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I santi di oggi 31 gennaio:
nome San Giovanni Bosco- titolo Presbitero, pedagogo, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice- nascita 16 agosto 1815, Castelnuovo d'Asti- morte 31 gennaio 1888, Torino-ricorrenza 31 gennaio- Beatificazione 2 giugno 1929 da papa Pio XI- Canonizzazione 1º aprile 1934 da papa Pio XI- Santuario principale Santuario di Maria Ausiliatrice, Torino- Patrono di Lignano Sabbiadoro, Soverato, Educatori, Scolari, Giovani, Studenti, Editori, Ispettori del lavoro, Ispettori tecnici del lavoro- Questo nome popolarissimo e tanto venerato ricorda un'istituzione grandiosa e benefica che da anni assiste ed educa cristianamente la gioventù, raccolta in centinaia di case sparse in tutto il mondo. Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 ai Becchi, frazione di Murialdo presso Castelnuovo d'Asti, da una povera famiglia di agricoltori. Sua mamma, Margherita, era una santa donna tutta dedita al lavoro ed ai suoi doveri di cristiana: infondere nei suoi figliuoli il santo timore di Dio. Del babbo non potè gustare il sorriso e la carezza, perchè se ne volò al cielo quando Giovanni era ancora in tenerissima età. Fin da fanciullo ebbe il dono di attirare a sè le anime dei fanciulli con i suoi giochi di prestigio e con la sua pietà, che gli cattivava l'animo di tutti. A prezzo di privazioni di ogni genere, in mezzo alle contrarietà degli stessi familiari, riuscì a compiere gli studi ecclesiastici e nel 1841 fu ordinato sacerdote. In seminario Giovanni Bosco ritrovò l'amico Comollo, con il quale poté così ristabilire la salda amicizia di un tempo. Ma il 2 aprile del 1839, Luigi Comollo, già debole fisicamente, cadde malato e si spense a soli 22 anni. Nella notte dal 3 al 4 aprile, notte che seguiva il giorno della sua sepoltura, secondo una testimonianza diretta di Giovanni Bosco e dei suoi venti compagni di camera, alunni del corso teologico, l'amico defunto apparve loro sotto forma di una luce che, per tre volte consecutive, disse: "Bosco! Bosco! Bosco! Io sono salvo!". A ricordo dell'evento fu posta una lapide in un corridoio del Seminario di Chieri. Il giovane chierico da quel momento in poi decise di "mettere la salvezza eterna al di sopra di tutto, a considerarla come l'unica cosa veramente importante". Il suo motto, ispirato a Gn 14,21, che richiudeva il suo programma di vita, fu sempre: Da mihi animas, coetera tolle ("Dammi le anime, prenditi tutto il resto), scritto a grossi caratteri su un cartello, che teneva nella sua stanza. Da questo punto comincia la sua missione speciale: « l'educazione dei giovani». Lo aveva difatti profondamente colpito il fatto di vedere per le vie di Torino tanti giovanetti malvestiti, male educati, abbandonati, esposti ad ogni pericolo per l'anima e per il corpo, molti già precocemente viziosi e destinati alla galera... Il cuore del giovane sacerdote sanguina: prega e pensa: e la Vergine Benedetta, che lo aveva scelto, gli ispira l'istituzione degli Oratori. Dopo mille difficoltà e persecuzioni, gli riuscì di comperare a Valdocco (allora fuori Torino) un po' di terreno con una casa ed una tettoia a cui aggiunse una cappella; ebbe così un luogo stabile e sicuro dove poter radunare i suoi « birichini ». Non aveva un centesimo : unica sua risorsa una fede illimitata nella Divina Provvidenza. In pochissimo tempo i poveri giovani ricoverati diventarono più numerosi; l'opera cresceva e bisognava pensare al futuro. La benedizione di Dio era visibile. E Don Bosco fonda una nuova congregazione religiosa, la Pia Società di S. Francesco di Sales, detta comunemente dei Salesiani, composta di sacerdoti e laici, che poco alla volta aprirono oratori festivi, collegi per studenti, ospizi per artigiani, scuole diurne e serali, missioni fra gli infedeli in tutte le parti del mondo. Per le fanciulle delle stesse condizioni, D. Bosco istituì le Suore di Maria Ausiliatrice, le quali, come i Salesiani, sono sparse in tutto il mondo, ed affiancano l'opera dei sacerdoti.
