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06/04/2024 alle 14:47

I santi di oggi 6 aprile:

I santi di oggi 6 aprile:

nome San Pietro da Verona- titolo Sacerdote e martire- nome di battesimo Pietro Rosini- nascita 1200, Verona- morte 6 aprile 1252, Seveso- ricorrenza 6 aprile, 29 aprile messa tridentina- Canonizzazione 25 marzo 1253- Santuario principale Santuario di San Pietro martire (Seveso)- Attributi abito domenicano, mannaia in testa, coltello nel petto, libro con la scritta "Credo", ramo di palma, libro- Patrono di domenicani, inquisitori, commercianti di tessuti, calzolai, birrai e di: Verona, Seveso, (MB), Fornelli (IS), Casteggio (PV), Roccasecca (FR), Castelleone di Suasa (AN), compatrono di Napoli, San Sossio Baronia (AV), Andrano (LE)- Nacque a Verona, l'anno 1200. Benché i suoi genitori e tutti i suoi parenti fossero manichei, il nostro Pierino, protetto dalla divina grazia, rimase illeso da questa particolare religione, poiché a sette armi fu mandato dal padre ad una scuola cattolica, ove assieme ai primi elementi apprese la dottrina apostolica. Un suo zio vedendo il grande amore del fanciullo per la religione cattolica, tanto fece che lo tolse da quella scuola. Di comune accordo con il padre fu mandato all'Università di Bologna, ambiente allora di sfrenata scostumatezza. Quanti fiori in mezzo a tanta decadenza erano appassiti! Ma il giglio olezzante di Pietro, la candida sua anima, fu dal Divino Giardiniere serbata immacolata. Stomacato per tanto male, decise di abbandonare tutto e tutti e si chiuse nella pace del chiostro domenicano, sotto la guida del suo santo Fondatore. Suo principale studio era imitare i più fervorosi e cercare d'emularli. Ancora novizio, cadde in una gravissima malattia, che mise in pericolo la sua preziosa esistenza; per grazia di Dio superò questa crisi e, nonostante rimanesse assai indebolito, s'applicò agli studi così che meritò, ancora chierico, la cattedra di Sacra Scrittura e di teologia del suo convento. Fin d'allora con grande sapienza e zelo difese la dottrina cattolica e confutò gli eretici. Consacrato sacerdote, fu un instancabile ministro della parola di Dio nell'Italia Settentrionale e Centrale; migliaia erano le conversioni ch'egli operava colla sua parola e innumerevoli le anime che indirizzò alla santità. A suggello del suo apostolato, egli chiese al Signore il martirio, ma Gesù volle prima sottoporlo a un'altra prova, per meglio prepararlo a questo atto eroico. Fu accusato da alcuni confratelli d'aver introdotto nella sua cella persone d'altro sesso ed essersi intrattenuto a lungo con esse. Pietro senza punto affermare o negare, umilmente confessò d'essere un grande peccatore. Il Superiore credendolo colpevole, gli proibì di predicare e lo mandò come penitente al convento di Jesi. Ma l'innocenza trionfa sempre e Pietro riconosciuto innocente fu d'allora in poi ammirato e venerato dagli stessi accusatori. Fu pure premiato dal Signore, il quale infuse nuova grazia alle sue prediche. Ma gli eretici vedendo l'immenso bene che compiva, pensarono di togliergli la vita. Conosciuta la via che avrebbe percorso per portarsi a Como, si posero in agguato, e al suo passaggio, assalitolo a colpi di sciabola l'uccisero il 6 aprile 1252. Prima di spirare balbettò una volta ancora il Credo, mentre il dito della sua destra, intinta nel proprio sangue scriveva nella sabbia: «Credo». PRATICA. Cristiano, il Credo è il simbolo della fede cattolica che professi: esso riassume la verità della religione. Recita tutti i giorni questa ammirabile preghiera. PREGHIERA. Fa', te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che imitiamo la fede del tuo martire Pietro quale per la dilatazione della stessa fede, meritò di ottenere la palma del martirio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Milano la passione di san Pietro, dell'Ordine dei Predicatori, Martire, ucciso dagli eretici per la fede cattolica.

