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29/05/2024 alle 13:39

I santi di oggi 29 maggio:

I santi di oggi 29 maggio:

nome San Paolo VI- titolo 262º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Giovanni Battista Montini- nascita 26 settembre 1897, Concesio, Brescia- Ordinazione sacerdotale 29 maggio 1920 dal vescovo Giacinto Gaggia (poi arcivescovo)- Nomina ad arcivescovo 1º novembre 1954 da papa Pio XII- Consacrazione ad arcivescovo 12 dicembre 1954 dal cardinale Eugène Tisserant- Creazione a cardinale 15 dicembre 1958 da papa Giovanni XXIII- Elezione 21 giugno 1963- Incoronazione 30 giugno 1963- Fine pontificato 6 agosto 1978, (15 anni e 46 giorni)- Motto In nomine Domini- morte 6 agosto 1978, Castel Gandolfo, Roma- ricorrenza 29 maggio, 30 maggio per il rito ambrosiano- Beatificazione Piazza San Pietro, 19 ottobre 2014 da papa Francesco- Canonizzazione Piazza San Pietro, 14 ottobre 2018 da papa Francesco- Attributi stola, pastorale- Giovanni Battista Montini nacque a Concesio, presso Brescia, il 26 settembre 1897. da famiglia agiata. Suo padre era avvocato, redattore politico e deputato parlamentare; la madre, verso la quale il figlio nutriva molto affetto, aveva un profondo senso religioso. Timido e di salute delicata, ma amante dei libri, seguì gli studi presso il seminario diocesano; fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920 e prosegui gli studi universitari a Roma. Dal 1922 ebbe incarichi nella segreteria di stato del Vaticano e per un breve periodo (maggio-novembre 1923) nella nunziatura di Varsavia, che fu poi costretto a lasciare per motivi di salute. Svolse un servizio intenso e costante presso la segreteria di stato dedicando le ore di libertà, dal 1924 al 1933, al movimento cattolico studentesco; dal 1931 insegnò storia diplomatica nell'accademia pontificia per coloro che erano avviati a tale carriera. L'8 luglio 1931 fu nominato prelato domestico di sua santità e il 13 dicembre 1937 sostituto alla segreteria di stato allora sotto la direzione del cardinale Eugenio Pacelli. Quando questi salì al trono pontificio nel 1939, G.B. Montini continuò a lavorare in stretto contatto con lui e nel 1944 ricevette la direzione degli affari interni della chiesa. Divenuto prosegretario di stato nel novembre del 1952, il 1 novembre 1954 fu nominato arcivescovo di Milano, una diocesi molto vasta dove si agitavano innumerevoli problemi sociali. Questa nomina è stata interpretata come segno di non apprezzamento da parte del papa nei suoi confronti. Considerandosi l'«arcivescovo dei lavoratori», sempre però accompagnato dalle sue ormai leggendarie novanta casse di libri, egli si gettò con instancabile energia nel nuovo campo di lavoro: desiderava far rifiorire la diocesi devastata dalla guerra e riconquistare le masse operaie che si erano allontanate dalla chiesa. Nel novembre del 1957 svolse per tre settimane un'intensa opera missionaria che mirava a raggiungere ciascuna parrocchia della città, ma il suo zelo nel settore missionario e in quello diocesano non ebbe il successo desiderato. Trovò anche il tempo di tentare nuove vie nel campo dell'unità cristiana, aprendo, per citare un esempio, un dialogo con un gruppo di anglicani nel 1956. Il 5 dicembre 1958 Giovanni XXIII, nel suo primo concistoro, lo nominò cardinale: una nomina ovvia, e tuttavia sempre evitata da Pio XII nonostante ripetuti appelli da parte dei milanesi. Come confidente del papa ebbe una parte notevole nei preparativi per il concilio Vaticano II (19621965); il suo atteggiamento verso la prima sessione (11 ottobre - 8 dicembre 1962), nella quale parlò solo due volte, fu riservato, quasi critico. IL PONTIFICATO Durante quegli anni viaggiò molto, visitando l'Ungheria (1938), gli Stati Uniti d'America (1951 e 1960), Dublino (1961) e l'Africa (1962). Nel conclave del giugno 1963, al quale parteciparono ottanta cardinali fino a quel momento il più grande conclave della storia, nel quinto scrutinio venne eletto successore di Giovanni. Scelse un nome che suggeriva una grande apertura apostolica. Paolo, che aveva vissuto in profonda intimità