@Vitupero

10/02/2024 alle 15:19

I santi di oggi 10 febbraio:

I santi di oggi 10 febbraio:

nome Santa Scolastica- titolo Vergine- nascita 2 marzo 480, Norcia, Umbria- morte 10 febbraio 543, Montecassino, Lazio- ricorrenza 10 febbraio- Santuario principale Montecassino- Attributi abito monacale, colomba, giglio, libro della regola, pastorale, croce sottile- Patrona di monache benedettine, puerpere, bambini che soffrono di convulsioni, Le Mans, invocata contro tempeste, piogge e fulmini- È la sorella del grande San Benedetto, fondatore dell'Ordine Benedettino e del monachismo d'Occidente. Fin dalla giovinezza si consacrò al Signore col voto di verginità, e più tardi, quando già il fratello aveva fondato l'abbazia di Montecassino, fece costruire un monastero alle falde di quel monte per sé e per quelle che l'avessero voluta seguire. Molte giovani infatti le si unirono formando di quella casa una comunità religiosa, di cui ella fu abbadessa. Il fratello ne determinò le regole, e l'ordine si chiamò delle «Benedettine». Da principio Santa Scolastica saliva una volta all'anno all'abbazia del fratello, per conferire con lui: ma egli trovò che non era conveniente ch'ella si recasse fin lassù, essendo il viaggio troppo disagevole; perciò si offerse di scendere a lei. Quando scendeva; si intratteneva in discorsi spirituali; ed alle volte mangiavano anche assieme. Avvenne in una di queste volte, che doveva essere l'ultima, che i loro discorsi si protraessero più a lungo del solito onde, declinando ormai la giornata, San Benedetto fece cenno ai suoi frati che l'avevano accompagnato ch'era ora di ripartire e che quindi si tenessero pronti. Scolastica però gli s'oppose pregandolo a rimanere fino a quando "diceva" mi pare che questa debba essere l'ultima volta che ci intratteniamo assieme. "Ma che dici, sorella mia, le rispose egli, non sai che non posso trascorrere la notte fuori della mia cella?" e s'alzò deciso a ripartire. Scolastica, visto inutile ogni ulteriore tentativo, chinò la fronte fra le mani e pregò in segreto. Intanto San Benedetto e i suoi frati si avviarono, aprirono la porta per uscire sulla stradetta e videro scrosciare un acquazzone che, chi vi fosse stato presente, avrebbe pensato ad un secondo diluvio. E a completare il quadro si aggiungevano tuoni e lampi che pareva volessero squassare il monte. È da notare che pochi minuti prima il cielo era tutto terso. "Dio ti perdoni, sorella mia, ma che hai tu fatto?" la riprese il fratello costretto a rientrare in casa. Ed ella candidamente:"Ti pregai di rimanere fino a domani e non mi hai ascoltata; per questo mi sono rivolta al Signore ed Egli mi ha esaudita." E allora sia fatta la volontà di Dio! Quella notte fu trascorsa in preghiere, in sante conversazioni, in pii esercizi di pietà e la mattina San Benedetto si avviò all'abbazia. Tre giorni dopo, mentre egli stava pregando, alzando lo sguardo, vide l'anima della sorella portata su ali d'Angeli salire al cielo e, anzichè piangere, ne lodò il Signore. Benedetto mandò poi alcuni frati a prendere il corpo della Santa, lo fece portare all'abbazia, e seppellire nella propria tomba. PRATICA. Il miracolo ottenuto da Santa Scolastica ci insegna a pregare con semplicità che è pure umiltà, e con fede: due requisiti senza dei quali la preghiera non può essere esaudita. PREGHIERA. O Signore, che hai fatto salire in cielo sotto forma di colomba l'anima della tua beata Scolastica per mostrare la via dell'innocenza, concedici, per sua intercessione e per i suoi meriti, di vivere nell'innocenza onde meritare di raggiungere i gaudii eterni. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria della deposizione di santa Scolastica, vergine, che, sorella di san Benedetto, consacrata a Dio fin dall’infanzia, ebbe insieme con il fratello una tale comunione in Dio, da trascorrere una volta all’anno a Montecassino nel Lazio un giorno intero nelle lodi di Dio e in sacra conversazione.

