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I santi di oggi 3 settembre:
nome San Gregorio Magno- titolo 64º papa della Chiesa cattolica e dottore della Chiesa- nascita 540 circa, Roma- Elezione 3 settembre 590- Fine pontificato 12 marzo 604 (13 anni e 191 giorni)- morte 12 marzo 604, Roma- ricorrenza 3 settembre, 12 marzo messa tridentina- Attributi triregno, colomba, libro- Patrono di San Gregorio, papi, cantanti, scolari, insegnanti, musicisti e costruttori- La Chiesa con molta ragione ha decorato questo santo Pontefice con il titolo di Grande, titolo che egli ha meritato con lo splendore delle sue azioni, con l'eccellenza delle sue virtù e dei suoi scritti. La sua vita segna una delle più belle pagine della storia sia ecclesiastica che civile. Nacque in Roma verso la metà del secolo sesto. Ebbe mente vasta e profonda, energia veramente romana, attività instancabile e grande amore per il vero e per il giusto: prerogative che egli affinò e soprannaturalizzò nella meditazione e nell'esercizio di una perfetta vita claustrale. Nelle Gallie i nuovi stati dei Franchi si andavano formando; nella Spagna il regno dei Goti non era ancora ben fermo; in Italia i Longobardi nel pieno disordine della loro immigrazione; in Inghilterra i valorosi Anglosassoni non ancora guadagnati al Vangelo: insomma la Chiesa vedeva che la Divina Provvidenza che affidava questi popoli perché li educasse alla verità de Vangelo, perché li avviasse sulla via della vera civiltà del vero progresso. S. Gregorio, uomo tutto di Dio, per mezzo dei suo scritti e dei suoi apostoli conquistò alla fede e alla morale cristiana questi nuovi popoli, mentre la sede d Roma era circondata dalle spade nemiche. Le ordinazioni, le prescrizioni, i moniti e le sentenze in materia di diritto, e le sue innumerevoli lettera recarono vera luce nella educazione dei popoli e furorn guida sicura anche negli affari più complicati e difficili. I suoi scritti andavano a ruba tra il popolo, sia per l'argomento sempre di attualità e magistralmente trattato, sia per l'unzione celeste che spirava da ogni pagina, sia per lo stile semplice e confidente, proprio d un padre, che parla ai suoi figli ancora bambini. Ma l'attività di S. Gregorio si estese anche largamente ai bisogni della Chiesa di Oriente. Prima di tutto combatté il bizantinismo del regime di Costantino poli, poi ne rintuzzò la smoderata vanità dei suoi patriarchi. Con invitta pazienza ed umile carità, ma con pari forza, dileguò le tendenze di separazione dalla Chiesa di Roma, e ritardò cosi per più secoli lo scisma greco. Per opera di questo Pontefice scomparvero i funesti residui di superstizione e di culto idolatrico, si dileguarono le eresie che, sebbene più volte sconfitte, tentavano tuttavia di infiltrarsi nella nuova vita dei popoli. Per le esperienze che S. Gregorio aveva delle cose di mondo, intervenne egli stesso alla difesa di Roma assalita dai nemici, protesse le regioni d'Italia minacciate dalla guerra e mandò istruzioni agli ufficiali sprovvisti di direttive e abbandonati a se stessi dal governo centrale. In questo modo S. Gregorio pose i primi fondamenti dell'autorità temporale dei Papi. S. Gregorio si addormentò nel Signore, ricco di meriti, il 12 marzo dell'anno 604. PRATICA. Il Papa è il dolce Cristo in terra: a lui dobbiamo amore, fedeltà, ubbidienza, preghiera. PREGHIERA. O Dio, che hai concesso i premi dell'eterna beatitudine al tuo servo Gregorio, concedi propizio a noi, che giacciamo sotto l'incubo delle nostre colpe, la grazia di essere da te sollevati per le sue preghiere. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere intrapreso la vita monastica, svolse l’incarico di legato apostolico a Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre. Si mostrò vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque la fede, scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale. Morì il 12 marzo.
