. Il provinciale mandò immediatamente tre coppie di missionari, che iniziarono a fondare le congregazioni poi conosciute con il nome di reducciones, "riduzioni"; dato che non si sentivano, né si comportavano come conquistatori e padroni degli indios, come molti dei loro compatrioti che giungevano nelle Americhe, aiutarono gli indiani a diventare autonomi, convertendoli allo stesso tempo al cristianesimo. Le loro missioni svolsero questa attività con buoni risultati fino al secolo successivo, quando la loro opposizione all'imperialismo spagnolo, alla schiavitù e ai metodi dell'Inquisizione, causò la soppressione delle reducciones e della Compagnia di Gesù. Le reducciones erano villaggi comunitari indios, in cui non era ammessa la presenza degli europei, con istituzioni politiche indipendenti e in cui solo il capo dei magistrati era nominato dal governatore; la popolazione media era costituita da circa tremila persone, a capo delle quali c'erano trenta o cinquanta membri. Ogni insediamento sorgeva su un terreno fertile o vicino a un fiume, oppure, secondo un modello di base, attorno a una piazza; da un lato vi erano la chiesa, la casa dei sacerdoti, il cimitero, la casa degli orfani e delle vedove, un magazzino per le provviste e gli uffici, e dall'altro lato, le case degli indios. I gesuiti introdussero una forma combinata di proprietà collettiva (agricoltura) e privata (orti e animali domestici) e con il denaro ricavato dalla vendita dei prodotti domestici acquistavano i generi di prima necessità per la comunità. Oltre al cristianesimo, i gesuiti insegnarono agli indios a leggere e scrivere, cantare e svolgere ogni tipo di attività artistica; sfortunatamente, anche se prevedibilmente, la situazione cominciò a cambiare al momento della partenza dei gesuiti, quando le reducciones diventarono oggetto della disputa territoriale al confine spagnolo-portoghese. La qualità di vita di questi villaggi, ad ogni modo, affascinò anche lo scettico Voltaire: «Quando i missionari lasciarono i villaggi nel 1768, le missioni avevano raggiunto il massimo livello di civilizzazione possibile in una popolazione nata di recente [...] Nelle missioni si rispettava la legge, la morale era autentica, esisteva una fratellanza profonda, prosperarono molte arti utili e vi era abbondanza ovunque». Rocco Gonzalez fu coinvolto fin dall'inizio nel progetto; trascorse vent'anni nelle missioni, impegnandosi totalmente nel suo lavoro, nonostante le difficoltà, i pericoli e l'opposizione di alcune tribù indios e di alcuni colonizzatori. Visse durante i primi tre anni nella reduccione originale, S. Ignazio Guazú (fondata nel 1611), che portava il nome del fondatore della Compagnia di Gesù, S. Ignazio di Loyola (31 lug.); poi ne fondò altre, tutte a est dei fiumi Paranà e Uruguay, e raggiunse anche zone dell'America latina dove nessun europeo era ancora giunto. Uno spagnolo contemporaneo, il governatore di Corricntes, affermò di capire «quanto deve essere costata questa vita a p. Rocco: la fame, il freddo, la stanchezza di spostarsi a piedi, attraversare a nuoto i fiumi, le paludi, per non citare il tormento degli insetti e i disagi che nessuno, tranne un vero apostolo e santo come questo sacerdote, avrebbe sopportato con una tale forza». Grazie alla dedizione e al rispetto per il loro modo di vivere, p. Rocco fu molto famoso tra gli indios; a ogni modo, verso la fine della vita, le autorità civili ostacolarono il suo lavoro e tentarono di usare la sua fama per i loro scopi, insistendo affinché in ogni nuova missione ci fosse un loro rappresentante. Non molto tempo prima, l'insensibilità e persino la brutalità di questi uomini aveva causato il risentimento degli indios, che a loro volta avevano cominciato a guardare con sospetto ogni europeo; di conseguenza l'opera dei missionari fu gravemente minata. Nel 1628, p. Rocco fu raggiunto da due gesuiti spagnoli, Alonso Rodriguez e Juan de Castillo, entrambi di vent'anni più giovani di lui, ma con una profonda esperienza missionaria. I tre fondarono una missione vicino al fiume Ijuhi, in onore dell'Assunzione, dove Juan rimase come responsabile, mentre Rocco e Alonso proseguirono fino a Caaro, nell'attuale Brasile del sud, dove fondarono la missione di Tutti i Santi. I due uomini tuttavia suscitarono l'ostilità di un potente medico locale, che convinto che tutti i gesuiti dovessero essere uccisi, istigò il popolo ad attaccare le missioni; i suoi seguaci arrivarono mentre Rocco si stava preparando ad appendere una piccola campana nella chiesa e uno di loro lo sorprese alle spalle, uccidendolo con un solo colpo di tomahawk sulla testa. Sentendo il rumore, Alonso bussò alla porta della sua capanna per vedere che cosa stava succedendo, ma gli intrusi lo colpirono