@Vitupero

26/06/2024 alle 14:50

I santi di oggi 26 giugno:

I santi di oggi 26 giugno:

nome San Vigilio- titolo Vescovo e martire- nascita IV secolo, Trento- morte IV secolo, Trento- ricorrenza 26 giugno- Santuario principale Duomo di Trento- Attributi Bastone pastorale, palma e zoccolo- Patrono di Trentino-Alto Adige, arcidiocesi di Trento, diocesi di Bolzano-Bressanone e diversi comuni- Patrono del Trentino e dell'Alto Adige, Vigilio fu colui che maggiormente operò, con successo, per la conversione al cristianesimo di quelle popolazioni. Nato a Trento da una famiglia romana, vissuta nell'Urbe a sufficienza per acquistare i diritti della cittadinanza, fu mandato a studiare ad Atene; ritornato a Trento fu consacrato vescovo in età così precoce da risultare inusuale anche per quei tempi. Costruì una chiesa che dedicò ai SS. Gervasio e Protasio (19 giu.), ricevendo da S. Ambrogio le reliquie. È tuttora conservata una lettera di Ambrogio, metropolita della regione, a Vigilia, dove il vescovo di Milano invita quello di Trento a opporsi all'usura, a scoraggiare i matrimoni tra cristiani e pagani, a dare ospitalità agli stranieri, specialmente ai pellegrini. Nelle vallate trentine e dell'Alto Adige c'erano ancora molti pagani cui Vigilio predicava di persona; Ambrogio gli mandò in aiuto tre missionari — Sisinnio, Martirio e Alessandro — che subirono il martirio nel 395. Dopo questo fatto Vigilio inviò una breve lettera a S. Simpliciano, vescovo di Milano succeduto ad Ambrogio, e una più dettagliata a S. Giovanni Crisostomo, che forse aveva conosciuto ad Atene, in cui descriveva l'accaduto. In queste lettere diceva quanto egli invidiasse questi martiri e lamentava che la sua indegnità gli precludesse la condivisione di una simile sorte. Subì il martirio dieci anni più tardi: nel 405 stava predicando nella remota Val Rendena, quando abbatté una statua di Saturno, il dio dell'agricoltura; i contadini infuriati, timorosi di perdere il raccolto, lo lapidarono. Trento rivendica il possesso delle sue reliquie insieme a quelle di sua madre e dei suoi fratelli, ma è probabile che siano state traslate a Milano nel XV secolo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Trento, san Vigilio, vescovo, che, ricevute da sant’Ambrogio di Milano le insegne del suo mandato e una istruzione pastorale, si adoperò per consolidare nel suo territorio l’opera di evangelizzazione ed estirpare a fondo i residui di idolatria; si tramanda poi che abbia subito il martirio per la fede in Cristo, colpito a morte da rozzi pagani.