di intenti con il suo predecessore, assicurò immediatamente (22 giugno) che avrebbe continuato il concilio Vaticano II, interrotto dalla morte di Giovanni XXIII; intendeva anche rivedere il diritto canonico, promuovere la giustizia nella vita civile, sociale e internazionale e lavorare inoltre per la pace e per l'unità dei cristiani tema che gli sarebbe divenuto sempre più caro. Aprì la seconda sessione del concilio il 29 settembre 1963 introducendo importanti riforme procedurali tra l'altro l'ammissione di laici come uditori, la nomina di quattro moderatori e una più discreta formulazione delle norme di segretezza e la chiuse il 4 dicembre 1963 promulgando la Costituzione sulla sacra liturgia e il Decreto sui mezzi di comunicazione sociale. Fra il 4 e il 6 gennaio 1964 fece un pellegrinaggio aereo senza precedenti in Terra Santa, incontrando a Gerusalemme il patriarca ecumenico Atenagora I. Dopo aver annunciato (6 settembre) che le donne, religiose o laiche, potevano partecipare al concilio come uditrici, aprì la terza sessione il 14 settembre 1964; la chiuse il 21 novembre promulgando la Costituzione sulla Chiesa (con l'aggiunta di una nota che spiegava la collegialità dei vescovi, cioè la dottrina secondo cui i vescovi formano un collegio che, agendo di comune accordo e non indipendentemente dal suo capo, il papa, ha la suprema autorità nella chiesa); promulgò pure il Decreto sull'Ecumenismo (di cui modificò di propria autorità alcuni passi) e il Decreto sulle chiese orientali cattoliche; inoltre proclamò la B.V. Maria «madre della chiesa», nonostante i padri non fossero tutti d'accordo. Durante l'intervallo tra le sessioni conciliari si recò in volo (25 dicembre 1964) a Bombay per il congresso eucaristico internazionale. Nella quarta e ultima sessione del concilio (14 settembre - 8 dicembre 1965), durante la quale si recò in volo a New York (4 ottobre) a perorare per la pace davanti alle Nazioni Unite, Paolo si impegnò a costituire un sinodo permanente di vescovi con poteri tanto deliberativi quanto consultivi. Prima della messa del 7 dicembre fu letta pubblicamente una dichiarazione comune del papa e del patriarca Atenagora I, che deplorava i reciproci anatemi pronunciati dai rappresentanti delle chiese d'Occidente e d'Oriente a Costantinopoli nel 1054 e lo scisma che ne era derivato; il giorno dopo, Paolo confermò solennemente tutti i decreti del concilio e proclamò un giubileo straordinario (1 gennaio29 maggio 1966) da dedicare alla riflessione e al rinnovamento nella luce delle dottrine conciliari. Subito dopo, cominciò a mettere in opera le deliberazioni del concilio con grande coraggio e anche con un'acuta consapevolezza degli ostacoli che potevano frapporsi alla loro attuazione; torna a suo favore il fatto che riuscì a guidare la chiesa attraverso un periodo di cambiamenti rivoluzionari evitando uno scisma. Istituì diverse commissioni post-conciliari (per esempio commissioni per la revisione del breviario, del lezionario, dell'ordo missae, della musica sacra e del diritto canonico) e approvò la sostituzione del latino con la lingua volgare con intrepida determinazione. Riorganizzò la curia e le finanze del Vaticano sia nell'amministrazione che negli investimenti e confermò i segretariati permanenti per la promozione dell'unità dei cristiani, per le religioni non-cristiane e per i non-credenti. Mirando all'ecumenismo ebbe incontri con l'arcivescovo di Canterbury (Michael Ramsey) a Roma (24 marzo 1966) e con il patriarca ecumenico Atenagora I a Istanbul (25 luglio 1967) e a Roma (26 ottobre 1967). Nel maggio del 1974 raggiunse in aereo Fàtima in Portogallo per visitare il santuario della B.V. Maria su invito personale Suo, come affermò e pregare per la pace. Fra le sue encicliche sono da ricordare la Mysterium fidei (3 settembre 1965), che preparava il terreno alla riforma liturgica e riconfermava la tradizionale dottrina eucaristica; la Populorum progressio (26 marzo 1967), chiara difesa della giustizia sociale; la Sacerdotalis eoelibatus (24 giugno 1967), che insisteva sulla necessità del celibato ecclesiastico; l' Humanae