Per il popolo D. Bosco scrisse libretti pieni di sapienza celeste, dal titolo « Letture cattoliche » in contrapposizione a quelle protestanti. Fino all'ultimo la sua vita fu spesa a vantaggio del prossimo, con sacrificio continuo, eroico. Il Signore lo chiamò a sè il 31 gennaio 1888 e fu canonizzato da Pio XI nella Pasqua del 1934. PRATICA. Aiutiamo in qualche modo le opere per l'educazione della gioventù. PREGHIERA. O Dio, che suscitasti il beato confessore Giovanni per l'insegnamento cristiano e per trattenere la gioventù nella via della verità, e per suo mezzo radunasti una nuova famiglia nella Chiesa, concedici che a suo esempio e intercessione, infiammati di zelo per la tua gloria e la salute delle anime, possiamo nel cielo essere partecipi del suo gaudio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino san Giovànni Bosco, Confessore, Fondatore della Società Salesiana e dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insigne per lo zelo delle anime e la propagazione della fede, ascritto dal Papa Pio undecimo nei fasti dei Santi.
I SOGNI DI DON BOSCO A nove anni il piccolo Giovanni Bosco ebbe un sogno che egli stesso definì "profetico" e che più volte raccontò ai ragazzi del suo Oratorio: «A nove anni ho fatto un sogno. Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole. In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse: «Dovrai farteli amici non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità. Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva e che l'amicizia con il Signore è un bene prezioso». Confuso e spaventato risposi che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace di parlare di religione a quei monelli. In quel momento i ragazzi cessarono le risse, gli schiamazzi e le bestemmie e si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere cosa facessi gli domandai: «Chi siete voi, che mi comandate cose impossibili?» «Proprio perché queste cose ti sembrano impossibili – rispose – dovrai renderle possibili con l'obbedienza e acquistando la scienza». «Come potrò acquistare la scienza?». «Io ti darò la maestra. Sotto la sua guida si diventa sapienti, ma senza di lei anche chi è sapiente diventa un povero ignorante». «Ma chi siete voi?». «Io sono il figlio di colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno». «La mamma mi dice sempre di non stare con quelli che non conosco, senza il suo permesso. Perciò ditemi il vostro nome». «Il mio nome domandalo a mia madre». In quel momento ho visto vicino a lui una donna maestosa, vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se in ogni punto ci fosse una stella luminosissima. Vedendomi sempre più confuso, mi fece cenno di andarle vicino, mi prese con bontà per mano e mi disse: «Guarda». Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c'era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali. La donna maestosa mi disse: «Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci umile, forte e robusto e ciò che adesso vedrai succedere a questi animali, tu lo dovrai fare per i miei figli». Guardai ancora ed ecco che al posto di animali feroci comparvero altrettanti agnelli mansueti che saltellavano, correvano, belavano, facevano festa attorno a quell'uomo e a quella signora. A quel punto nel sogno mi misi a piangere. Dissi a quella signora che non capivo tutte quelle cose. Allora mi pose una mano sul capo e mi disse: «A suo tempo, tutto comprenderai». Aveva appena detto queste parole che un rumore mi svegliò. Ogni cosa era scomparsa. Io rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che facevano male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti. Al mattino ho subito raccontato il sogno, prima ai fratelli che si misero a ridere, poi alla mamma e alla nonna. Ognuno diede la sua interpretazione. Giuseppe disse: «Diventerai un pecoraio». Mia madre: «Chissà che non abbia a diventare prete». Antonio malignò: «Sarai un capo di briganti». L'ultima parola la disse la nonna, che non sapeva né leggere né scrivere: «Non bisogna credere ai sogni». Io ero del parere della nonna. Tuttavia quel sogno non riuscii più a togliermelo dalla mente.» (Memorie, Don Bosco) Lo storico Pietro Stella ipotizzò che il sogno del giovane Bosco sia stato influenzato da una predica riguardante il mandato di Gesù a san Pietro e la celebre frase: «Pasci le mie pecorelle». Secondo gli studi dello storico, infatti, Giovanni fece quel sogno proprio la notte successiva alla festa di san Pietro. IL SOGNO DELLE DUE COLONNE In fondo alla basilica di Maria Ausiliatrice di Torino, voluta da don Bosco, si trova il dipinto raffigurante il famoso "Sogno delle due colonne", considerato profetico sul futuro della Chiesa. Il sogno, raccontato dal futuro santo la sera del 30 maggio 1862, descrive una terribile battaglia sul mare, scatenata da una moltitudine di imbarcazioni contro una grande nave che simboleggerebbe la Chiesa cattolica, guidata da un comandante che rappresenterebbe il papa. La grande nave è scortata da molte navicelle che da lei prendono ordini e viene colpita ripetutamente. A un tratto il papa, ferito gravemente, cade. Subito soccorso, viene colpito una seconda volta e muore. Appena morto il papa, un altro papa subentra al suo posto. Il nuovo pontefice viene eletto così rapidamente che la notizia della morte del primo giunge con la notizia dell'elezione del suo successore che, superando ogni ostacolo, guida la nave in salvo in mezzo a due colonne che si ergono altissime in mezzo al mare. Le colonne rappresenterebbero la prima l'Eucaristia, simboleggiata da una grande ostia con la scritta "Salus credentium", e la seconda la Madonna, simboleggiata da una statua dell'Immacolata con la scritta "Auxilium Christianorum". Tutte le navi nemiche fuggono, fracassandosi a vicenda, mentre le navicelle che hanno combattuto con il papa si ormeggiano anch'esse al sicuro tra le due colonne. Nel mare prende a regnare una grande calma.
