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I santi di oggi 7 luglio:
nome Beato Benedetto XI- titolo 194º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Niccolò di Bocassio- nascita 1240 circa, Treviso- Ordinazione sacerdotale 1257/1264- Nomina a vescovo 2 marzo 1300 da papa Bonifacio VIII- Consacrazione a vescovo in data sconosciuta- Creazione a cardinale 4 dicembre 1298 da papa Bonifacio VIII- Elezione 22 ottobre 1303- Insediamento 27 ottobre 1303- Fine pontificato 7 luglio 1304 (0 anni e 259 giorni)- morte 7 luglio 1304, Perugia- ricorrenza 7 luglio- Beatificazione 24 aprile 1736 da papa Clemente XII- Santuario principale Basilica di San Domenico, Perugia- Attributi Triregno, abiti pontificali- Niccolò di Bocassio nacque probabilmente nel 1240 a Treviso da una famiglia assai modesta; ma lo zio, prete presso la chiesa di S. Andrea della città natale, può aver influenzato le sue scelte successive. Pare sia entrato nel 1257 nell'Ordine domenicano, dove acquisì la normale cultura dei membri dell'Ordine, completando poi gli studi teologici e divenendo lector, cioè insegnante di teologia, nelle scuole conventuali di Venezia e Genova, senza per questo interrompere i suoi legami con la sua città (come è provato dalla sua menzione in testamenti trevigiani di quegli anni). Della sua attività di insegnante è sopravvissuto solo un Commento al Vangelo di Matteo, pubblicato nel 1603. Nel 1286 veniva eletto provinciale di Lombardia, la più potente e prestigiosa delle province domenicane e, dieci anni più tardi, nel 1296, ministro generale dei Predicatori. Erano gli anni difficili seguiti all'abdicazione di Celestino V e all'elezione di Bonifacio VIII. Quando, nel 1297, scoppiò il conflitto aperto tra papa Caetani e i cardinali Colonna, che contestavano la sua elezione, il generale domenicano si schierò nettamente a favore di Bonifacio, assicurandogli la fedeltà del suo Ordine. Venne scelto dal papa, insieme al generale dei francescani, per negoziare la pace tra i re di Francia e di Inghilterra, in guerra ormai da anni. La missione ebbe buon esito e nel 1298 fu conclusa una tregua. La sua personale fedeltà e l'abilità diplomatica gli valsero la nomina a cardinale diacono di S. Sabina (1298) e, nel 1300, la promozione a cardinale vescovo di Ostia e Velletri, con la conseguente funzione di decano del Sacro Collegio. Nel 1301 Bonifacio lo scelse quale legato in Ungheria, dove il Caetani favoriva l'elezione a re di Cariberto d'Angiò; ma questa volta non ebbe successo e gli ungheresi ratificarono la scelta, già compiuta al momento del suo arrivo, in favore di Venceslao di Boemia. Rientrato in Italia, Niccolò era ad Anagni nel settembre del 1303, al momento dell'attentato contro Bonifacio, ma non pare essersi esposto in alcun modo. Morto poco dopo Bonifacio, il generale domenicano venne eletto papa il 22 ottobre 1303 con il nome di Benedetto XI, in omaggio a Benedetto Caetani/Bonifacio VIII. La sua elezione, più che premiare meriti speciali, si poneva come scelta di compromesso, essendo egli cardinale bonifaciano ma molto legato agli Angioini di Napoli, cugini del re di Francia. Privo di appoggi in Curia, Benedetto XI cercò un qualche sostegno nelle grandi famiglie aristocratiche della sua terra di origine, il Veneto, nominando alcuni grandi esponenti della nobiltà alle più alte cariche dello Stato pontificio: il suo «nepotismo», cioè il favorire politicamente e finanziariamente un determinato gruppo di persone, inizialmente i nipoti del papa regnante, rappresenta una variante regionale, ed originale, di un fenomeno inizialmente legato alla più stretta parentela. La sua debolezza si rivelò nella sua politica nei confronti della Francia; fedele a Bonifacio, non accettò di reintegrare i cardinali Colonna nelle loro cariche, ma li assolse dalla scomunica, così come assolse, per venire incontro ai desideri di Filippo il Bello, tutti i colpevoli francesi dell'attentato di Anagni, ad esclusione di Nogaret. Sul piano diplomatico continuò ad appoggiare gli Angioini in Ungheria; con un clamoroso insuccesso si concluse il tentativo del suo legato, il domenicano cardinale Niccolò Albertini da Prato, di far richiamare a Firenze Bianchi e Ghibellini banditi dai Neri. In un solo caso si distinse dalla politica del suo predecessore, quando, nel luglio 1304, abolì le restrizioni all'attività pastorale degli ordini mendicanti, voluta da Bonifacio. Morì a Perugia, dove si era rifugiato perché Roma era agitata da tumulti fomentati dai Colonna, il 7 luglio 1304 e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico. L'austerità personale di Benedetto e il suo desiderio di pace, nonché, forse, l'iniziativa del suo Ordine, fecero diffondere la fama di miracoli avvenuti sulla sua tomba, cosa che portò alla sua tardiva beatificazione nel 1736. Benedetto XI è generalmente raffigurato nell'abito bianco e nero dei domenicani, spesso recante gli attributi pontificali (il triregno e le chiavi).