nome San Marino- titolo Diacono e anacoreta, fondatore della Serenissima Repubblica di San Marino- nascita III secolo, Arie, Dalmazia- morte IV secolo, monte Titano- ricorrenza 3 settembre- <br /> Patrono di tagliapietre, San Marino, Città di San Marino e Arbe- Il Santo Fondatore Marino nacque ad Arie nella Dalmazia, sulla fine del terzo secolo. Venne, insieme con il compagno e compatriota Leone, a Rimini, dove lavorò per la ricostruzione della città devastata dai Liburni. Invaghitosi della solitudine del monte Titano, determinò di quivi porre sua dimora, dedicandosi a vita eremitica. Felicita, dama riminese e proprietaria lei monte, convertitasi col figlio Verissimo alla nuova fede per opera di Marino, volle a lui far dono del luogo alpestre. Ricco di meriti il pio eremita passò agli eterni riposi in avanzata età, lasciando io retaggio ai suoi seguaci, il ricco patrimonio di pace, di santi costumi e di libertà. MARTIROLOGIO ROMANO. Sul monte Titano vicino a Rimini, san Marino, diacono e anacoreta, che si ritiene abbia condotto il popolo ancora pagano alla luce del Vangelo e alla libertà di Cristo.
nome Santa Febe- titolo Coadiutrice di s. Paolo- nascita I secolo- morte I secolo- ricorrenza 3 settembre- A parte i martiri, i cristiani del Nuovo Testamento normalmente non furono citati nel Martirologio finché Adone cominciò a includerli nel ix secolo: S. Febe rientra in questa categoria. Alla fine della sua lettera ai cristiani di Roma, S. Paolo (29 giu.) manda i suoi saluti personali a un certo numero di persone che chiama per nome, ma prima "raccomanda" Febe a tutti loro, in modo da suggerire che fu lei probabilmente a portare loro la lettera: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cenere: ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso» (Rm 16, 1-2). Cencre era il piccolo porto di mare che si trovava a est di Corinto, dove Paolo scrisse la lettera nel 57 circa. Non si sa altro di Febe, eccetto un'interessante nota a piè pagina nella storia di Paolo. Alcuni studiosi hanno concluso, da un commento di Clemente di Alessandria e da una frase contenuta in una delle lettere, autentiche, ma con alcune interpolazioni, di S. Ignazio di Antiochia (17 ott.), che i due erano stati sposati, ma che dopo la conversione di Paolo, Febe si comportò con lui come una "sorella". MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di santa Febe, serva del Signore tra i fedeli di Kenchris, in Grecia, che assistette insieme a molti altri il beato Paolo Apostolo, come egli stesso attesta nella Lettera ai Romani.
nome San Remaclo (Rimagilo) di Stavelot- titolo Vescovo e Abate- nascita VII secolo, Aquitania, Francia- morte 671 circa, Stavelot, Belgio- ricorrenza 3 settembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Maastricht- Sembra che non ci siano dubbi sull'esistenza di S. Remaclo, e diverse leggende e luoghi in relazione al suo nome sopravvivono ancora nella diocesi di Liegi; tuttavia la Vita prima Remacli del ix secolo, il documento principale su cui furono basate altre Vite, inclusa la Vita secunda del X secolo, si è rivelata inattendibile. Non è facile, perciò, stabilire gli eventi della sua carriera, sebbene il Miracula sancti Remacli, una raccolta dei monaci di Stavelot, completata nel primo XI secolo, fornisca molti aneddoti, oltre a informazioni importanti sulle usanze del IX e X secolo. Esiste anche la cosiddetta Vita tertia, che risale al XV secolo e riassume le precedenti versioni. Remaclo nacque, probabilmente in Aquitania, alla fine del vi secolo o all'inizio del vii; dopo aver trascorso un periodo sotto la guida spirituale di S. Sulpicio (29 gen.) a Bourges, diventò sacerdote, e lasciò Bourges quando S. Eligio (1 dic.) gli chiese di diventare il primo abate di un