nome San Ciro- titolo Eremita e Martire- nascita 250, Alessandria d'Egitto- morte 31 gennaio 303, Alessandria d'Egitto- ricorrenza 31 gennaio- Attributi croce di Cristo che porta nella sua mano- Patrono di Atena Lucana, Marineo, Grottaglie, Portici, Vico Equense, Nocera Superiore, medici, viene invocato per i lavori nei campi e contro i naufragi- Secondo una "passio" del VII secolo, del patriarca di Gerusalemme San Sofronio, Ciro nacque da famiglia cristiana intorno all'anno 250 ad Alessandria d'Egitto, e studiò medicina nella sua città. Divenuto medico in quella scuola, Ciro aprì nel rione Doryzim un ambulatorio con laboratorio.<br /> Sofronio racconta che Ciro era un medico valente ed eccelse in maniera particolare per la santità della vita, umile e dedita alla carità. Somministrava cure gratuite ai poveri e indigenti, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "anàrgiro" (dal greco anargyros, senza denaro), e incitava i malati a trovare conforto nella fede e nella preghiera. Ridonava la salute tanto ai corpi quanto alle anime e convertì molti pagani al cristianesimo. Sofronio dice espressamente:« Allorché intanto visitava gli infermi, mettendo in non cale i precetti di Galeno, d'Ippocrate, e di altri autori consimili, che li adattava in secondo luogo, prendeva dai nostri fonti mille sentimenti dei Profeti, e dei Padri, i quali univa, e tosto con una maniera tutta divina chiamando gli ammalati dolcemente al dovere, non solo ai loro corpi, ma alle loro anime ancora apprestasse l'analoga medicina [...] Ne avveniva, che lo spirito di molti, amanti della vera pietà, rimaneva confermato nell'amore della verità, e da non pochi infedeli abbominavansi gli errori dei Greci, che dominavano ovunque sotto l'impero di Diocleziano »<br /> Nel 299 i medici alessandrini, accusati di magia e stregoneria, divennero bersaglio di una violenta sommossa popolare e, poiché gravava su di essi il sospetto di cospirare contro l'impero, l'imperatore Diocleziano decise di perseguitare chiunque svolgesse attività "curative" senza autorizzazione, senza distinguere tra medici e maghi. Le autorità imperiali non risparmiarono neppure i trattati di scienza medica contenuti in migliaia di rotoli di pergamene, che vennero incendiati e distrutti. Sofronio riporta anche il nome del prefetto di Alessandria a quel tempo, Siriano, che in ottemperanza ai dettami dell'imperatore, perseguitò tutti i medici dell'Egitto, e venuto a conoscenza delle azioni del Santo, comandò che fosse subito arrestato. Ciro venne quindi perseguitato in un primo momento, non tanto come cristiano, ma come medico. Per evitare la persecuzione San Ciro decise di ritirarsi nel deserto in Arabia Petrea, presso la piccola oasi di Ceutzo. Egli si appartò dal mondo e si dedicò ad una vita anacoretica di preghiera e penitenza, cambiando anche il suo modo di essere medico. Smise di esercitare la professione ma non rinunciò ad aiutare il prossimo, non servendosi più di erbe e medicinali, ma affidandosi alla preghiera e all'insegnamento delle persone che lo raggiungevano. Sofronio dice: «Mutò ancora il sistema di medicare. Imperrocchè Ciro da quell'ora non era più tenuto qual medico, né lo era col fatto, ma piuttosto qual operatore di miracoli » San Ciro fu guida spirituale di molti eremiti, tra questi il legionario Giovanni, nativo della città di Edessa (oggi Urfa), in Mesopotamia, fu un militare che fu costretto ad abbandonare l'esercito a causa dell'editto di epurazione, emanato contro i soldati cristiani da Diocleziano nel 298. Decise così di professare la fede cristiana, e raggiunse Ciro a Ceutzo, dove i due condivisero la vita ascetica per quattro anni. Nel 303 si abbatté sulla Chiesa la persecuzione più violenta e più sanguinosa di tutti i tempi, che dette a quel periodo, durato un triennio, l'appellativo di "era dei santi martiri". Diocleziano intensificò la persecuzione contro i cristiani. La tremenda persecuzione si estese in Asia Minore, dilagò in Palestina, quindi divampò in Africa. A queste notizie Ciro e Giovanni decisero di lasciare il proprio eremo e di ritornare ad Alessandria per sostenere i fratelli nella fede. San Sofronio