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25/08/2024 alle 14:39

I santi di oggi 25 agosto:

I santi di oggi 25 agosto:

nome San Ludovico (Luigi IX)- titolo Re di Francia- nascita 1214, Poissy, Francia- morte 25 agosto 1270, Tunisi, Tunisia- ricorrenza 25 agosto- Canonizzazione 11 agosto 1297 da papa Bonifacio VIII- Attributi rappresentato come re di Francia, corona, scettro con il fiordaliso, globo, corona di spine, modellino della Sainte-Chapelle- Patrono di Francia, Ordine francescano secolare, Terzo ordine regolare di San Francesco, Terzo Ordine della Santissima Trinità, carpentieri, barbieri, distillatori, marmisti, merciai, parrucchieri, ricamatori- S. Luigi IX re di Francia, nacque nell'anno 1214 in Poissy, ove ricevette anche il santo battesimo. Ebbe per genitori Luigi VIII e la regina Bianca di Castiglia, donna di grande pietà e virtù. La mamma procurò di inspirargli fin dalla prima infanzia un singolare amore alla virtù e un grande orrore al peccato, ripetendogli spesso quelle celebri parole: « Figliuol mio, vorrei piuttosto vederti morto, anziché macchiato di un sol peccato mortale ». Questa frase fece sì grande impressione sul cuore di Luigi che se ne ricordò per tutta la sua vita. Quando fu maggiorenne, venne consacrato e coronato re di Francia, e Luigi riguardò poi sempre la sua consacrazione non come una semplice cerimonia, ma come un impegno ed un obbligo che egli assumeva davanti a Dio ed agli uomini di far regnare Gesù Cristo in tutti i suoi stati. Nel 1230 quasi tutta la feudalità del Regno si radunò al cospetto del giovane sovrano, in segno di omaggio e di subordinazione. Nel 1234 Luigi sposò Margherita di Provenza, figlia del conte Raimondo Beringhieri V. Guidato da maestri dotati di pietà e di scienza, Luigi crebbe così serio e dedito ai suoi doveri, così pio e virtuoso, che pareva immune da ogni passione. Semplice e modesto, curava di conciliarsi il rispetto del popolo non tanto con il fasto esteriore, quanto colle opere buone e con un buon governo, che riorganizzò amministrativamente e moralizzò nei costumi. Attenta anche la sua politica estera, sempre intesa all'equilibrio e alla pace europea. Per riempirsi la mente e il cuore di massime sante e di pii sentimenti, egli leggeva continuamente la Sacra Scrittura e le opere dei Ss. Padri e ne consigliava la lettura anche ai suoi cortigiani. Ma Luigi non fu solo un sovrano di notevole intelligenza di governo, oltre che di alto profilo morale. In lui il valore si congiungeva alla pietà, senza nulla perdere del suo splendore. Nell'anno 1244 fu sorpreso da un'ardentissima febbre, per cui tutto il popolo, dolente, offrì a Dio fervide preghiere, ottenendogli la guarigione. Guarito, volle guidare una crociata per la liberazione della Terra Santa. Sbarcato in Egitto presso la città di Damietta, attaccò i Saraceni e li vinse: ma iniziata la marcia verso l'interno, una terribile pestilenza decimò l'esercito crociato e colpì lo stesso sovrano. Assalito nuovamente dai Turchi, venne facilmente sconfitto e fatto prigioniero. Venuto a patti col vincitore, poté liberare gran parte dei suoi soldati, soccorrere i feriti e proseguire come pellegrino per la Terra Santa. Qui mise mano ad opere di cristiana e regale pietà, che però dovette interrompere per far ritorno in Francia, essendogli in questo frattempo morta la pia madre. Quivi giunto, attese al riordinamento del regno, e governò con somma giustizia e cristiana pietà. Abolì il duello giudiziario, fondò la Sorbona, la Santa Cappella, e si preparò ad una nuova crociata. Ma a Tunisi una nuova epidemia colpì l'esercito, e lo stesso re, sentendosi morire, chiese gli ultimi Sacramenti, che ricevette con sentimenti di grande pietà. Fattosi indi adagiare sopra un letto, coperto di cenere e cilicio, con le braccia incrociate sul petto, spirò pronunziando le parole: « Entrerò nella tua casa, o Signore, ti adorerò nel tuo tempio santo e glorificherò il tuo nome ». Era il 25 agosto del 1270. Fu santificato da papa Bonifacio VIII nel 1297 con il nome di San Ludovico e San Luigi dei francesi, le sue spoglie sono conservate in Sicilia, nella cattedrale di Monreale, e in Francia, nella basilica di Saint-Denis. PRATICA. Impariamo da questo re a condurre una vita veramente cristiana. PREGHIERA. O Dio, che trasportasti il tuo beato confessore Luigi IX dal regno terreno alla gloria del regno celeste, deh! per i meriti e le preghiere di lui, fa' che possiamo essere anche noi compagni del Re dei re, Gesù Cristo, tuo Figlio.

