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26/07/2024 alle 15:04

I santi di oggi 26 luglio:

I santi di oggi 26 luglio:

nome Santi Anna e Gioacchino- titolo Genitori della Vergine Maria- ricorrenza 26 luglio- Anna: Canonizzazione pre-canonizzazione- Santuario principale Chiesa di Sant'Anna a Gerusalemme- Patrona di Regno di Napoli, cardatori, commercianti di biancheria, ebanisti, fabbricanti di calze, falegnami, fabbricanti di guanti, lavandai, lavandaie, madri di famiglia, febbre, maternità, fabbricanti di merletti, minatori, moribondi, buona morte, navigatori, orefici, ossessi, parti difficili, professori, partorienti, puerpere, ricamatrici, sarte, fabbricanti di scope, scultori, straccivendoli, contro la sterilità coniugale, tornitori, Caserta, Apollosa, Antrodoco, Dova Superiore, Guazzolo (Frazioni di Cabella Ligure) e Casalbusone (Frazione di Mongiardino Ligure), Pandola (frazione di Mercato San Severino ), Penta (frazione di Fisciano) (compatrona), Revislate (frazione di Veruno) (compatrona), Savignano Irpino, Altofonte, Castelbuono, Pontinia, Borgo Vecchio (Quartiere di Palermo), Aliminusa, Sciara, Balestrate, Pioppo (Palermo), Santa Flavia (Palermo),Santana do Cariri- Gioacchino: Ricorrenza 16 agosto e 26 luglio- Patrono di Coniugi, genitori, nonni, Basaluzzo, Bosco ex Parmigiano, Catabbio (frazione di Semproniano), Colfiorito (frazione di Foligno), Colleferro Scalo, Napoli, Vernole e Piano Quinto (frazione di Roccasparvera)- S. Anna nacque a Betlemme in umile dimora, e fu predestinata da Dio ad andare sposa a Gioachino. Entrambi erano della stirpe di David. I due sposi scelti dal Cielo a darci l'Immacolata da tanti anni sospiravano un figlio e pregavano con lacrime l'Onnipotente affinché esaudisse i loro desideri. Come l'antica Anna, madre di Samuele, effondeva presso il Signore le sue preci e faceva voto di consacrargli interamente il figlio che le avrebbe mandato, così la madre di Maria prometteva di consacrare a Dio la prole che le avrebbe concesso... Avanzata ormai d'età e sterile, il suo stato era allora considerato come un castigo del cielo, come un'esclusione dal partecipare alla nascita del Messia. Tanto che Gioacchino, giunto in tarda età senza prole, venne allontanato dal tempio di Gerusalemme dallo scriba Ruben, perché non era consentito accedervi a chi non avesse procreato. Gioacchino si ritirò nel deserto, tra i pastori. Mentre era separato da Anna un angelo le sarebbe apparso e le avrebbe annunciato l'imminente concepimento di un figlio: lo stesso angelo sarebbe apparso contemporaneamente in sogno anche a Gioacchino. I due si ricongiunsero alla Porta Aurea di Gerusalemme scambiandosi un affettuoso bacio e in quell'istante si narra si ebbe l'Immacolata Concezione di Maria. Anna seppe così pazientare e soffrire la ignominia e il compatimento delle donne nazaretane e Iddio le preparò la più grande consolazione, eleggendola a genitrice della Madre del Salvatore. I due si ritirarono in disparte per pregare e ottenere da Dio la grazia che arrivò con l'annuncio di un angelo: « Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo ». « Veramente beata, e mille volte beata sei tu, o Anna, esclama il Damasceno, che hai messo al mondo quella bambina che Dio ricolmò di beatitudine, Maria, che il suo nome stesso rende singolarmente veneranda; la quale ha prodotto Cristo, il fiore di vita: la Vergine, la cui nascita fu gloriosa, e il suo parto sarà ancor più sublime. Noi pure, o beatissima donna, ci felicitiamo con te d'aver avuto il privilegio di darci la speranza di tutti i cuori, la prole cioè della promessa. Sì, sei beata, e beato è il frutto del tuo seno. Le anime pie glorificano il tuo germe, ed ogni lingua celebra con gioia la tua maternità. E certo, è degno, sommamente degno, lodare colei che Dio favorì di un oracolo e diede a noi il meraviglioso frutto, donde è uscito il grazioso Gesù ». La santità di Anna fu certamente in rapporto con la sua dignità. La fede, l'amore vivissimo a Dio, l'intima unione con Lui, l'esattissima osservanza della legge divina, la purità, la carità, la prudenza, la fortezza, tutte le virtù si intrecciarono in lei. La santità eccelsa della figlia doveva pure esser per lei un continuo stimolo per crescere ogni giorno nella virtù. E se la Vergine, col visitare S. Elisabetta e col trattenersi con lei per tre mesi, riempì di benedizioni quella casa, chi può mai dire quanto abbondantemente fosse ricolma di grazia Anna, che per più anni visse con la Vergine e l'ebbe soggetta ed ubbidiente? Maria contava tre anni ed allora Anna con Gioachino, suo santo sposo, condusse la figliuola al Tempio e l'abbandonò nelle mani di Dio. Fu grande dolore per lei, ma lo seppe sopportare con la serenità dei giusti che vedono in tutti gli eventi un disegno della Provvidenza per il bene delle anime. La missione a lei assegnata era ormai compiuta ed ella spirava in Gerusalemme tra le braccia della figlia benedetta. Pare che morisse all'età di 69 anni. PREGHIERA Doloroso fu per Anna il distacco dall'eletta figliuola, ma seppe compierlo prontamente. Sappiamo anche noi lasciar liberi i figli di seguire la via per cui Dio li chiama. PREGHIERA. Dio, che ti sei degnato di conferire alla beata Anna la grazia di diventare madre della Genitrice dell'Unigenito Figlio tuo, concedici propizio, che mentre ne celebriamo la festa, siamo soccorsi dal suo patrocinio. MARTIROLOGIO ROMANO Memoria dei santi Gioacchino e Anna, genitori dell’immacolata Vergine Maria Madre di Dio, i cui nomi sono conservati da antica tradizione cristiana.