fa menzione di tre fanciulle, Teotiste, Teodota ed Eudossia, con la loro madre Atanasia, vedova. Queste, poiché cristiane, da Alessandria erano state incarcerate a Canopo, per essere condannate, qualora non rinunciassero alla loro fede cristiana. Così, dopo quattro anni di vita ascetica, Ciro e Giovanni decisero di fermarsi in questa cittadina per consolare, con la parola e l'esempio di fermezza, la piccola comunità cristiana. Essi furono scoperti e accusati di insinuare alle donne arrestate il disprezzo per gli dei e il loro culto. Vennero portati presso il prefetto Siriano, il quale comandò che venissero torturati se non avessero ritrattato la fede cattolica. Così, alla presenza delle donne e con lo scopo di intimorirle, essi vennero condannati alla morte più atroce. Ma le donne alessandrine, confortate dal loro esempio, rifiutarono di rinunciare alla propria fede e vennero spietatamente trucidate. Subito dopo Ciro e Giovanni, con la decapitazione, subirono l'eroico martirio: era il 31 gennaio del 303. MARTIROLOGIO ROMANO Sempre ad Alessandria, santi Ciro e Giovanni, martiri, che per la loro fede in Cristo, dopo molti tormenti furono decapitati.
nome Santa Marcella di Roma- titolo Vedova- nascita IV Secolo, Roma- morte Agosto 410, Roma- ricorrenza 31 gennaio- Santa Marcella è chiamata da S. Girolamo la gloria delle dame romane. Aveva dessa vissuto sette mesi nel nodo maritale, quando, morto il marito, ricusò di passare a seconde nozze dando il rifiuto al console Cereale. Capitò allora in Roma S. Girolamo, e S. Marcella, lo pregò per avere da lui dei Commenti sulla sacra Scrittura e un compendio della vita dei solitari d'oriente. Dopo ciò Marcella, ridusse la sua casa a chiostro insieme con Asella e Albina. Donò in limosina tutti gli oggetti di lusso e le stesse vesti di nozze, e si coprì di ruvido saio. Stabilì di non bere più vino, nè di mangiar carne. Diede piena libertà agli schiavi e adottò per figlia la. giovinetta Principia, angelo di purezza, e fece proposito di non mai parlare da sola con un uomo. Ritiratasi in una modesta casa nelle vicinanze di Roma, vi visse vita claustrale, intenta ad ogni opera buona. Tuttavia per quanto cercasse di nascondersi, la fama della santa sua vita corse di bocca in bocca e moltissime dame e vergini dei più distinti casati di Roma, annoiati dei tumulti del Inondo, vennero a mettersi sotto la vigilanza e la disciplina di lei.<br /> S. Marcella, ne' suoi dubbi, consultava quella gran mente di S. Girolamo ed abbiamo ben undici lettere responsive di quell'illustre dottore, tutte ripiene di sapienza e di una morale rigida tanto da mettere in spavento le signore dei dì nostri. Un fatto magnanimo, per non dire portentoso di S. Marcella, accadde l'anno 410, quando Goti, guidati da Alarico, invasero Roma. Molto ebbe a soffrire la santa matrona in quella distretta. Fu percossa da quei barbari che la illividirono a colpi di bastone per farsi consegnare i tesori che non aveva più, perché depositati già prima in seno ai poveri. Più crudele ancora. fu il suo timore, non tanto per sé, quanto per la sicurezza dell'innocente Principia. Per difendere quell'angelo di beltà e di candore dovette gettarsi ai piedi dei barbari e offrire il petto e la vita alle lance di quei feroci. E tanto fece, che li disarmò. Il Signore protesse la madre e la figlia, né permise che la loro virtù fosse macchiata. S. Marcella sopravvisse ben poco ai disastri della sua patria. Presentì avvicinarsi il suo fine, e si preparò alla morte con opere degne di quella gran donna che era. Ricevette il cibo dei forti, e colta da tremito convulso disse: Gesù, io vengo a Voi; e spirò nelle braccia della diletta Principia, l'agosto dell'anno 410. MASSIMA. La pietà sincera, che è radicata nel cuore, si rileva e si esercita senza sforzo. PREGHIERA. La mia voce s'innalza a Voi, o Dio d'infinita misericordia, per chiedervi un cuor puro e una pietà sincera, affine di operare la mia salute. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di santa Marcella, vedova, che, come attesta san Girolamo, dopo avere disprezzato ricchezze e nobiltà, divenne ancor più nobile per povertà e umiltà.