nome San José Sanchez Del Rio- titolo Martire- nome di battesimo José Sánchez del Rio- nascita 28 marzo 1913, Sahuayo, Messico- morte 10 febbraio 1928, Sahuayo, Messico- ricorrenza 10 febbraio- Beatificazione 20 novembre 2005 da papa Benedetto XVI- Canonizzazione 16 ottobre 2016 da papa Francesco- Patrono di Riparto Mafeking (Palermo XXI - Scout San Benedetto)- Nacque a Sahuayo nel Messico. Quando fu decretato il culto pubblico, José aveva 13 anni e decise di combattere insieme a suo fratello Miguel il governo federale. Non fu ammesso come soldato nei Cristeros di Michoacán, ma come assistente. Nel campo conquistò l'affetto dei compagni che lo soprannominarono "Tarsicio". Di notte guidava il rosario e incoraggiava le truppe a difendere la fede. Nel 1928, durante una battaglia contro l'esercito federale, il generale Cristero perse il suo cavallo e José gli diede il suo per salvarsi. Fu arrestato e il generale Callista, vedendo la sua giovinezza, lo incoraggiò a lasciare i Cristeros e unirsi alla causa rivoluzionaria del governo contro la Chiesa, alla quale José rispose: “Non voglio unirmi ai nemici di Cristo Re! Sono il tuo nemico! Colpiscimi!" Fu rinchiuso in una prigione nella città di Cotija, e lì scrisse a sua madre, accettando coraggiosamente la morte per la sua fede. Pochi giorni dopo lo portarono alla caserma del Rifugio, dove fu crudelmente torturato, per fargli rinnegare se stesso, ma non ci riuscirono. Nel pantheon dove doveva essere giustiziato, si trovava sul bordo della tomba, in modo che non dovessero gettarlo via. Lo pugnalarono e ad ogni pugnalata gridava applausi a Cristo Re e alla Vergine di Guadalupe, finché il capitano non sparò un colpo alla testa. È sepolto nella parrocchia di San Giacomo Apostolo di Sahuayo, sua città natale. È stato beatificato dal SS Benedetto XVI il 20 novembre 2005. È stato canonizzato da 16 ottobre 2016 da papa Francesco. MARTIROLOGIO ROMANO. Guadalajara, in Messico, il san José Sánchez del Río, quattordici anni, martire, pugnalato a morte mentre dava la vita a Cristo Re e a Santa Maria di Guadalupe, durante la Guerra Cristero.

nome San Silvano di Terracina- titolo Vescovo- morte, Terracina- ricorrenza 10 febbraio- Vescovo di Terracina è conosciuto come "il Depositario" perché per fede subì il carcere e svariate torture. La leggenda vuole che Silvano fuggì dal Nord Africa con il padre Eleuterio, a causa della persecuzione dei Vandali, stabilendosi a Terracina, l'antica Anxur dei Volsco. Nel 443, alla morte del vescovo Giovanni, Silvano fu chiamato a succedergli, ma rimase in vita solo per nove mesi, e in seguito fu eletto suo padre, Eleuterio. L'unico ricordo del santo sono i resti di un'antica chiesa e monastero, molto famosi nel X secolo, intitolata San Silvano, che furono rinvenuti alla periferia di Terracina, sul versante del monte Leano, prospiciente la via Appia Nuova. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Terracina, oggi nel Lazio, san Silvano, vescovo.