nome Beata Pierina Morosini- titolo Vergine e martire- nome di battesimo Pierina Morosini- nascita 7 gennaio 1931, Fiobbio, Bergamo- morte 4 aprile 1957, Fiobbio, Bergamo- ricorrenza 6 aprile- Beatificazione 4 ottobre 1987- Santuario principale Chiesa Parrocchiale di Fiobbio- Attributi Giglio, palma del martirio- Pierina nacque a Fiobbio (Bergamo) il 7 gennaio 1931, primogenita dei nove figli di Rocco e Sara Noris. Fini la scuola elementare ma fu costretta ad abbandonare gli studi, per i quali era molto portata, poiché, in seguito alla malattia del padre, il suo lavoro rappresentava la principale forma di sostentamento della famiglia. Fece pratica per un certo periodo come sarta e a quindici anni ottenne un impiego in una fabbrica tessile locale. Entrò in un gruppo dell'Azione cattolica e partecipò a tutte le attività della parrocchia, dedicandosi soprattutto all'insegnamento del catechismo e alle visite ai malati. Fu anche intensamente impegnata a promuovere le vocazioni per il seminario locale e le missioni estere. Riceveva la comunione tutti i giorni, mostrando segni di devozione non comuni, alzandosi ogni mattina alle quattro per pregare e partecipare alla Messa prima di iniziare a lavorare. Avrebbe voluto diventare religiosa per potere operare in una missione all'estero, ma dovette continuare a dedicarsi al sostentamento della famiglia. Divenne membro del Terz'ordine francescano e dei Figli di Maria. Le sue colleghe di lavoro apprezzavano molto la sua coscienziosità, il suo carattere amichevole verso tutti, caratterizzato da una certa riservatezza e la sua profonda fede religiosa. Pierina andò in pellegrinaggio a Roma nel 1947 per assistere alla canonizzazione di S. Maria Goretti (6 lug.) e rimase profondamente impressionata dall'esempio di questa giovane morta per difendere la propria purezza, dicendo varie volte di sperare una fine simile. Entrò a fare parte della "crociata locale per la purezza" e compose una preghiera per la castità dei suoi membri, che recita tra l'altro: «Possa io non dare mai spazio alle attrazioni del mondo o dcl piacere; possa io non concedermi nemmeno il più piccolo compromesso con il peccato nell'abbigliamento, nel parlare, nelle letture, negli sguardi o nel divertimento [...]. Rendimi piccolo apostolo per tutte le ragazze deviate dal mondo. E se avrò mai la sventura di cadere, possa la tua mano immacolata sollevarmi il più presto possibile, o Gesù, e farmi ritrovare l'intimità del tuo cuore [...]. Se mi chiami al matrimonio, aiutami a portare fino all'altare la mia innocenza battesimale. Provoca tra le giovani dell'Azione cattolica molte sante vocazioni religiose». Il 4 aprile 1957, nel primo pomeriggio, Pierina stava recandosi a casa per una stradina solitaria quando fu accostata bruscamente da un giovane ventunenne: al rifiuto delle sue profferte seguì un tentativo di violenza; Pierina lottò strenuamente e colpita ripetutamente con una pietra cadde in corna, morendo due giorni dopo in ospedale senza avere ripreso conoscenza. Pare che l'uomo l'avesse infastidita per circa un anno e che l'aggressione fosse stata il risultato di una scommessa con gli amici; arrestato, confessò. È interessante notare che il medico dell'ospedale che provò a salvare la vita di Pierina, sentiti i particolari sul delitto, esclamò: «Qui abbiamo una nuova Maria Goretti!». Questa idea si diffuse rapidamente e una vasta folla partecipò al suo funerale, il 9 aprile. La sua tomba si trasformò rapidamente in luogo di pellegrinaggio, soprattutto per i seminaristi e i membri dell'Azione cattolica; la sua prima biografia fu pubblicata nel 1960. Nel 1983 le sue spoglie furono trasferite in un reliquiario di marmo nella chiesa parrocchiale e nel 1987 venne beatificata. È importante non vedere la sua morte come disgiunta dal resto della sua vita, perché di quest'ultima, vissuta coerentemente da cristiana, essa fu una logica, seppur estrema, conseguenza. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella cittadina di Fiobbio di Albino vicino a Bergamo, beata Pierina Morosini, vergine e martire, che, a ventisei anni, mentre faceva ritorno a casa dalla fabbrica in cui lavorava, morì ferita a morte al capo nel tentativo di difendere dall’aggressione di un giovane la propria verginità consacrata a Dio.

