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04/03/2024 alle 08:20

I santi di oggi 4 marzo:

I santi di oggi 4 marzo:

nome San Casimiro- titolo Principe polacco- nascita 5 ottobre 1458, Cracovia, Polonia- morte 4 marzo 1484, Grodno, Lituania- ricorrenza 4 marzo- Canonizzazione 1521/1602- Santuario principale Cattedrale di San Casimiro, Vilnius- Attributi giglio, due mani destre e pergamena con inno mariano- Patrono di Polonia, Lituania, Russia, giovani- Fra i numerosi santi morti nel fiore della giovinezza, c'è da annoverare Casimiro, figlio di Casimiro III, re di Polonia. Nacque questo Santo il 5 ottobre dell'anno 1458, e ricevette dall'ottima madre un'educazione veramente santa. Affidato più tardi alle cure del pio e dotto canonico Dugloss, fece tale progresso negli studi e nella via della santità, da suscitare meraviglia nello stesso maestro. Vestì sempre dimessamente ed ebbe quasi orrore per il lusso; un rozzo cilicio gli martoriava le membra e la sua mente era continuamente fissa nel mistero della passione di Gesù Cristo. Il santo Sacrificio della Messa a cui assisteva ogni giorno e la devozione a Maria furono la sua delizia. In uno sfogo d'amore verso questa cara Madre compose un inno che recitò ogni giorno fino alla morte e che volle con sè anche nel sepolcro. La notte era per questo santo il tempo dell'orazione, e il breve riposo che concedeva al suo corpo sovente era preso sul nudo pavimento. Richiesto come re dal popolo ungherese. solo costretto dall'autorità paterna si risolvette ad accettare. Ma prima ancor di giungere alla frontiera avendo avuto notizia della conciliazione avvenuta tra il popolo e l'antica dinastia, immediatamente rifiutò di procedere oltre. Fatto ritorno alla reggia paterna e ottenuto il permesso di ritirarsi dalla corte, incominciò una vita di immolazione continua, unita intimamente a Dio ed occupata in cose spirituali. Dodici anni durò questo tenore di vita. Colpito dall'etisia, il suo volto divenne sempre più pallido, ma non perse mai quell'aspetto angelico e serafico che Io distingueva. Fino all'ultimo fu ilare ed affabile. Conosciuto per rivelazione il giorno della sua morte, vi si preparò con grande fervore, e ricevuti i Ss. Sacramenti con vivo trasporto di spirito, morì nel Signore a Vilna, città principale della Lituania. La sua salma venne sepolta nella chiesa di S. Stanislao con pompa e onori principeschi. La sua tomba fu méta di continui e devoti pellegrinaggi, e fonte inesauribile di grazie e benedizioni. Centovent'anni dopo la sua morte si volle rimuoverne i resti mortali per esporli alla venerazione dei fedeli, ma oh, meraviglia! quel corpo vergine che non aveva conosciuto il peccato, fu trovato incorrotto e intatto nelle vesti principesche in cui era stato avvolto. S. Casimiro fu canonizzato da Papa Leone X nel 1521, e il popolo polacco lo volle suo protettore. PRATICA. Impariamo da questo Santo l'amore alla purezza. PREGHIERA. O glorioso Casimiro, vi preghiamo che dall'alto del cielo vi prendiate cura di noi miseri mortali, difendendoci, proteggendoci, aiutandoci. MARTIROLOGIO ROMANO. A Vilna, nella Lituània, il beato Casimiro Confessore, figlio del Re Casimiro, dal Papa Leone decimo ascritto nel numero dei Santi.