nome Santa Patrizia di Costantinopoli- titolo Vergine- nascita Anno 664 Costantinopoli- morte 25 agosto 685, Napoli- ricorrenza 25 agosto- Patrona di Napoli- Santa Patrizia nacque nel 340 d.C. a Costantinopoli, come nipote dell'imperatore Costantino. Cresciuta nella corte imperiale e cristianamente educata dalla sua nutrice, la Beata Aglaia, fin da giovanissima si consacrò a Dio con un voto di verginità. Per mantenere fede a questo voto, fuggì dalla casa paterna e si recò a Roma, dove il Papa Liberio le conferì il velo, consacrandola sposa di Cristo. Dopo la morte del padre, Santa Patrizia tornò a Costantinopoli, dove rinunciò alla corona imperiale e distribuì tutti i suoi beni ai poveri. Desiderosa di visitare i luoghi santi legati alla vita di Gesù, intraprese un pellegrinaggio, ma durante il viaggio una violenta tempesta la costrinse ad approdare miracolosamente a Napoli. Qui si stabilì nel Castel dell'Ovo, dove, dopo pochi mesi, una breve malattia la condusse alla morte, donandole la pace eterna tra i santi. Secondo una rivelazione celeste fatta alla Beata Aglaia, il corpo di Santa Patrizia fu posto su un carro trainato da tori indomiti. Questi, senza alcuna guida, percorsero le vie di Napoli fino a fermarsi davanti al monastero dei Padri Basiliani, dedicato ai Santi Nicandro e Marciano, luogo che la santa aveva scelto in vita, dicendo: « Qui riposerà il mio corpo ». Il suo corpo fu tumulato lì, insieme alle sue discepole, le Religiose, che in seguito vennero chiamate Patriziane o di Santa Patrizia. Nel 1864, con la soppressione del monastero, le Patriziane si trasferirono nel convento di San Gregorio Armeno, portando con loro il sacro corpo della loro fondatrice. Oggi, il corpo di Santa Patrizia è conservato in un'urna preziosa di oro e argento, ornata di gemme, ed è venerato da numerosi devoti che assistono spesso a un miracolo straordinario: il suo sangue, prodigiosamente uscito da una gengiva cento anni dopo la sua morte, fluisce nuovamente, manifestando l'onnipotenza di Dio. Dal 1625, Santa Patrizia è una dei 51 compatroni di Napoli. La sua festa si celebra il 25 agosto, e il martedì è il giorno a lei devozionalmente dedicato.