nome Santi Giovanni e Paolo- titolo Martiri di Roma- ricorrenza 26 giugno- Santuario principale Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio- Questi santi fratelli nacquero da famiglia patrizia romana, ed alla comunanza del sangue unirono quella della fede che coronarono con un glorioso martirio. Eletti da Costantino a scudieri di sua figlia Costanza, disimpegnarono questo loro ufficio con onore e lode. Questo imperatore cristiano segnò il completo trionfo della Chiesa sull'idolatria, sostituendo l'emblema sacro della croce di Cristo alle effigi dei pagani. Alla sua morte gli successe sul trono imperiale Giuliano l'apostata, il rinnegato persecutore di Cristo e della sua Chiesa. I nostri Santi, sdegnando di servire un monarca pagano, rinunciarono al loro onorevole ufficio, sprezzando gli onori che venivano loro tributati. Ciò saputo, l'imperatore, che allora si trovava in Oriente, scrisse a Terenziano, capitano delle guardie imperiali, intimandogli di catturare i due fratelli, ai quali lasciava dieci giorni di tempo per scegliere o di sacrificare a Giove, o di perire tra i più strazianti tormenti. Chiamati a giudizio, gli intrepidi giovani accolsero con gioia la notizia della dilazione e ne approfittarono per distribuire i loro beni ai poveri, sicuri di accrescere il numero di coloro che li avrebbero ricevuti negli eterni tabernacoli. Trascorso il tempo fu loro intimato di sacrificare a Giove. « Siamo disposti a morire » risposero ad una voce i due eroi « noi adoriamo l'unico vero Dio, Creatore del cielo e della terra » — « L'imperatore vi comanda di ubbidire » soggiunse il tiranno. « Senti, Terenziano » risposero risolutamente i due fratelli « se Giuliano è il tuo dio, affidati a lui e servilo fedelmente, quanto a noi non abbiamo altro Dio che Gesù Cristo. » A queste parole il crudele ministro condannò i due fratelli ai tormenti. Ma un pensiero gli corse alla mente. Che cosa dirà il popolo alla notizia di sì esecrabile sentenza? Il feroce tiranno esitò un istante, ma il suo animo perverso escogitò un nuovo mezzo di sacrificare le innocenti vittime. « Li ucciderò segretamente » disse « e farò spargere la voce che i due fratelli sono stati esiliati. » Ciò detto, scortato dai suoi soldati, entrò nell'abitazione dei due invitti confessori della fede di Cristo, li fece decapitare e li seppellì in luogo sconosciuto. Ma un'azione sì empia non doveva rimanere nell'oblio. Gli spiriti immondi che vessavano i corpi di molti uscirono da essi gridando e promulgando ovunque la condanna ed il supplizio dei due gloriosi fratelli. Lo stesso figlio di Terenziano, posseduto dal demonio che lo agitava in modo spaventevole, portato dai Cristiani al sepolcro dei Martiri venne istantaneamente liberato. La notizia del prodigio si diffuse in un baleno per tutta Roma, e molti illuminati dalla grazia divina credettero in Gesù Cristo, e con stupore di tutti, lo stesso Terenziano, veduto il miracolo della strepitosa guarigione del figlio, lasciò gli dèi falsi e bugiardi convertendosi al Cristianesimo e facendo costruire una sontuosa basilica dedicata ai due martiri gloriosi. PRATICA. - Impariamo la fermezza nella nostra fede ed il. coraggio nel difenderla anche con la vita. PREGHIERA. - Gloriosi fratelli Giovanni e Paolo, otteneteci da Dio la forza di confessare la nostra fede dinanzi agli uomini affinché, nell'estremo giorno, Gestì confessi noi pure presso il suo Divin Padre. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma commemorazione dei santi Giovanni e Paolo, al cui nome è dedicata la basilica sul monte Celio lungo il clivo di Scauro nella proprietà del senatore Pammachio.