nome Sant'Edda di Winchester- titolo Vescovo- morte 705, Winchester, Inghilterra- ricorrenza 7 luglio- Edda (o Haeddi) era un discepolo di S. Ilda (17 nov.) alla grande abbazia di Whitby. Ricevette l'ordinazione e successivamente fu chiamato "abbas" (titolo che non significava proprio "abate" nel nostro senso, ma piuttosto "padre", anche se era implicita una certa importanza). Nel 676, S. Teodoro di Canterbury (19 set.) lo consacrò vescovo della Sassonia occidentale. All'inizio Edda risiedeva a Dorchester-on-Thames, ma poi trasferì la sua sede a Winchester, in linea con lo slittamento del potere politico avvenuto nel popolo sassone occidentale. Fu uno dei primi benefattori dell'abbazia di Malmesbury, e re Ine lo consultò per la compilazione delle sue famose leggi. Trasferì le reliquie di Birino, primo vescovo della Sassonia occidentale, a Winchester. Beda ci racconta che era «un uomo buono e giusto e viveva e insegnava in modo degno, più per l'amore insito nella sua virtù, che per averlo appreso dai libri». Fu vescovo per circa trent'anni, e morì nel 705. Si parlò di guarigioni miracolose avvenute sul suo sepolcro, e il popolo del luogo soleva portare via la terra dalla sua tomba, poi la mescolava con l'acqua, e la spruzzava sugli ammalati o gli animali, oppure la faceva bere. Venne venerato in diversi monasteri del Wessex e all'Abbazia di Groyland, che si dice abbia visitato, e dove sembra aver ordinato sacerdote S. Guthlac (11 apr.). Le sue reliquie sono ancora nella cattedrale di Winchester. MARTIROLOGIO ROMANO. A Winchester in Inghilterra, sant’Edda, vescovo della Sassonia occidentale, uomo di insigne sapienza, che da Dorchester traslò in questa città il corpo di san Birino e vi stabilì la sede episcopale.
nome Beata Maria Romero Meneses- titolo Vergine- nome di battesimo María Romero Meneses- nascita 13 gennaio 1902, Granada di Nicaragua- morte 7 luglio 1977, León, Nicaragua- ricorrenza 7 luglio- Beatificazione 14 aprile 2002 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Granada di Nicaragua il 13 gennaio 1902. Iniziata in famiglia agli studi artistici, rivelò un talento per la musica e la pittura. A dodici anni entrò nel collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice, giunte da poco nel suo Paese, dove imparò a conoscere don Bosco. Nel 1923 divenne Figlia di Maria Ausiliatrice e svolse una instancabile attività apostolica dando vita a grandiose opere sociali, specialmente in Costa Rica. Fece costruire case per le famiglie senza tetto, in modo da permettere una vita più dignitosa a tante persone abbruttite dalla miseria. Sorsero così le ciudadelas de María Auxiliadora. In mezzo al susseguirsi di opere da organizzare trovava spazi e momenti per una intensa vita mistica. Morì il 7 luglio 1977. Beatificata il 14 aprile 2002. MARTIROLOGIO ROMANO. A León in Nicaragua, beata Maria Romero Meneses, vergine dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che nei territori della Costarica si adoperò con bontà per l’istruzione delle giovani donne, specialmente povere ed abbandonate, e diffuse con zelo la pietà verso l’Eucaristia e la Beata Vergine Maria.