nome San Giuseppe Calasanzio- titolo Sacerdote- nome di battesimo José de Calasanz- nascita 9 agosto 1557, Urgel, Spagna- morte 25 agosto 1648, Roma- ricorrenza 25 agosto- Beatificazione<br /> 18 agosto 1748 da papa Benedetto XIV<br /> Canonizzazione 16 luglio 1767 da papa Clemente XIII- Santuario principale Chiesa di San Pantaleo a Roma- Patrono di Scuole popolari cristiane del mondo- Si deve a Giuseppe Calasanzio la prima scuola popolare gratuita e aperta a tutti, a Roma. Calasanzio era il vicario generale della diocesi di Urgel, in Spagna (dove era nato nel 1557). A Roma era approdato al seguito del cardinale Marc'Antonio Colonna in qualità di consulente teologo. Ma a Giuseppe quel ruolo di quasi cavalier servente, sia pure per motivi teologici, andava un po' stretto, tanto più che l'eminentissimo cardinale era abbastanza cresciuto per badare da solo alla propria formazione culturale. E così Giuseppe trascorreva il suo tempo romano a visitare basiliche, assorto in lunghe e intense meditazioni, sfoghi di una voglia di vita eremitica che non aveva mai potuto soddisfare; e poi a visitare malati negli ospedali e prigionieri nelle carceri, alla ricerca di una precisa missione nella quale far convogliare tutto il suo impegno. In quest'inquieto ricercare si imbatté spesso, soprattutto nel quartiere di Trastevere, in torme di bambini e ragazzetti senza istruzione, senza dignità, malconci e abbandonati a se stessi, che tiravano a campare ricorrendo a mille sotterfugi, primi passi verso le vie della delinquenza e del vizio. Quei ragazzetti riuscivano a scucire a qualche anima pia e generosa un tozzo di pane, una minestra, un vecchio vestito, ma non trovavano nessuno che offrisse loro, con la scuola e l'istruzione, la possibilità di togliersi definitivamente dalla brutta strada. Alle scuole romane, tutte private, poteva accedere solo chi aveva un genitore con la borsa stipata di baiocchi, così come solo i figli di benestanti potevano sostenere le spese di frequenza nelle scuole comunali, che molte libere città del nord avevano istituito. In Giuseppe, alla ricerca di un qualcosa di forte e importante da fare, quella dolente realtà apri spiragli luminosissimi: se voleva che le cose cambiassero doveva fare qualcosa. Cominciò interessando alla causa sacerdoti e laici disposti a condividere la sua passione; assieme a loro si mise poi a dare lezioni gratuite a quei poveri ragazzi. Alla fine riuscì a raggruppare un bel numero di signori che trovarono straordinario poter impegnare in quel versante nuovo della carità cristiana la propria vita. E così, insieme alla prima scuola popolare, ponevano la prima pietra di una nuova congregazione, i Fratelli delle scuole pie, detti anche scolopi, i quali ai tre classici voti di povertà, obbedienza e castità, ne aggiunsero un quarto che li impegnava all'istruzione dei ragazzi. Quella del Calasanzio fu un'idea vincente e le sue scuole in brevissimo tempo si diffusero in tutta Italia e poi anche in Germania, in Boemia, in Polonia e altrove. Ma il successo fu per lui fonte di innumerevoli guai e dolori. «Se il grano non muore...», diceva Gesù nel Vangelo. E così l'opera dell'ex vicario di Urgel doveva morire per mettere solide radici. Alcuni discepoli e confratelli, intriganti e pieni di ambizioni e di malanimo, lo accusarono di incapacità, lo diffamarono, lo calunniarono sperando di toglierselo di torno. E ci riuscirono. La Santa Sede inviò a dirimere la questione un «visitatore» prevenuto e poco intelligente: Calasanzio finì arrestato e sottoposto a sfibranti interrogatori. Alla conclusione dell'inchiesta Innocenzo X degradava l'Ordine delle scuole pie a semplice e ininfluente confraternita. Il Calasanzio vide nella persecuzione un disegno provvidenziale di Dio: «Sarebbe follia - diceva- preoccuparsi delle cause seconde, che sono gli uomini, e non vedere la causa prima, cioè Dio, che invia questi uomini per il nostro maggior bene». Ma anziché arrendersi all'apparente fallimento, si rimboccò le maniche e ricostruì l'intera opera sotto forma di congregazione religiosa e con le medesime finalità della precedente e cioè l'istruzione dei ragazzi. Giuseppe Calasanzio non fece in tempo a vedere la sua opera affermata e consolidata, moriva infatti nel 1648, a novantuno anni, con il cuore ancora ferito dalle tristi vicende che lo avevano coinvolto, ma mormorando parole di perdono e di fiducia. La sua santità venne ufficialmente riconosciuta nel 1767.

