@Vitupero
I santi di oggi 4 novembre:
nome San Carlo Borromeo- titolo
Cardinale di Santa Romana Chiesa, Vescovo- nome di battesimo Carlo Borromeo- nascita 2 ottobre 1538, Arona, Novara- Ordinato diacono 21 dicembre 1560- Ordinato presbitero 4 settembre 1563 dal cardinale Federico Cesi- Consacrato vescovo 7 dicembre 1563 dal cardinale Giovanni Antonio Serbelloni- Elevato arcivescovo 12 maggio 1564 da papa Pio IV- Creato cardinale 31 gennaio 1560 da papa Pio IV- morte 3 novembre 1584, Milano- ricorrenza 4 novembre- Incarichi ricoperti Segretario dei Memoriali (1559-1560), Abate commendatario di Nonantola (1560-1564), Amministratore apostolico di Milano (1560-1564), Cardinale diacono dei Santi Vito e Modesto in Macello Martiri (1560), Legato apostolico di Bologna (1560-1566), Legato apostolico di Romagna (1560-1570), Cardinale diacono e presbitero dei Santi Silvestro e Martino ai Monti (1560-1564), Arcivescovo metropolita di Milano (1564-1584), Arciprete della Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore (1564-1584), Prefetto della Congregazione del Concilio (1564-1565), Cardinale presbitero di Santa Prassede (1564-1584), Penitenziere Maggiore (1565-1572), Camerlengo del Collegio Cardinalizio (1575-1576)- Canonizzazione 1º novembre 1610 da papa Paolo V- Attributi Bastone pastorale, mitra, pallio, libro, teschio- Patrono di Lombardia, Acquarica del Capo, São Carlos, catechisti, vescovi, fabbricanti d'amido- S. Carlo, fulgida gloria della Chiesa, nacque ad Arona sul Lago Maggiore il giorno 2 ottobre 1538 dal conte Gilberto Borromeo e Margherita de' Medici nella stanza detta all'epoca "dei Tre Laghi" e oggi detta "di San Carlo" in suo onore. Venne battezzato poco dopo nella chiesa parrocchiale di Arona. Dopo i primi studi, fu inviato all'Università di Pavia per il diritto; qui gli giunse notizia che un suo zio materno, il cardinal de' Medici, era stato fatto Papa col nome di Pio IV. Dobbiamo riconoscere che egli cedette alquanto alle consuetudini mondane del suo secolo; ma la morte del fratello Federico gli mostrò la vanità delle cose umane, ed egli docile alla voce di Dio riformò completamente se stesso e i suoi familiari, dandosi ad una vita austera e penitente. Poco più che ventenne fu creato cardinal segretario del Papa ed in seguito fatto arcivescovo di Milano. Come segretario lavorò con zelo indefesso per il Concilio di Trento, e poi per la pratica attuazione dei decreti di quel concilio. Morto Pio IV, suo zio, S. Carlo lasciò Roma per recarsi alla sua sede arcivescovile allora ridotta in tale stato da scoraggiare qualsiasi tentativo di riforma; ma l'Arcivescovo non indietreggiò. Con prudenza e con fortezza si diede ad abbattere e poi a riedificare. Pubblicò subito i decreti del Concilio di Trento, praticandoli egli per primo: eliminò dal suo palazzo ogni pompa secolaresca e vendette quanto aveva di superfluo, dandone il ricavato ai poveri. Sapeva che il mezzo migliore per riformare il popolo era quello di formare dei buoni sacerdoti, ed a questo scopo, seguendo le norme del concilio, fondò diversi seminari ed istituì la Congregazione degli Oblati. Infiammato dal suo zelo apostolico percorse più volte la sua vasta archidiocesi per le visite pastorali. Sarebbe certo suggestivo poterlo seguire nei suoi innumerevoli viaggi a Roma, in Piemonte, a Trento, nella Svizzera e dovunque vi fosse del bene da compiere. Visitava i più celebri santuari che incontrava sul suo cammino, lasciando ovunque segni di grande pietà. Però dove maggiormente rifulsero la sua carità e il suo zelo, fu nella terribile peste scoppiata a Milano, mentre egli si trovava in visita pastorale nel 1572. Tutti i personaggi più distinti fuggivano terrorizzati: San Carlo invece, tornato prontamente in città, organizzò l'assistenza agli appestati, il soccorso ai poveri, l'aiuto ai moribondi, dappertutto era il primo, ovunque dava l'esempio. Per invocare poi l'aiuto divino, indisse processioni di penitenza, alle quali partecipò a piedi scalzi e prescrisse preghiere e digiuni. Alla peste seguì la più grave miseria, e il santo prelato, dopo aver dato quanto possedeva, vendette i mobili dell'arcivescovado, contraendo anche forti debiti. Nell'ottobre 1584 si ritirò sul monte Varallo per un corso di esercizi spirituali. Ivi s'ammalò e trasportato a Milano spirò il giorno 3 novembre.
