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I santi di oggi 7 dicembre:
nome Sant'Ambrogio- titolo Vescovo e dottore della Chiesa- nome di battesimo Aurelio Ambrogio- nascita 340, Treviri, Germania- Consacrato vescovo 7 dicembre 374- morte 4 aprile 397, Milano- ricorrenza 7 dicembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Milano- Santuario principale Basilica di Sant'Ambrogio, Milano- Attributi miele, flagello, bastone pastorale e gabbiano- Patrono di Milano, Stresa, Alassio, prefetti, Lombardia, Merate, Rozzano, Monserrato, Buccheri, Cerami, Vigevano, Castel del Rio, vescovi, Omegna, Carate Brianza, Caslino d'Erba, Settimo Milanese, Dego, Lonate Pozzolo, Gorzone (Darfo Boario Terme)- Di nobile famiglia romana, nacque a Treviri nelle Gallie ove suo padre era prefetto e a pochi mesi di vita uno sciame di api portò alla sua bocca del miele. Ancora giovane, per la sua grande prudenza ed imparzialità, fu mandato governatore a Milano. Essendo in quel tempo rimasta vacante quella sede episcopale, vi erano grandi discordie tra cattolici ed ariani per l'elezione del nuovo Vescovo. Ciascuno lo voleva secondo la propria fede, e fu necessario l'intervento del governatore Ambrogio per pacificare gli animi. Ma appena Ambrogio comparve in mezzo alla folla, un bambino si diede a gridare: Ambrogio vescovo, Ambrogio vescovo, e subito dopo di lui, cattolici ed ariani unanimemente vollero l'elezione di Ambrogio. Essendo egli solamente catecumeno, dovette prima ricevere il battesimo, poi il sacerdozio e finalmente malgrado la sua umile riluttanza, la consacrazione episcopale. Eletto dunque vescovo, con cuore di padre governò le anime a lui affidate. Amorevole con tutti, si mostrava nello stesso tempo severo ed intransigente verso i nemici ostinati della Chiesa. Con la sua straordinaria perspicacia nella scelta dei pastori di anime, diede il colpo di grazia alla setta degli ariani. Questi eretici, riconoscendo Gesù Cristo solo come uomo, negavano recisamente la sua divinità. Ma se potenti erano gli eretici, più potenti furono i difensori suscitati da Dio per la integrità della fede. Frutti insperati raccoglieva il Santo coi suoi sermoni: va ricordata in modo speciale la conversione di S. Agostino.
Stando una volta l'imperatore Teodosio nel presbiterio della chiesa, posto riservato unicamente ai sacerdoti, coraggiosamente mandò ad avvertirlo, ma con tale carità, che Teodosio ringraziò il santo vescovo di tale avvertimento. Allorché lo stesso imperatore osò entrare in chiesa dopo la strage di Tessalonica, Ambrogio glielo impedì, e quando l'imperatore per scusarsi addusse l'esempio del re Davide, il santo Vescovo coraggiosamente rispose: Se avete imitato Davide nel peccato, imitatelo anche nella penitenza. Finalmente, dopo molte lotte e sacrifici, andò a ricevere la corona delle sue fatiche in cielo, il 4 aprile dell'anno 397. PRATICA. Facciamo penitenza dei nostri peccati finchè siamo in vita, se non vogliamo farla in Purgatorio. PREGHIERA. O Signore che nell'elezione e nella vita del vescovo Ambrogio hai dato al tuo popolo un esempio della tua immensa misericordia e provvidenza, fa' che per i meriti di Gesù Cristo un giorno siamo compagni di colui che ora veneriamo in terra.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di sant'Ambrogio, vescovo di Milano e dottore della Chiesa, che si addormentò nel Signore il 4 aprile, ma è venerato in particolare in questo giorno, nel quale ricevette, ancora catecumeno, l'episcopato di questa celebre sede, mentre era prefetto della città. Vero pastore e maestro dei fedeli, fu pieno di carità verso tutti, difese strenuamente la libertà della Chiesa e la retta dottrina della fede contro l'arianesimo e istruì nella devozione il popolo con commentari e inni per il canto.
