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2 settimane fa

I santi di oggi 19 dicembre:

I santi di oggi 19 dicembre:

nome Sant'Anastasio I- titolo 39º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Anastasio de Massimi- nascita IV secolo, Roma- Elezione 27 novembre 399- Fine pontificato 19 dicembre 401 (2 anni e 22 giorni)- morte 19 dicembre 401, Roma- ricorrenza 19 dicembre, 27 aprile- Papa S. Anastasio, romano, successe a papa S. Siricio (26 nov.) il 27 novembre del 399 e mori il 19 dicembre del 401, dopo un pontificato di soli due anni. Tra i suoi amici e ammiratori c'erano S. Girolamo (30 sett.), S. Agostino (28 ago.) e S. Paolino di Nola (22 giu.). S. Girolamo lo considerava molto santo, ricco nella sua povertà, e ne elogiava la vita irreprensibile e lo zelo apostolico. Anastasio sostenne il vecchio Girolamo nella sua controversia contro Rufino di Aquileia, storico e traduttore. Girolamo s'impegnò per diversi anni nella stesura di una versione esatta della Bibbia, basata sullo studio nelle lingue originali in cui fu scritta e sulle precedenti traduzioni. Fu profondamente offeso dalla traduzione fatta da Rufino d'Aquileia del De principiis di Origene, opera controversa dei primi anni del III secolo, che proponeva un'interpretazione allegorica piuttosto che letterale di molti brani biblici. Girolamo, che una volta aveva scritto di Rufino «egli è inseparabilmente legato a me da un amore fraterno», s'indignò in difesa della sua cultura. La controversia tra i due, che conducevano entrambi una vita ascetica nei pressi di Gerusalemme, fu lunga e strenua. Girolamo accusava chi tentava di correggere o reinterpretare i testi biblici ostinatamente, e si recò dal papa per persuaderlo a condannare Rufino. Successivamente Anastasio scrisse a Simpliciano, vescovo di Milano (13 ago.) per ammonirlo che «il popolo di Dio delle diverse chiese, potrebbe imbattersi in concetti blasfemi, leggendo Origene» aggiungendo che «il presbitero Eusebio» (Girolamo) gli aveva mostrato «alcuni capitoli empi che mi fecero rabbrividire». Girolamo fu riconoscente per questo generoso sostegno e per l'incoraggiamento del pontefice a proseguire la sua opera e mostrò la sua gratitudine «all'illustre Anastasio»; scrisse che Roma non meritava di avere a lungo un papa simile: non era bene che il capo del mondo venisse reciso proprio quando era in carica un vescovo come lui. Questa era un'allusione alla minaccia rappresentata da Alarico, capo dei goti, e dal suo esercito di barbari che alla fine conquistarono e saccheggiarono Roma nel 410, nove anni dopo la morte di Anastasio. Anastasio è inoltre ricordato per due istruzioni indirizzate ai vescovi: con la prima ordinava al clero di alzarsi in piedi durante la lettura del Vangelo nella Messa, in segno di rispetto, e con la seconda stabiliva che nessun ecclesiastico straniero sarebbe stato accolto nella giurisdizione romana senza un certificato firmato da cinque vescovi a testimonianza della sua ortodossia. Lo scopo era quello di escludere i sacerdoti appartenenti alle Chiese orientali, la cui fede era stata influenzata dall'arianesimo o dalle religioni dualiste come il manicheismo.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Ponziano sulla via Portuense, deposizione di sant’Anastasio I, papa, uomo ricco di povertà e di apostolica sollecitudine, che si oppose fermamente alle dottrine ereticali.

nome San Dario- titolo Martire- ricorrenza 19 dicembre- Attributi Palma del martirio- Le notizie su San Dario sono alquanto scarne, e non vi sono tracce di tradizioni risalenti ad epoca posteriore al suo martirio. I martirologi ne ricordano semplicemente il nome, insieme ad altri tre compagni di martirio: Zosimo, Paolo e Secondo. Sono commemorati nel Martirologio Romano il 19 dicembre. La tradizione narra che fu martirizzato nella città di Nicea, in Bitinia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nicéa, nella Bitinia, i santi Martiri Dàrio, Zósimo, Pàolo e Secóndo.