nome Beato Luigi Stepinac- titolo Cardinale arcivescovo martire- nome di battesimo Alojzije Viktor Stepinac- nascita 8 maggio 1898, Brezaric, Croazia- Ordinato presbitero<br /> 26 ottobre 1930 dall'arcivescovo Giuseppe Palica- Nominato arcivescovo 28 maggio 1934 da papa Pio XI-Consacrato arcivescovo 24 giugno 1934 dall'arcivescovo Anton Bauer- Creato cardinale 12 gennaio 1953 da papa Pio XII- morte 10 febbraio 1960, Krašic, Croazia- ricorrenza 10 febbraio- Beatificazione 3 ottobre 1998 da papa Giovanni Paolo II- Incarichi ricoperti<br /> Arcivescovo titolare di Nicopsi, Arcivescovo coadiutore di Zagabria, Arcivescovo metropolita di Zagabria, Primate di Croazia- Luigi Stepinac nacque l'8 maggio 1898 nel villaggio di Brezaric, parrocchia di Krasic, a circa quaranta chilometri da Zagabria, nell'attuale Croazia (allora parte dell'impero austro-ungarico). Era il quinto di otto figli, e la madre pregava incessantemente perché diventasse sacerdote. Frequentò la scuola secondaria a Zagabria come convittore nell'orfanotrofio diocesano. A sedici anni fece domanda per entrare in seminario, ma, richiamato nell'esercito imperiale durante la prima guerra mondiale, fu mandato come ufficiale sul fronte italiano nel 1917. Nel luglio 1918 fu catturato dagli italiani e rimase prigioniero fin dopo il conflitto, fino a novembre. Dopo aver prestato servizio in Grecia come "volontario di Salonicco" per un breve periodo, fu smobilitato nella primavera del 1919. Nei cinque anni successivi, studiò agraria a Zagabria, e fu attivo nel movimento cattolico giovanile e nell'impegno sociale nella città. Suo padre desiderava che si sposasse ed egli si fidanzò, pur domandandosi quale fosse la volontà del Signore; infatti poco dopo ruppe il fidanzamento. Al termine del 1924 si iscrisse all'università gregoriana di Roma in filosofia e teologia e gli fu chiara la propria vocazione. Si laureò in filosofia nel 1927, fu ordinato sacerdote nel 1930 e l'anno seguente tornò in Croazia. Per un certo tempo fu parroco e cerimoniere nella diocesi di Zagabria, dove fra l'altro fondò un ramo della Caritas. Nel 1934 divenne coadiutore del vescovo di Zagabria, il quale fece di lui, a trentasei anni, il più giovane vescovo del mondo e successore dell'arcivescovo Antonio Bauer. Vi erano pressanti ragioni per non lasciare le sedi vacanti. L'unione dei territori slavi meridionali con la Serbia e Montenegro, in base al trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale, aveva dato origine, nel 1929, alla Jugoslavia. Questa comprendeva un misto di serbi ortodossi, croati cattolici, e musulmani, con predominanza del gruppo religioso ortodosso. Un accordo fra il governo e la Santa Sede prevedeva che larghe porzioni delle terre appartenenti alla Chiesa sarebbero state gestite dal regno in caso di sede vacante. Un concordato a garanzia della libertà di culto' per i cattolici fu accettato dalla Camera dei deputati nel luglio 1937, ma non dal Santo sinodo ortodosso della Jugoslavia. In concreto, lo spirito del concordato fu rispettato e la vita cattolica era fiorente quando Luigi Stepinac fu nominato vescovo di Zagabria alla morte del Bauer nel 1937. Relativamente sconosciuto, fu in breve accettato dal suo gregge. Due settimane dopo la propria consacrazione, guidò un pellegrinaggio al santuario croato di Marija Bistrica, con millecinquecento partecipanti, lungo un percorso di trenta chilometri. Già nei primi tre anni visitò duecentotto parrocchie, accolto sempre con entusiasmo. All'anno 1939 aveva fondato nove parrocchie, creato un giornale cattolico, iniziato la traduzione della Bibbia in croato, organizzato la celebrazione dei milletrecento anni di cristianesimo in Croazia, partecipato a numerosi congressi e fatto un pellegrinaggio in Terra Santa. Nel 1935 contestò pubblicamente il terrorismo serbo nei confronti dei croati e parlò contro «l'esagerato nazionalismo, in qualunque parte del mondo», auspicando che la Chiesa lo condannasse come «la prima delle eresie contemporanee e la peggior piaga della razza umana». Nel 1936 sponsorizzò un comitato in favore degli ebrei fuggiti dal regime nazista di Hitler. Nel 1938 esortò i preti di Zagabria ad aiutarli per «dovere cristiano»; inoltre, parlando agli universitari, denunciò i mali del razzismo. Nel marzo del 1941, quando le forze dell'asse Roma-Berlino invasero la Jugoslavia, la Croazia divenne uno stato indipendente governato dal regime filonazista ustascia sotto la guida di Ante Pavelic, durato dal 1941 al 1945. Era in pratica un satellite delle potenze dell'Asse; il regime fu tollerante verso il cattolicesimo, ma a patto di averne la collaborazione contro i partigiani serbi; si rese responsabile dell'eccidio di circa duecentomila croati ortodossi, serbi ed ebrei, e si dice che gran parte del clero cattolico abbia partecipato ai "pogrom" ed estorto conversioni. Stepinac si oppose alla collaborazione, però permise ai preti di accogliere le conversioni di chi era in pericolo di vita, rimarcando filosoficamente che «passato il tempo della follia e della barbarie» solo le persone convinte sarebbero rimaste mentre le altre sarebbero tornate alla loro antica fede. Come la maggioranza dei croati, Stepinac aveva inizialmente accettato il regime ustascia. In una lettera a Pio XII (1937-1958) difese quelle che riteneva misure positive del regime(quantunque questa sia apparsa ad alcuni commentatori solo una mossa diplomatica), ma quando seppe di certi crimini, espresse le proprie critiche, e nel 1942 divenne il più acceso oppositore del regime. In aprile, quando vennero applicate alcune leggi razziali, inviò alle autorità una nota di protesta e il 25 ottobre, nella cattedrale di Zagabria, dichiarò pubblicamente; «Ciascun membro di qualunque nazione o razza della terra ha diritto a una esistenza degna dell'uomo. Ognuno, senza differenze, sia zingaro, nero, ebreo o ariano, ha il diritto di dire "Padre nostro che sei nei cieli"». Nel 1943 fu ancora più esplicito: «Tutti predichiamo i santi princìpi della legge di Dio, senza distinzione fra croati, serbi, ebrei, zingari, cattolici, ortodossi» e condannò i bombardamenti di Zagabria sui civili, riferendo a Roma sulle atrocità perpetrate da nazisti, fascisti, cetnici serbi, ustascia croati e comunisti. Insieme ad altre personalità cattoliche, però, fu tacciato di complicità riguardo ai crimini commessi dagli ustascia, e a fine guerra, nel 1945, truppe partigiane distrussero chiese e monasteri, uccidendo oltre duecento preti. Quando la Croazia cadde sotto il regime comunista come parte della Repubblica popolare jugoslava, l'arcivescovo Stepinac fu arrestato, ma rilasciato poche settimane dopo. Da un incontro con il presidente Tito, intuì che questi volesse in Croazia una Chiesa nazionale separata da Roma, pur limitandosi a chiedere di dissociare i vescovi croati da certi aspetti della politica vaticana. Vero o no, Stepinac rifiutò ogni tipo di compromesso e, in una lettera pastorale, descrisse dettagliatamente le persecuzioni subite dalla Chiesa in Jugoslavia. Riguardo al comunismo, sia lui che il card. Mindszenty di Ungheria fondavano le loro vedute sull'enciclica di Pio XI Divini Redemploris, che già prima della guerra condannava questa ideologia «intrinsecamente iniqua». Non era sperabile che i regimi comunisti o socialisti del dopoguerra potessero costruire una società più equa. Secondo Pio XII la Chiesa doveva solo «compattarsi dietro ai propri martiri» (Luxmore). Tale concetto raggiunse la sua estrema formulazione nel successivo decreto che scomunicava tutti i comunisti, negando i sacramenti a quei cattolici che li aiutavano in qualsiasi forma. Per convinzione o per obbedienza, Stepinac e Mindszenty si attennero a questa linea di condotta, mentre in Polonia il card. Wyszyn' sky cercava di instaurare posizioni più concilianti. Nel novembre 1945 Stepinac fu aggredito a sassate presso Zagabria e da allora non si allontanò più dall'arcivescovado. Nel gennaio 1946 le autorità chiesero a un inviato papale di rimuoverlo da Zagabria. In settembre fu di nuovo arrestato e processato con l'accusa di complicità nei crimini commessi dal governo durante la guerra. Dopo un finto processo, fu condannato a sedici anni di lavori forzati e privato dei diritti civili per cinque, quantunque egli si aspettasse una sentenza capitale. Internato a Lepoglava, i suoi carcerieri non osarono costringerlo al lavoro, ma tentarono di avvelenarlo lentamente. Per le sue gravi condizioni di salute fu poi trasferito al proprio paese natale, Krasic, dove rimase agli arresti domiciliari in un vecchio rettorato, fino alla morte avvenuta il 10 febbraio 1960. Nel 1953, quando era stato elevato al rango di cardinale, i rapporti tra il presidente Tito e il Vaticano si erano deteriorati, causando l'espulsione del nunzio apostolico. Stepinac, inoltre, non aveva partecipato al conclave dopo la morte di Pio XII, temendo che poi gli si negasse il ritorno in Jugoslavia, dove era determinato a restare a ogni costo. Dopo la sua morte, le acque si andarono placando. e un accordo del 1966 con la Santa Sede sancì la libertà della Chiesa, la quale garantì fedeltà alla Jugoslavia. A Stepinac, dopo la morte, furono asportate e bruciate le viscere, ma al momento dell'esumazione, nel 1996, sono state riscontrate tracce di veleno nelle ossa, e questo ha agevolato il riconoscimento del martirio. E stato beatificato il 3 ottobre 1998 da Giovanni Paolo II a Marija Bistrica, dopo un processo canonico definito difficile. Il pontefice nell'occasione espresse la speranza che potessero essere superati i retaggi fascista e comunista, affinché «questa parte di Europa non veda mai più il ripetersi delle situazioni disumane che abbiamo visto ripetutamente in questo secolo, e la tragica esperienza dell'ultima guerra sia di monito per illuminare le menti, aumentando la volontà di dialogo e di collaborazione». La causa di Stepinac è stata difesa dal coordinamento delle associazioni civiche ebree in Croazia, che rilasciò una dichiarazione in cui si diceva che: «Gli ebrei di Croazia sono grati al card. Stepinac per aver salvato molti di loro durante il regime ustascia nello stato indipendente di Croazia», dichiarandosi favorevoli alla beatificazione. Il card. Minig, arcivescovo emerito di Vienna (che si salvò miracolosamente in uno scontro d'auto mentre andava alla cerimonia di beatificazione), ha definito Stepinac un patriota ma non un nazionalista, e persona che l'aveva «profondamente colpito» per il contegno tenuto durante il processo e gli arresti domiciliaci. Lettone il testamento, lo giudicò «un testo senza acredine, scritto nella piena consapevolezza che, come cristiano e vescovo, quello era il sentiero da percorrere per la fede e per la Chiesa». Delle migliaia di lettere che scrisse a vescovi, sacerdoti e laici durante la prigionia, ne restano circa settecento. Sono prova di una fede incrollabile e del perdono verso i suoi persecutori. Tuttavia, come nel caso del card. Schuster di Milano (30 ago.), vi sono molti che mantengono un parere differente sul suo operato politico, e la sua beatificazione è destinata a rimanere controversa. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella cittadina di Krasi vicino a Zagabria in Croazia, beato Luigi Stepinac, vescovo di Zagabria, che con coraggio si oppose a dottrine che negavano tanto la fede quanto la dignità umana, finché, messo a lungo in carcere per la sua fedeltà alla Chiesa, colpito dalla malattia e consunto dalle privazioni, portò a termine il suo insigne episcopato.