nome San Genesio di Arles- titolo Vescovo e martire- nascita Arles, Francia- morte 303 circa, Arles, Francia- ricorrenza 25 agosto- Patrono di Diocesi di San Miniato- Secondo la sua passio, Genesio fu un catecumeno che lavorava come cancelliere pubblico, trascrivendo negli archivi gli atti dei processi. Un giorno l'impiegato della corte di Arles rese noto un editto imperiale di persecuzione contro i cristiani e Genesi() non riuscì a continuare il suo lavoro: si alzò, gettò i registri ai piedi del giudice e abbandonò l'incarico. Fuggì di città in città domandando al vescovo di poter essere battezzato. Questi non glielo accordò, ritenendo o troppo giovane il richiedente o troppo rischioso il gesto, e affermò che solo come martire Genesio avrebbe potuto ricevere il battesimo. I suoi persecutori riuscirono infine a catturarlo e lo decapitarono sulle rive del Rodano durante le persecuzioni di Massimiano e Diocleziano. Questo Genesio non ha nulla a che vedere con Genesio il Commediante, personaggio leggendario, un tempo commemorato separatamente come martire lo stesso giorno. Il vero Genesio divenne molto famoso, e venne anche nominato patrono della città di Arles. Il suo culto fu introdotto a Roma e si diffuse in Africa e altrove. Gli fu dedicata una chiesa a Roma e in seguito vi furono seppelliti i suoi resti. Fu trasformato in un martire romano e ben presto un racconto lo trasformò in un attore (fin dal vi sec.): egli si sarebbe preso gioco dei riti cristiani davanti all'imperatore venendo invece costretto per ispirazione divina a convertirsi, e le parole di scherno nella sua bocca sarebbero divenute parole di verità, trasformando l'ironia umana in ironia sacra. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Arles nella Provenza in Francia, san Genesio, martire, che, ancora catecumeno, lavorando come cancelliere, si rifiutò di operare contro i cristiani e, cercato allora scampo nella fuga, fu catturato dai soldati e battezzato nel suo stesso sangue.

nome Beata Maria del Transito di Gesù Sacramentato- titolo Vergine- nascita 15 agosto 1821, Carlos Paz, Argentina- morte 25 agosto 1885, Córdova, Argentina- ricorrenza 25 agosto- Beatificazione Giovanni Paolo II, 14 aprile 2002- Maria del Transito Eugcnia dci Dolori Cabanillas nacque a Santa Leocadia, attuale Carlos Paz, in Argentina, il 15 agosto 1821. Dopo la prima educazione familiare, Transito fu inviata a Cordova. Nel 1859, in occasione della sua professione nell'ordine francescano secolare, pronunciò anche il voto di verginità perpetua e incominciò a pensare alla fondazione di un istituto per la istruzione cristiana dell'infanzia povera e abbandonata. Nel settembre del 1874 entrò fra le Visitandine di Montevideo ma, dopo pochi mesi, si ammalò. Intanto riaffiorò l'idea di una propria fondazione educativo-assistenziale per l'infanzia; alcuni padri francescani la incoraggiarono. Ottenuta l'approvazione ecclesiastica del progetto di fondazione e delle costituzioni, l'8 dicembre 1878, diede ufficialmente il via alla congregazione delle Suore Missionarie Francescane dell'Argentina. 1125 agosto 1885 moriva santamente, così come era vissuta per 64 anni. È stata beaticata il 14 aprile 2002. MARTIROLOGIO ROMANO. A Córdova in Argentina, beata Maria del Transito di Gesù Sacramento, vergine, che si adoperò molto per la formazione cristiana dell’infanzia povera e abbandonata e istituì in Argentina le Suore Missionarie del Terz’Ordine di San Francesco.