vitae (25 luglio 1968), che condannava i metodi artificiali di controllo delle nascite, e la Matrimonia mixta (31 marzo 1970). Mentre quest'ultima permetteva modeste deroghe alle regole per i matrimoni misti, che però non soddisfecero molto i cristiani non romani, 1' Humanae vitae non trovò l'accoglienza sperata; vi contribuì anche il fatto che la maggioranza della commissione pontificia, nominata nel 1963 per esaminare la questione, si era pronunciata in favore della contraccezione, in determinate circostanze. Il 6 agosto 1968 la conferenza di Lambeth dei vescovi anglicani respinse l'enciclica; Paolo VI rimase decisamente convinto della giustezza della propria decisione, ma la critica reazione internazionale lo scosse profondamente. Dopo il 1968 alcuni avvertirono un'ombra sempre più cupa sul suo pontificato. Paolo VI parve ritirarsi in se stesso, preoccupato da fenomeni come il terrorismo internazionale e da tensioni all'interno della chiesa per esempio la crescente richiesta del matrimonio per i chierici, la provocante resistenza del vescovo Marcel Lefebvre e di altri alle riforme liturgiche, le lotte fra tradizionalisti e progressisti e anche i segni della comparsa di un nuovo tipo di modernismo. Nel 1974 si parlò di una sua possibile rinuncia al papato; ma, pur essendo reale, il suo malessere interiore può essere stato sopravvalutato. In questi stessi anni si assistette ad alcuni dei più sensazionali viaggi internazionali del «papa pellegrino». Nel giugno del 1969 Paolo andò a Ginevra per pronunziare un discorso all'Organizzazione internazionale del lavoro e al Consiglio mondiale delle chiese; in luglio visitò l'Uganda per onorare i martiri di quel paese; nell'aprile del 1970 si recò in Sardegna per onorare Nostra Signora di Bonaria, e fra il novembre e il dicembre del 1970 fu nell'estremo Oriente, dove, a Manila, sfuggì a un attentato. Il 25 ottobre 1970 canonizzò, nonostante che all'inizio gli anglicani mossero proteste, quaranta martiri cattolici inglesi e gallesi del XVI e XVII secolo; inoltre proclamò dottori della chiesa Santa Teresa d'Avila e Santa Caterina da Siena, le prime donne che ricevettero questo titolo. Nel medesimo anno fissò l'età per le dimissioni dei preti e dei vescovi (settantacinque anni) e dichiarò che i cardinali ultraottantenni non potevano essere più ammessi al governo della curia. Nel 1971 quando Papa Paolo VI diede vita alla Caritas Italiana e mise in luce come la carità, senza mai sostituirsi alla giustizia, sarà sempre necessaria come stimolo e completamento. Da qui l'intuizione del valore di una “carità politica” e della dimensione comunitaria della carità che non può permettere deleghe: Una crescita del popolo di Dio nello spirito del Concilio Vaticano II non è concepibile senza una maggiore presa di coscienza da parte di tutta la comunità cristiana delle proprie responsabilità nei confronti dei bisogni dei suoi membri. Per promuovere la collegialità da lui sostenuta purché non violasse il primato del papa convocò sinodi episcopali internazionali nel 1971 (sul sacerdozio), nel 1974 (sull'evangelizzazione) e nel 1977 (sulla catechesi). Nell'aprile del 1972 Paolo VI e l'arcivescovo di Canterbury (Donald Coggan) emisero una dichiarazione comune che prometteva un lavoro concorde per la riunione delle chiese, ma non faceva menzione dell'intercomunione richiesta dall'arcivescovo. Forse l'eredità più importante che Paolo VI lasciò alla chiesa, e che portò a compimento in questa fase conclusiva del suo pontificato, fu il costante ampliamento e l'internazionalizzazione del sacro collegio. Questo, al momento della sua elezione, contava circa ottanta membri, ma nel 1976 il numero era salito a centotrentotto; inoltre i membri italiani erano divenuti una piccola minoranza e vi erano molti rappresentanti del terzo mondo. Pur non riuscendo gradito a tutti, Paolo aveva un carisma per i gesti significativi; tuttavia non si può determinare con sicurezza l'orientamento complessivo dei suoi interventi: Giovanni XXIII lo aveva definito «un po' come Amleto». Infatti vi fu in lui contrasto fra la visione