nome Santa Fara- titolo Badessa- nascita 595, Poincy, Francia- morte 675, Faremoutiers, Francia- ricorrenza 7 dicembre, 3 aprile- Santuario principale Abbazia di Faremoutiers- Patrona di Faremoutiers, Cinisi, protettrice della Divina Provvidenza, dell'agricoltura e delle malattie che colpiscono gli occhi- Fara, nacque nel comune di Pipimisicum (oggi Poincy in Francia) del Conte Cagnerico e Leodegonda. Da bambina fu benedetta e dedicata a Dio da San Colombano, che, esiliato da Luxeuil, aveva ricevuto l'ospitalità dei suoi genitori. Tuttavia, una volta raggiunta la maggiore età, suo padre, indipendentemente dalla promessa fatta al santo, pensò di sposarla. La giovane si ammalò e rimase in quello stato fino a quando Sant'Eustachio, successore di San Colombano in direzione del monastero di Luxeuil, rivelò a Cagnerico che, lasciandola libera di dedicarsi a Dio, sarebbe guarita. Il padre mantenne allora la promessa e la giovane donna recuperò la salute. Ma il padre volle nuovamente invitarla allo sposalizio e Fare decise di lasciare la casa di famiglia e si rifugò presso un amico fedele, nella chiesa di San Pietro. Scoperta, fu invitata a tornare dalla famiglia e persino minacciata di morte se avesse rifiutato, ma non abbandonò la sua decisione. Sant'Eustachio, informato di quanto stava accadendo, ammonì severamente Cagnerico, e impose il velo alla giovane donna. Il padre, nobile cortigiano, cedette alle sue pretese e fondò per lei il convento di Brige (Brie) o "Evoriacum" (poi chiamato Faremoutiers), a Meaux, secondo la regola di San Colombano e di cui fu badessa per 40 anni. Il monastero, sorto a fianco della chiesa dedicata alla Vergine e ai Santi Pietro e Paolo, divenne presto un centro di fervida vita spirituale. Convinse suo fratello San Farone ad abbandonare la vita mondana. Fu badessa di questo monastero per 37 anni, istruendo molte suore sante inglesi. Si distinse per esigente prudenza e santità. Suora dei Santi Farone, Vescovo di Meaux e di San Canoaldo, Vescovo di Laón. Tra i miracoli a lui attribuiti durante la sua vita c'era quello di ridare la vista a una delle sorelle della sua comunità, che è uno dei temi con cui è rappresentato nella sua iconografia. Le sue spoglie sono conservate a Champeaux ed è la patrona di Brie. MARTIROLOGIO ROMANO. A Faremoutiers nel territorio di Meaux in Francia, santa Fara, badessa, che, dopo avere retto per molti anni il monastero, si unì all’assemblea delle vergini che seguono l’Agnello di Dio.
nome Santa Maria Giuseppa Rossello- titolo Vergine- nome di battesimo Benedetta Rossello- nascita 27 maggio 1811, Albissola Marina, Savona- morte 7 dicembre 1880, Savona- ricorrenza 7 dicembre- Beatificazione 6 novembre 1938- Canonizzazione 12 giugno 1949- Santuario principale Casa madre Figlie di Nostra Signora della Misericordia, Savona- Attributi Giglio- Il dottor P.D. Sessa, uno dci biografi di S. Giuscppa, afferma che, a quanto si sa, la sua vita non fu caratterizzata da visioni, voci celestiali, o altre meraviglie, tuttavia vi fu qualcosa di miracoloso nel rapido aumento, in pochi anni, del numero delle consorelle della sua congregazione: da tre, che formarono il nucleo iniziale, salì a più di cento, inoltre il primo convento divenne la casa madre di altri sessantotto durante la sua vita. Nacque nel 1811 ad Albisola Marina, cittadina della costa ligure, quarta figlia di una famiglia di nove; il padre, Bartolomeo Rossello, lavorava nel commercio della ceramica, e, d'accordo con la moglie, Maria Dedonc, chiamò la figlia Benedetta. La bambina era vivace e intelligente e, in un certo senso, capeggiava gli altri bambini. Una volta, all'età di quasi nove anni, i cittadini di Albisola fecero un pellegrinaggio al sepolcro di Nostra Signora della Misericordia a Savona, lasciando i figli a casa. In assenza dei suoi genitori, Benedetta organizzò un suo pellegrinaggio, portando