monastero che aveva fondato a Solignac, vicino a Limoges. Questa nomina lo portò a essere scelto come abate di Cugnon nell'attuale Lussemburgo, dove tuttavia non si fermò a lungo, dato che il re d'Austrasia, Sigeberto III (634-656), lo chiamò a corte come consigliere. Su suo suggerimento Sigeberto fondò la doppia abbazia di Stave-lot-Malmédy nelle Ardenne, per portare avanti l'evangelizzazione di quella zona ancora pagana. Inizialmente i monaci seguirono la regola di S. Colombano (23 nov.), ma Remaclo successivamente adottò quella di S. Benedetto (11 lug.). L'affermazione in base alla quale a un certo punto diventò vescovo di Tongres-Maastricht sembra infondata, dato che pare più che probabile sia stato un vescovo monaco e missionario. Per i suoi monaci, per la famiglia del re, e per gli uomini e donne comuni con cui venne a contatto, era un esempio notevole di tutto ciò che predicava, e molta gente fu incoraggiata a cambiare stile di vita grazie alla sua amicizia. Morì il 3 settembre, tra il 671 e il 676 circa, e fu seppellito a Stavelot. Il suo culto si estese rapidamente, e molte chiese cercarono di raccogliere le reliquie, specialmente in Belgio, data la relazione con Stavelot-Malmédy, ma non molto tempo prima che si espandesse a Colonia, Caen e altrove. S. Remaclo è uno dei patroni di Tongres, Liegi, Stavelot, e Malmédy; talvolta è raffigurato in arte con un lupo, in riferimento a una leggenda che sostiene che un lupo, che aveva mangiato il suo asino, diventò suo fedele compagno. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Stavelot nel Brabante, nell’odierno Belgio, san Rimágilo, vescovo e abate, che, dopo quello di Solesmes, fondò i due monasteri di Stavelot e di Malmedy nella solitudine della foresta delle Ardenne.
nome Beato Guala di Brescia- titolo Vescovo- nascita 1180 circa, Bergamo- Nominato vescovo agosto 1230 da papa Gregorio IX- Consacrato vescovo 1230- morte 1244, Val Camonica, Lombardia- ricorrenza 3 settembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Brescia (1230-1244)- Beatificazione 1º ottobre 1868 da papa Pio IX- Attributi paramenti vescovili- Nel 1217, S. Domenico (8 ago.) si recò a Bergamo per reclutare nuovi membri per l'ordine: i primi a offrirsi volontari e a ricevere l'abito monastico furono Guala Romanoni, che aveva già trent'anni, e suo fratello Ruggero. Guala, dal nome di origine lombarda, nacque in una famiglia nobile, secondo i suoi biografi, nel 1180 circa, ed era già sacerdote quando incontrò Domenico, probabilmente canonico della cattedrale, che viveva seguendo una regola. Non era una situazione felice perché la congregazione con cui viveva era il risultato fallimentare della fusione dei due stili di vita, perciò il reclutamento di Domenico giunse al momento giusto. Dopo aver aderito, Guala proseguì assieme a Domenico per Bologna, con l'intenzione di fondare un convento, poi si raggiunsero Brescia, dove Domenico, che chiaramente apprezzava la sua saggezza ed esperienza, presto lo nominò priore.<br /> Guala era ancora priore a Brescia il 6 agosto 1221, quando Domenico fu colpito dall'ultima malattia, e mentre stava pregando nella chiesa perché quest'ultimo guarisse, ebbe una visione, o fece un sogno, in cui vide due scale che scendevano dal cielo: su una vi era Cristo e sull'altra Maria, in compagnia degli angeli, e ai piedi vi era una figura vestita con l'abito domenicano, con il volto coperto dal cappuccio, come in caso di sepoltura.