nome San Guglielmo di Malavalle- titolo Eremita- nascita XII secolo, Castiglione della Pescaia, Grosseto- morte 10 febbraio 1157, Castiglione della Pescaia, Grosetto- ricorrenza 10 febbraio, 16 ottobre- Canonizzazione 1202 papa Innocenzo III- Patrono di Castiglione della Pescaia, Buriano, Vetulonia, Nicola e Tirli- Mancano i particolari della prima parte della vita di Guglielmo: pare fosse un soldato francese pentitosi della sua vita dissoluta e recatosi in pellegrinaggio a Roma per chiedere a papa Eugenio III (1145-1153; 8 lug.) di imporgli una penitenza. Forse questo periodo della sua vita è stata deliberatamente cancellata dai documenti, forse si è perduto, ma in un modo o nell'altro non ci è dato di sapere se fu veramente una vita dissoluta o se più semplicemente Guglielmo si fosse stancato della vita militare e di tutto ciò che essa comportava. Eugenio gli ordinò di compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme; Guglielmo, non soddisfatto, trascorse i successivi otto anni compiendo ulteriori pellegrinaggi. Stabilitosi quindi in Toscana nel 1153, tentò di condurvi una vita eremitica, ma la sua fama di santità gli attirava continuamente novizie discepoli, per cui si persuase ad assumere la guida di un monastero nei pressi di Pisa. Trovando però intollerabile la rilassatezza dei costumi dei monaci, fuggì sul vicino monte Pruno. Altri discepoli lo raggiunsero anche lì, dimostrandosi però non troppo migliori dei monaci; spinto a fuggire una volta ancora, trovò rifugio in una landa desolata vicino a Siena, una remota e solitaria vallata, chiamata in latino Stabulum Rhodis ma nella lingua vernacolare "Malavalle". Qui Guglielmo si stabilì nel 1155, vivendo dapprima in una grotta o in una fossa nel terreno; il signore locale di Buriano gli fece poi costruire una cella. Visse da solo cibandosi di radici ed erbe per un anno, quando si unì a lui un discepolo di nome Alberto, successivamente biografo degli ultimi tredici mesi di vita del santo. Le sue penitenze e austerità erano straordinarie, al di là della possibilità di imitazione da parte del compagno, ma se Alberto non le uguagliò almeno le descrisse, tramandandoci così notizia dei cilici, delle preghiere e dello spirito di contemplazione e mortificazione del santo. Anche un medico, di nome Rinaldo, si unì a loro poco prima che Guglielmo morisse e insieme ad Alberto ne seppellì il corpo in giardino; altri si unirono a loro e col tempo sulla tomba venne edificata una cappella. A questa fu in seguito annesso un eremo, mentre la comunità cresceva: i suoi membri presero il nome di guglielmiti, o eremiti di S. Guglielmo, si diffusero in altre parti dell'Italia, in Francia, nelle Fiandre e in Germania e successivamente in molti si unirono ai frati eremiti di S. Agostino. Papa Gregorio IX (1227-1241) ne moderò la regola e unì i rimanenti ai benedettini. Il permesso di celebrare la memoria liturgica di Guglielmo fu rinnovato da papa Innocenzo III nel 1202 e mai più revocato. Le sue reliquie furono poi disperse durante le guerre tra le cittàstato di Siena e Grosseto. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella grotta di Stabulum Rhodis presso Grosseto, san Guglielmo, eremita di Malavalle, dal cui modello sorsero molte comunità di eremiti.