nome Beato Michele Rua- titolo Sacerdote- nascita 9 giugno 1837, Torino- morte 6 aprile 1910, Torino- ricorrenza 6 aprile- Beatificazione 29 ottobre 1972 da papa Paolo VI- Michele nacque a Torino nel giugno del 1837 da Giovanni e Giovanna Ferrero. Suo padre morì nel 1845 mentre ancora Michele frequentava la scuola elementare presso i fratelli delle Scuole Cristiane, dove entrò in contatto con il cappellano, S. Giovanni Bosco (31 gen.), che lo impressionò profondamente. Su suggerimento di don Bosco frequentò il ginnasio locale per due anni, dal 1850 al 1852, per poi entrare all'oratorio di Valdocco, a Torino, come convittore, cominciando a indossare l'abito da chierico. Oratorio è il nome usato per indicare il complesso delle attività cresciute attorno all'originale attività giovanile fondata dal santo. Ai tempi di Michele, l'oratorio era usato per le classi serali, aveva anche una piccola cappella e lì don Bosco viveva; con lo stesso nome oggi i salesiani indicano i centri giovanili gestiti insieme alle parrocchie o alle scuole, dove spesso vi è residente una comunità salesiana. Nel 1854, Michele fu uno dei primi a operare con don Bosco per la fondazione della congregazione salesiana, dedicata alla «carità pratica verso il nostro prossimo» e ispirata alla dolce cordialità del suo protettore, S. Francesco di Sales (24 gen.). L'anno seguente pronunciò i voti religiosi. Durante l'epidemia di colera del 1855, si prese cura dei malati nelle zone pii degradate della città, lavorò per un certo periodo come catechista e accompagnò S. Giovanni Bosco nel suo primo viaggio a Roma. Nonostante fosse ancora solo suddiacono, fu nominato primo direttore spirituale dei salesiani; nel 1860 fu ordinato sacerdote e da allora in poi fu sempre a fianco di don Bosco, divenendo nel 1865 suo vicario ufficiale nell'opera di diffondere e guidare la nuova fondazione. Nel frattempo, nel 1863, aveva ottenuto un diploma di professore di ginnasio all'università di Torino e tali erano le sue capacità che l'illustre abate Rayneri disse: «Se avessi sei uomini come don Rua, aprirei un'università». Era talmente efficiente nel suo ruolo di vicario che don Bosco fece la mossa inusuale di chiedere al papa, nel 1884, di dichiarare Michele suo successore alla guida dell'ordine e non soltanto in considerazione delle sue capacità di amministratore; in un'occasione il santo disse pure: «Se anche Dio mi avesse detto: "Immagina un giovane adorno di tutte le virtù e abilità maggiori che tu potresti desiderare, chiedimelo ed io te lo darò", io non sarei mai arrivato a immaginare don Rua». Nel 1888, in occasione della morte di don Bosco, il papa confermò Michele rettore maggiore dei salesiani. All'epoca la congregazione aveva sessantaquattro case e settecentosessantotto membri dichiarati; quando Michele morì, nel 1910, si contavano trecentoquarantuno case e poco più di quattromila membri. Fu responsabile della loro fondazione in ventitré paesi, dalla Svizzera al Messico, alla Cina e al Sudafrica; fu particolarmente attento a sviluppare il lato missionario dell'attività della congregazione e fu un viaggiatore instancabile non solo in Europa, ma anche in Egitto, Nord Africa e Palestina. Dopo uno di questi viaggi disse: «Ho visto la povertà ovunque ma grazie a Dio, nonostante ciò, ho visto anche migliaia di bambini tolti dalle strade e trasformati in onesti cittadini e buoni cristiani». I figli dci poveri rappresentavano la priorità nella sua missione e semplice era secondo lui il modo di aiutarli: «Se desiderate salvare un quartiere povero, aprite un oratorio. Anche senza campi ed edifici, se siete veri salesiani, l'oratorio sarà dentro di voi». La sua rigorosa fedeltà alla costituzione dell'istituto e ai voleri del suo fondatore gli guadagnò il soprannome di "regola vivente". Trascorse gran parte della sua vita sacerdotale nell'amministrazione e talora sembrava che non riuscisse ad avere una visone ampia delle cose a causa della sua esitazione, della scrupolosità ansiosa, dell'atteggiamento perfezionista verso ogni cosa, che lo portavano a essere severo con i suoi sacerdoti; nonostante ciò era un