PRATICA. Riconosciamo nei sacerdoti, e specialmente nei vescovi, il diritto di pascere le anime e condurre i popoli a Dio, e siamo docili alle loro direttive.
PREGHIERA. Custodisci, o Signore, la tua Chiesa colla continua protezione di S. Carlo, confessore e vescovo, sicchè, come la sollecitudine pastorale lo rese glorioso, così la sua intercessione ci renda sempre fervorosi nel tuo servizio.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Carlo Borromeo, vescovo, che, fatto cardinale da suo zio il papa Pio IV ed eletto vescovo di Milano, fu in questa sede vero pastore attento alle necessità della Chiesa del suo tempo: indisse sinodi e istituì seminari per provvedere alla formazione del clero, visitò più volte tutto il suo gregge per incoraggiare la crescita della vita cristiana ed emanò molti decreti in ordine alla salvezza delle anime. Passò alla patria celeste il giorno precedente a questo.
nome Santi Vitale e Agricola- titolo Protomartiri bolognesi- ricorrenza 4 novembre- Attributi palma del martirio- Vitale ed Agricola subirono il martirio nella persecuzione di Diocleziano e Massimiano. S. Agricola, gentiluomo della città di Bologna, faceva pubblicamente professione della Religione e pietà cristiana in mezzo ai pagani, ma era sì grande la sua virtù e la bontà del suo cuore, che lo portava a fare dcl bene a tutti, che si era conciliato la stima e l'amore degli stessi infedeli. Egli ammaestrò nella religione un suo schiavo al quale aveva donato la libertà, di nome Vitale e questo riguardando nel suo padrone la persona di Cristo lo serviva con la più grande fedeltà, così servendo ambedue Iddio loro comune Signore, in ispirito e verità, si aiutavano scambievolmente nella pratica delle opere buone e si animavano a camminare per la strada dei precetti evangelici. Vitale fu il primo a confessare la fede di Gesù Cristo e precedette il suo padrone nella gloria del martirio, come se, al dire di S. Ambrogio, fosse andato avanti a preparargli il posto in Paradiso. Catturato e condotto innanzi al tiranno, non volle in nessun modo bruciare l'incenso avanti agli idoli; fu pertanto messo alla tortura, né vi fu membro del suo corpo che non ne restasse piagato. Ma egli si mantenne sempre forte e costante nel confessare il nome di Gesù Cristo, il quale si degnò di confortarlo colla sua grazia e per ministero di un Angelo gli mostrò la corona che gli stava già preparando. Però prima di spirare fece questa orazione: « Signore mio Gesù Cristo, mio Salvatore e mio Dio, comandale che il mio spirito venga a voi come io desidero, e riceva la corona, che il Vostro Angelo mi ha mostrato ». Così dicendo se ne volò al Cielo. I persecutori speravano di aver atterrito Agricola col supplizio del suo servo e credevano così che avrebbero potuto facilmente piegarlo ai loro voleri, di rinnegare cioè Cristo e di adorare le divinità dell'impero: per questo differirono di alcuni giorni il suo interrogatorio. Frattanto con una amorevolezza peggiore, come dice S. Ambrogio, del più raffinato odio, andavano esortando Agricola ad obbedire agli editti imperiali. Così