nome Beata Chiara da Rimini- titolo Monaca Clarissa- nome di battesimo Chiara Agolanti- nascita 1280, Rimini- morte 1326, Rimini- ricorrenza 10 febbraio- Santuario principale Chiesa di Santa Maria, Corpolò- Si può ben dire che Chiara Agolanti rappresenti l'eccesso penitenziale che caratterizzò gli sviluppi della devotio moderna nel tardo Medio Evo, ossessivamente centrata sui particolari fisici dell'imitazione di Cristo. Poiché il suo culto fu confermato ancora nel 1784, quando Alban Butler stava componendo l'edizione originaria di Lives of the Saints, la venerazione per la beata deve essere stata notevole. B.T.A. tuttavia le dedica uno dei commenti più prudenti, per non dire critici, dell'opera: «È importante ricordare che l'autorità e l'approvazione della Chiesa non sono in nessun modo coinvolte in stravaganze simili a quelle che troviamo nella Vita della B. Chiara da Rimini ed è estremamente improbabile oggi che la proposta di una tale causa di beatificazione possa superare con successo le prove richieste. Ella è "beata" in virtù del fatto che dalla sua morte in avanti pare sia stata venerata localmente a Rimini [...]. Dobbiamo tenere a mente [...] che i criteri di valutazione sono molto mutati rispetto al XIV secolo». Tali parametri sono cambiati ancora da quando sono state scritte queste parole ed è oggi possibile vedere la storia di Chiara da Rimini sotto una luce diversa: la vicenda di una donna che fu portata a colpevolizzarsi per gli eccessi giovanili come non sarebbe mai accaduto a un uomo. Descritta come una giovane donna benestante, due volte maritata, Chiara condusse una vita mondana fino alla conversione legata a una visione della Vergine Maria. Entrata nel Terz'ordine di S. Francesco, le fu concesso dal secondo marito di vivere in castità e preghiera e dopo la morte di quest'ultimo Chiara si sottopose a dure mortificazioni. In Quaresima viveva in una cavità scavata nelle mura della città; il Venerdì Santo si faceva trascinare lungo le strade con una fune intorno al collo a imitazione di Gesù sulla via del Calvario. Per poco addirittura non morì per aver cercato di prolungare eccessivamente l'esperienza della sete di Gesù sulla croce. Negli ultimi anni di vita diventò cieca e trascorse gli ultimi mesi in una specie di coma, dal quale emerse incapace di parlare. Le sue opere però mostrano che la beata non imparò solo a punire se stessa, ma anche ad aiutare gli altri. Accudì il fratello esiliato e molti altri; aiutò alcune clarisse in fuga a stabilirsi a Rimini, trasportando per loro legna come un servo (esse la misero sotto chiave per impedirle di fare ritorno alla sua cavità nelle mura). Giunse a vendersi come schiava per riscattare un uomo a cui stavano per tagliare una mano: il magistrato, mosso a pietà dal suo gesto, perdonò l'uomo. Fece anche costruire un convento per le sue discepole. Le sue reliquie sono conservate nella chiesa del suo convento a Rimini. MARTIROLOGIO ROMANO. A Rimini, beata Chiara, vedova, che espiò con la penitenza, la mortificazione della carne e i digiuni la precedente vita dissoluta e, radunate delle compagne in un monastero, servì il Signore in spirito di umiltà.