nome San Josemaria Escrivá de Balaguer- titolo Sacerdote, Fondatore dell'Opus Dei- nome di battesimo José María Julián Mariano Escrivá Albás- nascita 9 gennaio 1902, Barbastro, Spagna- morte 26 giugno 1975, Roma- ricorrenza 26 giugno- Beatificazione 17 maggio 1992 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione Piazza San Pietro, 6 ottobre 2002 da papa Giovanni Paolo II- Monsignor Josemaria Escrivà de Balaguer y Albàs nacque a Barbastro (Spagna) il 9 gennaio 1902. Ricevette l'ordinazione sacerdotale a Saragozza il 28 marzo 1925. Il 2 ottobre 1928, a Madrid, fondò l'Opus Dei, che ha aperto a tutti i fedeli un cammino di santificazione in mezzo al mondo attraverso l'esercizio del lavoro professionale ordinario e l'adempimento dei doveri personali, familiari e sociali, divenendo così fermento di intensa vita cristiana in tutti gli ambienti. II 14 febbraio 1930, Mons. Josemaria Escrivà fondava la Sezione Femminile dell'Opus Dei e il 14 febbraio del 1943, in seno all'Opus Dei, la Società Sacerdotale della Santa Croce. L'Opus Dei ricevette l'approvazione definitiva della Santa Sede il 16 giugno 1950, e il 28 novembre 1982 veniva eretto in Prelatura personale: questa figura giuridica, introdotta dal Concilio Vaticano Il nel diritto della Chiesa, era stata desiderata e prevista da Mons. Escrivà. Con orazione e penitenza costanti, con l'esercizio esemplare di tutte le virtù. con amorosa dedizione e instancabile sollecitudine per tutte le anime e con una donazione di sé alla Volontà di Dio continua e senza riserve, il Padre — come lo chiamano le sue figlie e i suoi figli e tante migliaia di altre persone di ogni ceto e condizione — ha dato impulso e guidato per quarantasette anni l'espansione in tutto il mondo dell'Opus Dei. Quando il Fondatore concluse la sua esistenza terrena, l'Opus Dei era diffuso nei cinque continenti, con più di 60.000 membri di 80 nazionalità, tesi al servizio della Chiesa con lo stesso spirito di piena unione e venerazione per il Papa e per i Vescovi che Mons. Escrivà aveva sempre vissuto ed inculcato nei suoi figli. La Santa Messa era la radice e il centro della sua vita interiore. Il profondo senso della sua filiazione divina, che alimentava una continua presenza di Dio Uno e Trino, lo spingeva a cercare in tutto la più completa identificazione con Gesù Cristo., una forte e tenera devozione alla Vergine Santissima e a San Giuseppe, un. rapporto abituale e fiducioso coi Santi Angeli Custodi, e ad essere ` seminatore di pace e di gioia lungo tutti i cammini della terra. Mons. Josemaria Escrivà offrì molte volte la sua vita per la Chiesa e per il Romano Pontefice. Il Signore accettò questa offerta e il Padre rese santamente la sua anima a Dio a Roma, il 26 giugno 1975, nella sua stanza di lavoro, con la semplicità che caratterizzò tutta la sua vita. Il suo corpo riposa nella cripta della chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace — viale Bruno Buozzi 75, Roma — costantemente accompagnato dall'orazione e dalla gratitudine dei suoi figli e figlie e di innumerevoli persone che si sono avvicinate a Dio attratte dalla vita e dagli insegnamenti del Fondatore dell'Opus Dei. La causa di beatificazione e canonizzazione di Mons. Escrivà si è aperta a Roma il 19 febbraio 1981. PREGHIERA. O Dio, che concedesti al tuo servo sacerdote Josemaria innumerevoli grazie, scegliendolo come strumento fedelissimo per fondare l'Opus Dei, cammino di santificazione nel lavoro professionale e nell'adempimento dei doveri ordinari del cristiano, fa' che anch'io sappia trasformare tutti i momenti e le circostanze della mia vita in occasioni per amarti e per servire con gioia e semplicità la Chiesa, il Romano Pontefice e tutte le anime, illuminando i cammini della terra con la fiamma della fede e dell'amore; degnati di glorificare il tuo servo Josemaria e concedimi per la sua intercessione la grazia che ti chiedo... (si chieda). Amen. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, san Giuseppe Maria Escrivá de Balaguer, sacerdote, fondatore dell’Opus Dei e della Società sacerdotale della Santa Croce.

nome San Rodolfo- titolo Vescovo- nome di battesimo Rodolfo Gabrielli- nascita 1034, Gubbio, Umbria- Nominato vescovo 1059 da papa Niccolò II- Consacrato vescovo 1059- morte 17 ottobre 1064, Gubbio, Umbria- ricorrenza 26 giugno- Incarichi ricoperti Vescovo di Gubbio (1058-1064)-Rodolfo Gabrielli nacque a Gubbio, nella provincia di Perugia, in Umbria, nel 1034 presso una famiglia di feudatari, dai coniugi Rodolfo e Rezia. La sua conversione alla religione cattolica cristiana avvenne all'età di 17 anni dopo un incontro che gli cambiò la vita: egli infatti conobbe San Pier Damiani, che all'epoca era priore dell'eremo di Fonte Avellana, un monastero benedettino. Non fu l'unico della famiglia a decidere di prendere un corso diverso. Seguì infatti le orme dei fratelli Giovanni e Pietro che divennero il primo abate in un abbazia fatta costruire da Damiani grazie ad una loro stessa donazione, (vari possedimenti che permisero la costruzione dell' Abbazia di San Bartolomeo, a Camporeggiano, presso Gubbio) e il secondo, poi beatificato, che entrò assieme a Rodolfo nel monastero di Fonte Avellana. Rodolfo iniziò a studiare filosofia e teologia e una volta divenuto sacerdote si dedicò ad una vita estremamente austera, portando il cilicio e dormendo su una tavola di legno per “fiaccare le esuberanze giovanili”, inoltre la decisione di non mangiare più carne, uova e formaggio, unita alle torture che si infliggeva, iniziarono a indebolire il suo corpo. Tale era la sua dedizione alla cristianità e il suo zelo, che San Pier Damiani lo propose come vescovo e quindi proprio sostituto, a Papa Niccolò II quando non aveva nemmeno trenta anni. Nella sua nuova veste non cambiò le sue abitudini, anzi iniziò ad occuparsi degli indigenti usando tutto ciò che riusciva a risparmiare dalle spese dell'abbazia, predicava istruendo il clero e il popolo e amava stare a contatto con i più bisognosi. Ma le privazioni a cui si sottoponeva non lasciarono scampo, morì di “consunzione” il 17 ottobre 1064. Inizialmente fu sepolto nella Cattedrale di Gubbio, poi il 26 giugno 1188, giorno in cui si ricorda, fu traslato in un nuovo edificio, ma l'altare a lui consacrato è andato perduto dopo alcuni lavori di ristrutturazione nel 1670. MARTIROLOGIO ROMANO. A Gubbio in Umbria, san Rodolfo, vescovo, che si adoperò nella predicazione e distribuì con prodigalità ai poveri tutto quel che riusciva a sottrarre alle spese legate alla sua persona.

