@Carlous_Rex
Il Grande Gioco episodio 0: " Prologo"
Correva l'anno 1717 e sul trono dello zar di Russia si sedeva Pietro il Grande, uno degli uomini più celebri di sempre. Pietro aveva modernizzato la Russia sia dal punto di vista culturale che scientifico e militare, rendendola a pieno titolo una delle potenze europee. In quel periodo infuriava la grande guerra del nord: l'imperatore svedese Carlo XII era riuscito a battere la Danimarca e la Polonia ed a marciare nei territori russi, ma adesso veniva ricacciato a suon di sconfitte in Scandinavia. Nonostante il suo principale obiettivo era quello di sconfiggere il suo acerrimo rivale, lo zar era a conoscenza di un altro problema non meno importante: le casse dello Stato erano dilaniate da quasi due decenni di guerra contro gli svedesi. In particolare mancava l'oro. Ed è così che a Pietro gli venne in mente una regione desolata in cui pochi europei avevano messo piede fino ad allora: l'Asia Centrale. Durante il sedicesimo secolo, i russi si erano espansi in Siberia verso Est ma non si erano mai rivolti verso Sud. Tuttavia, qualche anno prima il khan di Chiva, uno dei principali regni in quella regione, aveva offerto a Pietro di aiutarlo a sedare le rivolte nel proprio Paese; in cambio, egli si sarebbe offerto come vassallo ai russi. Lo zar aveva lasciato cadere l'invito ma adesso la situazione era cambiata. La presa di Chiva non solo avrebbe aiutato i russi ad affrontare i loro problemi economici, dato che in quella regione abbondava l'oro, ma avrebbe posto un intermediario con la ricca India, grazie al corso del fiume Oxus, garantendo un possibile scambio commerciale tra le due regioni. A tale prospettiva Pietro si leccava i baffi e nell'aprile del 1717 nominò Aleksandr Bekovic, ex principe caucaso e musulmano convertitosi al cristianesimo, a capo di una spedizione di 4000 uomini. Con il suo passato islamico alle spalle, Bekovic sembrava l'uomo perfetto per poter trattare con il Khan. Dunque, la spedizione partì da Astrachan, città situata al nord del Mar Caspio, con quasi 100 battelli ed entrò nel deserto verso giugno. Qui iniziarono le prime complicazioni, dato che i russi venivano attaccati dalle tribù turkmene e il caldo e la sete mietevano le prime vittime. Solo alla metà di agosto si resero conto di essere arrivati a due giorni di marcia da Chiva e Bekovic, per prudenza, mandò un emissario per informare il khan del suo arrivo: quest'ultimo accettò, ma quando il russo arrivò in città gli disse che non poteva ospitare tutte le sue truppe nella Capitale e dunque gli propose di dividere i suoi uomini in cinque reparti e di spedire ognuno di essi in alcuni dei villaggi accanto. Gli ufficiali del russo protestarono contro questa decisione, ma il capitano della spedizione accettò tale proposta per non innescare l'ira del khan. Appena i reparti furono separati e impossibilitati a comunicare tra di loro, le truppe chivane sterminarono i russi uno ad uno. Lo stesso Bekovic fu trucidato, la sua testa mozzata e mostrata alla folla in tripudio. Successivamente essa fu mandata all'emiro di Buchara, vicino del Khan, che restituì immediatamente il barbaro trofeo per non innescare l'ira dello Zar. Della spedizione si salvarono all'incirca in 40 : alcuni di essi furono fatti schiavi mentre altri furono mandati indietro per raccontare la disfatta al loro imperatore. Il Khan Shir Ghazi, alla fine, non venne punito. Pietro doveva ancora placare gli svedesi ad Ovest e, una volta finita la guerra, non ne voleva sapere di spargere altro sangue: e fu così che per oltre un secolo la Russia non si avventurò in quelle terre selvagge e isolate dal resto del mondo. Ma a farci un pensierino fu Paolo I, incoronato zar nel 1796.