nome Beata Eusebia Palomino Yenes- titolo Religiosa- nascita 15 dicembre 1899, Cantalpino, Spagna- morte 10 febbraio 1933, Valverde del Camino, Spagna- ricorrenza 10 febbraio-Beatificazione 25 aprile 2004 da papa Giovanni Paolo II- Eusebia nacque a Cantalpino in Spagna, da una famiglia di contadini molto povera. Fin da giovanissima accompagnava il padre, nei momenti di scarsità, a chiedere l'elemosina nei paesi circostanti. Dovette abbandonare la scuola e andare a lavorare per aiutare la sua famiglia, prendendosi cura di altri bambini. All'età di 12 anni andò a Salamanca con una sorella e iniziò a lavorare come bambinaia. Lavorò anche nel servizio domestico delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Qui sentì una vocazione religiosa ma non chiese alle suore il perché credendo di essere indegna a causa della sua povertà, ma due anni dopo, nel 1924, riuscì a entrare come suora salesiana. Svolse il suo apostolato a Valverde del Camino, un piccolo paese situato nella zona mineraria dell'Andalusia al confine con il Portogallo. Le ragazze a scuola non l'accolsero perché era piccola, pallida, non carina, con le mani grosse e anche un brutto nome. Qui lavorò in cucina, in portineria, in lavanderia, nella cura del piccolo giardino e nell'assistenza delle ragazze dell'oratorio festivo, alle quali raccontò la vita dei santi e che fecero loro una grande impressione. Aveva una grande devozione all'Eucaristia e alla Vergine Maria, e come santa Faustina Kowalska aveva una grande devozione all'Amore misericordioso. Nel 1931, prevedendo la guerra civile spagnola, si offrì come vittima al Signore, che la chiamò dopo una lunga malattia a Valverde del Camino; iniziò a soffrire di asma in condizioni intollerabili, oltre ad altre malattie che giravano in quei tempi in Spagna. Ebbe diverse visioni profetiche come il martirio della sua superiora, la beata Maria del Carmen Moreno Benítez. Quando morì a Valverde, tutta la popolazione partecipò ai funerali, ripetendo: "È morta una santa". È stata beatificata il 25 aprile 2004 da Giovanni Paolo II. MARTIROLOGIO ROMANO. A Valverde del Camino presso Huelva nell’Andalusia in Spagna, beata Eusebia Palomino Yenes, vergine dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che offrendo un insigne esempio di umiltà, senza alcuna ostentazione, ma con spirito di abnegazione raggiunse nei lavori più umili i vertici della grazia.