nome San Jose Maria Robles Hurtado- titolo Sacerdote e Martire- nome di battesimo José María Robles Hurtado- nascita 3 maggio 1888, Mascota, Messico- morte 25 giugno 1927, Quila- ricorrenza 26 giugno- Beatificazione 22 novembre 1992 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 21 maggio 2000 da papa Giovanni Paolo II- Attributi palma del martirio- José María Robles Hurtado nacque a Mascota il 3 maggio 1888 da una famiglia molto cattolica da Antonio Robles e di Petronilla Hurtado a Mascota, Jalisco. A dodici anni entrò nel seminario di Guadalajara. Venne ordinato sacerdote nel 1913, all'età di 25 anni. Alcuni anni dopo fondò la congregazione delle Suore Vittime del Cuore Eucaristico di Gesù successivamente rinominate Suore del Cuore di Gesù Sacramentato. Scrisse numerosi testi per la diffusione della fede cattolica ed inoltre diffuse la catechesi in modalità impedite dalle leggi messicane di allora. Parroco a Tecolotlán, promosse una maggiore devozione verso il Sacro Cuore di Gesù attraverso la predicazione, l'esempio e la personale devozione alla Santa Eucaristia. Il suo zelo era così famoso che venne soprannominato "il pazzo del Sacro Cuore". Curò instancabilmente i malati nella sua parrocchia e trascorreva parecchio tempo a confessare i suoi parrocchiani. Si adoperò anche per promuovere la devozione per la Madonna di Guadalupe. Era anche un Cavaliere di Colombo. All'epoca la costituzione messicana del 1917 proibiva le processioni pubbliche ed altre pratiche devozionali. Hurtado propose di costruire un'enorme croce da disporre nel centro geografico del Messico per simboleggiare che il Messico aveva riconosciuto Cristo come suo re ed organizzò una cerimonia pubblica per la posa della pietra angolare della croce, violando così la costituzione messicana. Nel 1923, 40.000 cattolici erano andati sul luogo della croce per partecipare alla cerimonia sulla collina che allora si chiamava "La Loma" ed ora è nota come la "montagna di Cristo Re". Dopo questo gesto di sfida, il governo decise di intensificare la persecuzione dei cattolici nel Messico e di fare in modo che Hurtado non prendesse più simili iniziative. Nonostante l'aumento della repressione e gli inviti espliciti a lasciare il Messico, Hurtado preferì rimanere, continuando ad assistere la sua Congregazione ed offrire aiuto spirituale ai superstiti e alle famiglie dei cattolici perseguitati ed uccisi dal governo. Tempo dopo, iniziò a promuovere l'idea della difesa armata dei cattolici che soffrivano la persecuzione. Hurtado venne arrestato nel giugno 1927 per aver celebrato Messa nella casa della famiglia Agraz, che lo stava nascondendo e in una poesia che scrisse qualche giorno prima che venisse eseguita la sua condanna, disse: "Desidero amare il tuo Cuore, Gesù mio, con partecipazione totale, desidero amarlo con passione, desidero amarlo fino al martirio. Con l`anima ti benedico, mio Sacro Cuore; dimmi: Si arriva all`attimo della felice ed eterna unione?". Il 26 giugno venne condotto ad un albero per essere impiccato. Mostrò compassione per coloro che dovevano eseguire la sentenza. Offrì loro una piccola candela votiva che aveva in tasca per illuminare il cammino verso l'albero a cui sarebbe stato impiccato. All'ultimo, li perdonò per quello che erano costretti a fare. Prese il cappio dicendo a coloro che glielo porgevano: "Non vi farò sporcare le mani" e dopo averlo baciato se lo mise al collo. MARTIROLOGIO ROMANO. Nei pressi di Guadalajara nello Stato di Jalisco in Messico, san Giuseppe Maria Robles, sacerdote e martire, che, nel corso della persecuzione contro la Chiesa durante la rivoluzione messicana, morì appeso a un albero.