nome San Mena- titolo Patriarca di Costantinopoli- nascita Alessandria d'Egitto- morte 24 agosto 552, Costantinopoli,Turchia- ricorrenza 25 agosto- Canonizzazione Pre canonizzazione- Santuario principale Monastero di San Mena, Maryout, Egitto<br /> Chiesa di San Mena (Il Cairo)- Attributi Rappresentato come un uomo con le mani mozzate e senza occhi; come un uomo con due dromedari; come un giovane cavaliere con un'alabarda; secondo una tradizione anacronistica, come un soldato romano- Patrono di pellegrini, persone accusate ingiustamente, mercanti, carovanieri del desertone Santomenna- Mena ebbe la sfortuna di essere un sacerdote importante all'epoca di Giustiniano e Teodora, uno dei regni che possono essere definiti come i più bizantini. Formule, anatemi ed editti erano all'ordine del giorno, ed era necessario valutare minuziosamente lettere dogmatiche o visite di risposta per guadagnare tempo, che poteva significare la sicurezza degli incarichi o addirittura della vita. Era ancora un'epoca nella quale, con le parole di Gibbon «la strada per il paradiso, un ponte stretto come un rasoio, era sospesa sugli abissi». Quello che segue è un riassunto inevitabilmente riduttivo di quei processi estremamente complicati e oscuri. Mena nacque ad Alessandria d'Egitto. Fu sacerdote a Costantinopoli fino al 536, quando fu nominato patriarca della città. Dovette firmare una recensione ampliata della "Formula di Ormisda" prima di venire consacrato da papa Agapito I (22 apr.), che all'epoca si trovava nella città come inviato del re ostrogoto Teodato per far valere i propri diritti. Mena si impegnò a risolvere i problemi causati dal suo predecessore Antimo, un criptomonofisita che era stato prima vescovo di Trebisonda, poi asceta in uno dei palazzi di Teodora, per divenire in seguito uno dei "burattini" della sua chiesa. Era stato usato e poi mandato via da Giustiniano e messo da parte anche da Teodora per evitare un concilio speciale che Agapito voleva indire per decidere la sua sorte. Agapito morì a Costantinopoli il 22 aprile 536, ma il concilio fu tenuto ugualmente il 2 maggio, presieduto da Mena. Antimo, che saggiamente non si era presentato, fu condannato e degradato e fu proclamata la scomunica contro Severo di Antiochia, moderatamente monofisita, che risiedeva a Costantinopoli su invito dell'imperatore, insieme a una vasta compagnia di monaci con le stesse convinzioni, alloggiati qua e là a spese di Teodora. Giustiniano aveva mutato opinione, probabilmente perché per il momento, come Agapito aveva sostenuto, era più importante avere sostenitori influenti in Italia rispetto agli instabili monofisiti orientali. Severo e i suoi sostenitori lasciarono per prudenza la città in marzo. Il diacono di Agapito, Pelagio (il futuro papa Pelagio 1) rimase a Costantinopoli come consigliere dell'imperatore e pare che abbia goduto di un potere maggiore di Mena riguardo le decisioni della Chiesa. Mena dovette anche occuparsi dell'origcnismo eretico di alcuni monaci egiziani e palestinesi, in modo particolare legati alla lauro del monaco Saba di Cappadocia (t 532), che nel 494 divenne archimandrita di tutti gli anacoreti della Palestina, e al gruppo separatista della Nuova Laura. Mena ricevette l'ordine di raccogliere firme influenti per un nuovo editto di Giustiniano contro Origene, sotto forma di trattato teologico e decreto conciliare, all'inizio del 542. Riuscì a persuadere prima il clero di Costantinopoli, poi altri patriarchi e infine il papa stesso a firmare. Nel 544 l'imperatore Giustiniano, che non solo era impegnato in intrighi ecclesiastici di vari livelli, ma si riteneva anche un teologo, tentò di favorire i suoi argomenti monofisiti condannando alcuni scritti: era la nota controversia dei Tre Capitoli, centrata sulle opere del nestoriano Teodoro di Mopsuestia (che morì prima che Nestorio venisse condannato), di Teodoreto (la cui ortodossia venne riconosciuta a Calcedonia) e su una lettera del vescovo Ibas (letta a Calcedonia e giudicata ortodossa). Con la scomunica di queste opere Giustiniano non voleva rifiutare Calcedonia, ma solo tentare di ridurne l'autorità. Lo scopo principale non era una definizione della fede, ma il vantaggio personale. Giustiniano ordinò a tutti i vescovi di firmare la condanna: Mena fu il primo a obbedire, sebbene malvolentieri, dicendo che avrebbe ritrattato se il vescovo di Roma non avesse firmato anche lui, ma alla fine non lo fece. I vescovi occidentali riconobbero la parziale eresia degli scritti, ma si opposero alla condanna perché sembrava