nome Beato Pietro To Rot- titolo Martire della Papuasia- nascita 1912, Rakunai, Nuova Bretagna- morte 1945, Vunaiara- ricorrenza 7 luglio- Attributi Palma del martirio- Pietro ToRot, nacque nel 1912 a Rakunai, un villaggio sull'isola della Melanesia della Nuova Bretagna, oggi provincia orientale della Papuasia Nuova Guinea. I suoi genitori, Angelo ToPuia, il capo del villaggio, e Maria IaTumul, erano stati battezzati da adulti e appartenevano alla prima generazione di cristiani in quella zona. Un sacerdote locale pensò che Pietro avesse una vocazione per il sacerdozio, ma il padre rifiutò di dare il permesso, pensando che nessuno nel suo popolo fosse ancora tanto devoto da essere ordinato; gli concesse di diventare catechista laico, perciò, nel 1930, Pietro s'iscrisse a una scuola della missione. Un racconto contemporaneo ha parlato della sua mancanza di vanità rispetto alle sue capacità; sembra che sia diventato maestro non ufficiale dei catechisti, quando era ancora relativamente giovane. Era un abile insegnante, che basava il suo metodo sulla Scrittura, ed era sensibile ai problemi degli altri. Nel 1942 i giapponesi imprigionarono tutti i missionari, ma permisero a Pietro di continuare il suo lavoro; egli organizzò funzioni in cui si pregava, amministrò la comunione, battezzò adulti e bambini, e si occupò dei poveri. I giapponesi avevano distrutto la chiesa a Rakunai, e Pietro allestì un edificio improvvisato per sostituirla. Sembrava fosse in buoni rapporti con i capi degli invasori, finché la polizia militare acquisì un potere maggiore e impose un regime molto più rigoroso: proibì ogni tipo di culto cristiano, pubblico e privato, e tentò di reintrodurre la poligamia. Infine, nell'aprile o maggio del 1945, arrestarono Pietro e lo condannarono a due mesi di reclusione. Pietro fu tenuto in carcere dopo aver scontato la condanna, e il 17 luglio 1945, fu giustiziato con un'iniezione letale. Il culto è continuato anche dopo la fine della guerra, e Pietro è stato beatificato nel gennaio del 1995 da papa Giovanni Paolo II durante la Messa a Port Moresby, in Nuova Guinea. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Rakunai nell’isola di Nuova Britannia in Melanesia, beato Pietro To Rot, martire, che, padre di famiglia e catechista, fu arrestato durante la seconda guerra mondiale, perché aveva perseverato nel suo ministero, e subì così il martirio con una iniezione di veleno letale.