uomo portato alla progettazione e all'innovazione educativa. Aprì dei gymnasia (scuole superiori) e organizzò circoli sociali negli oratori, sviluppò piani di studi specifici per le scuole professionali, introdusse corsi tecnici e commerciali e fondò ostelli. Don Bosco aveva detto a Michele: «Avrai molto lavoro da fare e molto da soffrire» e infatti durante gli anni trascorsi come superiore dovette affrontare varie prove. Nel 1896 i suoi membri furono cacciati dall'Ecuador da un governo anticlericale, così come accadde in Francia nel 1902; nel 1907 a Varazze, in Liguria, esplose una violenta campagna stampa contro i salesiani, ai quali furono mosse gravi accuse diffuse nell'opinione pubblica a cui si dovette rispondere per vie legali. Quando il caso si sgonfiò, coloro che lo avevano pilotato preferirono riparare all'estero. Si ritiene che tale affare abbia gravemente compromesso la salute di Michele e inoltre una nuova disgrazia lo afflisse nel 1908, quando un terremoto in Sicilia uccise nove sacerdoti salesiani e trenta loro alunni. Non venne mai meno la sua devozione a Maria Ausiliatrice, alla quale fu legato per tutta la vita. Nel febbraio 1910 Michele si ammalò gravemente e morì d'infarto il 6 aprile all'età di settantatré anni. Fu sepolto a Torino a fianco di don Bosco e sulla sua tomba fu scritto: «Il secondo padre della famiglia Salesiana». In occasione della sua beatificazione, avvenuta il 29 ottobre 1972, Paolo VI dichiarò: «La famiglia Salesiana pone le sue origini in don Bosco e la sua continuazione in don Rua. Ha attinto tutto il proprio magistero dagli insegnamenti dal santo, ha plasmato in profondità il comportamento sulla sua regola e ha fatto della sua santità un modello da seguire. Don Rua ha istituito una tradizione genuina». MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino, beato Michele Rua, sacerdote, insigne propagatore della Società Salesiana.

nome Santa Galla di Roma- titolo Vedova- nascita 500 circa, Roma- morte 550 circa, Roma- ricorrenza 6 aprile, 5 ottobre- Tra i giustiziati da Teodorico il Goto vi era Quinto Aurelio Simmaco, che era stato console nel 485. Questi lasciò tre figlie: Rusticiana, moglie del filosofo Boezio, Proba e Galla, che è menzionata nel Martirologio Romano il 5 ottobre. S. Gregorio Magno riporta un breve racconto della sua vita nei Dialoghi. Rimasta vedova dopo solo un anno di matrimonio, invece di risposarsi, come la sua famiglia le consigliava insistentemente, si votò interamente a Dio e alle opere di misericordia, vivendo in una comunità di donne consacrate, vicino a S. Pietro, «in semplicità di cuore, dedicandosi alla preghiera ed elargendo larghe elemosine ai poveri». Colpita da cancro alla mammella, vide apparire in visione S. Pietro, il quale, dopo averle assicurato che tutti i suoi peccati erano già stati perdonati, le preannunciò una morte imminente, che sopravvenne in effetti dopo tre giorni. Le fu preannunciato inoltre che anche un'amica, Benedetta, nel giro di trenta giorni sarebbe deceduta, previsione che trovò puntuale conferma negli avvenimenti. S. Gregorio, che scriveva circa cinquant'anni dopo, affermava che «le suore che sono ora nel monastero, avendo custodito i racconti tramandati, possono descrivere persino nei dettagli questo miracolo, come se ne fossero state testimoni oculari». A Galla pare sia stata indirizzata la lettera di S. Fulgenzio di Ruspe (1 gen.) sulla vedovanza. Le reliquie della santa sono conservate nella chiesa romana di Santa Maria in Portico. Nel XVII secolo fu aperto un ospizio di carità a lei intitolato. È probabile che la chiesa romana conosciuta come S. Salvatore di Gallia sia stata in realtà dedicata a questa santa, ma che, quando i francesi spostarono il loro ospizio vicino a questa basilica, l'originale Galla sia divenuta per errore Gallia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, santa Galla, che, figlia del console Simmaco, alla morte del marito attese per molti anni presso la chiesa di San Pietro alla preghiera, alle elemosine, ai digiuni e ad altre opere sante; il suo beato transito è stato narrato dal papa san Gregorio Magno.

