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I santi di oggi 13 aprile:
nome San Martino I- 74º papa della Chiesa cattolica e martire- nascita 600 circa, Todi- Elezione luglio 649- Fine pontificato 16 settembre 655- morte 16 settembre 665, Chersonea, Crimea- ricorrenza 13 aprile, 12 novembre messa tridentina- Santuario principale Basilica di Santa Maria ad Blachernas (anticamente), Cherson; Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti (sepoltura attuale)- La vita di questo martire del dovere, che con ammirabile eroismo bevette fino all'ultima stilla il calice delle amarezze per la difesa della Chiesa, dovette certamente apparir grande ai suoi contemporanei! Martino nacque a Todi nell'Umbria e studiò a Roma, ove si rese celebre per il suo sapere non meno che per le sue rare doti e virtù. Era appena stato consacrato sacerdote quando Papa Teodoro lo mandò come nunzio a Costantinopoli per tentare il richiamo dei Monoteliti all'unità della fede. Ma morto pochi anni dopo il Papa (649), Martino fu richiamato a Roma a succedergli. Egli sali sulla Cattedra Apostolica col dolore di aver lasciato l'Oriente in preda alle eresie ed alle più gravi ribellioni. Onde, per prima cosa convocò il Concilio Lateranense, dove espose al venerando consesso la triste situazione e condannò gli eresiarchi principali: il patriarca Sergio, Paolo e Pirro; inoltre mandò un suo nunzio a Costantinopoli. I Monoteliti anzichè sottomettersi s'accesero maggiormente di rabbia e tosto inviarono a Roma l'eresiarca Olimpio, coll'incarico di uccidere il Pontefice, o almeno di impadronirsi della sua persona. Non avendo potuto ottenere il loro scopo, ricorsero a mezzi ancor più diabolici, calunniando il santo Pontefice presso l'imperatore, il quale, già infetto di eresia, fu spinto ad assecondare i loro empi disegni. Costante spedì tosto un secondo nucleo di satelliti che con la violenza e con l'inganno riuscirono a legarlo, e nella stessa notte 8 giugno 654, a imbarcarlo per Costantinopoli. Colà giunto, dopo lungo e dolorissimo viaggio, fra privazioni e crudeli trattamenti, il santo Pontefice provò con irrefragabili ragioni la sua innocenza : ma invano. Costante tentò di costringerlo a sottoscrivere gli editti già condannati, ma il Papa disprezzando la minaccia, l'esilio e la morte stessa, rispose : «Non possumus». Allora fu dai magistrati vilmente spogliato delle insegne pontificie, incatenato ed esposto all'infamia per le vie della città, mentre i fedeli gemevano. Fu poi messo in prigione per alcuni mesi, finché il 10 marzo del 655 venne deportato definitivamente in Crimea, per attendervi l'esecuzione della sentenza. Di là il santo Pontefice scriveva : «Vivo fra le angosce dell'esilio, spogliato di tutto, lontano dalla mia sede; sostento il fragile mio corpo con duro pane, ma ciò non mi importa. Prego continuamente Iddio che, per intercessione dei Ss. Pietro e Paolo, tutti rimangano nella vera fede. Confido nella divina misericordia che chiuderà presto la mia mortale carriera...». Il Signore esaudì la preghiera del santo pontefice, che morì martire del dovere per la difesa della giustizia e della verità, il 16 settembre del 665, dopo 6 anni di dolorosissimo pontificato. Il suo corpo venne sepolto provvisoriamente in una cappella della B. Vergine, e poco dopo trasferito a Roma. PRATICA. Ricordiamo che le sofferenze di questa vita, sopportate con pazienza, ci aumentano i meriti. PREGHIERA. Dio, che ci allieti ogni anno con la solennità del tuo beato Martino Papa e martire, concedi, propizio, che mentre ne celebriamo la festa ci rallegriamo della sua protezione. MARTIROLOGIO ROMANO. San Martino I, papa e martire, che condannò nel Sinodo Lateranense l’eresia monotelita; quando poi l’esarca Calliopa per ordine dell’imperatore Costante II assalì la Basilica Lateranense, fu strappato dalla sua sede e condotto a Costantinopoli, dove giacque prigioniero sotto strettissima sorveglianza; fu infine relegato nel Chersoneso, dove, dopo circa due anni, giunse alla fine delle sue tribolazioni e alla corona eterna.