nome Beato Andrea Giacinto Longhin- titolo Vescovo cappuccino- nascita 23 novembre 1863, Fiumicello di Campodarsego, Padova- Ordinato presbitero 19 giugno 1886- Nominato vescovo 16 aprile 1904- Consacrato vescovo 17 aprile 1904 dal cardinale Rafael Merry del Val- Elevato arcivescovo 4 ottobre 1928 da papa Pio XI- morte 26 giugno 1936, Treviso- ricorrenza 26 giugno- Beatificazione 20 ottobre 2002 da papa Giovanni Paolo II- Incarichi ricoperti Vescovo di Treviso (1904-1936), Arcivescovo titolare di Patrasso (1928-1936)- Nato il 23 novembre 1863 a Fiumicello di Campodarsego (provincia di Padova), a sedici anni iniziò il noviziato nell'Ordine dei Cappuccini e venne ordinato sacerdote a 23 anni il 19 giugno 1886. Per 18 anni svolse l'incarico di direttore spirituale e di insegnante dei giovani religiosi. Nel 1902 fu eletto ministro provinciale dei Cappuccini veneti. Il patriarca Sarto lo impegnò nella predicazione e in molteplici delicati ministeri diocesani. Pio X era papa solo da alcuni mesi, quando il 13 aprile 1904 nominò frate Andrea vescovo di Treviso. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, Treviso subì i primi bombardamenti aerei. Il vescovo restò al suo posto: provvide all'assistenza dei soldati, dei malati e dei poveri. Dio volle purificare il suo servo fedele con una malattia che lo privò progressivamente delle facoltà mentali. Morì il 26 giugno 1936. Fu beatificato il 20 ottobre 2002. MARTIROLOGIO ROMANO. A Treviso, beato Andrea Giacinto Longhin, vescovo, che in tempo di guerra sovvenne con ogni mezzo alle necessità dei profughi e dei prigionieri e nelle difficoltà del suo tempo difese con straordinaria sollecitudine i diritti degli operai, dei contadini e di tutti i deboli della società.

nome San Massenzio- titolo Abate- nascita 437 circa, Agde, Francia- morte 515 circa, Francia- ricorrenza 26 giugno- La città francese di Saint-Maixent-l'Ecole, situata pochi chilometri a sud ovest di Poitiers, è costruita sul luogo dove si trovava la cella di Massenzio e l'adiacente monastero da lui retto. Nato ad Agde, sulla costa mediterranea della Francia a nord di Perpignan, battezzato con il nome di Adiutore, fu educato in un monastero, dove si guadagnò la stima dell'abate. Le lodi lo mettevano a disagio e in segreto lasciò il monastero per due anni, forse per condurre vita eremitica. Quando fece ritorno si trovò a essere al centro di ancor maggior considerazione, e poiché il suo rientro in comunità coincise con l'arrivo della pioggia dopo un lungo periodo di siccità venne acclamato come taumaturgo. Poiché cercava di essere dimenticato dal mondo ritenne giusto lasciare Agde e si diresse a nord verso Poitou; entrò in una comunità nella valle di Vauclair, dove era abate Agapito, e per cancellare il suo passato prese il nome di Massenzio. Se poteva cancellare la sua primitiva identità non poteva cancellare la sua santità: viveva in modo molto austero mangiando solo pane d'orzo e bevendo solo acqua, pregando continuamente tanto che la sua schiena divenne curva. Intorno all'anno 500 i suoi confratelli all'unanimità lo elessero abate. Durante la guerra che infuriò per alcuni anni tra Clodoveo, re dei franchi, e il visigoto Alarico, il monastero si trovò a essere minacciato da una banda di uomini armati; Massenzio rassicurò i suoi monaci e uscì incontro agli assedianti: uno di questi tentò di sollevare la spada per colpirlo, ma si vide impossibilitato a farlo, perché il braccio gli si era come paralizzato finché Massenzio lo guarì ungendolo con l'olio santo. Seguendo l'esempio del suo predecessore Agapito, anch'egli, con l'approssimarsi dell'età avanzata, decise di lasciare l'incarico di abate e si ritirò in una cella vicino al monastero, dove morì all'età di settant'anni. Nelle raffigurazioni artistiche Massenzio è spesso rappresentato con uccelli appollaiati sulla spalla, oppure mentre accarezza con la mano un uccello: erano questi volatili i suoi compagni nella foresta. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Poitiers in Aquitania, nell’odierna Francia, san Massenzio, abate, insigne per le sue virtù.