tutti i ragazzi e le ragazze in processione, a pregare nel santuario locale di Nostra Signora della Misericordia. Sulla via del ritorno cantarono alcuni inni, e il sacrestano, pensando di udire il canto dei pellegrini adulti che ritornavano da Savona, ordinò di suonare le campane della chiesa. Benedetta era sensibile alla bellezza del creato e si sentiva vicina a S. Francesco d'Assisi (4 ott.); a sedici anni fu accolta nel Terz'ordine francescano, sotto la direzione spirituale di un frate cappuccino, p. Angelo di Savona. Per un periodo desiderò diventare eremita, ma il frate la dissuase: a diciannove anni Benedetta prese servizio presso la famiglia Monleone, a Savona. «Le mani sono fatte per lavorare, il cuore per Dio» diceva Benedetta, e assistette per i successivi sette anni il capofamiglia Monleone, invalido, dando il suo salario alla sua famiglia, che viveva in povertà. Sarebbe potuta restare nella confortevole casa dei Monleone per il resto della vita, ma alla morte del suo paziente, il suo desiderio di "ritirarsi dal inondo" rinacque più vivo che mai. In questo momento, il vescovo di Savona era mons. Agostino de Mari, che, essendo molto preoccupato dai pericoli che dovevano affrontare molte ragazze e giovani donne in città, desiderava fare qualcosa per loro. Benedetta Rossello venne a conoscenza delle sue intenzioni; era già stata rifiutata da un convento perché non aveva una dote, perciò chiese di incontrare il vescovo e gli offrì i suoi servizi. Il vescovo rimase così impressionato dal suo aspetto" e dai modi, che accettò l'offerta: il 10 agosto 1837, Benedetta, le sue cugine Angela e Domenica Pescia, e una quarta giovane chiamata Paolina Bada, si trasferirono in una casa piuttosto squallida detta "la Commenda", a Savona. Scelsero il nome di Figlie di N.S. della Misericordia, e Benedetta prese il nome di Maria Giuseppa. La loro dotazione si limitava a pochi mobili, qualche pagliericcio, un sacco di patate e poche lire, un crocifisso e una statua della Madonna. Il loro compito era di istruire le ragazze povere, in particolare insegnare loro il catechismo, e successivamente aprire ostelli, scuole e ospedali. La congregazione fu ufficialmente inaugurata nell'ottobre dello stesso anno; la prima superiora fu suor Angela, ma tre anni dopo fu eletta superiora suor Giuseppa, che mantenne quell'incarico per tutta la vita. La congregazione crebbe al punto da dover lasciare la prima residenza e trasferirsi in un edificio in affitto, che diventò la casa madre dell'ordine, il nucleo di un enorme gruppo di edifici.<br /> Uno dei primi problemi che madre Giuseppa dovette risolvere fu la morte del loro amico e sostenitore il vescovo de Mari: il vicario capitolare era ostile alla congregazione, ma fortunatamente il nuovo vescovo, nominato con un considerevole ritardo, dimostrò di condividere l'opinione di mons. de Mari.<br /> Approvò la regola dell'ordine nel 1840, quando la congregazione era composta di trentacinque consorelle; l'ordine aveva già inviato un primo gruppo a lavorare nelle scuole municipali e negli ospedali di Varazze, e da lì si spostarono poi in molti altri luoghi d'Italia. Vi furono alcune difficoltà: talvolta le consorelle incontravano opposizioni, la salute di madre Giuseppa si deteriorò, e il vescovo dovette insistere che pensasse a curarsi. Vi erano anche problemi finanziari, che però si risolsero grazie a due lasciti inaspettati, uno dei quali da parte della vecchia amica e padrona, la signora Monleone. Mons. de Mari aveva desiderato l'istituzione di case di recupero per giovani donne in difficoltà, perciò Giuseppa cercò di portare avanti questo progetto: il primo esperimento a Genova fallì, ma alla fine ella riuscì a fondare tre case, che battezzò con il nome di Case della Divina Provvidenza. Una di queste si trovava nella sua città natale, Albissola, nella casa che precedentemente era