nome Sant'Ermenegildo- titolo Martire- nascita 564 circa, Toledo o Medina del Campo, Spagna- morte 13 aprile 585, Tarragona, Spagna- ricorrenza 13 aprile- Canonizzazione 1585, a Roma da papa Sisto V- Attributi scettro, corona e palma del martirio- Patrono di Famiglia reale spagnola, Siviglia e del regno di Spagna, con San Ferdinando- Ermenegildo nacque a Toledo o Medina del Campo (Spagna) nel 564 circa da Leovigildo, re dei Visigoti di Spagna, e della sua consorte Teodosia. Alla morte di Liuva I re dei Visigoti assieme a Leovigildo suo fratello diventò l'unico re sul trono e nominò i propri figli, Ermenegildo e Recaredo duchi di Toledo e Narbona, facendoli così partecipi del governo del regno perché controllassero le province del regno mentre lui era impegnato nella guerra contro i distretti bizantini del nord al confine col regno degli Svevi. Nel 579 Ermenegildo sposò la principessa Ingunda donna cattolica istruita dalla madre Brunechilde che al momento delle nozze aveva abbracciato il cattolicesimo mentre Ermenegildo era stato educato nel credo ariano. Dopo vani tentativi di convertire Ingunda ai precetti di Ario, soprattutto da parte dellasua suocera Goisvinta, fervente ariana, dopo la dolcezza usò le minacce e poi la violenza, senza tuttavia riuscire a fare abbandonare a Ingunda la propria fede. Questa situazione portò Ingunda a lamentarsi sia coi cattolici di Spagna e di Settimania sia coi Franchi e la sua famiglia di origine. Leovigildo per evitare che le cose peggiorassero, per allontanare Ingunda da Gosvinda nominò, nel 579, Ermenegildo governatore di una provincia di frontiera, la Betica. Dopo il trasferimento a Siviglia, fu Ermenegildo a trovarsi in un ambiente cattolico e sotto l'influenza di Ingunda e quella di san Leandro, che Ermenegildo aveva conosciuto dopo essere stato nominato governatore della Betica, fu proprio Ermenegildo ad essere convertito al credo niceano. La notizia creò fermento nella Betica, diverse città si ribellarono e proclamarono re Ermenegildo, che accettò. Una volta venuto a conoscenza di quello che era successo, preoccupato sia per gli effetti politici che tale conversione poteva comportare, il padre cercò attraverso lusinghe e minacce di far tornare il figlio alla fede ariana, ma senza alcun esito. Nel 581 Leovigildo organizzò un potente esercito per poter effettuare una energica azione contro il figlio ribelle. Quando fu prontò si mise in marcia e conquistò Caceres e Merida, costringendo le truppe di Ermenegildo al Guadalquivir in difesa di Siviglia. Prima di attaccare questa città, Leovigildo nel 583 corruppe, con 30.000 soldi d'oro, le truppe bizantine, che avrebbero dovuto appoggiare Ermenegildo che subì una pesante sconfitta davanti a Siviglia, che fu messa sotto assedio. Ermenegildo, che aveva lasciato Siviglia per cercare aiuto inutilmente dai Bizantini, nel 584, si rifugiò in un santuario, a Cordoba. Leovigildo, non volendo violare la sacralità dell'edificio, inviò il fratello di Ermenegildo, Recaredo, ad offrire la pace, che fu accettata. Solo allora la città di Siviglia, dopo quasi due anni di assedio, si arrese. Ermenigildo fu arrestato e dopo essersi prostrato ai piedi del padre, fu esiliato a Valencia. Successivamente fu trasferito a Tarragona, affidato al duca Sigeberto, che avrebbe dovuto sorvegliarlo attentamente per impedirgli la fuga. Durante la sua prigionia Ermenegildo si sottopose a flagellazioni e mortificazioni, pregando Dio di liberarlo dai propri patimenti. Durante la Pasqua del 585 fu inviato presso di lui un vescovo ariano, nel vano tentativo di barattare la sua conversione con la salvezza della sua vita; al suo rifiuto Leovigildo ordinò l'esecuzione del figlio, che fu decapitato il 13 aprile 585; patrono di Siviglia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tarragona in Spagna, sant'Ermenegildo, martire, che, figlio di Leovigildo re dei Visigoti seguace dell'eresia ariana, si convertì alla fede cattolica per opera del vescovo san Leandro; rinchiuso in carcere per essersi ribellato alla volontà del padre rifiutandosi di ricevere la comunione da un vescovo ariano nel giorno della solennità di Pasqua, per ordine del padre stesso morì sotto un colpo di scure.