nome San Geminiano di Modena- titolo Vescovo- nascita IV secolo, Modena- morte IV secolo, Modena- ricorrenza 31 gennaio- Patrono di Modena, Guiglia, Massa Finalese, Pieve d'Olmi, Pontremoli, San Gimignano, Vielmur-sur-Agout- Sembra che era di origini modenesi e la sua famiglia probabilmente romana di origine senatoria. Era un diacono del vescovo Antonio de Modena, e questo gli successe quando morì, su nomina unanime dei suoi concittadini, e per non accettare la carica fuggì da Modena, ma fu raggiunto e dovette obbedire il desiderio divino. Il suo mandato, sempre secondo la tradizione, fu particolarmente fecondo: la conversione totale della città al cristianesimo e la consacrazione dei templi pagani al nuovo culto. Il fatto più importante del suo episcopato fu l'ospitalità che offrì a sant'Atanasio d'Alessandria, quando fu esiliato dall'Egitto a causa della sua controversia con gli eretici ariani. Non si sa molto altro della sua vita, solo che combatté l'eresia di Giovaniano e che sembra che abbia partecipato al consiglio dei vescovi dell'Italia settentrionale, presieduto da Sant'Ambrogio di Milano, per condannare la suddetta eresia. Si dice che sia stato un uomo di preghiera e pietà. È anche ricordato per il suo potere sui demoni, che lo portò alla corte di Costantinopoli, per guarire la figlia dell'imperatore Gioviano. La sua leggenda è una trama di favole. MARTIROLOGIO ROMANO. A Modena, san Gimignano, vescovo, che riportò la sua Chiesa dall’eresia ariana alla retta fede.
nome Beata Ludovica Albertoni- titolo Terziaria francescana- nome di battesimo Ludovica Albertoni-nascita 1474 circa, Roma- morte 31 gennaio 1533, Roma-ricorrenza 31 gennaio- Beatificazione 28 gennaio 1671 da papa Clemente X- Santuario principale Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli (casa natale), Chiesa di San Francesco a Ripa (sepoltura), Roma-Attributi Vedova, Mistica, Terziaria francescana- Patrona di Roma (compatrona), Ordine Francescano Secolare- Ludovica era figlia di Stefano e Lucrezia Tebaldi, entrambi provenienti da due illustri famiglie romane. Il padre morì quando la figlia era ancora molto giovane e la madre si risposò lasciando che Ludovica venisse allevata da una nonna e poi da due zie. Giunta in età adulta si sposò con Giacomo della Cetara, un giovane nobile e ricco, dal quale ebbe tre figlie. Visse felicemente con lui fino a quando, nel 1506, egli morì precocemente. Ludovica allora vestì l'abito del Terz'ordine francescano e dedicò il resto della sua vita alla preghiera e a opere di beneficenza; giunse così a spogliarsi di tutti i suoi beni, al punto che la sua famiglia dovette fornire ciò di cui aveva bisogno per la quotidiana sussistenza. Anche Ludovica, come Margherita Kempe, si abbandonava a copiosi pianti al pensiero della passione di Cristo, tanto da perdere quasi, a quanto si dice, la vista. Sono state descritte anche sue visioni, estasi e levitazioni. Morì il 31 gennaio 1533; sulla sua tomba si sono verificate varie guarigioni. Il suo culto venne approvato il 28 gennaio 1671.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, beata Ludovica Albertoni, che, dopo avere educato cristianamente i figli, alla morte del marito, entrata nel Terz’Ordine di San Francesco, portò aiuto ai poveri, scegliendo di divenire da ricca poverissima.
