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12/01/2025 alle 13:40

Diocesi di Viterbo

Diocesi di Viterbo

Diocesi di Viterbo- Dioecesis Viterbiensis- Chiesa latina- Regione ecclesiastica Lazio- Vescovo Orazio Francesco Piazza- Vicario generale Luigi Fabbri- Vescovi emeriti Lino Fumagalli- Presbiteri 157, di cui 98 secolari e 59 regolari (1.235 battezzati per presbitero)- Religiosi 178 uomini, 80 donne- Diaconi 13 permanenti- Abitanti 201.500- Battezzati 194.000 (96,3% del totale)- Stato Italia- Superficie 2.161 km²- Parrocchie 99 (6 vicariati)- Erezione 1192- Rito cattolico romano- Cattedrale San Lorenzo- Concattedrali Santa Margherita, San Giacomo, Santi Nicola e Donato, Santo Sepolcro, San Martino- Santa patrona Madonna della Quercia; compatroni: Santa Rosa, Santa Lucia Filippini, San Bonaventura. La diocesi di Viterbo (in latino Dioecesis Viterbiensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia immediatamente soggetta alla Santa Sede appartenente alla regione ecclesiastica Lazio. Nel 2022 contava 194.000 battezzati su 201.500 abitanti. È retta dal vescovo Orazio Francesco Piazza. La diocesi di Viterbo è stata eretta da papa Celestino III fra il 3 agosto ed il 4 ottobre 1192. La bolla di erezione è andata persa, ma il successore di Celestino, papa Innocenzo III, con la bolla Ex privilegio del 12 ottobre 1207 confermava le decisioni del predecessore, e cioè che «Viterbiense oppidum onorabile civitatis nomine insignivit et pontificalis cathedrae honore decoravit», ed inoltre che la nuova diocesi restasse «specialiter unita» alla diocesi di Tuscania. Primo vescovo delle sedi unite fu Giovanni, dal 1189 cardinale del titolo di San Clemente, che portò il doppio appellativo di episcopus Viterbiensis et Tuscanensis. A partire dal XII secolo crebbe l'importanza economica e politica di Viterbo, da sempre parte della diocesi di Tuscania, ma già da tempo capoluogo di un distretto civile (il comitatus Viterbiensis); nel 1116 accolse per un breve periodo papa Pasquale II; nel 1118 l'imperatore Enrico V dichiarò Viterbo "città libera" e confermò tutte le istituzioni comunali; nel 1145 papa Eugenio III, in fuga da Roma, trovò rifugio a Viterbo, dove rimase per otto mesi; alla stessa scelta ricorse in più occasioni papa Adriano IV (1154-1159); la città si trovò spesso al centro delle lotte tra papato e impero nel corso della seconda metà del XII secolo. «La prevalenza della città nella regione era assoluta ed elevarla a sede vescovile non solo era divenuto opportuno, ma necessario». Le due sedi rimasero unite fino al 1986, cioè per quasi ottocento anni. Tuttavia il clero e il capitolo di Tuscania sollevarono periodicamente difficoltà ad accettare l'unione con Viterbo. Nel 1294 papa Celestino V dovette confermare nuovamente le decisioni prese dai suoi predecessori. La diocesi comprende 35 comuni della provincia di Viterbo: Acquapendente, Arlena di Castro, Bagnoregio, Barbarano Romano, Blera, Bomarzo, Canepina, Canino, Capodimonte, Castiglione in Teverina, Celleno, Cellere, Civitella d'Agliano, Farnese, Graffignano, Grotte di Castro, Gradoli, Ischia di Castro, Latera, Lubriano, Marta, Montefiascone, Onano, Oriolo Romano, Piansano, Proceno, San Lorenzo Nuovo, Tessennano, Tuscania, Valentano, Vejano, Vetralla, Villa San Giovanni in Tuscia, Viterbo e Vitorchiano. Sede vescovile è la città di Viterbo, dove si trova la cattedrale di San Lorenzo. Nel territorio diocesano sorgono anche cinque concattedrali: Santa Margherita a Montefiascone, San Giacomo a Tuscania, Santi Nicola e Donato a Bagnoregio, Santo Sepolcro ad Acquapendente, e San Martino a San Martino al Cimino. Sono riconosciute come basiliche minori, oltre alla cattedrale e alle concattedrali, le seguenti chiese: San Flaviano a Montefiascone, San Francesco alla Rocca a Viterbo, Santa Maria della Quercia nella frazione La Quercia di Viterbo, e Santa Maria del Suffragio a Grotte di Castro. Queste ultime due chiese sono annoverate anche fra i santuari diocesani, assieme a quelli del Santissimo Crocifisso a Castro, della Madonna del Monte a Marta, della Madonna del Castellonchio a Graffignano e del santuario della Santa Corona a Canepina.