nome Beata Margherita da Città di Castello- titolo Domenicana- nascita 1286 circa, Metola- morte 1320, Città di Castello- ricorrenza 13 aprile, 4 maggio nella diocesi di Città di Castello-Beatificazione 19 ottobre 1609 da papa Paolo V- Canonizzazione 24 aprile 2021 da papa Francesco (canonizzazione equipollente)- Santuario principale Chiesa di San Domenico a Città di Castello- Margherita nacque cieca nel borgo di Metola, vicino a Città di Castello in Umbria, intorno al 1286; all'età di sei o sette anni i suoi genitori la portarono sulla tomba di un venerato padre francescano di Città di Castello sperando in un miracolo ma, una volta visto che la guarigione non avveniva, la abbandonarono. Alcune donne del luogo la trovarono e se ne presero cura fino a quando fu adottata da due sposi, Grigia e Venturino, e da loro educata con amore. Le monache di un convento locale le offrirono poi ospitalità e a Margherita, la quale sembra avesse già pensato di diventare suora, piacque l'idea di una vita religiosa. N sodalizio tuttavia durò poco perché le suore, che conducevano una vita rilassata, rimasero infastidite dalla devozione di Margherita e dopo un periodo contrassegnato da crescente durezza e qualche molestia nei suoi confronti, le ordinarono di lasciare il convento. Margherita tornò dai suoi genitori adottivi e, a quindici anni, entrò nel Terz'ordine di S. Domenico a Città di Castello. Da allora in poi la sua vita fu dedicata totalmente a Dio: si occupava della cura e dell'educazione dei bimbi del luogo, insegnando i salmi (che aveva imparato a memoria) e provando a istillare in loro la sua devozione al santo Bambino Gesù. Visitava anche malati e carcerati. Le furono attribuiti numerosi miracoli, tra cui la guarigione di una terziaria da un'infezione agli occhi, nonché esperienze di estasi e levitazione durante la preghiera. S'imponeva ristrettezze e severe privazioni, si autoflagellava e spesso passava la notte in preghiera. Dopo la sua morte, avvenuta a circa trentatré anni, si ebbero miracoli presso la sua tomba; il suo culto fu approvato nel 1609 e un nuovo reliquiario per le sue spoglie fu costruito sotto l'altare maggiore della chiesa domenicana nel 1678. MARTIROLOGIO ROMANO. A Città di Castello in Umbria, beata Margherita, vergine delle Suore della Penitenza di San Domenico, che, sebbene cieca e storpia fin dalla nascita e abbandonata dai suoi genitori, confidò sempre in cuore suo nel nome di Gesù.