nome Sant'Antelmo di Chignin- titolo Monaco e vescovo di Belley- nascita 1107 circa, Chignin, Francia- morte 26 giugno 1178, Belley, Francia- ricorrenza 26 giugno- Attributi bastone pastorale, libro, flagello- Patrono di Belley- Antelmo, figlio di un nobile savoiardo, nato nel castello di Chignin, nei pressi di Chambéry, per alcuni anni svolse il ministero di semplice sacerdote diocesano, poi divenne segretario della Chiesa di Ginevra, ed essendo persona metodica e capace di tenere in ordine l'amministrazione, diede incremento alle rendite ecclesiastiche. Aveva congiunti tra i certosini, ai quali faceva visita nel monastero di Portes, e ogni volta rimaneva impressionato dalla quiete della valle, racchiusa tra dirupi in calcare e pinete, che gli faceva balenare agli occhi un tipo di vita assai diverso da quello che conduceva piegato sui libri contabili, nella sua Ginevra. Inoltre era attratto dall'Ordine certosino e dal suo stile di vita: gli eremiti conducevano vita solitaria in celle costruite attorno a un chiostro, tutto avvolto dalla solitudine e dal silenzio; il cibo veniva servito loro attraverso un'apertura della porta della cella; recitavano privatamente la maggior parte dell'Ufficio, e solo nelle domeniche e nelle feste celebravano insieme la liturgia e prendevano i pasti in comune. Antelmo decise così di entrare tra i certosini e ricevette l'abito attorno al 1137. Prima che avesse terminato il noviziato fu mandato alla Grande Certosa. Quel monastero stava vivendo un momento di grande travaglio: un valanga aveva distrutto parte dei suoi edifici con conseguenze nefaste sul morale dei monaci. Forse i suoi contatti famigliari, le sue qualità di comando e le sue capacità in materia finanziaria mossero i superiori ad affidargli il compito di restaurare in tutte le sue funzioni e prosperità la grande fondazione: quando il priore Ugo I diede le dimissioni egli venne eletto al suo posto, divenendo il settimo priore della Grande Certosa. S'impegnò subito nella ricostruzione degli edifici abbattuti, che circondò con un alto muro; fece costruire un acquedotto per portare l'acqua e rimise in ordine i terreni e gli ovili. Dal punto di vista dell'osservanza rimise in vigore la regola primitiva, caduta in disuso; ma la sua riforma più importante fu il tentativo di rendere più stretti i legami tra le varie case: in quel tempo ogni certosa era indipendente l'una dall'altra, e ognuna doveva obbedienza solo al vescovo della diocesi in cui si trovava. Antelmo convocò il primo capitolo generale e alla Grande Certosa venne riconosciuto il ruolo di casa madre, divenendo egli di fatto, anche se non ufficialmente, il primo superiore generale dell'ordine. La fama di santità e di saggezza di Antelmo gli guadagnò molti seguaci, trai quali si contano anche il padre, il fratello e Guglielmo, conte di Nevers, che si fece fratello laico; Antelmo affidò a Giovanni di Spagna (25 giu.) l'incaricò di redigere una costituzione per le donne che desideravano vivere la regola certosina. Dopo aver diretto la Grande Certosa per dodici anni diede le dimissioni e poté dar corso al suo desiderio di vita solitaria, ma non per molto: quando Bernardo di Varey, fondatore e primo priore di Portes, diede le dimissioni per ragioni di età, Antelmo, allora ancora nel vigore dei quarant'anni, fu nominato al suo posto. Portes era un monastero molto ricco e il nuovo priore decise che il suo tesoro, i suoi forzieri, e i granai stracolmi fossero incompatibili con la povertà imposta dalla regola: in occasione di un periodo di penuria ordinò che cibo e denaro fossero distribuiti a tutti coloro che ne avevano bisogno, e vendette arredi delle