progressista e la diffidenza verso ogni innovazione che potesse minare l'integrità e l'autorità della dottrina della chiesa. Esaltò costantemente il mistero della fede e il distacco dal mondo terreno che essa implicava; ebbe anche timore di tutto ciò che potesse orientare il pensiero umano verso il naturalismo scientifico. Una sua notevole iniziativa fu la riduzione della pompa e delle cerimonie papali; per soccorrere i poveri vendette anche la tiara che gli era stata donata al momento dell'elezione. Nel suo ultimo anno di vita fu profondamente turbato dal rapimento e dall'assassinio (9 maggio 1978) dello statista democristiano Aldo Moro, suo grande e fedele amico; l'ultima volta che comparve in pubblico fu per presiedere al suo funerale in San Giovanni in Laterano. Ammalatosi poi di artrite e colpito da un attacco cardiaco mentre si celebrava la messa presso il suo capezzale, morì a castel Gandolfo il 6 agosto, festa della Trasfigurazione. Venerabile dal 20 dicembre 2012, dopo che papa Benedetto XVI ne aveva riconosciuto le virtù eroiche, è stato beatificato il 19 ottobre 2014 e proclamato santo il 14 ottobre 2018 da papa Francesco. MARTIROLOGIO ROMANO. Giovanni Battista Montini, nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897 in una famiglia ricca di fede, fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920. Prestò servizio alla Sede Apostolica, finché nel 1954 venne nominato Arcivescovo di Milano. Eletto Sommo Pontefice il 21 giugno 1963, condusse felicemente a termine il Concilio Ecumenico Vaticano II, impegnandosi in ogni modo nel dialogo con il mondo contemporaneo e promuovendo un’immagine di Chiesa «esperta in umanità», chiamata a diffondere la «civiltà dell’amore» portata da Cristo. Morì il 6 agosto 1978.

nome San Massimo di Verona- titolo Vescovo- nascita IV secolo, Verona- morte IV secolo, Verona- ricorrenza 29 maggio- Attributi mitra, piviale e bastone pastorale- Patrono di San Massimo all'Adige (insieme a san Luigi)- San Massimo di Verona, il tredicesimo vescovo della città, ricoprì questa carica dal 400 al 404 circa. La sua figura è avvolta da un'aura di santità e di mistero, alimentata tanto dalla tradizione popolare quanto dalle testimonianze storiche. San Massimo è ricordato soprattutto per la sua vita pastorale, caratterizzata da profonde virtù cristiane e da una carità esemplare. Il periodo storico in cui visse era segnato da grande incertezza e inquietudine. In questo contesto, il vescovo Massimo divenne un punto di riferimento spirituale per i fedeli, che ne apprezzavano le doti miracolistiche e la pietà. Il Martirologio Romano lo celebrava come "prelato di esimia dottrina e di specchiata virtù", un riconoscimento della sua elevata statura morale e spirituale. La storicità di San Massimo di Verona è stata oggetto di discussione tra gli studiosi. Vi sono incertezze sulla sua esistenza reale, spesso confusa con quella di San Massimo da Emona, un santo ricordato lo stesso giorno (29 maggio). Alcune teorie suggeriscono che i resti di San Massimo di Verona siano stati traslati a Emona dopo la sua morte. Nonostante queste controversie, la presenza di San Massimo è ben radicata nella tradizione veronese, testimoniata dal culto e dalla memoria mantenuti dalla parrocchia a lui dedicata e dalle numerose litanie medievali in suo onore. Dopo la sua morte, San Massimo fu venerato con la costruzione di una chiesa fuori dalle mura di Verona, poi distrutta durante le invasioni degli Ungari e ricostruita sotto il vescovo Milone nel 981. Questa chiesa divenne parrocchia nel 1459, ma fu successivamente demolita e trasferita nel 1518 nel luogo dove oggi sorge il paese di San Massimo all'Adige. Tradizionalmente, il Martirologio Romano ricordava San Massimo il 29 maggio, ma dal 2001 il suo nome non compare più nel Martirologio. Nonostante ciò, San Massimo continua a essere venerato come santo patrono del paese di San Massimo all'Adige, dove le celebrazioni si svolgono l'ultima domenica di agosto insieme a quelle in onore di San Luigi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Verona san Màssimo Vescovo.