nome Beata Ida di Boulogne- titolo Contessa, oblata benedettina- nascita 1043 circa, Ardenne, Francia- morte 13 aprile 1113, Boulogne, Francia- ricorrenza 13 aprile- Ida nacque dal duca Goffredo IV di Lorena e dalla sua prima moglie Doda; fu data in sposa a Eustachio II, conte di Boulogne, all'età di diciassette anni. Due dei loro figli, Goffredo (li Buglione e Baldovino, divennero governatori crociati del regno latino di Gerusalemme e la loro nipote Matilda fu regina d'Inghilterra. Alla morte di Eustachio, Ida ricevette una notevole eredità che spese per aiutare i poveri e costruire o restaurare monasteri, tra cui Saint-Wulmer a Boulogne, Vasconvilliers, Nostra Signora della Cappella a Calais e Saint-Bertin. Con il passare degli anni, Ida si ritirò sempre più dal mondo, anche se non sembra sia mai diventata una religiosa; era una sorta di "associata spirituale" di Cluny e si può forse considerare un'oblata secolare dell'Ordine benedettino. Uno dei suoi consiglieri principali fu il grande S. Anselmo di Bec (21 apr.), successivamente arcivescovo di Canterbury. Morì a settant'anni e fu sepolta nel monastero di Wast (non Saint-Waast come spesso si riporta); nel 1669 le sue spoglie furono traslate nella chiesa benedettina di Parigi e vi rimasero fino al 1808, quando la comunità si trasferì a Bayeux, portandole con sé; qui sono ancora oggi venerate. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Santa Maria presso Wast nella regione di Boulogne in Francia, beata Ida, che, vedova di Eustachio conte di Boulogne, rifulse per la sua generosità verso i poveri e per lo zelo del decoro della casa di Dio.
nome Sant'Orso di Ravenna- titolo Vescovo- nascita IV secolo, Sicilia- morte IV secolo, Ravenna- ricorrenza 13 aprile- Patrono di Pellicciai e conciatori- Qualche tempo fa, durante il pontificato di Leone XIII, si raccontava la storia di un brav'uomo che portò a battezzare la sua bambina. « Che nome volete darle? » — chiese il parroco. « Tigre », — rispose il padre. « Come! — fece sorpreso il parroco, — il nome di una belva? ». « Che cosa c'è di strano, — ribatté il bravo uomo —dato che anche il Papa si chiama Leone? ». L'abitudine altera spesso il senso e anche il suono delle parole. Così nessuno penserebbe ad una belva sanguinaria sentendo chiamare una persona col nome di Leone. Questo è diventato infatti un nome assai diffuso, e dei più nobili, non solo tra i Papi, anche se fu un Papa, per primo, a renderlo celebre: quello che fermò Attila, e meritò di esser chiamato « Leone il Grande ». Il caso di Orso, è invece a metà strada. Mentre i diminutivi femminili Orsola e Orsolina suonano ormai consueti e addirittura gentili, il maschile Orso sembra ancora avere un richiamo ferino. Eppure il calendario elenca sei Orsi, tutti Santi, senza contare gli Ursini e gli Ursicini. Quello di oggi, ha legato il suo fiero nome a una delle città più gentili e di antica civiltà del nostro paese, ed è rimasto nella storia come Sant'Orso di Ravenna, dove fu Vescovo alla fine del quarto secolo. Veniva dalla Sicilia, da nobile famiglia. Anzi, dalla Sicilia fuggiva, per consiglio divino, il furore del padre pagano, agli occhi del quale il figlio si era macchiato del più nero e imperdonabile dei delitti : quello di essere cristiano. Ravenna era allora una città importante e fiorente, che si avviava a diventare la più splendida d'Italia, sede dell'Imperatore di Occidente. Ma anche il benessere economico e lo splendore civile si portano dietro uno strascico di difficoltà e di miserie morali. Provocano il rilassamento dei costumi, la corruzione del danaro, la seduzione della potenza. Favoriscono la vanità ed accentuano l'orgoglio. Soprattutto, esasperano lo stacco tra i potenti e gli