nome Beato Umberto III di Savoia- titolo Conte- nascita 1136 circa, Avigliana, Torino- morte 4 marzo 1188, Chambéry, Savoia- ricorrenza 4 marzo- Beatificazione 1838 da Papa Gregorio XVI- Terzo conte di Savoia. Nacque nel castello di Avigliana in Piemonte. Voleva essere religioso ma doveva governare i suoi stati. Dopo un matrimonio senza figli, si risposò con Gertrude di Fiandre, una sua parente, e il cui matrimonio fu dichiarato nullo, senza aver avuto figli. Sposò Clementina de Zärhringen, dalla quale ebbe due figlie. Infine sposò Gerarda de Maçon, che fu la madre di suo figlio ed erede Tommaso di Savoia.<br /> Come uomo politico, cercò l'ingrandimento della sua Casa, scontrandosi con gli interessi feudali del tempo, il Re di Francia e gli obiettivi imperialisti di Federico Barbarossa. Si scontrò anche con vescovi, il beato Antelmo de Chignin, lo scomunicò, ma Umberto si appellò a papa Alessandro III, che lo dichiarò innocente. Si scontrò anche con i vescovi di Torino. Nelle lotte tra papato e impero scelse il primo, sebbene fosse un vassallo dell'imperatore, alla fine della sua vita fu dichiarato ribelle dall'impero. Imparò l'arte del governo da Sant'Amedeo di Losanna, suo parente. Era un uomo di preghiera e di grande pietà, con una coscienza ristretta in tutte le questioni e un amante della pace. Alla nascita di suo figlio, si dimise dagli onori della contea. Si ritirò nell'abbazia di Hautecombe senza professare, ma i suoi vicini colsero l'occasione per invadere le loro tenute e dovette lasciare il convento per combatterli. Morì pacificamente all'Abbazia di Hautecombe. Il suo culto fu confermato il 7 settembre 1838 da Gregorio XVI. MARTIROLOGIO ROMANO. A Chambery in Savoia, nell’odierna Francia, beato Umberto, terzo conte di Savoia, che, pur costretto a lasciare il chiostro per occuparsi degli affari pubblici, con grande dedizione praticò la vita monastica, a cui in seguito ritornò.

nome San Giovanni Antonio Farina- titolo Vescovo e fondatore delle Suore maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori- nascita 11 gennaio 1803, Gambellara, Vicenza- Ordinato presbitero 15 gennaio 1827- Nominato vescovo 30 settembre 1850 da papa Pio IX- Consacrato vescovo 19 gennaio 1851 dal vescovo Giovanni Giuseppe Cappellari- morte 4 marzo 1888, Vicenza- ricorrenza 4 marzo, 14 gennaio (diocesi di Vicenza)- Beatificazione 4 novembre 2001 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione 23 novembre 2014 da papa Francesco- Incarichi ricoperti Vescovo di Treviso (1850-1860), Vescovo di Vicenza (1860-1888)- Nato a Gambellara (Vicenza) l'11 gennaio 1803, il 14 gennaio 1827 ricevette l'ordinazione sacerdotale. Nel 1831 diede inizio a Vicenza alla prima scuola popolare femminile e nel 1836 fondò le Suore Maestre di S. Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, un istituto di maestre consacrate al Signore e dedite interamente all'educazione delle fanciulle povere. Volle che le sue religiose si dedicassero anche alle fanciulle di buona famiglia, alle sordomute e alle cieche; le inviò quindi all'assistenza degli ammalati e degli anziani negli ospedali, nei ricoveri e a domicilio. Nel 1850 fu eletto vescovo di Trcviso e ricevette la consacrazione episcopale il 19 gennaio 1851. Il 18 giugno 1860 venne trasferito alla sede vescovile di Vicenza. Tra il dicembre 1869 e il giugno 1870 partecipò al Concilio Vaticano I, ove fu tra i sostenitori della definizione dell'infallibilità pontificia. Morì il 4 marzo 1888 ed è stato beatificato il 4 novembre 2001. MARTIROLOGIO ROMANO. A Vicenza, beato Giovanni Antonio Farina, vescovo, che in vari modi si adoperò nell’azione pastorale e fondò l’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori per provvedere all’educazione delle ragazze povere e a tutti gli afflitti e gli emarginati.