nome Beata Maria Cristina di Savoia-titolo Regina- nascita 14 novembre 1812, Cagliari- morte 31 gennaio 1836, Napoli-ricorrenza 31 gennaio- Beatificazione 25 gennaio 2014 da papa Francesco- Santuario principale Basilica di Santa Chiara, Napoli- Attributi Corona, Rosario- Era una principessa della Sardegna, quarta figlia del re Vittorio Emanuele I di Savoia e di sua moglie, l'arciduchessa Maria Teresa d'Austria-Este. Nacque a Cagliari perché nonostante le origini piemontesi dei genitori in quei tempi il territorio storico della sua dinastia era occupato dalle truppe napoleoniche. I suoi primi anni furono felici finché, all'età di nove anni, subì l'abdicazione di suo padre. Queste dimissioni furono l'inizio di un periodo di instabilità visse a Nizza, Moncalieri e Modena, e infine si stabilì a Genova con la madre e la sorella. Prima dei 20 anni perse entrambi i genitori.<br /> Superò tutti questi ostacoli grazie alla sua incrollabile fede cattolica che aveva fin da bambina, non invano fu consacrata alla Vergine il giorno del suo battesimo. La principessa voleva essere suora ma tra la sua famiglia l'ambiente cortese e il suo confessore la spinsero a contrarre il matrimonio dinastico che le era riservato. Il 21 novembre 1832 sposò il re Ferdinando II delle Due Sicilie. Donna molto pia, non ha ebbe vita facile alla corte di Napoli per motivi di salute, ma sopportò tutto grazie alla sua fede cristiana. Maria Cristina aveva tali virtù, dal punto di vista religioso, da essere amata da tutti coloro che, mentre viveva, la consideravano una santa. La sua gente l'ha soprannominò "Reginella Santa". Non era direttamente coinvolta nella politica, ma ebbe un'influenza positiva su suo marito. Secondo un autore poco sospettoso del cattolicesimo e del monarchismo come Benedetto Croce, strappò la grazia a suo marito da molti condannati a morte, tra cui Cesare Rosaroll, che cospirò per assassinare Fernando II. Aiutò senza sosta e donò enormi somme di denaro a tutti i tipi di enti di beneficenza e opere culturali cosa che le portò un'immensa popolarità. Tuttavia, tre anni dopo il suo matrimonio, non aveva ancora adempiuto al suo obbligo principale, quello di dare un erede al trono. Ma nella primavera del 1835, rimase incinta. Il 18 gennaio 1836 nacque il principe Francesco, che sarebbe stato l'ultimo re delle Due Sicilie. La consegna era complicata e la regina Maria Cristina sapeva che i suoi giorni erano contati. Il 31, quasi senza forze, portò il neonato davanti al Re e disse: “Dovrai rispondere davanti a Dio e davanti al popolo, quando crescerà, gli spiegherai che sono morto per lui ". Entro poche ore spirò. È stata beatificata da Papa Francesco il 25 gennaio 2014. MARTIROLOGIO ROMANO. Napoli, in Italia, la Beata Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie e madre di famiglia, che ha dedicato la sua brevissima vita all'esercizio della pietà cristiana e della carità con i poveri .
nome San Francesco Saverio Maria Bianchi- titolo Barnabita- nome di battesimo Francesco Saverio Maria Bianchi- nascita 2 dicembre 1743, Arpino, Frosinone- morte 31 gennaio 1815, Napoli-ricorrenza 31 gennaio- Beatificazione 22 gennaio 1893 da papa Leone XIII- Canonizzazione Basilica di San Pietro, 21 ottobre 1951 da papa Pio XII- Nato ad Arpino, nell'allora Regno delle Due Sicilie, si recò a Napoli per gli studi ecclesiastici ricevendo la tonsura appena quattordicenne. Suo padre era in realtà contrario all'ingresso in un ordine religioso e Francesco dovette molto soffrire per il conflitto tra doveri familiari e vocazione. Entrò in contatto con S. Alfonso Maria de' Liguori (1 ago.), all'epoca impegnato in una missione di predicazione nella zona, da cui ricevette una conferma definitiva per la sua vocazione. Entrò nella congregazione dei Chierici Regolari di S. Paolo, conosciuti anche come barnabiti, ma per tre anni soffrì di una grave malattia — forse causata da un conflitto di coscienza —da cui però riuscì a riprendersi, facendo poi rapidi progressi nei suoi studi. Fu ordinato sacerdote nel 1767 e venne ben presto assegnato al ministero della confessione, concessione insolita in quell'epoca, in Italia, a un prete così giovane. Fu poi nominato superiore di due collegi, carica che conservò per quindici anni, fino a quando gli furono affidati altri importanti uffici nell'ordine. Sua preoccupazione principale era tuttavia quella inerente al suo ministero, esercitato sempre più in quel confessionale dove era cercato da migliaia di penitenti. La sua salute fu gravemente danneggiata da gravi mortificazioni: la sua costante e decisa volontà gli valse una fama di santità mentre era ancora in vita. Quando a Napoli vennero chiuse le case religiose, durante l'invasione napoleonica, la sua infermità gli ottenne il permesso di restare da solo nel collegio. Ancora in vita gli vennero attribuiti vari miracoli, tra cui l'arresto del flusso di lava emesso durante un'eruzione del Vesuvio nel 1805 (era stato portato alla fonte della colata dai napoletani, visto che aveva ormai perso l'uso delle gambe). I suoi concittadini lo consideravano come la "risposta napoletana" al romano S. Filippo Neri (26 mag.), sfruttando anche il gioco di parole suggerito dai cognomi Neri e Bianchi. Morì il 31 gennaio 1815 e fu canonizzato da Pio XII nel 1951.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, san Francesco Saverio Maria Bianchi, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari di San Paolo, che, ricco di doni mistici, indusse molti a vivere con lui nella grazia del Vangelo.