nome San Massimino di Treviri- titolo Vescovo- nascita III secolo, Silly- morte 346 circa, Poitiers, Francia- ricorrenza 29 maggio- Attributi orso- Citato nel Martirologio geronimiano alla data del 29 maggio, il vescovo di Treviri è ricordato anche da Gregorio di Tours, che descrive alcuni miracoli avvenuti presso la sua tomba. La prima biografia di Massimino è caratterizzata da amplificazioni di scarsa attendibilità storica (tra cui si ricorda la falsa notizia della deposizione di Eufrate di Colonia ad opera di Massimino nel corso di un sinodo del 346), e dall'utilizzo di noti topoi agiografici, quale, ad esempio, l'episodio dell'orso costretto a sostituire la bestia da soma divorata da quest'ultimo. Tale testo è stato redatto fra il 750 e il 760 da un anonimo monaco di Treviri, con la finalità di avvantaggiare la sua diocesi nei confronti di quella coloniese. Intorno all'839, su richiesta del monaco Valdone di S. Massimino di Treviri, Lupo di Ferrières compose un nuovo testo agiografico, che non è se non una rielaborazione stilistica della precedente biografia. A queste due biografie vanno aggiunti una raccolta di miracoli compilata da Sigeardo, monaco di S. Massimino, verso il 962, e un Carmen edito dal Kraus nel secolo scorso. Secondo gli agiografi Massimino sarebbe stato originario dell'Aquitania, da dove si trasferì a Treviri, divenendo ben presto presbitero sotto la guida del vescovo Agrizio, al quale successe tra il 320 e il 330: Treviri era allora capitale dell'Impero d'Occidente. Nonostante l'atteggiamento favorevole di Costantino nei confronti della reazione antinicena, Massimino si schierò apertamente in difesa dell'ortodossia e accolse presso di sé il patriarca di Alessandria Atanasio, allontanato dalla sua sede dall'imperatore per volere del partito filoariano, e il patriarca costantinopolitano Paolo, scacciato per motivi analoghi. Alla morte di Costantino (337) Massimino riuscì ad esercitare un positivo influsso sul giovane figlio di lui, Costante, che, divenuto imperatore d'Occidente, parteggiò per la causa nicena. Dalle ulteriori, ma scarne testimonianze ci è noto che Massimino, pochi anni prima della sua morte, presumibilmente avvenuta intorno al 346, fu, unitamente a papa Giulio I e al vescovo di Cordova Orosio, tra i promotori del Concilio di Sardica (343). Massimino viene generalmente raffigurato come un vescovo recante il libro e il pastorale spesso accompagnato dall'orso. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tréviri il beato Massimino, Vescovo e Confessore, dal quale Sant'Atanàsio Vescovo, esule per la persecuzione degli Ariani, fu onorevolmente ricevuto.

nome Beato Rolando Rivi- titolo Seminarista e martire- nascita 7 gennaio 1931, San Valentino, Reggio Emilia- morte 13 aprile 1945, Piane di Monchio, Modena- ricorrenza 29 maggio- Beatificazione 5 ottobre 2013 da Papa Francesco- Santuario principale Chiesa di San Valentino, Castellarano- Patrono di ministranti di Modena-Nonantola- Rolando Rivi nasce il 7 gennaio 1931, nella Casa del Poggiolo, a San Valentino, nel Comune di Castellarano (Reggio Emilia). Il padre si chiama Roberto Rivi e la madre Albertina Canovi. Fanciullo intelligente e vivace, intimamente amico di Gesù, chierichetto assiduo nel servizio all'altare, si sente presto chiamato da Dio a diventare sacerdote. Nell'ottobre del 1942, a undici anni, Rolando Rivi entra nel Seminario minore di Marola, nel Comune di Carpineti (Reggio Emilia), e veste l'abito talare. Qui si distingue per lo studio, l'amore al Signore Gesù, la preghiera intensa, la bontà verso gli altri. Nell'estate del 1944 il Seminario viene chiuso per motivi di guerra. Rolando torna a casa, ma continua a fare vita da seminarista, indossando sempre l'abito talare e alimentando il suo desiderio di diventare sacerdote e missionario con la Confessione, la Comunione quotidiana e il Santo Rosario alla Madonna. Venerdì 13 aprile 1945, nel clima di odio contro i sacerdoti diffusosi in quel periodo sul finire della seconda guerra mondiale, Rolando Rivi viene barbaramente ucciso da un gruppo di partigiani comunisti in località Piane di Monchio (Modena) per la sola colpa di indossare l'abito talare e testimoniare la sua fede cristiana. Il Comitato Amici di Rolando Rivi ha promosso la causa di beatificazione. Il 21 settembre 2013 Papa Francesco ha firmato la Lettera Apostolica che proclama Rolando Beato per aver testimoniato la fede sino al martirio. La cerimonia di beatificazione si è svolta a Modena il 5 ottobre 2013.