stata abitata da Ferdinando Isola, un francescano che subì il martirio per opera dei turchi, a Scutari, nel 1648. Madre Giuseppa, a quanto pare, ogni volta che aveva del denaro, trovava qualcosa di nuovo da fare. Una delle sue nuove imprese fu la fondazione del Piccolo Seminario per i Chierici Poveri, per favorire e assistere le vocazioni al sacerdozio. Le sue energie e la capacità di prevedere le cose erano eccessive per molti ecclesiastici, che s'opposero saldamente a quest'innovazione, ma Giuseppa riuscì a convincere il vescovo, mons. Cerutti, che la incoraggiò attivamente, e altrettanto fece il suo successore, mons. Boraggini. Poi, nel 1875 giunse il momento della prima fondazione in America meridionale, quando un gruppo di Figlie di N.S. della Misericordia, con la benedizione e la raccomandazione di S. Giovanni Bosco (31 gen.), partì per Buenos Aires: presto furono costruite scuole, ospedali, centri di recupero e altre fondazioni in tutto il continente americano. Negli ultimi anni di vita, madre Giuseppa combinò una grande energia a una grande umiltà. La fondatrice di numerosi conventi e istituzioni caritatevoli non si esimeva dal compito di spazzare il pavimento, sparecchiare o lavare i piatti. All'età di sessantaquattro anni cominciò un periodo di sofferenza: il cuore s'indebolì ed ella perse l'uso delle gambe, perciò poté solo supervisionare il lavoro altrui, senza potervi partecipare attivamente. Questa immobilità fu causa di depressione: Giuseppa attraversò un periodo di grande sofferenza spirituale, durante il quale fu tormentata da molti scrupoli e convinta di essere una peccatrice. La sua fede rimase salda: «Tenete stretto Gesù» ripeteva continuamente alla sua congregazione. «Esiste Dio, l'anima, l'eternità: il resto non è nulla.» Giuseppa Rossello morì, in pace e umiltà, il 7 dicembre 1880 all'età di sessantanove anni. La canonizzazione di papa Pio XII è avvenuta nel 1949. MARTIROLOGIO ROMANO. A Savona, Santa Maria Giuseppa (Benedetta) Rossello, vergine, che fondò l’Istituto delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia e si dedicò con fervore alla salvezza delle anime, confidando solo in Dio.
nome San Sabino di Spoleto- titolo Vescovo e martire- nascita III secolo- morte IV secolo, Spoleto- ricorrenza 7 dicembre- Santuario principale Chiesa di Agliano Terme- Patrono di Ivrea, Monte San Savino, compatrono di Fermo- Un martire di nome Sabino fu sepolto vicino a Spoleto, ma il possesso delle sue spoglie è rivendicato da diverse città italiane. S. Gregorio Magno (3 set.) parla di una cappella costruita in suo onore vicino a Fermo, chiedendo la restituzione delle reliquie del martire a Crisanto, vescovo di Spoleto. Per il resto, ci si basa sulla tradizione, per quanto riguarda il racconto dcl suo martirio, che risale al v o vi secolo: Sabino era un vescovo che, assieme a diversi altri ecclesiastici, fu arrestato durante la persecuzione di Diocleziano. Quando Venustiano, governatore dell'Etruria, gli ordinò di adorare una statuetta di Giove, Sabino la scagliò con disprezzo per terra, frantumandola. Per questo gesto, gli furono tagliate le mani.<br /> Anche i suoi due diaconi, Marcello ed Essuperio, che professarono la loro fede, furono flagellati e torturati, e morirono entrambi sotto tortura. I corpi furono poi sepolti ad Assisi. Sabino fu ricondotto in prigione, dove guarì un bambino cieco, e gli altri detenuti chiesero di essere battezzati; anche il governatore, che soffriva di una malattia agli occhi, guarì e si converti, insieme alla moglie e ai figli; poi subirono il martirio. Sabino fu giustiziato a Spoleto e seppellito a un chilometro e mezzo circa dalla città. Sabino di Spoleto dovrebbe essere distinto da S. Sabino, vescovo di Piacenza, contemporaneo di S. Ambrogio di Milano (supra). MARTIROLOGIO ROMANO. A Spoleto in Umbria, san Sabino, venerato come vescovo e martire.