nome San Panteno- titolo Uomo di fede- nascita Sicilia- morte Alessandria d'Egitto- ricorrenza 7 luglio- Panteno nacque in Sicilia, si convertì al cristianesimo dopo un passato da filosofo stoico, insegnò nella famosa scuola catechetica d'Alessandria, dove ebbe tra i suoi allievi il famoso teologo Clemente d'Alessandria, che gli successe nell'incarico di direttore della scuola. Clemente chiaramente stimava Panteno più di tutti gli altri insegnanti, e fu probabilmente da lui che imparò l'arte di combinare in un singolo sistema di pensiero le componenti migliori delle altre scuole o degli altri scrittori. Clemente afferma che l'erudizione e l'insegnamento tangibile di Panteno accrebbero il valore di Alessandria rispetto a tutti gli altri centri di cultura e che «le sue conferenze scaturivano dai fiori dei profeti e degli apostoli, gettavano luce e conoscenza nelle menti di tutti i suoi ascoltatori». Il soprannome di Panteno "ape di Sicilia", può essere riferito alla dolcezza del suo insegnamento o al carattere e al luogo d'origine, ma può essere anche un riferimento alla natura eclettica dei suoi insegnamenti. Nessuna delle opere è stata tramandata, e non vi è prova ufficiale se abbia scritto dei trattati. Ci sono due riferimenti diretti ai suoi insegnamenti: S. Massimo il Confessore (ca. 580-662; 13 ago.) riferisce l'insegnamento di Panteno che il volere di Dio, e non la divina conoscenza, è il principio creativo che opera nel mondo, e che i profeti usano il tempo presente nelle loro enunciazioni in un senso indefinito, facendo perciò sempre riferimento al futuro e al presente. Secondo lo storico Eusebio (ca. 260-340), Panteno aveva predicato il Vangelo in India, dove aveva incontrato alcuni cristiani che avevano ricevuto il Vangelo di S. Matteo in ebraico dall'apostolo S. Bartolomeo (24 ago.); è possibile che "India" in questo contesto si riferisca all'Etiopia e allo Yemen, ma l'affermazione di Eusebio è stata usata per sostenere la teoria che la Chiesa in India ha fondamenta apostoliche. S. Girolamo (30 set.) afferma che Panteno fu mandato in India dal vescovo Demetrio I d'Alessandria (189-231), e che riportò indietro una copia del Vangelo in ebraico, cosa improbabile giacché divenne capo della scuola d'Alessandria nel 180 circa, dopo i suoi viaggi. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Panteno di Alessandria, che fu uomo pervaso di zelo apostolico e ricco di ogni sapienza. Si tramanda che tali siano stati il suo interesse e l’amore per la parola di Dio, da partire, pieno di fede e di pietà, per portare l’annuncio del Vangelo di Cristo ai popoli sconosciuti delle lontane regioni d’Oriente; tornato infine ad Alessandria, riposò in pace al tempo dell’imperatore Antonino Caracalla.
nome San Villibaldo- titolo Vescovo- nascita 700 circa, Wesse ,Inghilterra meridionale- morte 787 circa, Eichstätt, Germania- ricorrenza 7 luglio- Canonizzazione 989- Attributi bastone pastorale, libro (Regola benedettina) e razionale- Villibaldo era figlio di S. Riccardo re dei sassoni occidentali (7 feb.) e di Winna, sorella di S. Bonifacio (5 giu.) e aveva un fratello, S. Vunibaldo (l 8 dic.), e una sorella, S. Valburga (25 feb.). Da piccolo aveva sofferto di una grave infermità, e poiché nessun rimedio sembrava alleviare la sua condizione i suoi genitori, pensando che stesse per morire, lo portarono ai piedi di una grande croce, situata vicino alla loro casa, promettendo che se il piccolo fosse guarito lo avrebbero offerto al Signore. Il bambino subito recuperò la salute e venne così presentato al monastero di Waltham, nello Hampshire, per esservi educato. Vi rimase fino al 720 quando accompagnò il padre e il fratello in un pellegrinaggio del quale, secondo una narrazione, era stato il promotore. Riccardo morì' lungo il cammino a Lucca, dove è tuttora venerato, e i due fratelli raggiunsero in fretta Roma. Anch'essi si ammalarono e Vunibaldo, che era di salute cagionevole, dovette fermarsi in quella città, mentre Villibaldo con due compagni proseguì per «una grande peregrinazione nel mondo conosciuto, compresa la Terra Santa». Un resoconto del viaggio dettato più tardi