<br /> Alla fine le scale furono tirate su, e il domenicano fu portato dagli angeli ai piedi di Cristo. Comprendendo il significato di questa visione, Guala si recò il più in fretta possibile a Bologna, ma apprese che Domenico era morto proprio nel momento in cui aveva avuto il sogno. Si fa riferimento a questo evento nella terza antifona per le laudi dell'Ufficio di S. Domenico: Scala cado prominens fratri revelatur, per quam pater transiens sursum ferebatur (A un fratello comparve una visione di una scala sospesa dal cielo, con cui il nostro padre morente fu portato in cielo). Quando questa laude fu cantata per la prima volta, dopo la canonizzazione di S. Domenica nel 1234, Guala era presente nel coro del convento a Bologna, e la intonò personalmente. Le sue notevoli doti personali, oltre all'abilità come predicatore e amministratore, erano state nel frattempo riconosciute al di fuori dell'ordine. Compì un certo numero di delicate missioni diplomatiche per papa Onorio III (1216-1227) e il suo successore Gregorio IX (1227-1241). Una delle prime azioni di quest'ultimo fu nominare Guala inquisitore, e nel corso degli anni sfruttò le doti del domenicano come mediatore e portatore di pace. Nel 1229, quando il vescovo di Brescia divenne patriarca di Antiochia, Gregorio scelse Guala perché gli succedesse in un incarico che non fu certo facile. La Lombardia fu coinvolta in una disputa tra la Santa Sede e l'imperatore, Federico II, e di conseguenza Brescia gravemente divisa in fazioni politiche ed ecclesiastiche. Tra il 1232 e il 1235, Guala dovette occuparsi di un conflitto di lunga data tra la fazione ghibellina a favore dell'imperatore e il nunzio apostolico; inoltre, nel frattempo, la diocesi stessa, con un clero indebolito da una parte e un forte raggruppamento di catari dall'altra, aveva assoluto bisogno di riorganizzazione e di riforme morali. Troppo rigoroso per i primi, e troppo moderato per i secondi, Guala non riuscì a essere apprezzato da nessuna delle due parti. Fu molto amato solo dal popolo, specialmente dai poveri, che ne apprezzavano la semplicità e l'impegno. Guala rimase a Brescia compiendo i suoi doveri per circa dieci anni, alla fine, a ogni modo, fu costretto a recarsi in esilio. Qualcuno ha affermato che il dissenso nei suoi confronti era così forte che alla morte di Gregorio nel 1241, egli perse un prezioso sostegno, e non riuscì più a governare. Altri ritengono che fu irretito dall'opposizione combinata del clero e dei comuni, e da un nunzio apostolico non all'altezza della situazione. Certamente non si mise in una posizione facile quando, nel 1238, trasferì i suoi possedimenti e tutti i documenti che concernevano le proprietà diocesane in un luogo sicuro a Bergamo. Sostenne giustamente che il clero e i comuni volevano impossessarsi dei beni della diocesi, ma da quel momento il loro fine fu quello di eliminarlo. Infine, nel 1242, si ritirò in un monastero di vallombrosani ad Astino, dove rimase per più di un anno, pregando e studiando. Nell'ultimo anno di vita, ritornò a Brescia, ma scelse di vivere in Val Camonica, dove i valligiani lo elessero podestà, e dove morì il 3 settembre 1244. Nel 1245, i resti furono portati ad Astino, ma oggi sono venerati nella cattedrale di Bergamo. Per lungo tempo non esistette un culto pubblico, sebbene la santità di Guala fosse riconosciuta; nel ritratto conservato nella chiesa di S. Domenico a Brescia (ora distrutto) era raffigurato con un'aureola. Il culto fu confermato nel 1868 da papa Pio IX (1846-1878). Oltre al ritratto di Guala nel palazzo episcopale di Brescia, nel convento di S. Matteo a Siena sono conservate illustrazioni di Francesco Triani, che rappresentano episodi della vita di S. Domenico, in alcune delle quali compare Guala. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Astino nella Val Camonica in Lombardia, beato Guala, vescovo di Brescia, dell’Ordine dei Predicatori, che, al tempo dell’imperatore Federico II, si adoperò con saggezza per la pace della Chiesa e della società civile e fu condannato all’esilio.