compromettere il concilio di Calcedonia. Il papa in carica, Vigilio, era un farabutto, e forse il peggiore di tutti gli esponenti indegni della sede di Roma. Prima di essere eletto si era impegnato a favorire i monofisiti, si era guadagnato i favori dell'imperatrice Teodora ed era riuscito a sostituire il papa deposto, Silverio, scelto dai sovrani goti. Dopo la cacciata di Silverio, Vigilio e i suoi servitori lo avevano portato alla Palmarola (isola nel Golfo di Gaeta) e, picchiandolo a sangue, erano riusciti a estorcergli una dichiarazione di rinuncia al potere. Vigilio non mantenne tutte le promesse fatte a Teodora e venne catturato in una chiesa a Roma e portato in Sicilia per dieci mesi. Sebbene gli siano state attribuite alcune lettere chiaramente monofisite, Vigilo asserì i princìpi di Calcedonia, anche se in seguito ebbe dei dubbi, perché nel 551 rifiutò di accettare l'editto di Giustiniano. Essendo stato convocato a Costantinopoli dall'imperatore (segno sempre pericoloso in questioni ecclesiastiche), fece passare un anno prima di presentarsi, sperando che le cose si risolvessero da sole, e infine nel gennaio 547 arrivò nella città, accompagnato da alcuni vescovi italiani. I timori di Vigilio erano giustificati. Cercato rifugio nella chiesa di S. Pietro nel palazzo di Ormisda, l'esercito di Giustiniano tentò di trascinarlo via dall'altare, e nel combattimento riuscì a liberarsi ma fu ferito dal crollo dell'altare. Infine, nel suo Judicatum del Sabato Santo 548 egli condannò i Tre Capitoli. L'opposizione occidentale si rafforzò, mentre un concilio africano emise una scomunica formale contro il papa. Vigilio allora annullò il Judicaturn, inviando nello stesso tempo una lettera a Giustiniano nella quale gli assicurava che avrebbe fatto il possibile per condannare i Capitoli. L'imperatore in seguito rese pubblica la lettera. Nel luglio 551 Giustiniano pubblicò un secondo editto contro i Capitoli. Vigilie, protestò e dovette fuggire da Costantinopoli passando sopra i tetti. Si rifugiò a S. Eufemia in Calcedonia e scomunicò immediatamente Mena e altri che come lui avevano firmato il decreto. La questione dei Tre Capitoli fu riferita a un concilio ecumenico, convocato da Giustiniano. Il 4 maggio 553, il giorno in cui il concilio si riunì, Vigilio pubblicò il suo Constituturn, nel quale condannava sessanta estratti degli scritti di Teodoro, e lo stesso Teodoro, e difendeva l'ortodossia della lettera di Ibas. Il concilio, formato principalmente da vescovi orientali, condannò i Tre Capitoli, dichiarò che la lettera di Ibas non era quella che era stata letta a Calcedonia e scomunicò Vigilio. Dopo sei mesi in prigione, in una lettera dell'8 dicembre 554 e nel suo Judicaturn del 23 febbraio 554, Vigilio ritrattò il suo Constituturn. Condannò i Capitoli e accettò le decisioni del concilio riguardo la lettera di Ibas. Solo allora gli fu concesso di lasciare Costantinopoli. Morì a Siracusa, mentre stava ritornando a Roma. La sua capitolazione è stata definita la più grande umiliazione nella storia del papato. Mena non visse tanto a lungo da vedere il concilio. Morì il 24 agosto 552, dopo che Giustiniano lo aveva obbligato a scusarsi con Vigilio come concessione al papa sconfitto. Mena riuscì a svolgere i suoi compiti in tempi difficili e si merita una menzione per la particolare sagacia che il compito richiedeva. Un patriarca di Costantinopoli aveva appoggiato una politica alla fine confermata da un concilio generale contro un debole papa i cui giudizi e le cui azioni furono variamente fatti oscillare dalle idee conflittuali dei vescovi occidentali e dell'imperatore orientale. Papa Gregorio I dichiarò nel 553 che il concilio era valido. Mena è citato come santo nel Martirologio Romano. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Mena, vescovo, che fu ordinato dal papa sant’Agapíto e, riconciliata la comunione per qualche tempo sospesa con il papa Vigilio, dedicò alla Sapienza divina la grande chiesa edificata dall’imperatore Giustiniano.