umili, tra i ricchi e gli indigenti, che è certamente la piaga più lacerante nel cuore di un Vescovo cristiano, per il quale tutti i suoi figli, anzi tutti i suoi agnelli, sono uguali e ugualmente cari. Non mancarono così al Vescovo Orso, nella fiorente Ravenna, le occasioni per esercitare le sue virtù eroiche, quelle virtù che formano l'indispensabile sigillo della santità, e che fanno di ogni Santo un martire incruento. Come ogni Santo autentico, Sant'Orso indicò nella preghiera e nella devozione le strade maestre della Grazia e i pilastri della concordia e della pace. Le poche notizie che si hanno sulla sua attività, quasi tutte si riferiscono alla fondazione di nuove chiese. Intanto portò la sede vescovile dalla solitudine di Classe, in mezzo ai pini, nell'interno della città, in mezzo al popolo. Poi fondò molte chiese, quasi tutte dedicate a Santi siciliani, cari al cuore di Sant'Orso, come Sant'Agata, Santa Lucia e Sant'Euplo, Martire di Catania. Per il suo popolo, il Vescovo di Ravenna costruì un tempio grandissimo, e questo fu chiamato Templum Ursianum, chiesa di Orso, ed era tanto vasto da contenere tutti i fedeli della Diocesi. Come molti altri complessi religiosi di quel tempo, anche questo fu dedicato all'Ancìstasis, cioè alla Resurrezione, sull'esempio della Basilica eretta a Gerusalemme da Costantino, sul sepolcro di Gesù. Dalla chiesa voluta dal Vescovo per il suo popolo, e che ricordava la Resurrezione di Gesù, salì al cielo l'anima del suo fedele servitore Orso, nel 398, dopo venti anni di episcopato ricchissimo di frutti spirituali per la città fiorente e gentile. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ravenna, sant’Orso, vescovo, che trasferì la sede episcopale di Classe in questa città e dedicò la chiesa cattedrale nel giorno di Pasqua in onore della Santa Anástasis; nello stesso giorno qualche anno più tardi anche egli passò alla gloria della resurrezione.
nome Beato Giovanni Bernardo Rousseau- titolo Religioso lasalliano- nascita 22 marzo 1797, Annay-la-Côte, Borgogna, Francia- morte 13 aprile 1867, Sainte-Marie, Isola de La Réunion- ricorrenza 13 aprile- Beatificazione 2 maggio 1989 da papa Giovanni Paolo II- Giovanni Battista Rousseau nacque il 22 marzo 1797 ad Annay-laate presso Digione, in Burgundia, Francia occidentale. Suo padre, Bernardo, era muratore, la madre si chiamava Regina Peletier. Con il nome religioso di Frate! Scubilione, entrò tra i Fratelli di de La Salle a Parigi. Per un certo tempo operò ad Alengon, Poitiers e Chinon. Nel 1833 chiese e ottenne di partire per la lontana colonia francese di Riunione nell'Oceano Indiano a est del Madagascar, dove rimase per trentaquattro anni, come insegnante e catechista. A Saint Luc dedicava le serate all'insegnamento del catechismo fra gli schiavi che lavoravano nelle piantagioni di caffè e di vaniglia. Pose grande cura nel formare i catechisti alla comprensione degli adulti analfabeti fino a diventarne amici. Per i suoi interventi presso i padroni e le autorità civili fu da molti schiavi considerato un santo; egli contribuì alla loro emancipazione, nel 1848. Aveva il dono di suscitare vocazioni e ispirò molti a entrare nella comunità di de La Salle. Morì il 13 aprile 1867. Frate! Scubilone è considerato un pioniere dei diritti umani in una società dove l'oppressione era all'ordine del giorno. È stato beatificato il 2 maggio 1989 da papa Giovani Paolo II a Saint-Denis, capitale di Riunione. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Réunion nell’Oceano Indiano, beato Scubilione (Giovanni Bernardo) Rousseau, religioso dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che istruì instancabilmente i fanciulli e diede aiuto ai poveri e speranza agli schiavi.