avrebbe salvata la vita, il suo onore innanzi al mondo ed i suoi beni. Ma i loro calcoli erano del tutto errati; il santo invece di sentirsi atterrito e scosso nella sua fede aveva, attirato dall'esempio di Vitale, maggior fervore nella pratica della religione di Cristo e provava una santa impazienza di riunirsi al suo fedele servo in Paradiso. Se ne accorsero ben subito fin dal principio del processo, quando Agricola, professando ad alta voce la sua incrollabile fede in Cristo, dichiarò apertamente che nessuna forza e prepotenza di tiranni l'avrebbero piegato ad adorare le false divinità che non erano altro che le immagini di satana. I magistrati ed il popolo, udendolo parlare così con tanta fortezza, montarono su tutte le furie: fu condannato a morire crocifisso ed il suo corpo venne forato da una quantità sì grande di chiodi che in esso più assai erano le parti piagate che non quelle rimaste illese. Ciò avvenne circa l'anno 304. I due martiri furono sepolti a Bologna nel luogo dove si sotterrano gli ebrei. S. Ambrogio nel 393 si recò a Bologna per sottrarsi alle armi del tiranno Eugenio. Racconta S. Paolo nella vita di questo Santo che Dio rivelò il sepolcro dei martiri Vitale ed Agricola al Vescovo. A quale Vescovo ? A quello locale o a quello di Milano, il quale dice di essere stato semplicemente invitato alla festa ? Dal testo del biografo di S. Ambrogio non risulta chiaro. Ad ogni modo l'intervento del santo Vescovo milanese contribuì certo a dare maggiore celebrità a quella traslazione di martiri. S. Ambrogio stesso prese un po' di sangue che rimaneva ancora, in fondo alla tomba colla croce ed i chiodi, che erano stati gli strumenti del martirio di Agricola. Essendosi poi egli recato a Firenze per la consacrazione di una chiesa che vi aveva fatto fabbricare Giuliana vedova di Fiorenza, vi depose subito alcune reliquie dei due Santi bolognesi nuovamente scoperti. Roma dapprima celebrava S. Vitale il 29 di aprile, giorno indicato pure nel Gerominiano: Bononiae Vitalis. L'odierna festa di ambedue i martiri manca perciò negli antichi Sacramentari ed è stata introdotta solo più tardi nella liturgia romana, quando cioè Vitale, venne sdoppiato e, contro la testimonianza di S. Pietro Grisologo, fu ottenuto un Vitale a Ravenna ed un altro martirizzato insieme con Agricola anche alla rivale Bologna. PRATICA. Per meritare l'intercessione di questi due Santi nel presente mese, procurate, a loro esempio, di camminare per la strada de' precetti evangelici, e servire Iddio in ispirito e verità PREGHIERA. Tutti sono una stessa cosa al divino cospetto, e ognuno riceverà lode o biasimo, premio o pena secondo le opere che avrà fatte. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, santi Vitale e Agricola, martiri, dei quali, secondo quanto racconta sant’Ambrogio, il primo fu dapprima schiavo dell’altro, poi compagno di martirio: Vitale, infatti, patì tali tormenti da non esserci più parte del suo corpo senza ferita; Agricola, per nulla atterrito dal supplizio del suo schiavo, lo imitò nel martirio subendo la crocifissione.