nome San Berardo di Teramo- titolo Vescovo- nascita XI secolo, Pagliara, Teramo- Nominato vescovo 1116- morte 1123, Teramo- ricorrenza 19 dicembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Teramo (1116-1122)- Attributi Bastone pastorale- Patrono di Teramo- Nacque nel castello di Pagliara, nella famiglia dei conti di Pagliara. Accanto al castello c'era il monastero benedettino di San Salvatore, da cui proveniva la vocazione benedettina successivamente entrò a Montecassino come monaco e lì fu ordinato sacerdote. Berardo desideroso di una maggiore completezza interiore si ritirò nel famoso monastero di San Giovanni in Venere, in Abruzzo, di cui Odorisio, suo parente, era stato abate, e che era stato elevato a cardinale da papa Alessandro II. Alla morte del vescovo Hubert, fu eletto vescovo di Teramo nel 1115, per succedergli. Entrò nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore e si rivelò un padre, un pastore, uno zelante riformatore, oltre che un giusto e prudente principe feudale. Fece una donazione al Capitolo della chiesa di Santa Maria al Mare a Giulianova. Dopo aver adempiuto al suo ufficio con semplicità d'animo, pietà e carità pastorale, morì nel settimo anno di episcopato. È venerato come il principale patrono di Teramo.

nome Beato Guglielmo di Fenoglio- titolo Monaco certosino- nascita Garessio-Borgoratto, Cuneo- morte 1200 circa, Casotto, Cuneo- ricorrenza 19 dicembre- Beatificazione 1860 da papa Pio IX- Ricorrenza19 dicembre- Attributi Mulo, zampa di mula, rosario- Patrono di Conversi certosini, Garessio- Nato a Garessio-Borgoratto, nella diocesi di Mondoví, si dimostrò giovane di profonda fede e, dopo un primo periodo di eremitaggio in Torre-Mondovi, si trasferí a Casotto, dove già erano altri solitari, iniziati al modo di vivere di s. Bruno. Fu cosi tra i primi religiosi della celebre certosa di Casotto, che si sottomise più tardi alla Grande Chartreuse. Guglielmo era addetto all'approvvigionamento dei viveri per il monastero, ma il reperimento del vitto lo esponeva agli attacchi di briganti, che spesso lo assalivano per rapinarlo dei viveri. Guglielmo rammaricato per queste vili aggressioni cercava conforto nel suo priore. Questi, un giorno provò ad incoraggiarlo dicendogli: La prossima volta che incontrerai i ladri, impugna una gamba della mula e mettili in fuga!. Così recandosi fuori dal convento per una nuova missione, si imbatté in una banda di assalitori ai quali stavolta si oppose alzando minacciosamente una zampa staccata dalla sua mula sgominando così, gli atterriti briganti. Guglielmo provvide a risistemare il carico di viveri sul dorso della mula e a riattaccare la zampa che nella fretta fu posta al rovescio. Al suo ritorno, il priore notò che l'animale zoppicava vistosamente così chiese spiegazioni a Guglielmo il quale dopo averlo informato sull’accaduto, fu invitato a ricompiere il prodigio per non far soffrire il povero equino. Tra lo stupore dei monaci presenti, egli ripeté il miracolo staccando e riattaccando la zampa alla mula senza che ella perdesse del sangue ed emettesse nessuna smorfia di dolore. Volle vivere come semplice fratello laico, distinguendosi per pietà, angelica semplicità e pronta obbedienza. La sua tomba fu ben presto circondata di grande venerazione e così numerosi furono i devoti e gli ammalati che vi si recavano che la certosa si arricchì, già in quell'antico tempo, di molte donazioni fatte in suo nome a titolo di riconoscenza; Da Pio IX ne fu approvato il culto come beato con decreto del 29 marzo 1860 e la sua festa venne fissata al 19 dicembre. Gli annalisti dell'Ordine pongono la sua morte tra il 1200 e il 1205. MARTIROLOGIO ROMANO. Nella Certosa di Casotto in Piemonte, beato Guglielmo da Fenoglio, religioso, che aveva condotto in precedenza vita eremitica.