nome Sant'Orsola Ledóchowska- titolo Religiosa- nome di battesimo Giulia Maria Ledochowska- nascita 17 aprile 1865, Loosdorf, Austria- morte 29 maggio 1939, Roma- ricorrenza 29 maggio- Beatificazione 20 giugno 1983 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 18 maggio 2003 da papa Giovanni Paolo II- Giulia Maria Ledochowska nacque in Austria nel 1865 da una nobile famiglia di origine polacca, molto legata alla Chiesa con zio era cardinale e fratello superiore generale dei Gesuiti. Nel 1873 la famiglia si trasferì a Sankt Pòlten, dove Giulia poté iscriversi alla scuola delle Dame inglesi, ricevendo una buona educazione. Conosceva più lingue, sapeva cavalcare, era una brillante conversatrice. Nel 1883 la famiglia si spostò a Lipnica Murowana, nei pressi di Cracovia, e qui la giovane sorprese i genitori annunciando loro, al compimento del 21° anno di età: «Voglio consacrare la mia vita al Signore». Scelse di entrare presso le Orsoline di Cracovia e, in onore della fondatrice, prese il nome di Orsola. Finiti gli anni della formazione ed emessi i voti, suor Orsola trascorreva il tempo tra l'adorazione eucaristica e l'insegnamento. Alle madri che le chiedevano consiglio per l'educazione dei figli rispondeva: «I bambini hanno bisogno di serenità, di quella gioia che scaturisce dalla fede e dall'amore di Dio». Nel 1903 la Polonia permise alle donne di accedere all'università. Tempestivamente suor Orsola, divenuta superiora, aprì all'interno della casa un pensionato per le giovani universitarie. Ben presto la sua intraprendenza varcò i confini della Polonia. Aprì un collegio femminile a San Pietroburgo e, costretta a lasciare la Russia, prese iniziative similari in Finlandia, Svezia e Danimarca. Mentre si dedicava alle giovani di famiglia benestante, suor Orsola non dimenticava le più povere. Come farà più tardi la Santa Madre Teresa, scrisse al pontefice dell'epoca (Benedetto XV) chiedendo l'autorizzazione a lasciare la sua congregazione per fondarne una nuova: «Vorremmo che il nostro compito fosse soprattutto quello di aiutare le giovani non abbienti e di prenderci cura dei poveri». Nacque così la congregazione delle Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante che ebbe una rapida diffusione in Europa, in America Latina, nelle Filippine. Nel 1928 venne aperta la casa madre di Roma e la madre cominciò a girare per i sobborghi poveri della capitale italiana, distribuendo aiuti spirituali e materiali. Madre Orsola morì nel 1939 ed è stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 2003. Le sue suore sono chiamate Orsoline grigie in Polonia, suore polacche in Italia. GIOVANNI PAOLO II Madre Orsola Ledochowska fece della sua vita una missione di misericordia nei riguardi dei più bisognosi. Ovunque la Provvidenza la pose, trovò giovani che avevano bisogno d'istruzione e di formazione spirituale, poveri, ammalati, persone sole, feriti in vari modi dalla vita, che attendevano da lei comprensione e aiuto concreto. Aiuto che, secondo le sue possibilità, non rifiutava a nessuno. La sua opera di misericordia rimarrà scolpita per sempre nel messaggio di santità che ieri è diventato parte di tutta la Chiesa.

nome Santa Bona da Pisa- titolo Vergine- nascita 1155 circa, Pisa- morte 29 maggio 1207, Pisa- ricorrenza 29 maggio- Patrona di assistenti di volo e guide turistiche- Poco si conosce di questa santa. Ebbe visioni mistiche e fu un'infaticabile pellegrina, come il medievale S. Godric (21 mag.) all'inizio della sua vita, e come S. Benedetto Giuseppe Labre (morto 1783, 16 apr.), mantenendo come base Pisa, dove morì. Fece numerosi pellegrinaggi in Terra Santa, a Roma e a Compostella. Il suo è un culto locale, limitato alla diocesi di Pisa. MARTIROLOGIO ROMANO. A Pisa, santa Bona, vergine, che compì con devozione frequenti pellegrinaggi in Terra Santa, a Roma e a Compostela.