La Cattedrale di San Lorenzo è il principale luogo di culto della città di Viterbo, sede vescovile della diocesi. Le notizie più antiche circa la presenza di un edificio di culto dedicato a S. Lorenzo Martire sull’attuale Colle del Duomo risalgono all’Alto medioevo. Già nel 775 si parla di una pieve di S. Laurentii e di Petrus, suo presbitero, e in una bolla di papa Leone IV (852) appare ancora un riferimento alla stessa. La completa consacrazione, però, arriverà nel 1192, anno in cui Celestino III riunì Viterbo, Blera, Tuscania e Cencelle in un’unica diocesi insignendo la chiesa con il titolo di Cattedrale. La città di Viterbo e il suo circondario furono erette a diocesi da papa Celestino III nel 1192 e San Lorenzo divenne così Cattedra vescovile. Due papi furono sepolti nella Cattedrale: Papa Alessandro IV (1199 – 1261), al secolo Rinaldo di Jenne, rifugiatosi a Viterbo temendo la cattura da parte di Manfredi di Sicilia, la cui tomba è andata perduta e Papa Giovanni XXI (1210 – 1277), al secolo Pedro Julião, unico papa di origini portoghesi, che morì dopo essere rimasto vittima di un grave incidente nel Palazzo papale: la volta del suo studio gli crollò addosso, probabilmente per un difetto di costruzione. La tomba è tuttora visibile al fondo della navata sinistra. Nel maggio 2000 una speciale tomba onorifica venne collocata nella stessa cattedrale, per volere di Giovanni Paolo II. L'attuale facciata contrasta decisamente gli edifici circostanti, di origine e stile medievale, poiché oltre a non essere costruita in pietra come quelli, è disegnata in stile rinascimentale, per volontà del cardinale Gambara (1533 – 1587), vescovo della diocesi di Viterbo dal 1568 al 1580, che diede corso alla trasformazione della cattedrale. Dall'esterno l'unica opera originale visibile è il campanile, formato nella parte alta da strati segnati da doppie bifore e da fasce policrome orizzontali che alternano il bianco del locale travertino e l'azzurro del basalto. L'accesso ai portali avviene attraverso una breve scalinata. Nel marzo del 1940 papa Pio XII elevò la chiesa alla dignità di basilica minore. La cattedrale fa parte del polo monumentale del Colle del Duomo di Viterbo. Religione cattolica di rito romano- Titolare San Lorenzo diacono e martire- Diocesi Viterbo- Stile architettonico romanico (interno), gotico (campanile) rinascimentale (esterno)- Inizio costruzione XII secolo- Completamento XVI secolo.

Mons. Orazio Francesco Piazza- vescovo della Chiesa cattolica- Titolo Viterbo- Incarichi attuali Vescovo di Viterbo (dal 2022)- Incarichi ricoperti Vescovo di Sessa Aurunca (2013-2022), Amministratore apostolico di Alife-Caiazzo (2019-2021)- Nato 4 ottobre 1953 (71 anni) a Solopaca- Ordinato presbitero 25 giugno 1978 dal vescovo Felice Leonardo- Nominato vescovo 25 giugno 2013 da papa Francesco- Consacrato vescovo 21 settembre 2013 dal cardinale Crescenzio Sepe. Blasonatura dello stemma: D'azzurro, alla città con tre torri d’oro, sormontata da un'ombra di sole dello stesso, caricata da un chrismon, con le lettere alpha e omega poste sotto il braccio traverso, il tutto di rosso. Motto: Christus lumen gentium. Il motto latino scelto da monsignor Piazza è tratto dall'inizio della Lumen Gentium, costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, promulgata da papa Paolo VI nel 1964: Lumen gentium cum sit Christus" ("Cristo è la luce delle genti"). Il “campo” dello scudo è in azzurro, colore simbolo dell’incorruttibilità, intende significare la purezza della Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, dimora dello Spirito Santo e grembo dell’Incarnazione del Verbo di Dio; rappresenta, inoltre, la trasformazione dei valori umani, l’affidamento e il progressivo tendere verso la pienezza definitiva in Dio, Trino ed Unico. Su tale simbologia della volta celeste campeggia il sole, fonte primaria di luce; la luce di Cristo, qui identificato con il monogramma X (chi) P (ro), arricchito dalle lettere alpha e omega: “Io sono l’alpha e l’omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine” (Ap 22,13). Il Signore è la meta, a Lui tende, come approdo ultimo e definitivo, tutta l’umanità. È il simbolo della luce, cantato nella liturgia pasquale: Cristo luce del mondo, ieri, oggi e sempre. È questa la Luce che guida il popolo di Dio, che conduce l’umanità, attraverso il cammino della salvezza, verso la destinazione ultima: la comunione piena nella gloria di Dio. La città, rappresentata nella parte bassa dello scudo, nel dinamismo del tempo (tre torri) e simbolo della coesione umana (la cinta di mura, la piazza), è posta sotto il sole di Cristo che la irradia: è la città dell’uomo, con le sue complessità e attese, che nel faticoso ed esaltante lavoro di edificazione nel quotidiano aspira al suo compimento. In essa la Chiesa, riverbero della luce di Cristo, chiamata all’impegno inesausto pro mundi vita, è lievito che trasforma l’umano secondo il cuore di Dio, è segno e strumento, incarnato e visibile nell’ordinarietà della vita, della luce di Cristo che dona vera speranza al cuore di ogni uomo. La città dell’uomo guarda a Cristo, il Signore, fine e compimento della storia (GS 45); a Lui che è via e destinazione ultima: essa consolida la sua costruzione, come spazio di vera fraternità, attraverso il fecondo dialogo tra la luce del Vangelo e l’umana esperienza (GS 46).

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2 commenti

@Qwerty_

un mese fa

Ho letto *** Cervo o qualcosa del genere

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