nome San Mac Nisse- titolo Vescovo- nascita Irlanda- morte 509 circa, Irlanda- ricorrenza 3 settembre- Canonizzazione 19 giugno 1902 da papa Leone XIII- Mac Nisse (Aengus, Mac Nisse) è uno dei pochi discepoli di S. Patrizio (17 mar.) di cui ci è stata tramandata una Vita, ma si tratta di una versione tarda, probabilmente scritta per la diocesi di Connor dopo l'invasione normanna, che contiene molto materiale leggendario e/o inconsistente. Si dice che egli sia nato in Irlanda e sia stato battezzato da S. Patrizio (17 mar.), che alla fine lo nominò vescovo (anche se ciò non è confermato dai primi documenti patrizi). A un certo punto, forse dopo quest'evento, si recò in pellegrinaggio in Terra Santa, fermandosi a Roma sulla via del ritorno. In Irlanda, fondò una chiesa e un monastero che diede origine alla diocesi di Connor, di cui è considerato fondatore e primo vescovo. La fondazione originale, infatti, forse non sorgeva a Connor, ma nella vicina Kells, dove, secondo un resoconto, egli cambiò il corso di un fiume perché conveniva ai suoi monaci (miracolosamente, secondo la leggenda, sebbene si racconti la stessa storia a proposito di molti altri santi celtici). Si dice anche che, mentre stava attraversando Monaco con Patrizio e S. Brigida (1 feb.), Mac Nisse abbia avuto una visione di angeli, a Lynally nella contea Offaly, ma che si oppose al suggerimento di Patrizio di fondare un monastero in quel luogo, con la motivazione che un altro vescovo l'avrebbe fatto nel giro di sessant'anni, profezia che si compì con S. Colmri di Lann Ela (26 set.). Si afferma che Mac Nisse abbia avuto un tal rispetto per la Scrittura, da non voler mettere il suo libro dei Vangeli nella sacca mentre era in viaggio, insistendo nel camminare carponi per poterlo portare sulla schiena. Sono state proposte varie date per la sua morte, di solito il 507, 509 e 514. Il suo nome compare nel Félire di Oengus, e la sua festa è celebrata in tutta l'Irlanda. MARTIROLOGIO ROMANO. In Irlanda, san Macanisio, vescovo.
nome Sant'Aigulfo di Lerins- titolo Abate e Martire- nascita 630 circa, Blois, Francia- morte 674 circa, Isola di Capraia- ricorrenza 3 settembre- Due fonti su S. Aigulfo sono state tramandate: una Vita, in un certo senso piena di esagerazioni, scritta durante il IX secolo da un monaco di Fleury di nome Adrevaldo, e una anonima più breve, ma se non altro precedente, preferita dagli studiosi. Aigulfo nacque da genitori poveri a Blois nel 630 circa, all'età di vent'anni divenne monaco a Fleury, che si trovava allora nei primi anni ferventi della sua fondazione. Nel 670 circa, dopo essere stato monaco per circa vent'anni, fu nominato abate del monastero di Lérins, dove, con íl passare del tempo e le pressioni esercitate dagli arabi, la disciplina si era allentata. Inevitabilmente alcuni membri della comunità si opposero alle riforme introdotte da Aigulfo, tuttavia due di loro portarono all'estremo la loro opposizione, appellandosi al governatore locale contro l'abate. Quando il governatore mandò un gruppo di soldati per mantenere l'ordine, i monaci li persuasero a rapire Aigulfo e i suoi principali sostenitori, e a portarli in mare aperto. L'intero gruppo alla fine sbarcò su una spiaggia dell'isola di Capraia, tra la Corsica e la Toscana, dove quattro monaci, incluso Aigulfo, furono uccisi, dopo aver subito la mutilazione di occhi e lingua. E stato suggerito, piuttosto ragionevolmente, che più probabilmente furono uccisi dai pirati o dai predoni arabi, ma qualunque sia la verità, i monaci superstiti scapparono e portarono questa notizia a Lérins. MARTIROLOGIO ROMANO. Nell’isola di Lérins nella Provenza in Francia, sant’Aigolfo, abate, e compagni monaci, che si ritiene abbiano subito il martirio durante un’incursione dei Saraceni.