nome San Guglielmo di Eskill- titolo Abate- nascita 1125, Saint-Germain, Francia- morte 6 aprile 1203, Eskill, Danimarca- ricorrenza 6 aprile- Guglielmo nacque intorno al 1125 a Saint-Germain presso Crépy-en-Valois, in Francia, e divenne canonico della chiesa collegiata di S. Genoveffa a Parigi. Nel 1148 Suger, abate di Saint-Denis, fondò una casa di canonici regolari presso S. Genoveffa, e Guglielmo fu tra coloro che accettarono il nuovo stile di vita, più austero. Si diffuse la sua fama di persona santa e osservante della regola tanto che nel 1170 fu invitato dal vescovo della diocesi danese di Roskilde per realizzare una riforma della vita monastica in quella zona; Guglielmo accettò e con tre compagni cominciò a operare con i canonici regolari di Eskill, abituati a non osservare alcuna regola e poco inclini alla disciplina religiosa. A Eskill fu abate per molti anni: riformò la comunità, nonostante l'opposizione incontrata internamente e tra i patrocinatori laici; si incaricò della riforma di altre case religiose, nuovamente a dispetto di risentimento e opposizione palesi, trovandosi presto a controllare, di fatto, tutti i monasteri danesi, anche se appartenenti ad altri ordini. A causa del matrimonio del re Filippo Augusto di Francia con una principessa danese, celebrato nel 1193, si trovò coinvolto in questioni politiche: il re, infatti, voleva ripudiare la moglie poco dopo il matrimonio e aveva in ciò il sostegno dei vescovi francesi. Guglielmo invece portò il caso a Roma, allo scopo di ottenere giustizia per la regina ma, sulla via del ritorno, in Francia, fu fatto prigioniero dal duca di Borgogna, per essere poi rilasciato col permesso di tornare alla sua abbazia. Non visse abbastanza per vedere la riconciliazione tra Filippo Augusto e la moglie, avvenuta dieci anni dopo, poiché mori. il 6 aprile 1203; fu canonizzato nel 1224, e il suo culto rimase molto popolare in Danimarca fino al tempo della Riforma. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Eskill vicino a Roeskilde in Danimarca, san Guglielmo, abate, che, chiamato in Danimarca dal cenobio dei Canonici Regolari di Parigi, rinnovò non senza affanni e ostacoli l’osservanza della regola e lasciò la vita all’alba della domenica di Pasqua.

nome Beata Caterina Morigi di Pallanza- titolo Vergine- nome di battesimo Caterina Moriggi- nascita 1435 circa, Pallanza- morte 6 aprile 1478, Pallanza- ricorrenza 6 aprile- Beatificazione 16 settembre 1761 da papa Clemente XIV- Caterina nacque a Pallanza, un paesino nella diocesi di Novara, intorno al 1435. Tutta la sua famiglia perì in un'epidemia di peste quando era ancora giovane e Caterina fu adottata da una donna che viveva vicino a Milano; intorno ai quindici anni sentì una predica sulle sofferenze di Gesù che la commosse al punto da farle decidere di consacrare il resto della propria vita al Suo servizio. Si ritirò perciò in una zona montagnosa selvaggia e solitaria, in cui spesso si ritrovavano gli eremiti, dove si diceva che S. Ambrogio (7 dic.) avesse costruito un altare in onore della Madonna, e là si unì a un gruppo di donne che vivevano come eremite sotto la direzione di un sacerdote responsabile del luogo sacro. Alcuni sostengono che sia stata la prima donna di cui si abbia notizia ad avere vissuto là da eremita, ma ciò non è chiaramente attendibile. Caterina visse in questo modo per quindici anni e, persino in una zona nota per le severe pratiche penitenziali dei suoi "solitari", le ristrettezze che s'imponeva erano tali da attrarre l'attenzione: digiunava per dieci mesi l'anno e dipendeva sempre dal cibo donatole a intervalli irregolari da coloro che cercavano la sua preghiera e il suo consiglio. Nonostante il suo desiderio di solitudine, si unirono a lei cinque discepole, formando infine una comunità organizzata sulla base della Regola di S. Agostino (28 ago.) e S. Ambrogio (7 dic.). Il loro convento fu dedicato alla Madonna della Montagna e alle suore fu permesso il velo come le clarisse; Caterina fu loro badessa per due anni, prima di morire nel 1478. Le fu attribuito il dono della profezia e fu considerata a livello locale degna di culto, ufficialmente riconosciuto nel 1769. Negli anni 30 del XVIII secolo, le sue spoglie furono trasferite in un'apposita cappella costruita in suo onore, dove sono venerate ancora oggi. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Santa Maria al Sacro Monte sopra Varese, beata Caterina da Pallanza, vergine, che insieme alle sue compagne praticò vita eremitica sotto la regola di sant’Agostino.