nome San Sisinnio- titolo Protomartire trentino- morte 29 maggio 397, Val di Non,Trentino- ricorrenza 29 maggio- E martirio di questi tre cappadoci pare certo. Se ne trovano riferimenti nelle lettere di Vigili°, vescovo di Trento, e negli scritti di S. Agostino e di S. Massimo di Torino. Sisinnio era diacono, Martirio e suo fratello Alessandro lettori. S. Ambrogio (7 dic.) li aveva raccomandati vivamente a Vigili°, vescovo di Trento, che in quel momento aveva scarsità di pastori. Egli incaricò i tre di diffondere il Vangelo sulle Alpi Tirolesi (soprattutto in Anaunia, Val di Non): nonostante varie opposizioni guadagnarono un buon numero di persone alla fede cristiana; Sisinnio edificò anche una chiesa a Methon (Medol). I pagani, adirati per la divulgazione del cristianesimo, cercarono allora di costringere i neo-convertiti a partecipare a celebrazioni politeiste, ricevendone però un netto rifiuto; i tre martiri vennero per questo motivo assaliti nella loro chiesa e picchiati violentemente. Sisinnio morì poco dopo l'aggressione, e gli altri due vennero bruciati, vivi o morti, nello stesso rogo. Le loro ceneri furono portate a Trento dai fedeli e sul luogo del loro martirio fu edificata una chiesa. MARTIROLOGIO ROMANO. In Val di Non nel Trentino, santi martiri Sisinio, diacono, Martirio, lettore, e Alessandro, ostiario: cappadoci di origine, fondarono in questa regione una chiesa e introdussero l’uso dei cantici di lode al Signore, finendo poi uccisi da alcuni pagani che stavano offrendo sacrifici di purificazione.

nome Beati Guglielmo Arnaud e 10 compagni- titolo Martiri di Avignonet- ricorrenza 29 maggio- L'esistenza del culto di questi martiri, ratificato dalla Santa Sede nel 1866 in seguito alle molte guarigioni avvenute sul luogo della loro sepoltura, ci aiuta a ricordare che nel travagliato periodo dell'eresia albigese, nel sud ovest della Francia, molti cristiani patirono il martirio a causa della loro fede e dell'obbedienza alla Santa Sede. Tra i dodici che ricordiamo oggi vi sono tre domenicani, due francescani, due benedettini, quattro altri chierici e un laico. A cavallo tra il xu e il xm secolo l'idea della crociata si era estesa alle spedizioni contro gli eretici e aveva trovato un campo di applicazione nella Francia meridionale. L'opportunità effettiva fu offerta dal desiderio franco di estendere il proprio effettivo potere sulle aree di Tolosa e di Carcassonne, obiettivo raggiunto nel 1229 con una guerra che costrinse il conte Raimondo VII di Tolosa alla resa. L'azione contro i catari proseguì con nuovi insediamenti, espropri e, dal 1233, l'Inquisizione. Questa lunga erosione del catarismo, la cui dottrina dualista insegnava l'esistenza di due divinità in lotta, una creatrice del mondo spirituale e l'altra di quello materiale carceriere dell'anima, fu considerata necessaria e spesso sentita come indispensabile prevenzione alla sua disastrosa propagazione. L'Inquisizione fu molto solerte nel perseguire lo scopo anche se la Chiesa non giustiziava direttamente gli eretici: quando essi respingevano ogni tentativo fatto per convincerli a ritrattare (i catari rifiutavano la Chiesa e la sua autorità), venivano consegnati al braccio secolare, cioè al potere civile, per la punizione. L'Inquisizione papale, distinta da quella diocesana, fu affidata ai domenicani da papa Gregorio IX nel 1233, lo stesso anno in cui a Tolosa fu fondata ufficialmente l'università, sul modello di Parigi. Entrambi questi eventi avvennero dodici anni dopo la morte di S. Domenico (8 ago.), ma si può a ragione ritenere che egli avrebbe condiviso più il secondo che il primo, cosa come le equilibrate opinioni di S. Tommaso d'Aquino (28 gen.) offrivano risposte migliori all'avversione dei catari per cibo, bevande, rapporti sessuali e tutte le altre attività umane. Almeno alcuni dei martiri di oggi furono inquisitori, come il più famoso S. Pietro Martire (t 1252, 29 apr.), ma non sappiamo quanti fossero domenicani (probabilmente almeno tre), i cui confratelli dell'ordine, originatosi proprio a Tolosa, vi erano stati scacciati dai seguaci dell'eresia catara. Essi diressero una predicazione missionaria ad Avignone (nel sud ovest) con l'aiuto dei preti locali; qui fu loro offerta ospitalità nel castello dell'amministratore locale di Raimondo VII, ma, ritiratisi nelle loro stanze per dormire, furono massacrati da soldati segretamente ammessi nel palazzo. I sacerdoti con il loro ultimo respiro lodarono Dio con le parole del Te Deur n. Le numerose guarigioni avvenute sul luogo della loro sepoltura portarono al culto, successivamente confermato. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Avignonet vicino a Tolosa in Francia, beati Guglielmo Arnaud e dieci compagni13, che, uniti nell’impegno di opporsi all’eresia dei catari, furono arrestati con l’inganno a motivo della loro fede in Cristo e dell’obbedienza alla Chiesa di Roma e morirono trafitti con la spada nella notte dell’Ascensione del Signore, mentre intonavano a una sola voce il Te Deum.