nome Beata Elena Enselmini- titolo Monaca- nome di battesimo Elena Enselmini- nascita 1207 circa, Padova- morte 1231 circa, Padova- ricorrenza 4 novembre- Beatificazione 1695- Santuario principale Santuario dell'Arcella, Padova- Figlia della nobile famiglia degli Enselmini di Padova all'età di 13 anni decise di entrare in un convento che ospitava, in due diverse abitazioni, le monache e i frati dell'Ordine di San Francesco, in una zona chiamata "Ara Coeli" (l'attuale Arcella), ed fu lo stesso Santo Francesco di Assisi che le impose il velo. Sant'Antonio da Padova invece la ha preparò teologicamente e moralmente. Per sei anni la sua esperienza come Chiara Povera fu luminosa e gioiosa, nonostante il rigore della regola. Ma all'età di 20 anni, sorsero gli anni dell'oscurità, anche in senso fisico, con malattie che la lasciavano afasica; ma era soprattutto l'oscurità dell'anima che misero alla prova nel dubbio e nell'aridità spirituale. Era tentata di credere che fosse tutto inutile; che la salvezza eterna gli sarebbe sempre stata negata. Ma nei momenti di maggior disorientamento intimo, abbracciò la fede e l'obbedienza ai superiori. Con la tenacia di una volontà ben temperata, poté trovare la pace e la certezza guidata dalla Provvidenza verso un destino migliore. La sua malattia (diventò cieca e sorda) le permise di comunicare solo con i segni dell'alfabeto, e così poté esprimere le sue visioni mistiche. Un giorno vide in Paradiso numerose anime di religiosi che vivevano in comunità, e questo la sorprese, perché pensava che fossero le penitenze a farci raggiungere il Cielo, invece le fu rivelato che era l'obbedienza e l'esercizio della penitenza erano l'unico mezzo per raggiungere il regno dei cieli. Con un colorito aggraziato e malaticcio, negli ultimi quindici mesi di vita soffrì di febbri ripetute e rimase per tre mesi senza mangiare, bere o dire una parola. Il 4 ottobre 1231, rapita dall'estasi, vide i santi Francesco e Antonio mentre cantavano le lodi del Signore. Insomma, "paradiso in terra", fino al 4 novembre, quando morì, a 24 anni. Si può dire che il suo corpo abbia subito un naturale processo di mummificazione alla morte e sia rimasto intatto, e le manifestazioni di fervore furono esagerate, ma rivelarono la spontaneità di una devozione popolare a questa illustre Clarissa. La sua salma, per caso fortuito, fu riposta in un'urna e custodita nella chiesetta del monastero, fino all'anno 1509, quando fu trasferita nella chiesa di Santa Maria degli Armeni, poi chiamata quella della Beata Elena. E, dal 1810, fu trasferito in quello di Santa Sofia, dove rimase fino al 23 maggio 1958, quando fu restituito alla chiesa dell'Arcella. Fu beatificata da Innocenzo XII il 29 ottobre 1695.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Padova, beata Elena Enselmini, vergine dell’Ordine delle Clarisse, che sopportò con mirabile pazienza infinite sofferenze e perfino la perdita della parola.
nome San Felice di Valois- titolo Religioso Eremita- nascita 1127, Valois, Francia- morte 1212, Cerfroi, Francia- ricorrenza 4 novembre, 20 novembre messa tridentina- Beatificazione 21 ottobre 1666 da papa Alessandro VII- Canonizzazione da papa Innocenzo XI- Nacque nella contea di Valois, in Francia. La sua leggenda afferma che fosse di sangue reale, anche se oggi si sa che il suo cognome è più in linea con il suo luogo di nascita, che con la famiglia reale dei Valois. Si distinse per il suo amore per i poveri. Visse per qualche tempo con i monaci di Clairvaux. Si arruolò nella crociata predicata da San Bernardo. Poi, deluso, si ritirò nella solitudine di un eremo a Cerfroid, diocesi di Meaux. In solitudine, Felix e San Giovanni de Matha si incontrarono, spinti dall'ideale della fondazione dell'Ordine della Santissima Trinità, un Ordine religioso fondato con lo scopo di salvare gli schiavi cristiani in mano ai turchi. Nel 1194 a Cerfroid fu fondata la prima casa del nuovo Ordine. Marciarono per Roma. Papa Innocenzo III approvò e incoraggiò i loro progetti nel 1198 quando scrissero la regola. L'idea era allettante e molti si arruolarono nel nuovo Ordine dei Trinitari. Raccolsero denaro per riscattare gli schiavi. San Giovanni de Matha portò la responsabilità e Felix contribuì con la disponibilità e la sua lunga vita di preghiera insieme alla pratica dell'osservanza della regola.<br /> Felice fu nominato ministro di Marsiglia nel 1208. Ogni Morì a Cerfroid. La sua beatificazione, nel XVII secolo, fece diventare di moda chiamarsi Felice, nome che andò in disuso. La sua canonizzazione avvenne a causa del culto popolare che gli fu offerto, non a causa dei miracoli che avrebbe potuto fare. MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Cerfroid nel territorio di Meaux in Francia, san Felice di Valois, che, dopo avere condotto per lungo tempo vita solitaria, si ritiene sia stato compagno di san Giovanni de Matha nel fondare l’Ordine della Santissima Trinità per la liberazione degli schiavi.