facendolo stramazzare a terra, e come risposta alla sua domanda: «Che cosa state facendo, figli miei?», lo uccisero colpendolo ancora. Prima di andarsene, portarono i corpi nella cappella di legno e li bruciarono: era il 15 novembre 1628; due giorni dopo anche la missione di ljuhi subì un attacco simile e Juan fu fatto prigioniero, legato e picchiato crudelmente, prima di essere lapidato a morte. Tra il 15 e il 20 novembre furono uccisi altri tre gesuiti tutti spagnoli: Juan de Fonte, Geronimo de Morante e Hernando de Santeran. Sei mesi dopo il loro martirio fu fatto il primo passo per la loro beatificazione e le prove dell'accaduto furono trascritte, compresa la testimonianza di un capo indios, Guarecupi, che affermò: «Tutti i miei uomini cristiani amavano [p. Rocco] e si disperarono alla sua morte, perché era il padre di noi tutti, e così era chiamato dagli indios del Paranà». Sfortunatamente, il documento fu perso, probabilmente durante il viaggio a Roma, e non si poté portare avanti il processo di beatificazione. Circa duecento anni dopo, sono comparse alcune copie dell'originale in Argentina, e nel 1934 papa Pio XI (1922-1939) ha dichiarato beati Rocco Gonzalez, Alonso Rodriguez e Juan de Castillo, poi canonizzati da papa Giovanni Paolo II, nel 1988. MARTIROLOGIO ROMANO. In località Caaró in Paraguay, santi Rocco González e Alfonso Rodríguez, sacerdoti della Compagnia di Gesù e martiri, che avvicinarono a Cristo le diseredate popolazioni indigene fondando i villaggi chiamati reducciones, nei quali il lavoro e la vita sociale si coniugavano liberamente con i valori del cristianesimo, e furono per questo uccisi in un agguato dal sicario di uno stregone.
nome San Macuto di Aleth- titolo Vescovo- nascita 520 circa, Llancarfan, Galles- morte 612 circa, Saintes, Francia- ricorrenza 15 novembre- Santuario principale Chiesa di San Macuto- Patrono di Saint-Malo, custodi di maiali, oggetti smarriti- Esistono quattro Vite medievali di S. Macuto (Machtus, Maclovius o Maclou), che è conosciuto principalmente come l'apostolo della Bretagna; la versione migliore risale alla fine del ix secolo, scritta da un diacono di nome Bili; ad ogni modo gli studiosi credono nell'esistenza di una Vita ancora più antica, andata perduta, sulla quale sono state basate le altre. Queste versioni della Vita, pur fornendo una sorta di ritratto di questo tenace missionario, contengono dettagli non molto convincenti; per esempio, che partì alla ricerca delle isole della Benedizione e che celebrò la Pasqua sulla schiena di una balena, come S. Brandano (16 mag.). Secondo l'agiografia medievale, nacque vicino a Llancarfan, nel Galles meridionale, e crebbe nel monastero che si trovava in città; da adulto entrò in quella congregazione monastica, ma dato che i suoi genitori erano totalmente contrari a questa decisione, si nascose per un periodo in una delle isole del mare di Severn (canale di Bristol). Dopo l'ordinazione decise di lasciare la Bretagna, forse a causa della peste che stava devastando il paese, a metà del vi secolo; attraversò la Manica per raggiungere la Bretagna e, dopo essersi stabilito sull'isola su cui oggi sorge la città di Saint-Malo, iniziò a predicare il Vangelo nella regione di Aleth (Saint-Servan), oltre a costruire chiese e fondare monasteri, facendo il possibile per proteggere il popolo dalla ferocia dei capi locali. Convertì molte persone, viaggiando sul suo cavallo da un luogo all'altro, recitando ad alta voce i salmi; si fece anche dei nemici e, alla morte del capotribù che lo proteggeva, non riuscì a contrastarli, perciò s'imbarcò con trentatré monaci e, denunciando solennemente i tormenti subiti, navigò verso sud lungo la costa. Alla fine si stabili vicino a Saintes, dove rimase alcuni anni, fino all'arrivo di una delegazione proveniente da Aleth che gli chiese di ritornare, perché la città era stata colpita da una terribile siccità (che il popolo aveva attribuito al maltrattamento nei confronti del vescovo). A questo punto le varie versioni della storia divergono: alcune affermano che Macuto morì prima della partenza, altre che riuscì a partire e al suo arrivo in città vi fu un acquazzone; secondo quest'ultima, non si fermò per molto ad Aleth e morì sulla via del ritorno a Saintes. La festa di S. Macuto era celebrata in molti monasteri dell'Inghilterra meridionale e il suo nome compariva nei calendari di Sarum, York ed Hereford; sembra che i vescovi di Winchester abbiano incoraggiato il suo culto, poiché in latino Gwent e Winchcster si assomigliano. Diverse chiese, a Bath e altrove, affermano di essere in possesso di alcune sue reliquie. MARTIROLOGIO ROMANO. In Bretagna, san Maclovio o Macúto, vescovo di Aleth, che si tramanda sia nato in Galles e morto nel territorio di Saintes.