nome Beato Notkero il Balbuziente- titolo Monaco di San Gallo- nascita 840 circa, Heligan, Zurigo- morte 912, San Gallo, Svizzera- ricorrenza 6 aprile- Beatificazione 1512- Notkero nacque intorno all'840 e fu educato nella grande abbazia di S. Gallo in Svizzera. Era un bambino delicato, soprannominato "Balbulus" per via della sua balbuzie; il suo interesse principale era la musica, che studiava assieme a due compagni, Ratperto e Tuotilo, sotto la guida del monaco irlandese Marcello. I tre giovani divennero tutti insegnanti nell'abbazia, e si adoperarono per farne un centro dove venisse correttamente eseguita la musica sacra. Notkero divenne monaco e gli furono affidati anche gli incarichi di bibliotecario e responsabile dell'ospitalità. L'ultimo incarico che ricoprì fu quello di rettore della scuola monastica. Persone esterne all'abbazia lo consultavano per avere consigli su questioni spirituali e temporali; fu anche amico e consigliere preferito dell'imperatore Carlo il Grosso (881-887). Fu probabilmente anche l'autore di una biografia in versi di Carlo Magno, scritta su richiesta dell'imperatore; continuò anche il Breviario dei re franchi e scrisse una Vita in versi di S. Gallo (16 ott.), il fondatore dell'abbazia. Poiché però vi erano diversi monaci di nome Notkero, è difficile attribuire con certezza la paternità di alcune di queste opere. Notkero è soprattutto noto nel campo della musica liturgica: la sua opera più famosa è considerata il Liber Hymnorum dell'884. Si riteneva che egli fosse l'inventore della sequenza, una sorta di inno cantato o recitato nelle festività prima del Vangelo, come, ad esempio, il Veni, Sancte Spiritu a Pentecoste e il Dies Trae nel giorno di Tutti i Santi, mentre ora è opinione comune che tali composizioni esistessero già, in qualche forma, molto tempo prima; l'intervento di Notkero consistette nel raccoglierle, comporne circa quaranta nuove e, in generale, renderne popolare l'uso oltralpe. Dal punto di vista tecnico le sue composizioni sono importanti per determinare la struttura delle sequenze precedenti. La sua capacità di usare il latino e la sua sensibilità per le relazioni tra parole e musica mostrano talento e accuratezza considerevoli. Egli fece un uso vivido di immagini tratte da un'ampia gamma di fonti bibliche, classiche e patristiche; i suoi testi «mostrano una personalità e, occasionalmente, un'originalità degna della letteratura più alta» (Crocker). Ebbe un ruolo importante anche nell'introdurre il metodo romano del canto dei salmi in Francia e Germania. Uno dei monaci dell'abbazia lo descriverà come «debole di fisico ma non di mente, balbuziente di lingua ma non di intelletto, uno che procedeva con rapidità nelle cose divine, un vaso ricolmo di Spirito Santo senza pari nel suo tempo [...] assiduo nella preghiera, nella lettura e nell'imitazione, ricco di sapienza [e] maestro nel canto». Notkero morì nel 912; il suo culto si diffuse immediatamente e fu approvato nel 1512. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di San Gallo in Svevia, nel territorio dell’odierna Svizzera, beato Notchero il Balbo, monaco, che trascorse quasi tutta la vita in questo cenobio, dedicandosi alla composizione di numerose sequenze; gracile nel corpo ma non nell’animo, balbuziente nella voce ma non nello spirito, fu profondo nelle scienze divine, paziente nelle avversità, mite verso tutti, sollecito nella preghiera, nella lettura, nella meditazione e nella scrittura.

