@Carlous_Rex
La seconda guerra punica episodio 8: " La svolta della guerra: la battaglia del Metauro"
Nel 208 il vento cambiò nuovamente rotta, tornando a soffiare da dietro le spalle di Annibale. A Venosa, in Basilicata, la legione guidata da Marcellus stava affrontando l'esercito di Annibale quando la spada di Roma decise di fermare i combattimenti per condurre un'operazione particolare che consisteva nel posizionare il suo esercito al di sopra di una collina nei paraggi. L'azione di Marcellus fu avventata dato che Annibale era riuscito a prevedere il suo piano e a posizionare le sue truppe nei boschi della collina. Una volta in cima, i soldati romani furono attaccati di sorpresa e non poterono fare nulla contro l'astuta trappola del nemico. In quella battaglia Marcellus trovò la morte: mentre Annibale poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo, il Senato romano non solo era rimasto scioccato dalla perdita del suo più grande condottiero, al pari merito di Fabius e Scipione, ma soprattutto iniziava a tremare all'arrivo di un'altra notizia ancora più terrificante. Asdrubale era riuscito a penetrare in Gallia e si apprestava a oltrepassare le Alpi per ricongiungersi con suo fratello. Appena Annibale seppe dell'inaspettato arrivo di suo fratello sapeva già che quest'ultimo era stato sconfitto da Scipione. Da un lato era sconcertato dal fatto che il giovane romano era riuscito a catturare Carthago Nova in un solo giorno e a far fuggire dall'Iberia Asdrubale, uno dei più abili generali del suo tempo, ma dall'altro era a conoscenza della forza di suo fratello e sapeva che se si sarebbe ricongiunto con lui avrebbe potuto marciare verso Roma per lo scontro finale tra il Leviatano e il Behemoth del loro tempo. Annibale si accampò in puglia per l'inverno aspettando Asdrubale: secondo i suoi calcoli sarebbero dovuti passare altri cinque mesi affinché suo fratello varcasse le Alpi, ma si sbagliò. Già all'inizio del 207, dopo soli due mesi, Asdrubale aveva lasciato la catena montuosa più alta d'Europa alle sue spalle. Ciò era stato reso possibile dal fatto che il mito di Annibale si era diffuso nelle popolazioni della Gallia cisalpina e dunque i locali aiutarono il generale cartaginese nella sua impresa, al contrario di quanto fecero con Annibale in un primo momento.
(Moneta raffigurante Asdrubale)<br /> <br /> Nel 207 i due consoli erano Livius e Nerone. Già, quello stesso Nerone che in precedenza era stato mandato in Iberia dopo la morte di Publius. Il Senato romano, guidato ovviamente da Fabius, scelse di dividere i due consoli, mandando a nord Livius per proteggere i territori romani dalle incursioni di Asdrubale e a sud Nerone per intrappolare Annibale. Nerone aveva già affrontato in passato il fratello di Annibale ed era arrivato ad un passo dal sconfiggerlo, se non fosse che il secondogenito di Amilcare era riuscito a sfuggire dalle grinfie del generale romano. Adesso egli tramava vendetta ma non poteva andare contro le direttive del Senato. Mentre cercava di contenere Annibale in puglia, riuscì a catturare un messaggero cartaginese. In mano aveva un messaggio importante da consegnare: Asdrubale era riuscito a penetrare in Umbria e stava aspettando suo fratello per marciare verso Roma. Nerone, spinto dal suo spirito di vendetta, pensò che nessuno poteva sconfiggere l'esercito guidato dal cartaginese dato che le sue trappole, seppur non tanto astute quali quelle di suo fratello, erano nuove ai generali romani. Inoltre appena la notizia sarebbe arrivata ad Annibale, egli non avrebbe potuto trattenere a lungo termine l'impeto del suo nemico. Perciò decise di prendere un rischio. Divise il suo esercitò a metà: una parte la lasciò a presidiare il campo romano in puglia, l'altra la condusse lui stesso a piedi verso l'Umbria. Ordinò alle altre truppe di addestrarsi quotidianamente per non destare sospetti, prese i suoi 8 mila uomini ed in appena sette giorni, con la media di 63 km al giorno, arrivò al campo di battaglia. Qui incontrò Livius che rimase sorpreso dalla presenza del suo pari. Non mancò di ammonirlo, rimproverandogli che con quest'azione aveva messo in pericolo Roma più di quanto lo fosse già. Ma Nerone rassicurò Livius, promettendogli che gli avrebbe concesso tutta la gloria a patto che a lui veniva concessa la testa di Asdrubale.