( Mappa dell'Asia centrale, in verde ho sottolineato le città citate) <br /> <br /> Ma com'era la situazione a sud delle steppe centroasiatiche quando Paolo salì al trono? In India regnava il caos: l'impero maratha era ormai al collasso e il suo territorio, insieme agli altri regni indiani, veniva di giorno in giorno conquistato dalla compagnia inglese delle Indie orientali. Mentre gli inglesi erano occupati ad impossessarsi dell'India, un incubo regnava nelle loro teste: Napoleone Bonaparte. Al tempo era ormai saputo da tutti che Napoleone voleva vendicarsi dello smacco subito dagli inglesi quando quest'ultimi cacciarono i francesi dal subcontinente indiano e l'invasione dell'Egitto, seppur fallita, sembrava un primo passo verso quest'impresa. Ma i britannici non sapevano che il futuro imperatore dei francesi aveva un suo ammiratore: lo zar. All'inizio del 1801 il capo di stato russo inviò al suo omologo francese una lettera in cui lo esortava ad invadere l'India per liberarla dal giogo britannico, ma Napoleone rifiutò. Egli era scettico sulla possibilità che i russi riuscissero a passare i deserti e le tribù bellicose dell'Asia centrale; Paolo spiegò al francese che una volta che le sue truppe fossero arrivate nel Caucaso dall'Europa sarebbero passate tramite la Persia e l'Afghanistan (non si sa con quale accordo) per evitare insidie, ma Napoleone declinò l'offerta. Ma lo zar non rimase deluso. Il 24 gennaio del 1801 radunò ad Orenburg, città russa al limite con le steppe settentrionali kazake (allora il confine dell'impero), 20 mila cosacchi. Il loro compito era marciare attraverso l'Asia centrale, liberare gli schiavi russi a Chiva e Buchara, scendere in India e liberarla dagli inglesi. Così la Russia si sarebbe impossessata dei ricchi mercati indiani. I cosacchi non erano del tutto convinti del piano, ma avevano prestato fedeltà allo zar e non intendevano tradirlo, soprattutto per un'impresa del genere. Dunque da Orenburg iniziò la loro marcia: la prima tappa era Chiva, quasi a 1500 km di distanza. La traversata, però, si concluse dopo aver attraversato solo 600 km, quando un cavaliere raggiunse l'esercito cosacco. Nelle sue mani aveva un messaggio di estrema importanza: Paolo era stato assassinato. Ormai l'imperatore, come avete già capito dai suoi folli piani, era ormai andato fuori di sé secondo i suoi ufficiali tanto che aveva ordinato l'arresto di sua moglie e di suo figlio ed erede al trono, Alessandro. Una notte la congiura era entrata nel suo palazzo e lo aveva costretto a rassegnare le sue dimissioni: Paolo provò a scappare ma non riuscì a salvarsi. Il giorno dopo Alessandro venne incoronato zar e decise di richiamare i cosacchi: egli era appena salito al trono e non voleva rischiare una guerra con la Gran Bretagna per colpa di un folle progetto paterno. Così facendo evitò la morte certa e invano dei 20 mila soldati, i quali vissero per combattere altre battaglie. La storia delle guerre napoleoniche la sappiamo tutti: Napoleone dopo aver dominato l'intera Europa, invase la Russia per poi essere rispedito a Parigi dalle truppe dello zar. La sua sconfitta definitiva a Waterloo nel 1815 e il suo esilio a Sant'Elena fu un sospirò per gli inglesi non solo perché si era evitato che una singola potenza "unificasse" l'Europa, ma anche perché adesso l'India era in salvo. Al tempo i giornali inglesi facevano a gara a chi lodava di più i russi. Molti cosacchi vennero chiamati in Inghilterra per essere premiati con le più disparate onorificenze. Un fatto curioso, che merita di essere menzionato, è che il capo della spedizione dei 20 mila cosacchi, che in teoria avrebbe dovuto scacciare gli inglesi dall'India, fu insignito di una laurea "honoris causa" a Oxford. Le relazioni tra Regno Unito e Russia erano ottimali e sembrava che le due nazioni avrebbero collaborato insieme nei decenni a venire, ma non tutti erano di quest'idea. Sir Robert Wilson era uno dei generali britannici più conosciuti nel panorama mondiale. Per anni era stato al cospetto dello zar Alessandro e i due nutrivano un grande rispetto reciproco. Era stato Wilson ad informare ai suoi connazionali dell'incendio di Mosca e della sconfitta di Napoleone. Ma una volta ritornato in patria, il suo umore cambiò. Nel 1817 venne eletto parlamentare e pubblicò un libello: " A sketch of the military and political power of Russia" in cui avvertiva i suoi colleghi che la Russia era diventata il nemico principale del Regno Unito e che era pronta ad espandersi in India! A suo favore portò diverse prove. In primis mostrava due mappe della Russia, una risalente a qualche decennio prima e una al 1817: si poteva intravedere che i domini dello zar si erano allargati e si erano spinti sempre più ad ovest, inglobando 13 milioni di nuovi sudditi. Inoltre l'esercito russo era troppo numeroso per essere "in posizione di difesa", secondo le parole di Alessandro. Ma una delle prove che faceva raggelare il sangue ai lettori era.... una leggenda. Si credeva che Pietro il Grande avesse dato un ordine ai suoi eredi in punto di morte: la Russia doveva conquistare il mondo. A lungo si è dibattuto sulla veridicità di tale giuramento e tutt'ora gli storici non hanno prove concrete che Pietro avesse veramente ordinato ciò. Sta di fatto che Wilson credeva che il prossimo obiettivo della Russia era l'impero ottomano, ormai immerso in un declino lento ma inesorabile, e dopo aver conquistato Costantinopoli, avrebbe preparato l'invasione dell'India. Wilson non venne ascoltato in Patria, ma negli anni successivi alla sua pubblicazione russi e inglesi iniziarono ad avventurarsi nelle aride e isolate terre dell'Asia centrale. I russi volevano conquistare i mercati di quella regione, per fondare le basi di una futura annessione, ma gli inglesi volevano prevenire ciò per paura che la Russia si avvicinasse alle frontiere dell''India. Era cominciato, come scrisse Arthur Conolly nel 1829, il Grande Gioco.
Dopo la serie sulla seconda guerra punica, volevo scrivere un altra. Il Grande Gioco è composto da tanti protagonisti ma, a differenza di questo episodio pilota, essi sono per lo più sconosciuti. Grazie all'aiuto del libro dello storico Peter Hopkirk, vi piacerebbe una serie su questo argomento? Se sì vi taggherò nei prossimi episodi