a Ugeburca, monaca di Heidenheim, è conosciuto con il nome di Hodoepori con ed è il più antico diario di viaggio di uno scrittore anglosassone a noi pervenuto. Veniamo afferrati dalla meraviglia che traspare dal racconto quando descrive il viaggio nelle terre dei saraceni o nei Luoghi Santi: «Villibaldo visitò e vide quei luoghi con i suoi occhi, camminando calpestò le orme di Colui che nacque in questo mondo, soffrì e risuscitò per amore nostro». Il viaggio si era snodato per il sud d'Italia fino a Reggio Calabria e poi alla Sicilia, ove Villibaldo si era imbarcato per Efeso. Qui aveva visitato la grotta dei Sette Dormienti, luogo di grande attrazione, perché si credeva che i Dormienti fossero risorti nel v secolo, due secoli dopo essere stati martirizzati; nella stessa città si era recato sulla tomba dell'evangelista Giovanni (27 dic.). La tappa successiva era stata la Siria dove vennero arrestati due volte dai saraceni che li credevano spie. La prima volta il magistrato più anziano, che aveva già incontrato i pellegrini altrove, disse: «Spesso ho visto uomini delle parti della terra da dove vengono questi viaggiatori. Non hanno nessuna intenzione di offendere, desiderano adempiere la loro legge». Nella seconda occasione un amico spagnolo così parlò al magistrato: «Questi uomini vengono dall'Occidente, dove tramonta il sole. Non conosciamo nulla del loro paese se non che oltre esso non c'è nient'altro che acqua». I pellegrini (che nel racconto a questo punto sono sette) si recarono poi in visita ai Luoghi Santi, incamminandosi sulla strada da Damasco a Gerusalemme e si fermarono a pregare nella chiesa che sorgeva nel luogo della conversione di S. Paolo. Arrivarono poi in Galilea «nel luogo dove Gabriele per la prima volta venne dalla Vergine Maria e le disse Ave Maria». Passati da Cana bevvero vino da giare poste su un altare, che si diceva fossero quelle usate al banchetto dove Gesù aveva mutato l'acqua in vino. Salirono al monte Tabor e meditarono sul mistero della Trasfigurazione in un monastero posto sulla sommità. In seguito si recarono a Cafarnao, Nazareth, e si immersero nelle acque del Giordano nel punto dove Gesù era stato battezzato da Giovanni. Dopo aver visto il deserto delle Tentazioni arrivarono finalmente a Gerusalemme. Davanti alla chiesa del Santo Sepolcro erano state poste tre croci per ricordare il luogo della crocifissione, allora riparato solo da un tetto di fortuna. Le mura della città erano state ampliate al tempo dell'imperatrice Elena, la madre di Costantino, per far sì che il Calvario fosse all'interno della cinta muraria. Passarono poi a Betlemme, situata a pochi chilometri verso sud, pregarono nella grotta dove era nato Gesù, nella cripta della chiesa della Natività, «una casa di grande bellezza» abbellita dai mosaici fatti collocare da Costantino e dalle colonne di marmo di Giustiniano, cose tutte che possiamo ammirare anche oggi. I vecchi ospizi sulle rotte dei pellegrini erano caduti in disuso a causa dell'estendersi dell'impero musulmano, e il viaggio diventava rischioso. Trovandosi solo all'inizio del cammino erano spesso a corto di cibo: la loro dieta consisteva in pane e acqua. Villibaldo tornò a Gerusalemme a più riprese, visitando i monasteri e gli eremi più famosi, compreso la grande laura di S. Saba, cercando d'imparare tutto ciò che poteva delle tradizioni cristiane e della vita religiosa. Alla fine del pellegrinaggio si imbarcò da Tiro per Costantinopoli, dove si fermò a lungo, per poi raggiungere di nuovo l'Italia nel 730. Trascorse dieci anni nel monastero di Monte Cassino, che era stato da poco restaurato da papa Gregorio II (11 feb.), e là contribuì molto al ritorno a un'osservanza autentica della Regula di S. Benedetto. Le sue esperienze in Oriente dovettero suscitare grande interesse tra i monaci tanto che papa Gregorio III (28 nov.), egli stesso d'origine siriaca, volle ascoltare il racconto dei suoi viaggi. Nel 740 il papa lo inviò in Germania per unirsi alla missione del suo parente Bonifacio (5 giu.), che aveva chiesto al papa rinforzi (forse egli stesso suggerì il nome di Villibaldo, figlio di sua sorella) e