nome Beata Candelaria di San Giuseppe- titolo Fondatrice- nome di battesimoSusanna Paz-Castillo Ramirez- nascita 11 agosto 1863, Altagracia di Orituco, Venezuela- morte 31 gennaio 1940, Cumaná, Venezuela- ricorrenza 31 gennaio- Beatificazione da papa Benedetto XVI il 27 aprile 2008- Nacque ad Altagracia de Orituco, nello Stato di Guárico, in Venezuela. Nel seno di un'umile famiglia. Fin da giovane si distinse per la sua carità verso i suoi simili, in particolare verso i malati, i bisognosi, gli abbandonati che raccoglieva nella propria casa per accudirli e curarli. Nel 1901 scoppiò in Venezuela il cosiddetto “Liberatore Rivoluzionario”, che ebbe conseguenze disastrose per gli abitanti di Altagracia a causa delle morti che lasciò nelle loro case. Nel 1903, il dottor Sixto Sosa arrivò ad Altagracia come prete vicario che influenzerà notevolmente la vita di Susana. Fu costruito un ospedale e Susana fu nominata direttrice, per il lavoro che aveva svolto al momento degli eventi. Altre tre donne si unirono a lui, e poiché avevano una vocazione religiosa, il dottor Sixto, d'accordo con il vescovo di Calabozo, le vestì, nel 1906, con l'abito delle Piccole Sorelle dei Poveri. Susana cambiò il suo nome in Candelaria. Nel 1914 nacque la nuova congregazione: Las Hermanitas de los Pobres de Altagracia (attualmente chiamate le Suore Carmelitane di Madre Candelaria). Padre Sixto sarà successivamente nominato vescovo di Cumaná. Nel 1916 emisero i voti religiosi e perpetui nelle mani del Padre Fondatore Sixto Sosa. Iniziò la fondazione di altri due ospedali, quello di Upata nello Stato di Bolívar e quello di Porlamar sull'isola Margarita. La sua vita trascorsa tra i poveri si distingueva per una profonda umiltà, un'inesauribile carità nei loro confronti e una profonda vita di fede, preghiera e amore per la Chiesa. Oltre alla sua attenta attenzione ai malati, si occupò dell'educazione dei bambini, compito che lasciò in eredità alle sue figlie carmelitane. Nel 1918 si ammalò gravemente e dovette riprendersi e nel 1922 la nuova Congregazione attraversò un periodo difficile poiché il nuovo Nunzio Mons. Felipe Cortesi sollecitò la legalizzazione canonica dell'Istituto secondo le norme del nuovo Diritto Canonico . Propose che si unissero alle Piccole Sorelle dei Poveri di Maiquetía, ma fu inutile, e nel 1925 furono definitivamente aggiunte all'Ordine del Carmelo. Divennero Terziarie Carmelitane Regolari e sono meglio conosciute come Suore Carmelitane Venezuelane. Suor Candelaria fu nominata Superiora Generale. Nel 1929 un forte terremoto distrusse quasi completamente la città di Cumaná e vi parteciparono i Carmelitani, e lì si stabilirono definitivamente la loro residenza e lì fu istituita la scuola di Nuestra Señora del Carmen, la prima della congregazione insime alla casa “Betania” a frequentare il Seminario. Morì a Cumaná asfissiata da un'emorragia. È stata beatificata il 27 aprile 2008 da Benedetto XVI. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Altagracia de Orituco, Venezuela, Beata Candelaria de San José (Paz Castillo Ramírez), vergine, fondatrice delle Suore Carmelitane di La Candelaria.<br />
nome Sant'Eusebio- titolo Monaco di San Gallo- nascita, Irlanda- morte 884 circa, Vorarlberg, Austria-ricorrenza 31 gennaio- Eusebio era uno dei tanti peregrini irlandesi che per circa due secoli avevano seguitato ad abbandonare la terra natale per trasferirsi nel continente europeo. Pare che sia partito quando era ancora un laico e che si sia fatto monaco nella grande abbazia di S. Gallo, fondata dal più celebre discepolo di Colombano, Gallo (t 630, 16 ott.), rimasto in Svizzera mentre Colombano scendeva in Italia valicando le Alpi. Eusebio però non rimase all'interno del monastero ma, avendo ricevuto il permesso di vivere da eremita, si stabilì sul monte di S. Vittore nel distretto di Vorarlberg (Austria), dove trascorse una trentina d'anni. Morì per mano di un contadino che, rimproverato da lui per la sua condotta malvagia, lo colpì con una falce, uccidendolo. Sul luogo venne edificato più o meno nello stesso periodo un monasterium Scottorum (un monastero per gli irlandesi) e nel 1730 Eusebio venne inserito come martire nel calendario diocesano di S. Gallo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Viktorsberg vicino a Rankweil nella Baviera meridionale, oggi in Austria, sant’Eusebio, che, nato in Irlanda, fu pellegrino per Cristo e, divenuto poi monaco nel cenobio di San Gallo, visse infine da eremita.