nome Santi Zótico e Amanzio- titolo Martiri di Roma- ricorrenza 10 febbraio- I martiri che oggi celebriamo mancano di indicazioni precise. Furono martirizzati a Roma, tra il II e il IV secolo, probabilmente sotto l'imperatore Diocleziano, e furono sepolti sulla Via Labicana. Chi fossero veramente, non si sa, su di loro non c'è la "Passio", anche se dall'VIII secolo sono considerati semplici fedeli. Un errore nella traduzione della notizia del Martirologio Geronimiano fece ritenere, erroneamente, che si trattasse di soldati (milites), poiché nell'indicazione si legge: «Via Labicana mille. X hirene ", dove "mille" va inteso come abbreviazione di «pietra miliare», marcatore di distanza, vale a dire che i loro corpi furono sepolti all'altezza della 10° pietra miliare di Via Labicana e quindi si pensò che fosse un gruppo di 10 soldati martirizzati in Roma e sepolto in via Labinaca. Ora, i dettagli di dove furono sepolti sono diversi nelle diverse martirologie e codici. Alcune fonti parlano di quattro martiri: Zotico, Ireneo, Jacinto e Amancio; ma altri li separano in gruppi. Il martirologio oggi celebra oggi Zotico e Amancio, mentre Giacinto il 4 agosto. La nuova distribuzione del gruppo è dovuta al fatto che gli studi più recenti hanno concluso che i martiri furono sepolti in due diversi cimiteri situati nella stessa Via Labicana, Zotico e Amancio nel decimo miliario, Jacinto, forse nel quattordicesimo miliario. Papa Pasquale I (817-824) trasportò i loro corpi dai cimiteri di Via Labicana alla restaurata Santa Práxedes a Roma. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma sulla via Labicana al decimo miglio, santi Zótico e Amanzio, martiri.