( Nerone guida le sue 8 mila truppe verso l'Umbria)<br /> <br /> La battaglia stava per iniziare. L'esercito cartaginese era schierato tra la riva del fiume Metauro e una collina che bloccava in parte la vista dei nemici. Sul lato del Metauro Asdrubale aveva ammassato la maggior parte delle truppe: il suo piano era quello di eseguire un attacco obliquo. Per farlo, doveva indebolire il lato della collina togliendo un numero importante di soldati, ma la collina che vigeva davanti allo schieramento degli invasori riuscì a fare da scudo al fianco meno numeroso. In una mattina di giugno i due eserciti erano ormai pronti a scontrarsi. Quello cartaginese contava 30 mila truppe, quello romano 37 mila. Nerone con i suoi cavalieri attaccò il fianco della collina, ma presto notò che era quasi impossibile penetrare nelle fila nemiche a causa della pendenza del terreno. Capii che era inutile continuare ad affrontarli dato che, voltandosi, aveva notato che Asdrubale aveva deciso di eseguire il suo attacco obliquo. Nerone si rese conto di come il suo nemico giurato aveva orchestrato una trappola sfruttando il terreno, proprio come aveva fatto in Iberia. Ma questa volta il console romano era determinato a sconfiggerlo, perciò tentò un secondo azzardo, forse ancora più grande di quello fatto in precedenza. Guidò la sua cavalleria in una manovra particolare: dal fianco destro dei romani, Nerone aggirò lo stesso esercito romano per sbucare da lato sinistro e accerchiare improvvisamente il nemico. Questa manovra, molto difficile da eseguire, fu resa possibile poiché la cavalleria guidata dal console romano appena fu in prossimità del nemico iniziò a lanciare le proprie aste verso i piedi degli elefanti cartaginesi. Questi impazzirono e iniziarono a creare scompiglio nelle fila cartaginesi, di fatto redendo vana la tattica di Asdrubale il quale, vedendo la battaglia ormai compromessa, si gettò lui stesso nella mischia per cercare la gloria. Qualche giorno più tardi un cavaliere romano buttò un sacco nel campo di Annibale. Quest'ultimo lo aprì e dento ci trovò la testa mozzata di suo fratello! Roma aveva vinto, la minaccia portata da Asdrubale era stata debellata.
( La battaglia del Metauro) <br /> <br /> «Quid debeas, o Roma, Neronibus, Testis Metaurum flumen et Hasdrubal Devictus.». In italiano: " Che cosa devi, o Roma, a Nerone? Lo testimoniano il fiume Metauro e Asdrubale Sconfitto.". La figura di Nerone non causa un grande eco all'interno dell'opinione pubblica, come per personaggi del calibro di Scipione e Fabius, ma i rischi che prese nei momenti più critici riuscirono a salvare Roma. Infatti gli storici tendono a classificare la battaglia del Metauro come la più importante dell'intera guerra, dato che se Asdrubale avesse sconfitto i due consoli e si sarebbe ricongiunto con suo fratello, Annibale avrebbe avuto abbastanza potere per conquistare Roma. Mentre in Italia i romani festeggiavano la vittoria di Nerone, in Iberia Scipione era riuscito a conquistare quasi tutti i domini cartaginesi. L'esercito guidato da Magone e Giscone ormai controllava solo l'estremo sud dell'Andalusa ed era prossimo alla resa. Ad Ilipia i due incontrarono Massinissa, che nel frattempo era diventato il re della Numidia Orientale dopo la morte di suo padre, e decisero di assemblare un imponente esercito di oltre 70 mila uomini in modo da opporre un'ultima resistenza contro il generale romano. L'esercito dell'Urbe contava ammontava a poco meno di 40 mila truppe, dunque Scipione doveva creare un piano per annullare la superiorità numerica del suo nemico: in realtà lui sapeva già cosa fare. In una notte in cui la pioggia calava a dirotto, il campo cartaginese fu svegliato da un'incursione romana. L'esercito punico uscì fuori, dove ad aspettarlo c'era quello romano, e dunque fu battaglia. In un primo mento lo scontro fu abbastanza serrato ma dopo qualche ora i soldati dello schieramento cartaginese iniziarono a crollare mentre i loro nemici riuscivano a mantenere lo stesso ritmo iniziale. Magone in quel momento capii il piano di Scipione, ma a noi tocca fare un passo in dietro, ritornando al 218, 12 anni prima, dove entrambi avevano partecipato alla battaglia di Trebbia quando il primo era ancora con Annibale e l'altro era un semplice cavaliere romano. Nella battaglia della Trebbia Annibale aveva svegliato i romani di notte, li aveva costretti ad attraversare il fiume a piedi e poi li aveva battuti sfruttando il freddo della neve che congelò gli spiriti bollenti dei romani. Magone riconobbe subito che la tattica usata da Scipione era la stessa utilizzata da suo fratello in Italia: costringere i propri avversari a combattere una battaglia appena svegliati sfruttando le gravi condizioni metereologiche e la fame dei nemici. Magone, appena si rese conto che un generale romano era riuscito a copiare la grande tattica di Annibale, ordinò la ritirata. La battaglia di Ilipia fu l'ultimo atto della guerra in Iberia e né conseguì l'abbandono delle penisola da parte dei Cartaginesi.
( La battaglia di Ilipia)<br /> <br /> In appena 4 anni, dal 210 al 206, Scipione era riuscito a conquistare tutti i domini dell'Iberia cartaginese dimostrando di essere all'altezza di Annibale. Successivamente alla battaglia di Ilipia Massinissa fu catturato e consegnato al generale romano. Laelius gli propose di ucciderlo, dato che il prigioniero era l'assassino di suo padre, ma Scipione decise di risparmiargli la vita, dato che poteva esse più utile da vivo. Il figlio di Publius era a conoscenza che per Annibale sarebbe stata una grossa spina nel fianco se si fosse aperto un fronte in Africa....