nome San Giovanni il Silenziario- titolo Vescovo- nascita 454 circa, Nicopoli, Armenia- morte 558, monastero di San Saba, Betlemme- ricorrenza 7 dicembre- Incarichi ricoperti Arcivescovo di Colonia in Armenia- Fu così chiamato per il suo grande amore al silenzio, nacque a Nicopoli nell'Armenia. Rimasto orfano, dopo essere stato dai suoi genitori educato cristianamente, ad evitare i pericoli del mondo, vendette i suoi beni per edificare una chiesa alla Madre di Dio, e vicino ad essa un monastero, in cui si racchiuse con altri monaci. Egli crebbe di virtù in virtù e la fama della sua santità giunse al Vescovo di Sabaste, che lo ordinò sacerdote e fu mandato ad evangelizzare il popolo di Colonia in Armenia, ove si adoperò in ogni modo per mettere la pace, elevato alla dignità episcopale conservò sempre l'amore alla solitudine. Quando potè vedere rifiorita la fede e l'amore alla religione, chiese ed ottenne di far ritorno alla quiete del chiostro nel monastero di San Saba ove visse in una cella orando, leggendo e facendo penitenza. Suo vitto erano pochi legumi dei quali si cibava al tramonto e ad onta delle sue austerità, mori a centoquattro anni nel 558. Dio onorò il suo sepolcro con numerosi miracoli. PREGHIERA. Ponete. o Signore. una custodia alla mia bocca e una siepe alle mie labbra, perchè non esca parola che, vi offenda e perchè la prudenza moderi e governi ogni mio detto. MARTIROLOGIO ROMANO. In Palestina, san Giovanni Silenziario o l’Esicasta, che, lasciato l’episcopato di Colonia nell’antica Armenia, condusse nella laura di san Saba una vita monastica di umile servizio ai fratelli, di rigorosa solitudine e di silenzio.
nome San Carlo Garnier- titolo Gesuita, martire in Canada- nome di battesimo Charles Garnier- nascita 25 maggio 1605, Parigi- morte 7 dicembre 1649, Etbarita, Canada- ricorrenza 7 dicembre- Beatificazione 21 giugno 1925, da papa Benedetto XV- Canonizzazione 29 giugno 1930, da papa Pio XI- Attributi Palma del martirio- Nacque a Parigi, entrò presto a far parte dei gesuiti, giunto in Canada nel 1636 dopo aver completato gli studi teologici al College of Clermont. Fu ordinato sacerdote nel 1635 e l'anno successivo, l'8 aprile 1636, all'età di 31 anni, si imbarcò per il Quebec, in Canada, e da lì arrivò in canoa nel territorio degli Indiani Huron. Acquisì la loro sfiducia prodigandosi nella cura delle vittime della peste. Da lì fu inviato ad evangelizzare la regione meridionale della Georgia Bay e qui, nel 1646, fondò due missioni. Tuttavia, il 7 dicembre del 1649 la missione di San Giovanni, dove si trovava padre Carlos, viene attaccata dagli indiani irochesi e il missionario viene assassinato il 7 dicembre. La sua memoria, come quella degli altri martiri del Canada, viene celebrata il 19 ottobre, nel gruppo dei santi John de Brébeuf e Isaac Jogues. MARTIROLOGIO ROMANO. Nello Stato dell’Ontario in Canada, passione di san Carlo Garnier, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, gravemente ferito durante una incursione da alcuni pagani mentre versava l’acqua del battesimo sui catecumeni, morì con un colpo di scure. La sua memoria si celebra il 19 ottobre insieme a quella dei suoi compagni.