nome San Pietro Pappacarbone- titolo Abate di Cava- nascita 1038, Salerno- morte 4 marzo 1123, Cava de’ Tirreni<br /> ricorrenza 4 marzo- Canonizzazione<br /> 1893- Santuario principale Abbazia SS. Trinità di Cava- Attributi constructor et institutor huius monasterii S. Trinitatis- Patrono di Diocesi di Teggiano-Policastro. Patrono delle centrali elettriche riconvertite- Pietro Pappacarbone nacque a Salerno ed era nipote di S. Alferio, fondatore e primo abate del monastero di Cava dei Tirreni. Pietro entrò a Cava nel periodo di Leone, il successore di Alferio, e ben presto divenne famoso per le sue qualità di uomo di fede: grande fervore, ascetismo e amore per la solitudine. Si raccontava che durante la Quaresima fosse capace di vivere con soltanto qualche pagnotta di pane e di rimanere praticamente sempre solo su una collina che sormontava il monastero. In quel periodo la fama dell'abbazia cluniacense si era diffusa in tutta l'Europa ed era giunta anche alle orecchie di Pietro, che ne fu talmente attratto da decidere, assieme ad alcuni altri confratelli, di partire alla volta di Cluny. Venne accolto molto calorosamente dall'abate, S. Ugo (29 apr.), che, nonostante gli anziani della comunità lo ritenessero troppo giovane, gli permise di entrare senza tanti problemi; considerò infatti segni di sufficiente maturità la determinazione e il fervore che avevano portato tanto lontano il frate di Cava. La fiducia dell'abate non fu tradita, e Pietro si dimostrò particolarmente rigoroso e affidabile. Si fermò qualche anno a Cluny, poi, per l'insistenza dell'arcidiacono di Roma, Ildebrando, che poi divenne papa S. Gregorio VII (25 mag.), l'abate Ugo lo rimandò a Cava, dove venne immediatamente nominato vescovo di Policastro. Pietro però non fu capace di sopportare il frastuono della vita mondana e dopo poco fece ritorno a Cava, dove l'abate Leone lo nominò subito suo successore, lasciando l'incarico. Il nuovo abate cercò di introdurre uno stile di vita di tipo cluniacense, ma incontrò una certa opposizione; alcuni frati in particolare, decisamente scontenti di lui, cominciarono a tramare e a mettergli contro l'abate Leone. Pietro notò tutto ciò e, preoccupato soprattutto di mantenere la pace e l'armonia della comunità, partì per un altro monastero. Più tardi però, l'abate Leone e i frati che lo avevano contrastato, gli chiesero di tornare; cosa che egli fece senza trovare alcuna opposizione. Da allora in poi Cava visse un periodo di grande rinnovamento: giovani di ogni ceto sociale arrivavano in gran numero a ingrandire la comunità; diversi laici fecero donazioni di denaro e terre, che i frati potevano poi a loro volta utilizzare a favore di poveri e ammalati. L'abbazia venne allargata e fu costruita una nuova chiesa; papa Urbano II, che aveva conosciuto Pietro a Cluny, fu presente alla consacrazione e in un secondo periodo si unì alla comunità. L'abate si rivolgeva sempre ai frati con grande affetto e chiedeva loro di condividere il suo peso con la preghiera e di illuminare il suo destino con la loro comprensione e il loro affetto. Nel 1118 Pietro nominò il proprio successore e nel 1123 morì. L'abbazia di Cava, fondata nel 1011, è sopravvissuta ininterrottamente fino al 1861, quando è stata soppressa ufficialmente dal governo del Regno d'Italia, anche se il monastero che ospita una piccola comunità di frati è rimasto fino ai giorni nostri. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, san Pietro, che, dopo aver seguito fin da giovane la vita monastica, fu eletto vescovo di Policastro, ma, stanco del clamore della vita mondana, ritornò in monastero, dove, divenuto abate, rinnovò mirabilmente la disciplina.