nome Santa Austreberta- titolo Badessa di Pavilly- nascita 630 circa, Marconne, Francia-morte 704 circa, Francia- ricorrenza 10 febbraio- Canonizzazione pre-canonizzazione- Attributi lupo, abito monacale- Austreberta era figlia del conte palatino Badefrido, uno degli uomini più in vista nella corte del re Dagoberto, e di S. Frameilde (che non è più commemorata). Una tradizione antica narra che da bambina ella vide in uno specchio d'acqua il suo riflesso con un velo sopra al capo e che quando il padre le combinò un matrimonio Austreberta sia fuggita in cerca di S. Omer (t 670; 9 set.), vescovo di Thérouanne (vicino al suo luogo di nascita), che la vestì dell'abito religioso. Secondo il nuovo Martirologio Romano, invece, Austreberta ricevette il velo da S. Filiberto (t ca. 685; 20 ago.), abate del celebre monastero di Jumièges (nei pressi di Rouen) fondato da S. Audoenus (t 684; 24 ago.), e qui rimase come monaca. La Vita più antica, comunque, sostiene che il padre alla fine le accordò il permesso di entrare nel monastero di Port (ora Abbeville) sul fiume Somme, dove la sua religiosità e l'atteggiamento cordiale conquistarono tutti i cuori e subito diedero vita a racconti di miracoli. Austreberta divenne badessa di Port e fu convinta da S. Filiberto a rilevare il monastero di Pavilly, fondato da un certo Amalberto, che vi aveva collocato la figlia Aurea. La santa, trovando le monache prive di disciplina, cercò d'imporre una regola più severa ma esse si ribellarono denunciandola ad Amalberto con false accuse. Egli minacciò Austreberta con la spada ma quando, piegando con calma il collo, ella si disse pronta a ricevere il colpo, egli tornò in sé e le permise di governare le monache nel modo che riteneva più idoneo. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Rouen in Neustria, oggi in Francia, sant’Austreberta, vergine e badessa, che resse santamente il monastero di Pavilly da poco fondato da sant’Audoeno vescovo.

nome Beato Ugo di Fosses- titolo Abate- nascita 1093 circa, Fosses-la-Ville, Belgio- morte 10 febbraio 1164, Prémontré, Francia- ricorrenza 10 febbraio- Beatificazione 13 luglio 1927 da papa Pio XI- Nato a Fosses-la-Ville, tra Charleroi e Namur, a sud est di Bruxelles nell'odierno Belgio, e rimasto orfano in giovane età, Ugo crebbe nella vicina comunità benedettina, entrando in seguito a servizio del vescovo Burcardo di Cambrai. Questi era amico di S. Norberto (6 giu.), il futuro fondatore dell'ordine premostratensc, allora predicatore itinerante, che vagava scalzo e vestito come un penitente. Ugo era in compagnia del vescovo quando un giorno si imbatterono inaspettatamente in Norberto e ne fu talmente affascinato da chiedere di poter diventare il suo primo discepolo; fu accettato. Nel 1119 (a quel tempo Ugo era già stato ordinato prete) i due intrapresero una missione apostolica nelle province di Hainaut e di Brabante. Il vescovo di Laon chiese a Norberto di iniziare la riforma di una comunità di canonici regolari: ciò portò in seguito alla fondazione di un monastero a Prémontré (allora luogo deserto nella diocesi) e poi di altri ancora, e alla stesura di una regola religiosa in gran parte opera di Ugo. Poiché Norberto doveva spesso assentarsi per vari incarichi apostolici, l'amministrazione della casamadre fu affidata progressivamente a Ugo. Nel 1126 Norberto, eletto arcivescovo di Magdeburgo, fu costretto ad allontanarsi ancor più spesso per missioni politiche e religiose e due anni dopo Ugo fu eletto all'unanimità abate e superiore generale: avendo governato l'ordine per i successivi trentacinque anni, può a ragione esserne considerato il secondo fondatore. Al termine della sua amministrazione si contavano più di cento fondazioni di "canonici bianchi" (termine con cui i premostratensi divennero noti). Pare che il suo governo abbia conosciuto un continuo successo nonostante una certa astiosità e intolleranza di carattere che lo contraddistinsero: una volta Ugo si lamentò con S. Bernardo di Clairvaux (20 ago.) in termini tali da provocare una risposta di quest'ultimo — egli stesso poco paziente e tollerante —davvero veemente; questa lettera è tuttora esistente mentre non abbiamo la replica di Ugo (se mai ci fu). Ugo morì il 10 febbraio 1164 e fu seppellito di fronte all'altare di S. Andrea nella chiesa di Prémontré. Nel 1279 le sue reliquie furono traslate vicino all'altare maggiore. Durante la prima guerra mondiale la chiesa subì un incendio, ma le sue reliquie si sono salvate. Anche se non fu mai formalmente beatificato, il suo culto nell'ordine crebbe fino a ottenere conferma ufficiale dalla Santa Sede nel 1927. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero premostratense di Fosses vicino a Namur in Lotaringia, nell’odierno Belgio, beato Ugo, abate, a cui il maestro san Norberto, divenuto vescovo di Magdeburgo, affidò la rifondazione dell’Ordine, che egli resse con grande saggezza per trentacinque anni.

+7 punti
1 commento

@eliminato

un anno fa

sbocco

-1 punto