nome San Tommaso Cantelupe- titolo Vescovo- nome di battesimo Tommaso Cantelupe- nascita 1218 circa, Hambledon, Inghilterra- morte 25 agosto 1282, Montefiascone, Viterbo- ricorrenza 25 agosto- Canonizzazione 17 aprile 1320 da papa Giovanni XXII- Tommaso di Hereford nacque intorno al 1218 a Hambledon, nei pressi di Great Marlow nel Buckinghamshire, da famiglia nobile. Il padre, Guglielmo, era secondo barone di Cantelupe e siniscalco della famiglia reale; la madre, Millicent, era la figlia di un lord normanno e vedova del conte di Evreux, mentre lo zio, Walter, era vescovo di Hereford. Tommaso si recò a Oxford nel 1237 per intraprendere gli studi universitari e li concluse a Parigi nel 1245, conseguendo la laurea in Lettere. In questo stesso anno dovrebbe essere avvenuta l'ordinazione presbiterale. Trasferitosi a Orléans per studiare diritto civile, nel 1255 fece ritorno a Oxford dove approfondì e insegnò diritto canonico, e qui fu eletto, nel 1261, cancelliere dell'università. Durante il periodo del suo incarico si guadagnò la stima di molti per il rigore unito a imparzialità con cui trattò gli studenti indisciplinati. Nonostante i successi ottenuti in campo universitario, non fu un vero studioso né un insegnante famoso, e di lui non rimangono trattati o altri scritti. La sua fu piuttosto la carriera di un efficiente amministratore ecclesiastico, scrupoloso nell'adempiere ai propri doveri e detentore al tempo stesso di numerosi benefici ecclesiastici per dispensa papale. Tommaso, abbracciata la causa dei baroni ribellatisi a Enrico III, fu uno dei loro inviati al re franco S. Luigi (25 ago.) per richiederne l'arbitrato tra le parti in lotta. Il tentativo falli e i baroni, dopo aver sconfitto il re a Lewes, nel 1265 scelsero Tommaso come Gran Cancelliere (carica che egli ricoprì solo per pochi mesi, perché Enrico III, alla fine di quello stesso anno, sconfisse definitivamente Simone di Montfort e gli altri ribelli). Durante questo pur breve periodo di cancellierato, Tommaso si guadagnò grande stima per aver respinto vari tentativi di corruzione, affrontato coraggiosamente il re e riformato la carica di cancelliere. Dopo la sconfitta dei baroni, egli dovette ritirarsi a Parigi, da dove, una volta riconciliatosi col re, poté fare ritorno a Oxford, venendo eletto nuovamente nel 1273 cancelliere dell'università. Visse per la maggior parte del tempo a Londra, dove fu famoso per la generosa ospitalità e la cordialità verso tutti, anche se coloro che lo conobbero bene testimoniarono della sobrietà del regime di vita da lui osservato. Ricoprì ancora altre cariche: arcidiacono di Stafford, maestro del coro a York e amministratore di quattro canonicati e di sette o otto parrocchie; fu molto accorto nello scegliere vicari idonei che si prendessero cura di queste prebende, visitandole egli stesso e predicando in esse ogni volta che gli era possibile, e utilizzando le proprie ricchezze per il restauro e la manutenzione delle chiese. Nel 1275, nominato vescovo di Hereford, ricevette la consacrazione a Canterbury. Come ci si poteva aspettare, Tommaso assunse le proprie responsabilità di vescovo diocesano con vigore e determinazione, impegnandosi in una attività riformatrice. La diocesi di Hereford era stata male amministrata dagli immediati predecessori di Tommaso e alcuni notabili, sia laici che ecclesiastici, ne avevano usurpato il territorio e i diritti. Egli scomunicò vari oppositori, costrinse altri a fare pubblica ammenda e si batté duramente anche per riacquistare i suoi diritti di caccia dal conte di Gloucester. Al tempo stesso non trascurò di attendere ai suoi doveri spirituali, rafforzando nella fede, predicando, rimproverando noti peccatori e spogliando coloro che, senza la necessaria dispensa, godevano di molteplici prebende, tra cui il decano della chiesa di S. Paolo. Tenuto in alta considerazione dal re Edoardo I, fu membro del consiglio reale e anche uno dei reggenti durante l'assenza del re nel 1279. Gli ultimi anni di vita furono turbati da forti divergenze con Giovanni Pecham, arcivescovo di Canterbury, a motivo dei diritti di appello e di giurisdizione. Scomunicato nel 1282 dall'arcivescovo, si recò a Roma per sottoporre il proprio caso al papa Martino IV; questi lo accolse calorosamente a Orvieto, ma qui Tommaso si ammalò gravemente e dovette ritirarsi a Montefiascone, dove morì il 25 agosto. Venne sepolto a Orvieto nell'abbazia di S. Severo, ma poi furono riportati in Inghilterra le sue ossa, nella