nome Sant'Aidano (Medhoc) di Ferns-titolo Vescovo- nascita 558 circa, Connacht, Irlanda-morte 632 circa, Ferns, Irlanda-ricorrenza 31 gennaio- Canonizzazione 19 giugno 1902 da papa Leone XIII- Attributi mitra e bastone pastorale- Patrono di diocesi di Ferns- Maedoc (o anche Aidan, nomi che derivano dalla stessa radice àed, che significa "fuoco"), nacque a Connacht in Irlanda alla fine del vi secolo. Una tradizione narra che fu educato a Leinster e presso la scuola di S. Davide (1 mar.) nel Pembrokeshire gallese, e che tenne tra le braccia Davide stesso al momento della sua morte. Fece poi ritorno in Irlanda e fondò un monastero a Ferns, nella contea di Wexford, su un terreno donatogli dal principe di Leinstcr, Brandrub. Fu il fondatore anche di altri monasteri a Drumlane, nella contea di Cavan, e a Rossinver, nella contea di Leitrim. Le sue biografie sono relativamente tarde; essendo state composte per sostenere le rivendicazioni di vari monasteri non rendono inoltre possibile la ricostruzione di alcuna cronologia affidabile, anche se forniscono un eccellente esempio di vita di santo modellata su quella di Cristo; la sua nascita venne preannunciata dal grande saggio e profeta irlandese, Finn MacCumail; il suo concepimento è accompagnato da sogni di una stella miracolosa, c un raggio abbagliante scende dal cielo, risplendendo sul luogo della sua nascita; la sua saggezza è grande sin dalla giovinezza; trascorre un lungo periodo in preghiera solitaria; raccoglie discepoli attorno a sé; si reca a Roma (leggi Gerusalemme) e tutte le campane si mettono a suonare da sole; opera miracoli camminando sulle acque, trasformando foglie in pani e pesci e riportando in vita una ragazza morta e infine si mostra sotto sembianze trasfigurate. Possiede una grande capacità di stringere amicizie e il suo nome è associato a quello di S. Molaisse di Devenish (o Laisren, 18 apr.), il suo migliore amico, ma anche a S. Ita di Killcedy (15 gen.), a S. Columba (o Columcille, 9 giu.) e addirittura a S. Brigida di Kildare (1 feb.). Sale per una scala d'oro per dire addio a Colombano (un tema tratto dal sogno di Giacobbe in Gn 28, 12 e dall'allusione che a esso fa Gesù in Gv 1, 51). I suoi miracoli manifestano da una parte compassione persino per i lupi affamati (animali simboleggianti le virtù del coraggio e della forza, associate a una saggezza segreta), dall'altra servono a sostenere i britanni nelle loro guerre contro i sassoni (giungendo fino a eccessi sanguinari). Si narra infine del suo ritorno sulla terra dopo la morte, come Brigida (anzi con lei) su di un cocchio celeste. Ci sono giunti il suo bastone pastorale, la sua campana e il suo reliquiario con la bisaccia, oggetti importanti e carichi di significato simbolico: il primo è conservato nel National Museum di Dublino; gli altri oggetti si trovano nella biblioteca della cattedrale di Armagh. Non vi è invece traccia dei suoi resti. A Ferns sopravvivono le rovine del suo monastero, tra le quali viene ancora celebrata la Messa. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ferns in Irlanda, san Maedóc o Aidano, vescovo, che fondò in questo luogo un cenobio e rifulse per la grande austerità di vita.