nome San Prudenzio di Troyes- titolo Vescovo- nascita Spagna- morte 6 aprile 861, Troyes, Francia- ricorrenza 6 aprile- Prudenzio, spagnolo di nascita, fu battezzato col nome di Galindo; la sua famiglia doveva essere di alto rango ed egli ricevette una buona educazione, divenendo cappellano alla corte di Ludovico il Pio (778-840), terzo figlio di Carlo Magno, re di Aquitania dal 781 e poi associato al trono imperiale dall'813. Prudenzio divenne vescovo di Troyes, a sud est di Parigi, intorno all'843. Da una delle sue omelie si evince quanto zelo ponesse nell'esercizio dei suoi doveri episcopali e specie nell'amministrazione dei sacramenti. Era anche famoso come scrittore e fu autore di varie opere importanti, tra cui la continuazione degli Annaks-Bertiniani per gli anni 835-861, una valida fonte per la storia dell'impero franco; i suoi scritti più importanti furono, però, esegetici e teologici. Compose un Florilegium (raccolta di estratti) della Scrittura raccogliendo insegnamenti morali e dottrinali a uso dei suoi sacerdoti. Era uomo di profonda fede, istruzione ed energia apostolica, tendenzialmente rigorista (tratto che può spiegare la posizione da lui assunta in una delle controversie teologiche più importanti del tempo). Un monaco di nome Gotescalco era stato condannato per avere insegnato che Cristo era morto solo per gli eletti, mentre la maggioranza degli esseri umani era stata condannata all'inferno da Dio per tutta l'eternità. Gotescalco fu torturato, imprigionato e scomunicato da Incmaro, vescovo di Reims, al quale Prudenzio scrisse affermando di ritenere la condanna troppo severa e notando che Gotescalco aveva S. Agostino dalla propria parte (28 ago.). Sembra, infatti, che Prudenzio fosse tra coloro che reputavano Incmaro stesso in pericolo di eresia poiché dava troppa importanza al ruolo attivo degli uomini nella propria salvezza. Tempo dopo scrisse un libro contro le idee di Giovanni Scoto Eriugena, citato invece con approvazione da Incmaro, attaccando punto per punto l'opera di Eriugena sulla predestinazione e adottando una prospettiva strettamente agostiniana. Nell'853 un sinodo svoltosi a Quiercy, sotto Incmaro, decretò quattro punti che rappresentavano la posizione cattolica più ortodossa riguardo a questo difficile argomento. Prudenzio sembrò dapprima accettarli, forse intimorito dalla presenza dell'imperatore al sinodo, ma poi pubblicò nell'857 le proprie considerazioni al riguardo. A questo punto era però già anziano e malato e sembra non aver preso ulteriormente parte alla controversia. È difficile giudicare fino a che punto le sue posizioni siano da considerare non ortodosse, data la complessità dei temi e la mancanza di precisione teologica negli scritti dei personaggi coinvolti. Prudenzio era considerato dai contemporanei uno dei più eruditi teologi del tempo, partecipò a numerosi concili importanti e ricoprì un ruolo determinante nelle delibere ivi emesse. Fu un vescovo attivo, interessato all'attività pastorale; si occupò della riforma della disciplina clericale e del miglioramento della condotta dei fedeli, oltre che della fondazione di due monasteri nella sua diocesi. Morì il 6 aprile 861. Non sembra essersi sviluppato nessun culto a Troyes prima del XIII secolo; il suo nome fu inserito in più martirologi, ma non nel Martirologio Romano, probabilmente a causa dei dubbi sulla sua ortodossia dottrinale. MARTIROLOGIO ROMANO. Nello stesso luogo, san Prudenzio, vescovo, che compilò un compendio del Salterio per chi si metteva in viaggio, raccolse i precetti delle Sacre Scritture per i candidati al sacerdozio e rinnovò la disciplina monastica.

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