nome Beato Giuseppe Gerard- titolo Sacerdote, missionario- nome di battesimo Joseph Gérard- nascita 12 marzo 1831, Bouxières-aux-Chênes, Nancy, Francia- morte 29 maggio 1914, Roma, Lesotho, Africa- ricorrenza 29 maggio- Beatificazione 15 settembre 1988 da papa Giovanni Paolo II- Giuseppe nato a Bouxières-aux-Ch'ènes (Francia), come molti suoi compatrioti entrò a far parte della congregazione missionaria degli Oblati di Maria Immacolata, fondata dal B. Carlo de Mazenod (21 mag.). Questa congregazione fiorì nelle Americhe, 'ma Giuseppe venne mandato nell'Africa meridionale, dove per sette anni evangelizzò i cafri (bantu) senza apparenti risultati. Andò quindi, nel 1876, nel Lesotho settentrionale, dove fondò la missione di S. Monica e costruì convento e scuola. Aveva una particolare attenzione per gli ammalati e i sofferenti, esercitata costantemente durante un apostolato di oltre vent'anni. Stabilitosi in una località chiamata Roma, lavorò molto a lungo e duramente, diventando il rispettato fondatore di questa missione e il suo vigile apostolo. Quando fu beatificato nel 1988 i cristiani laici in questo paese erano 600.000. MARTIROLOGIO ROMANO. In località Roma in Lesotho nell’Africa australe, beato Giuseppe Gérard, sacerdote degli Oblati di Maria Immacolata, che dapprima nella provincia del Natal e poi soprattutto nel Basutoland annunciò instancabilmente Cristo.

nome Sant'Essuperanzio di Ravenna- titolo Vescovo- nascita V secolo- morte V secolo, Ravenna- ricorrenza 29 maggio- La diocesi di Ravenna era vasta e importante anche prima che gli imperatori d'Oriente la sviluppassero per contrastare l'influenza papale in Italia. Il suo primo vescovo fu Urso, il secondo Essuperanzio. Questi visse sotto l'imperatore Onorio (394-423), che nel 403 fece di Ravenna la sua capitale. Di fatto la maggior parte dell'effettivo potere sulla parte occidentale dell'impero era nelle mani del tutore di Onorio, Flavio Stilicone (359-408), generale di stirpe vandala, che aveva sposato la nipote dell'imperatore Teodosio e la cui figlia era andata in moglie al quindicenne Onorio (398); alcune importanti guerre di Stilicone salvarono per un certo periodo l'impero occidentale dai goti di Alarico e quando egli si trasferì a Ravenna, Essuperanzio lo persuase a non profanare né saccheggiare la cattedrale (e fu proprio a Ravenna che Stilicone, sacrificato da Onorio per evitare una sedizione, fu assassinato). Essuperanzio è ricordato, inoltre, per aver costruito la città di Argenta, il cui nome deriva dal tributo d'argento pagato a Ravenna; morì in pace e fu sepolto nella chiesa di S. Agnese, ma le sue reliquie ora riposano nella cattedrale della città. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ravenna sant’Esuperanzio, vescovo, che governò con prudenza questa Chiesa, al tempo in cui il re Odoacre si impadronì dell’Italia e della città.

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