chiese per ottenere nuove risorse da dare in elemosina. Due anni dopo fece ritorno alla Grande Certosa, ma anche questa volta non gli fu permesso di vivere nel nascondimento: fu coinvolto nella lotta tra papa Alessandro III, legittimamente eletto, e l'antipapa Vittore IV, designato dall'imperatore Federico Barbarossa; Antelmo e Goffredo, abate di Hautecombe, esercitarono la loro influenza su confratelli e religiosi di altri ordini a sostegno di papa Alessandro, perorando la sua causa in Francia, Spagna e anche in Inghilterra. Quando divenne vacante la sede episcopale di Belley il papa accantonò tutte le altre candidature e costrinse Antelmo ad accettare la nomina, benché il certosino lo supplicasse di risparmiarlo. La consacrazione fu celebrata l'8 settembre 1163. Una volta consacrato il nuovo vescovo si dedicò al nuovo ministero con la sua caratteristica vigoria. Fu irremovibile nel sostenere il celibato ecclesiastico: quando non ottenne ciò che chiedeva con la persuasione o l'ammonimento, arrivò a privare dei benefici quegli ecclesiastici che vivevano apertamente con donne. Difese i diritti della giurisdizione ecclesiastica contro le pretese dei laici: quando Umberto III, conte di Maurienne, arrestò un sacerdote accusato di delitto, il vescovo inviò un prelato per ottenerne la liberazione, minacciando di scomunica il conte. Il sacerdote fu liberato ma in un nuovo tentativo di arresto rimase ucciso, e Antelmo scomunicò il conte; papa Alessandro III, del quale Umberto era un protetto, chiese al vescovo di annullare il bando, ricevendone un rifiuto: «Colui che è appena stato legato non può essere sciolto a meno che per l'errore commesso faccia una penitenza adeguata». Il papa annullò d'autorità la scomunica e il vescovo, affermando che il pontefice agiva ultra vires e che lo stesso S. Pietro non aveva l'autorità di fare un tale gesto, si ritirò a Portes, donde a fatica fu convinto a tornare in diocesi. Continuò però a proibire a Umberto di accostarsi ai sacramenti; il papa non vide in ciò un atteggiamento contro la Santa Sede. Forse per questa sua ferma inclinazione a favore dell'autorità ecclesiastica fu scelto come legato per una missione in Inghilterra come mediatore tra Enrico II e Tommaso Becket (29 dic.): la spedizione in realtà non ebbe mai luogo. Antelmo continuò a occuparsi dell'amministrazione della diocesi e nel contempo a vivere in semplicità certosina, trascorrendo ogni momento libero nella Grande Certosa o in altre case del suo ordine. Due imprese gli stavano particolarmente a cuore: una comunità di donne che conducevano vita claustrale a Bons e un lebbrosario, dove egli medicava personalmente gli ammalati. Continuò a prendersi cura del suo gregge e mentre distribuiva cibo durante una carestia fu assalito da una febbre mortale; prima di morire ricevette la visita del conte Umberto di Maurienne che chiese il suo perdono e promise di vivere rettamente. Le reliquie di Antelmo non furono profanate durante la Rivoluzione francese e ora sono conservate nella cappella a lui dedicata a Belley, dove furono traslate il 30 giugno 1829. MARTIROLOGIO ROMANO. A Belley in Borgogna, nell’odierna Francia, sant’Antelmo, vescovo, che, da monaco, ricostruì l’edificio della Grande Certosa distrutto da una abbondante nevicata; divenuto poi priore, convocò il Capitolo generale e, elevato alla sede episcopale, rifulse nell’opera di correzione dei costumi di chierici e nobili svolta con instancabile impegno e intrepida fermezza.

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4 commenti

@eliminato

7 mesi fa

Sbaglio o oggi i santi sono di più?

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