nome Santi Giuria e Samona- titolo Martiri- ricorrenza 15 novembre- Uno dei due santuari principali di Edessa, in Siria, è stato costruito sulle reliquie di questi martiri, che diedero origine a culti separati, poi fusi assieme; esistono diverse varianti in greco della passio, una versione in armeno e una in siriaco, che sembra essere quella originale e secondo la quale Gurya e Smuna furono arrestati durante la persecuzione di Diocleziano (284-305).<br /> Al loro rifiuto di venerare le divinità locali, furono appesi per una mano, con alcuni oggetti pesanti ai piedi, e poi gettati in una fetida prigione sotterranea; liberati dopo quattro giorni, Gurya era quasi morto, mentre Smuna subì ulteriori torture, ma alla fine entrambi furono decapitati. Qualche tempo dopo (forse anni), Habib, diacono di Edessa, riuscì a sfuggire alla persecuzione di Licinio (308-324), poi si autodenunciò per la gloria del martirio; l'ufficiale in carica gli diede un'triteribo" possaalità di cambiare idea, ma al suo rifiuto, lo condannò al rogo. La madre e altri parenti lo accompagnarono al luogo dell'esecuzione e, dopo la morte, lo seppellirono vicino agli amici Gurya e Smuna; sono nominati tutti e tre nel Martirologio Romano, anche se in due voci diverse e commemorati, curiosamente, come «vendicatori dei contratti non rispettati ». MARTIROLOGIO ROMANO. A Edessa nell’antica Siria, santi martiri Guria, asceta, e Samona, che, sotto l’imperatore Diocleziano, dopo lunghi e crudeli supplizi, furono condannati a morte dal prefetto Misiano e decapitati con la spada.
nome San Fintano- titolo Recluso- nascita 800 circa, Leinster, Irlanda- morte 879 circa, Rheinau, Svizzera- ricorrenza 15 novembre- Attributi colomba, cappello ducale e saio monacale- Le poche informazioni su Fintano sono tratte da una Vita in latino: nato a Leinster all'inizio del ix secolo, rapito durante un'incursione dei vichinghi e portato a Orkney, riuscì a scappare e, dopo aver trascorso due anni sotto la protezione di un vescovo scozzese non identificato, si recò in pellegrinaggio a Roma. Sulla via del ritorno, si fermò a Rheinau, un'isola vicino a Schaffhausen, dove fu accolto da una congregazione di eremiti; invece di ritornare in Irlanda, restò con gli eremiti, che presto lo considerarono santo, e trascorse gli ultimi ventidue anni della sua vita in solitudine, rifiutando persino il conforto del fuoco per riscaldarsi. È possibile che sia l'autore del Sacramentarlo di Zurigo, che contiene un calendario di santi irlandesi. Morì intorno all'879 e le spoglie, nel 1446, furono sepolte a Rheinau, dove la festa è ancora commemorata. MARTIROLOGIO ROMANO. A Rheinau nell’odierna Svizzera, san Fintano, che, originario anch’egli dell’Irlanda, visse a lungo per amore di Dio in un monastero e, ancor più a lungo, come recluso in una piccola cella accanto alla chiesa.
nome San Desiderio di Cahors- titolo Vescovo- nascita 580 circa, Albi, Francia- morte 655, Cahors, Francia- ricorrenza 15 novembre- In Francia, si venerano diversi santi di nome Desiderio; il santo di cui si parla, conosciuto anche come Géry, era figlio di un no-bile che possedeva alcune terre vicino ad Albi. Divenne un ufficiale famoso alla corte del re Clotario di Neustria (584-629), dove incontrò 5. Arnolfo di Metz (18 lug.) e S. Eligio (1 dic.); quando il fratello Rustico, sacerdote e vescovo di Cahors, fu ucciso nel 630 (è venerato come martire a Cahors), Desiderio diventò suo successore, sebbene laico, e cercò di essere un pastore devoto e attivo. Grazie alla corrispondenza che è stata tramandata, si può avere un'idea delle sue attività, intese a risolvere le problematiche temporali e spirituali della sua diocesi. Tenace promotore del monachesimo, maschile e femminile, incoraggiò i membri della nobiltà locale a finanziare la fondazione di nuovi istituti religiosi; inoltre attrezzò un monastero, costruì tre grandi chiese e diresse un convento da lui fondato. Sembra anche che si sia occupato della costruzione di un acquedotto cittadino e abbia contribuito alla fortificazione della città di Cahors.<br /> Il suo interesse principale fu tuttavia la condizione del popolo e, accorgendosi che dipendeva in gran parte dall'esistenza di un clero che fosse rispettato e istruito, si accertò che i sacerdoti della sua diocesi ricevessero un'istruzione appropriata e osservassero una rigida disciplina. Desiderio morì vicino ad Albi nel 655 e fu sepolto a Cahors; sembra che sulla sua tomba siano avvenuti alcuni miracoli. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cahors in Aquitania, ora in Francia, san Desiderio, vescovo, che costruì molte chiese, monasteri ed edifici di pubblica utilità e mai trascurò di preparare le anime all’incontro con lo Sposo celeste, facendone un vero tempio di Cristo.