nome Beato Urbano V- titolo 200º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Guillaume de Grimoard- nascita 1310, Linguadoca, Francia- Ordinazione sacerdotale 1334- Consacrazione episcopale 6 novembre 1362 dal cardinale Andouin Aubert- Elezione 28 settembre 1362- Incoronazione 6 novembre 1362- Fine pontificato 19 dicembre 1370 (8 anni e 82 giorni)- morte 1370, Avignone, Francia- ricorrenza 19 dicembre- Beatificazione 10 marzo 1870 da papa Pio IX- Santuario principalenAbbazia di San Vittore, Marsiglia- Attributi Triregno, abiti pontificali- Guglielmo (Guillaume) de Grimoard nacque nel castello di Grisac in Linguadoca; il padre era un nobile del luogo e la madre la sorella di S. Elzeario de Sabran (26 nov.). Studiò nelle università, di Tolosa e Montpellier e divenne benedettino. Dopo l'ordinazione tornò in quelle università, poi si recò a Parigi e ad Avignone per conseguire il dottorato. A Montpellier insegnò diritto canonico e teologia e diventò vicario generale della diocesi di Clermont e Uzés; a quanto pare, fu uno dei più grandi esperti in diritto canonico dei suoi tempi. Nel 1352 venne nominato abate di S. Germano ad Auxerre. A quel tempo il papa si trovava in esilio ad Avignone e per i successivi dieci anni all'abate Guglielmo chiesero costantemente di intraprendere missioni diplomatiche per conto di papa Innocenzo VI. Nel 1361 il papa lo nominò abate della grande abbazia di San Vittore a Marsiglia e lo inviò a Napoli come nunzio apostolico presso la regina Giovanna. Durante questo soggiorno, papa Innocenzo mori e l'elezione del suo successore costituì un arduo problema. Fu un'elezione piuttosto confusa e affrettata, i cardinali votarono senza discutere ed elessero Ugo Ruggero, fratello di papa Clemente V. Quando rassegnò le dimissioni (con evidente sollievo generale) scoprirono di essere così divisi che era diventato impossibile per lo ro eleggere uno dei propri membri. Scelsero l'abate Guglielmo, un francese che non apparteneva alla Curia, grazie alla sua erudizione e alla sua abilità diplomatica, che tornò immediatamente ad Avignone, dove s'insediò e fu eletto papa con il nome di Urbano perché «tutti i papi chiamati Urbano sono stati santi». Continuò a vivere in modo austero e spirituale come un benedettino continuando a indossare la tonaca di quest'ordine. Senza dubbio sarebbe stato felice di mantenere la corte papale ad Avignone, ma Francesco Petrarca, il celebrato poeta e letterato romano, gli scrisse una lettera esortandolo a riportare il papato a Roma: In vostra assenza [...] la pace è stata messa al bando: imperversano lotte interne e esterne, le case vengono abbattute, le mura stanno crollando, le chiese stanno cadendo a pezzi, gli oggetti sacri vengono distrutti, le leggi calpestate, la giustizia è infranta, la popolazione infelice piange e si lamenta invocando il tuo nome con alte grida. Non li sentite? [...] La regina di tutte le città deve restare vedova per sempre? [...] Come potete dormire sotto le architravi d'oro sulla riva del Rodano, mentre il Laterano, madre di tutte le chiese, in rovina e senza tetto, è esposto al vento e alla pioggia, e le tombe dei SS. Pietro e Paolo stanno tremando, e assentarvi proprio nel momento in cui ciò che un tempo fu la Chiesa degli Apostoli è un rudere ridotto a un mucchio di pietre senza forma? Petrarca evidentemente era preoccupato di questa lettera, dato che la portò con sé per diverse settimane o mesi prima di consegnarla a un messo personale nell'autunno del 1366. Non si sa quanto questa lettera abbia influenzato la decisione del papa, ma la primavera seguente, ignorando l'opposizione del re e dei cardinali francesi, che temevano una diminuzione della loro influenza all'interno della Curia, Urbano prese la difficile decisione di tornare nell'Urbe. Una pace precaria tra le forze contendenti era stata garantita dal cardinale Egidio de Albornoz, ma esistevano molti rischi: i territori pontifici si trovavano in uno stato d'anarchia e tormentati da bande erranti di mercenari guidate da potenti condottieri. Le grandi famiglie di Roma erano in costante e sanguinoso conflitto, e il popolo rischiava di morire di fame. Nell'aprile del 1367 papa<br /> Urbano partì con grande coraggio, salpando da Marsiglia e portando con sé casse di viveri come grano, formaggio e pesce salato. Il suo viaggio, scortato dal gran maestro dei Cavalieri di Malta fu trionfale. A Carneto (l'attuale Tarquinia) lo aspettava una folla di rappresentanti religiosi e laici, un'ambasciata romana che gli portava le chiavi di Castel S. Angelo e il B. Giovanni Colombini (31 lug.) e i suoi gesuati che sventolavano rami di palma e cantavano inni. Quattro mesi dopo, Urbano entrò in pompa magna a Roma, che non vedeva un papa da oltre mezzo secolo. Quando il pontefice vide le condizioni della città pianse: le grandi chiese, perfino il Laterano, San Pietro e San Paolo, come aveva detto Petrarca, erano in rovina e la sede pontificia inabitabile. Furono presi immediatamente provvedimenti per iniziare la ricostruzione e ai poveri fu distribuito