nome Beata Francesca D'Amboise- titolo Duchessa di Britannia- nascita 28 settembre 1427, Thouars, Francia- morte 4 novembre 1485, Nantes, Francia- ricorrenza 4 novembre- Beatificazione 16 luglio 1863 da papa Pio IX- Attributi saio, penna, libro, cetra, bastone pastorale- Non esiste nessuna biografia primitiva di Francesca (Frarmise), ma sono invece stati tramandati alcuni racconti avvincenti, pubblicati successivamente da Albert Le Grand di Morlaix e altri, che i bollandisti raccomandarono di non accettare troppo prontamente dal punto di vista storico. Una cosa è certa: nel 1431, quando Giovanni V, duca di Bretagna, organizzò il matrimonio fra la sua casata e quella di Thouars, Luigi d'Amboise mandò la figlia di quattro anni, Francesca, alla corte del duca perché fosse allevata. A quindici anni, Francesca sposò Pierre, secondo figlio di Giovanni V, che si rivelò un marito difficile: geloso, scontroso e talvolta violento. Francesca sopportò questa situazione senza lamentarsi, facendo il possibile per portare di nuovo la pace tra i membri della famiglia continuamente in lotta, riuscendo a migliorare alla fine, con la pazienza e con le preghiere, il carattere del marito. Nel 1450, quando quest'ultimo succedette al padre, approfittò della sua posizione per far del bene [fondò un convento di clarisse povere a Nantes, per esempio, s'interessò personalmente della canonizzazione di S. Vincenzo Ferrer (5 apr.) e spese notevoli somme di denaro a beneficio dei poveri e per altre opere di carità. La coppia non ebbe figli e, alla morte di Pierre nel 1457, i suoi successori furono consapevoli dell'influenza e della popolarità della giovane duchessa, che aveva solo trent'anni. Respingendo l'offerta di matrimonio di Luigi XI di Francia, si ritirò sempre più dalla vita pubblica per trascorrere il suo tempo con le clarisse povere a Nantes e successivamente con le carmelitane, che istituì e finanziò a Vannes nel 1463, con il sostegno e l'aiuto del priore dell'ordine, B. Giovanni Soreth (30 lug.).<br /> Grazie a Francesca, Giovanni Soreth riuscì a introdurre l'Ordine carmelitano in Francia, e per questo anche Francesca può essere definita fondatrice del ramo femminile dell'ordine. Come molte altre persone nella sua posizione, Francesca fu incapace di resistere completamente alla tentazione di interferire nelle questioni del convento da lei fondato; diversamente da molti, non esitò ad ammettere il suo errore: quando una volta trovò un confessore specifico per una delle monache senza consultare la priora e fu rimproverata, si scusò immediatamente e chiese una penitenza appropriata. Nel 1468, Francesca decise di diventare monaca e ricevette l'abito da Giovanni Soreth al convento di Vannes, dove dopo quattro anni di lavoro come infermiera, fu eletta priora a vita; quando il convento di Vannes divenne troppo piccolo, ne aprì un altro a Coutes, vicino a Nantes, dove morì nel 1485. Grazie alla sua bontà e ai miracoli che si dice siano avvenuti sulla tomba, Francesca fu rapidamente venerata come santa, sebbene il culto non fosse confermato fino al 1863, dopo che l'abate Fratnois Richard (successivamente arcivescovo di Parigi) sottopose il suo caso per la beatificazione, oltre a pubblicare una biografia in due volumi nel 1865.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel convento degli Scozzesi presso Nantes in Francia, beata Francesca di Amboise, che, duchessa di Britannia, fondò a Vannes in Francia un Carmelo femminile, nel quale poi, rimasta vedova, si ritirò come ancella di Cristo.