nome Beata Placida Viel- titolo Religiosa Vergine- nome di battesimo Eulalie-Victoire Viel- nascita 1815, Quettehou, Francia- morte 4 marzo 1877, Saint-Sauveur-le-Vicomte, Francia- ricorrenza 4 marzo- Beatificazione 6 maggio 1951 da papa Pio XII- Vittoria Eulalia Giacomina Vicl, la futura seconda superiora generale delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia, nacque nel 1815 nel villaggio di Val-Vacher in Normandia. Vittoria fu l'ottava di undici figli. La sua famiglia, prima abbiente e rispettata in tutta Quettehou, col tempo si degradò alla condizione di piccola proprietaria. Vittoria, tra i cinque e í dodici anni di età, frequentò una sorta di scuola femminile, poi per un anno studiò cucito. Ricevette quindi un'istruzione minima, che però, essendo molto devota, poté arricchire frequentando corsi di catechismo presso la parrocchia del paese. A diciott'anni era una ragazza alta, generosa, ma purtroppo molto timida. La cugina di suo padre, Maria, considerata erroneamente zia di Vittoria, era stata prima discepola e poi una delle prime compagne di S. Maria Maddalena Poste! (16 lug.), della cui piccola comunità era stata anche tesoriera. Forse sperando di reclutare la cugina, Maria Maddalena la invitò a far visita al gruppo che si era da poco sistemato a Saint-Sauveur-le-Vicomte. Vittoria venne immediatamente affascinata dalla superiora e concepì il desiderio di condividere la vita estremamente povera, ma, palesemente felice, delle suore. Nel maggio del 1833 lasciò la propria casa e sentì particolarmente forte il distacco dal padre, anche se fu Michele, il suo fratello maggiore, col quale aveva già stabilito di mettere su casa, ad andare su tutte le furie, per la repentinità della decisione. L'abbazia benedettina di Saint-Sauveur-le-Vicomte, che in passato era stata piuttosto fiorente, era andata progressivamente in rovina a causa del regime degli abati in commendam, che le tolsero la maggior parte dei possedimenti necessari al sostentamento della comunità monastica, e aveva ricevuto il colpo di grazia dalla Rivoluzione francese, che completò il declino di una casa esistita sin dal x secolo. Le terre dell'abbazia vennero vendute e le sue rovine con i sassi vennero trattate come una possibile fonte di guadagno. Maria Maddalena Postel, dopo aver vagato per alcuni anni con incertezza attraverso tutta la regione, comprò le rovine e decise di costruire là la casa per la sua giovane comunità e di riportare la chiesa dell'abbazia all'antico splendore. Nel 1833, quando Vittoria arrivò, trovò una comunità composta da quattordici professe e nove novizie e che viveva in estrema povertà. Trovò anche una santa di circa ottant'anni dalla quale assorbì qualità religiose, spirito, idee e aspirazioni. La postulante abbracciò la nuova vita con grande entusiasmo, addirittura facendo più di quanto fosse ragionevole aspettarsi: ritenendo a esempio che la corrispondenza che intratteneva col padre fosse fonte di distrazione, gli chiese di non scriverle più se non per casi di emergenza. Ricevette l'abito da novizia nel 1835 insieme ad altre dieci giovani e le fu dato il nome di Placida. Lavorò come aiuto cuoca fino al 1838, anno in cui fece la professione e in cui iniziò una lunga serie di compiti sempre nuovi. Per prima cosa la superiora la mandò nuovamente a scuola perché potesse migliorare il suo livello di istruzione. Il corso di studi avrebbe dovuto durare due anni, ma Vittoria lo completò nel giro di tre mesi e dopo aver ottenuto il diploma divenne addirittura insegnante presso il collegio, venne nominata responsabile delle novizie e anche consigliera. Maria capì ben presto che la madre superiora aveva deciso di preparare quella giovane ragazza alle più alte responsabilità e i suoi tentativi di guidare la nipote verso la più stretta osservanza religiosa si trasformarono in ostilità evidente. La zia non faceva altro che evidenziare e sottolineare i difetti di Placida e sembrava desiderare il suo allontanamento dal monastero di Saint-Sauveur-le-Vicomte; la superiora fu però irremovibile e anzi nominò Placida assistente generale e le diede l'incarico di fondare un nuovo convento. È facile comprendere la gelosia di Maria, ma non cosa ci fosse di razionale dietro alla decisione di madre Postel; certo è che un giorno, mentre il superiore ecclesiastico della congregazione stava esprimendo all'anziana fondatrice la sua preoccupazione per il futuro, passò Placida e Maria Maddalena disse: «Sarà quella monaca di ventiquattro anni a succedermi. Dio le dirà come fare». Ordinò poi a Placida di andare a Parigi e di raccogliere i fondi necessari per restaurare la chiesa; le disse di andare dalla regina e dai ministri più importanti del governo, e di raccogliere quello che ancora sarebbe mancato, chiedendo l'elemosina di porta in porta. Per quattro anni Placida portò avanti quel compito, impegnandosi per tutta la giornata e accettando con grande spirito di obbedienza fatiche, secche risposte e profonda solitudine. Nel maggio del 1846 venne richiamata a Saint-Sauveur-le-Vicomte perché la superiora stava spegnendosi. S. Maria Maddalena Postel morì íl 16 luglio 1846, il capitolo generale per l'elezione della nuova superiora si tenne nel settembre dello stesso anno e tutti i voti tranne due furono in favore di Placida, che si sentì completamente indegna e chiese scusa a tutti in ginocchio. Mentre Maria e il cappellano erano dell'idea che il ruolo di superiora spettasse alla zia, il superiore ecclesiastico fu irremovibile e convalidò le votazioni. Seguì un periodo molto strano: Placida sottopose al capitolo la sua necessità di portare a termine il compito affidatole da Maria Maddalena per la raccolta dei fondi e suggerì di posticipare di un anno la sua entrata in carica e di conservare ad interim solo alcune funzioni. Il capitolo acconsentì e affidò a Maria la guida quotidiana della comunità. Quella situazione durò però dieci anni, anni in cui la superiora generale estese il raggio dei suoi viaggi al di fuori di Parigi, muovendosi sempre a piedi e pernottando spesso all'aperto. Restava in contatto epistolare con i membri della comunità e dava istruzioni per l'assegnamento dei compiti ma i suoi brevi soggiorni presso il convento erano alquanto tristi. Maria si era impossessata delle stanze della superiora, mentre Placida era relegata in una soffitta; la zia umiliava la giovane superiora di fronte a tutta la comunità, le dava ordini, apriva la sua posta, prendeva decisioni assieme al cappellano e la istruiva al riguardo di ciò che essa avrebbe dovuto fare. Perché tutto ciò era possibile? Placida aveva forse abdicato al suo ruolo? Non avrebbe dovuto intraprendere qualche atto più vigoroso nei confronti di Maria? Alla fine le sue grandi sofferenze diedero i loro frutti; forzare la zia a una sottomissione avrebbe compromesso i già fragili equilibri della congregazione, cosa che la vera superiora sapeva di dover evitare a ogni costo. Poco dopo la consacrazione della chiesa dell'abbazia, Maria morì, proprio come aveva profetizzato Maria Maddalena Poste! Placida diresse l'istituto per trent'anni. Fare per le ragazze lo stesso che S. Giovanni Battista de La Salle (7 apr.) aveva fatto per i ragazzi era l'ambizione di Placida. Placida morì il 4 marzo 1877 ed è stata beatificata nel 1951. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel cenobio di Saint-Sauveur-le-Vicomte nella Normandia in Francia, beata Placida (Eulalia) Viel, vergine, che si distinse nel reggere con impegno e umiltà la Congregazione delle Scuole Cristiane della Misericordia.