nome Santi Carpo, Papilo, Agatonica e compagni- titolo Martiri- ricorrenza 13 aprile- Gli Acta di questi martiri sono tra i più attendibili, ma in essi non si chiarisce se la loro persecuzione sia avvenuta sotto il regno di Marco Aurelio (161-180) o quello di Decio (imperatore dal 249 al 251). Carpo, vescovo di Gurdos, in Lidia, e Papilo, diacono di Tiatira, nella stessa provincia, portati davanti al governatore romano di Pergamo, furono invitati a mangiare la carne che era stata offerta agli idoli. Carpo rispose: «Io sono un cristiano, venero Cri-sto, Figlio di Dio, che è venuto nel mondo negli ultimi tempi per la nostra salvezza [...] ma a questi idoli non offro sacrificio». Dopo ulteriori interrogatori fu condannato alla flagellazione. Papio rispose allo stesso modo al governatore: «Fin dalla giovinezza servo il Signore e non ho mai offerto sacrifici agli idoli; sono cristiano e nient'altro puoi sentire da me all'infuori di questo, poiché non c'è parola più grande e più bella di questa che io possa dire». Dopo che anche Papilo fu torturato, fu loro chiesto nuovamente di mangiare la carne dei sacrifici pagani e, al loro rifiuto, furono condannati a morire sul rogo. In punto di morte Carpo disse: «Sii benedetto, o Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, che ti sei degnato di far partecipe della tua gloria anche me peccatore». Agatonice era una madre che patì la persecuzione nello stesso periodo; ad alcune persone che la esortavano a salvarsi per il bene dei suoi figli, rispose: «Mio figlio ha Dio che può aver pietà di lui, perché è lui che provvede a tutte le creature». Fu condannata al rogo per essersi rifiutata di offrire sacrifici agli idoli e secondo alcuni testi era sorella di Papilo. Il culto dei tre martiri è menzionato da Eusebio nella sua Storia Ecclesiastica e nel Breviario siriano. Un paio di fonti vi aggiungono un quarto martire, il servo Agatodoro, e il Martirologio Romano ne raccolse l'istanza aggiungendo a Carpo, Papilo e Agatonice la dicitura «e molti altri». MARTIROLOGIO ROMANO. A Pergamo nell’Asia, nell’odierna Turchia, santi martiri Carpo, vescovo di Tiatira, Pápilo, diacono, Agatoníca, sorella di Papilo, e molti altri, che per la loro beata professione di fede ricevettero la corona del martirio.
nome San Caradoco- titolo Eremita nel Galles- nascita XI secolo, Brycheiniog- morte 1124, S. Issell, Haroldston- ricorrenza 13 aprile- Caradoco nacque a Brycheiniog (forse l'attuale Brecon o Brecknock, nel Galles meridionale); da giovane fu arpista alla corte del re del Galles meridionale, Rhys ap Tewdwr (1077-1093). In seguito a una lite con il principe e alle sue minacce di morte, comprese la caducità dei beni mondani e si convinse a diventare chierico per servire solo Dio. Andò a Llandaff e ricevette la tonsura per poi andare a officiare nella chiesa di Saint Teilo; trascorse in seguito alcuni anni da eremita vicino a una chiesa diroccata di Gower e fu ordinato a Menevia, prima di ritirarsi con alcuni compagni su un'isola deserta al largo della costa del Pembrokeshire. Sfortunatamente la loro solitudine fu interrotta da invasioni norvegesi e Caradoco si trasferì nuovamente, questa volta per insediarsi nella cosiddetta cella di S. Ismaele (ora S. Issell) ad Haroldston. Come molti altri che vivevano in solitudine, anche Caradoco pare aver sviluppato una relazione speciale con gli animali selvatici e al proposito gli furono attribuiti numerosi miracoli. Morì nel 1124 e fu seppellito con una fastosa cerimonia nella cattedrale di S. Davide, dove si possono ancora visitare i resti della sua tomba. Papa Innocenzo III scrisse a numerosi abati chiedendo loro di indagare sulla vita di Caradoco come eremita e sui suoi miracoli, e il suo biografo, Gerardo del Galles, attribuì il fallimento della sua richiesta di canonizzazione di Caradoco all'ostilità di altre persone. MARTIROLOGIO ROMANO. A Saint-David in Galles, san Carádoco, sacerdote ed eremita, che abbandonò la corte regia, dove era suonatore d’arpa, quando vide che i cani vi erano amati più degli uomini, e imparò dall’abate Teliavo a servire Dio.