del cibo. Il papa condusse una vita semplice, mangiava frugalmente ed esigeva rapporti sulla distribuzione degli aiuti agli indigenti. L'anno seguente, giunse a un accordo con l'imperatore Carlo IV e strinse una nuova alleanza tra la Chiesa e il Sacro Romano Impero. Simbolicamente Carlo entrò a Roma tirando un mulo con sopra il papa, che incoronò la regina imperatrice. Dodici mesi dopo, l'imperatore d'Oriente, Giovanni V Paleologo giunse a Roma, nonostante lo scisma, e chiese aiuto a papa Urbano contro i turchi. Urbano, ad ogni modo, non poteva offrirgli appoggio, e la sua stessa posizione era incerta. Era un uomo pacifico: aveva fallito nel frenare le azioni dei mercenari, e la sua convinzione piuttosto ingenua che avrebbero accettato di combattere contro i turchi si rivelò infondata. Perugia insorse, poi fu la volta di Roma, con i mercenari guidati dall'inglese Giovanni Hawkwood. Quando il papa e la corte si trasferirono nella residenza estiva di Montefiascone, ovunque circolò la voce che stesse lasciando l'Italia. La salute stava peggiorando e Urbano sapeva che non avrebbe vissuto a lungo. Gli italiani si lamentavano del fatto che si era circondato di francesi, conferendo loro incarichi importanti, e che non aveva nominato abbastanza italiani. La Francia era in guerra con l'Inghilterra e la corte francese insisteva affinché facesse ritorno ad Avignone. Quando i romani si resero conto che aveva deciso di partire, lo implorarono di restare. Petrarca gli scrisse un'altra volta incitandolo con una prosa eloquente a restare nella città di S. Pietro. Nella lettera criticava aspramente i cardinali francesi e insisteva che Roma era il centro di tutta la cultura, che le leggi civili e canoniche provenivano dall'Italia, che i grandi oratori e poeti latini erano tutti italiani, che la lingua e la letteratura latina erano le fondamenta delle arti, che in Francia non vi era cultura, concludendo con una supplica: Ci lascereste in grave pericolo, che incontrereste anche nel vostro viaggio: nelle foreste ci sono uomini armati, nei campi saccheggiatori, nelle strade rapinatori [...I Restare dunque, o santissimo Padre, perché, se non siete persuaso da questa esortazione, Egli vi verrà incontro sulla strada, Lui che incontrò Pietro che si ritirava e quando Pietro gli disse: «Dove stai andando, Signore?» rispose «Sto andando a Roma per essere crocifisso». S. Brigida di Svezia (23 lug.), fondatrice e contemplativa, che abitava a Roma, si recò cavalcando il suo mulo bianco a far visita al papa, profetizzando che se avesse lasciato l'Italia la morte lo avrebbe raggiunto presto. Tutte queste opposizioni non ebbero nessun effetto. Nel giugno 1370 papa Urbano disse ai romani che li stava lasciando «per il bene della Chiesa e per aiutare la Francia». A settembre, si imbarcò a Carneto «addolorato, sofferente e profondamente commosso», e il 19 dicembre morì. Petrarca scrisse: «Urbano sarebbe stato annoverato tra gli uomini più gloriosi se fosse morto davanti all'altare di San Pietro, si sarebbe addormentato con la coscienza pulita, invocando Dio e il mondo di essere testimoni che, se mai il Papa avesse lasciato quel luogo, non sarebbe stata colpa sua, ma degli autori di una fuga così vergognosa». Il papato fu poi riportato a Roma dal successore di papa Urbano, Gregorio XI, sette anni dopo. Successivamente Urbano fu perdonato per ciò che a quel tempo sembrò una catastrofica rinuncia alla sua posizione, inoltre venne elogiato per quello che aveva fatto, per i suoi tentativi di riformare la Chiesa e di frenare la corruzione e la venalità del clero (anche se spesso non ottenne risultati), per il suo incoraggiamento della cultura e l'appoggio offerto alle università, inclusa Oxford, per la partecipazione alla fondazione di nuove università come quelle di Cracovia e Vienna, e il sostegno offerto a molti studenti poveri del nuovo collegio di Bologna (anche se le sue generose borse di studio impoverirono le casse pontificie), per la sua devozione per le reliquie di S. Tommaso d'Aquino (28 gen.), che affidò ai domenicani di Tolosa. Diede alcune istruzioni all'università di Tolosa: «Noi desideriamo e vi invitiamo a seguire l'insegnamento di S. Tommaso come vero insegnamento cattolico, e a promuoverlo al massimo». La tomba di Urbano nell'abbazia di San Vittore a Marsiglia diventò meta di pellegrinaggi. Si chiese la sua canonizzazione e, a quanto pare, papa Gregorio XI promise di occuparsene, ma vi erano troppi problemi a quel tempo. Il culto di questo papa erudito e coscienzioso si diffuse e fu infine confermato da papa Pio IX nel 1870.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Avignone nella Provenza in Francia, beato Urbano V, papa, che, dopo essere stato monaco, fu elevato alla cattedra di Pietro e si adoperò per riportare quanto prima la Sede Apostolica a Roma e ristabilire l’unità nella Chiesa.

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5 commenti

@eexyiek

17 giorni fa

il bro è morto quando io sono nata AHAHA

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