nome Beato Zoltan Lajos Meszlenyi- titolo Vescovo e martire- nome di battesimo Zoltán Lajos Meszlényi- nascita 2 gennaio 1892, Ungheria- Ordinato presbitero 28 ottobre 1915- Nominato vescovo 22 settembre 1937 da papa Pio XI- Consacrato vescovo 28 ottobre 1937 dal cardinale Jusztinián Serédi- morte 4 marzo 1951, Kistarcsa, Ungheria- ricorrenza 4 marzo- Beatificazione 31 ottobre 2009 da papa Benedetto XVI- Attributi libro, palma del martirio, mitra- Patrono di Azione Cattolica, vescovi, prigionieri- Incarichi ricoperti Vescovo titolare di Sinope, Vescovo ausiliare di Esztergom- Zoltan Lajos nacque in Ungheria in una famiglia con una solida tradizione cattolica. Chiamato al sacerdozio, conseguì presso la Pontificia Università Gregoriana il Dottorato in Filosofia e Teologia e la Laurea in Diritto Canonico. Il 28 ottobre 1937 fu ordinato vescovo e nominato ausiliare dell'arcidiocesi di Esztergom in Ungheria. La sua preparazione e il suo zelo pastorale gli valsero una notevole industria pastorale e culturale. Subito dopo la seconda guerra mondiale, il regime comunista ungherese lanciò un feroce attacco contro la Chiesa cattolica, applicando ai suoi membri forme di intolleranza che spesso portarono persecuzioni violente e sanguinose. Evento emblematico di questo periodo di terrore e di vera oppressione fu l'arresto del Primate d'Ungheria, l'arcivescovo Jozsef Mindszenty. Nel 1950, in opposizione al desiderio del governo, i canonici della cattedrale di Esztergom-Budapest elessero il Beato Meszlényi quale nuovo Vicario capitolare, riconoscendone così la rettitudine e la fermezza. Mons. Meszlényi, consapevole dei rischi, accettò prontamente la nomina. La repressione del regime fu immediata. Dieci giorni dopo, il vescovo fu arrestato e, senza alcun processo, fu internato nella prigione di Recsk e successivamente deportato nel campo di concentramento di Kistarcsa, vicino a Budapest, dove fu tenuto in totale isolamento. Cominciarono così otto mesi di prigionia crudele, in cui dovette sopravvivere quasi senza cibo e riscaldamento, giorni di lavori forzati e violenze e torture inspiegabili. Di fronte al dilemma “fedeltà-tradimento”, Mons. Meszlényi confermò con forza la sua fedeltà al Vangelo, pur vivendo la perversità degli eventi, non perse mai la fede nella misericordia divina e nella provvidenza. Sopportò tutto con amore. Morì stremato dalla privazione. L'isolamento disumano lo uccise letteralmente. Il motivo del suo martirio fu l'odio dei torturatori verso Gesù, verso il Vangelo e verso la Chiesa. È stato beatificato da Benedetto XVI il 31 ottobre 2009. MARTIROLOGIO ROMANO. A Kistarcsa, in Ungheria, il beato Zoltan Lajos Meszlenyi, vescovo ausiliare di Esztergom e martire di un regime contrario a Dio.

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