che era allora metropolita della Germania di là dal Reno e legato papale. Villibaldo raggiunse Bonifacio in Turingia, fu ordinato sacerdote e dedicò tutte le sue energie all'evangelizzazione dei popoli della Franconia, nella zona meridionale della valle del Reno. Nel 742 fu consacrato vescovo di Eichstkt, e uno dei suoi primi atti fu la fondazione del monastero (che aveva sia la parte maschile che quella femminile) di Heidenheim, governato dalla stessa regola di Monte Cassino. A lui si unirono il fratello e la sorella, Vunibaldo e Valburga, che divennero abate e badessa del monastero. Da qui Villibaldo conduceva l'evangelizzazione e l'amministrazione della diocesi; qui trovava quiete dalle fatiche del suo ufficio, e benché amasse la solitudine era attivo nella cura pastorale, visitando ogni angolo della diocesi e facendosi carico delle necessità spirituali del suo gregge. Come scrisse Ugeburca, «il campo che era stato così arido e sterile fiorì come una perfetta vigna del Signore». Villibaldo sopravvisse sia al fratello che alla sorella e fu vescovo di Eichstkt per quarantacinque anni. Fu tumulato nella cattedrale di questa città, dove è ancora visibile il suo sarcofago. MARTIROLOGIO ROMANO. A Eichstätt nella Franconia, in Germania, san Villibaldo, vescovo, che, divenuto monaco, peregrinò a lungo per luoghi santi e per molte regioni per rinnovare la vita monastica e aiutò nell’evangelizzazione della Germania san Bonifacio, dal quale fu ordinato primo vescovo di questa città, convertendo a Cristo molte genti.
nome Beato Oddino Barotti- titolo Sacerdote- nome di battesimo Odino Barrotti- nascita 1334, Fossano, Cuneo- morte 1400, Fossano, Cuneo- ricorrenza 7 luglio- Odino Barrotti nacque da una famiglia ben conosciuta, a Fossano, in Piemonte, nel 1334. Dopo l'ordinazione sacerdotale, fu nominato rettore della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista nella sua città natale, dove si guadagnò la stima del popolo, per la sua attenzione verso i poveri e l'austerità della sua vita; si dice che il vescovo dovette ordinargli di mangiare carne per il bene della salute, e di tenere per sé una parte delle decime raccolte, per sostentarsi e per mantenere la chiesa (Odino donava tutto a chi ne aveva bisogno). Nel 1374, fu nominato prevosto del capitolo della locale collegiata e rettore della parrocchia amministrata dai canonici, ma quattro anni dopo rinunciò a questo incarico per diventare guida spirituale di una confraternita religiosa. Divenne terziario francescano, trasformò la sua casa in un ricovero per i poveri, e nel 1381 si recò in pellegrinaggio in Terra Santa. Fu tenuto prigioniero dai turchi per un breve periodo, e si dice abbia compiuto miracoli mentre era in prigione. Al suo ritorno fu nominato governatore della Corporazione della Croce, un'associazione di devoti che si occupavano della cura dei malati e offrivano ospitalità ai pellegrini. Costruì un ospedale gratuito con un ospizio annesso, che si dice non abbia mai respinto un povero o un pellegrino, e che restò aperto fino al XIX secolo. Fu così abile come organizzatore e costruttore, che il prevosto suo successore gli chiese di occuparsi della costruzione di una nuova chiesa per il capitolo. Si manifestarono molti miracoli a dimostrare l'appoggio divino: ricevette in dono una forza sovrumana per spostare grossi carichi con una sola mano, e resuscitò dalla morte un muratore che era caduto dalla torre (miracoli comunemente noti nelle Vite degli altri santi fondatori). La peste colpì la città nel 1400, ma egli non ebbe paura di assistere i malati e di distribuire i sacramenti ai morenti; contrasse l'infezione e morì il 7 o 21 luglio, «una morte appropriata in questa vita per una persona che aveva dedicato tutta la sua vita alla cura pastorale degli altri» (B.T.A.). Fu sepolto nella chiesa collegiata di Possano e il culto, che si sviluppò localmente, fu approvato nel 1808. MARTIROLOGIO ROMANO. A Fossano in Piemonte, beato Oddino Barotti, sacerdote, che, parroco povero e di vita austera, mentre imperversava la peste, spese notte e giorno tutte le sue forze a favore degli ammalati e dei moribondi.