cattedrale di Hereford, e il suo cuore, ad Ashridge nel Buckinghamshire. Non appena, nel 1287, le reliquie del santo furono poste in una nuova tomba, collocata nel transetto settentrionale (il cui raffinato basamento è tuttora visibile), cominciarono ad avvenire miracoli e prodigi: nell'arco di tempo che va da allora al 1312 ne furono accertati non meno di cinquecento e la cattedrale divenne uno dei più popolari centri di pellegrinaggio. Nel 1290 e nel 1299 furono inoltrate a Roma richieste di canonizzazione sostenute dal suo successore; nel 1305 fu il re in persona a presentare un'altra petizione, cosicché nel 1307 fu istituita una commissione di inchiesta con il compito di esaminare prima di tutto la questione della scomunica di Tommaso. In seguito a indagini complete e ben documentate, egli fu infine canonizzato nel 1320 da Giovanni XXII e le sue reliquie, nel 1349, furono traslate in un nuovo sacrario posto nella cappella dedicata alla Beata Vergine Maria. S. Tommaso è un celebre esempio di responsabile esercizio di autorità a favore della fede e della riforma della Chiesa. In un'epoca famosa per le liti, egli fu litigioso come nessun altro, accanito c puntiglioso sostenitore dei suoi diritti di vescovo diocesano; comportarsi diversamente sarebbe stato giudicato a quel tempo una trascuratezza verso i propri doveri. La buona amministrazione, comunque, non era fine a se stessa, tanto che egli si preoccupò molto di assicurare un'adeguata cura pastorale del popolo e un'alta moralità nella condotta di vita del clero. Condusse una vita personale austera, pur essendo nobile e affabile nei modi; nutrendo una particolare devozione alla Madonna, digiunava la vigilia delle solennità e scelse la festa della Natività di Maria per la propria consacrazione. Uno dei suoi vecchi domestici, testimoniando davanti alla commissione nel 1307, disse che il timore di Dio in Tommaso era visibile soprattutto nella sua avversione per i bugiardi, i lussuriosi, gli iniqui e i malvagi. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Montefiascone nel Lazio, transito di san Tommaso Cantelupe, vescovo di Hereford in Inghilterra, che, uomo di insigne cultura, si mostrò severo con se stesso e generoso benefattore con i poveri.

nome San Gregorio di Utrecht- titolo Abate- nascita 707 circa, Trier, Germania- morte 25 agosto 775, Maastricht, Germania- ricorrenza 25 agosto- Gregorio nacque a Trier (Germania) verso l'anno 707. Quando aveva quindici anni, la nonna, badessa di Pfalzel vicino a Trier, gli chiese di leggere un testo alle suore. S. Bonifacio (5 giu.), missionario in Germania, si era fermato all'abbazia durante un viaggio da Friesland a Hesse e Turingia. Fu chiesto a Gregorio di spiegare la lettura per coloro che non conoscevano il latino, ma era un compito troppo difficile per lui. Bonifacio si alzò, spiegò il testo, e aggiunse un'omelia sul bisogno e i benefici di una vita apostolica e virtuosa. Queste parole impressionarono profondamente Gregorio, che immediatamente decise di seguire S. Bonifacio, che divenne il suo maestro e che gli si affezionò come a un figlio. Il ragazzo lo accompagnò nei suoi viaggi, aiutandolo nella sua missione. Poco prima della morte, Bonifacio inviò Gregorio a Utrccht (Olanda) per governare un monastero. Era una fondazione recen te dedicata a S. Martino (11 nov.). Bonifacio morì martire nel 754, come S. Eobano, che era incaricato della sede di Utrecht dalla morte di S. Villibrordo (7 nov.). Gregorio amministrò la diocesi per vent'anni, sebbene non avesse mai ricevuto gli ordini (il precedente Martirologio Romano lo definisce erroneamente vescovo). L'abbazia di S. Martino divenne un grande centro missionario; tra i novizi che si presentarono ricordiamo S. Ludgero (26 mar.), che scrisse la Vita di S. Gregorio, S. Lebuino (12 nov.) e S. Marchelmo (14 lug.). Con la sua predicazione e la retta amministrazione, Gregorio armonizzò i rapporti tra diocesi e monastero. Ludgero ne loda la prudenza, la carità e l'indulgenza. Negli ultimi tre anni sopportò con pazienza una paresi. Morì a Maastricht il 25 agosto probabilmente dell'anno 775. MARTIROLOGIO ROMANO. A Utrecht in Austrasia, nel territorio dell’odierna Olanda, san Gregorio, abate, che, ancora adolescente, seguì fin da subito san Bonifacio nel suo cammino per la conversione dell’Assia e della Turingia e, proprio su suo mandato, resse poi come abate il monastero di San Martino e governò la Chiesa di Utrecht.

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