nome Sant'Emerico d'Ungheria- titolo Principe- nascita 1007 circa, Ungheria- morte 1031, Alba Regale, Ungheria- ricorrenza 4 novembre- Canonizzazione 1083- Attributi Armatura, corona, giglio- Anche se il nono centenario della morte dcl B. Emerico (Imre) è stato celebrato con una certa solennità in Ungheria nel 1931, sono stati tramandati pochi dettagli attendibili sulla sua vita.<br /> Secondo la Vita in latino tramandata, scritta circa un secolo dopo la sua morte, Emerico fu il figlio unico di S. Stefano, re d'Ungheria (16 ago.), che regnò dal 997 al 1038, e di Gisella, sorella di un altro santo, l'imperatore del sacro romano impero, Enrico II (13 lug.).<br /> Nacque tra il 1000 e il 1007 e fu educato da S. Gerardo Sagredo; a parte ciò, sappiamo solo che quando il successore di Enrico, Corrado 11 (1024-1039) propose che Emerico beneficiasse del suo progetto di espropriazione della diocesi di Bamberga, Stefano non glielo permise.<br /> L'ipotesi dell'autenticità dell'"istruzione" di Stefano al figlio è stata scartata, come l'affermazione che abbia rinunciato alla corona per il figlio, anche se sembra che abbia voluto affidargli almeno una parte dei suoi doveri. In ogni caso, prima di poter prendere provvedimenti in merito, Emerico morì giovane in un incidente di caccia e, appresa la notizia, Stefano affermò: «Dio lo amava, perciò l'ha preso con sé presto». Emerico fu seppellito nella chiesa di Székesfehérvàr, a sud ovest di Budapest, e gli vengono attribuiti molti miracoli avvenuti presso il suo sepolcro. Le reliquie furono poste a fianco di quelle del padre in un reliquario nel 1083, per ordine di papa Gregorio VII. Sebbene sia generalmente chiamato S. Emerico, compare come beatus nel Martirologio Romano. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Székesfehérvár in Pannonia, nell’odierna Ungheria, sant’Emerico o Enrico, figlio di santo Stefano re d’Ungheria, colto da morte prematura.
nome San Pierio- titolo Sacerdote- morte 309 circa, Roma- ricorrenza 4 novembre- Pierio fu a capo della scuola catechetica d'Alessandria nel momento in cui S. Theonas era vescovo di quella città, fu insegnante di S. Panfilo (1 giu.), un brillante studioso della Bibbia e difensore di Origene (ca. 183-252), martirizzato nel 309. Anche Pierio si distinse per il suo amore per il lavoro e per lo studio, e le sue omelie erano così popolari e istruttive, da essere noto come "l'Origene minore". È elogiato da Eusebio di Cesarea e da S. Girolamo (30 set.), e da quest'ultimo si apprende che sopravvisse alla persecuzione di Diocleziano (284-305), trascorrendo gli ultimi anni di vita a Roma. Altri parlano della sua temperanza e povertà, oltre che della qualità chiara, brillante e spontanea delle sue opere, ed esiste anche un lungo elogium di lui nel Martirologio Romano. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Pierio, sacerdote di Alessandria, che, insigne filosofo, ma ancor più illustre per l’integrità di vita e la volontaria povertà, istruì con cura il popolo nella Sacra Scrittura al tempo in cui Teona reggeva la Chiesa di Alessandria e, finita l’epoca delle persecuzioni, riposò a Roma nella pace.