nome Santa Bartolomea Capitanio- titolo Vergine Cofondatrice delle Suore della Carità- nome di battesimo Bartolomea Capitanio- nascita 13 gennaio 1807, Lovere, Bergamo- morte 26 luglio 1833, Lovere, Bergamo- ricorrenza 26 luglio- Beatificazione 30 maggio 1926- Canonizzazione 18 maggio 1950- Attributi giglio- Bartolomea Capitanio, nata nel 1807 a Lovere (Bergamo) fu affidata dai suoi genitori al convento delle clarisse e, in quel periodo, le nacque l'idea di fondare una congregazione che lavorasse attivamente per soddisfare le necessità dei tempi, sebbene si sentisse fortemente attratta dalla vita di preghiera e clausura. All'età di sedici anni terminò gli studi, e cominciò a svolgere varie attività ecclesiastiche, per valutare le necessità di gruppi diversi di persone e per decidere quale fosse la sua vocazione. Scrisse dei piccoli trattati per se stessa, che riguardavano le pratiche di devozione, le regole delle varie associazioni religiose e i differenti stili di vita, oltre a un certo numero di lettere indirizzate ad amici, su tutti questi aspetti, ma ripensando continuamente alla sua idea originale di fondare una nuova congregazione. Era diventata particolarmente devota a S. Luigi Gonzaga (21 giu.), che successivamente diventò santo patrono dei giovani, e istituì un certo numero di corporazioni o società dedicate a S. Luigi Gonzaga come patrono dei giovani cittadini. Le sembrò che il suo futuro apostolato dovesse essere sempre più verso i giovani. Nel 1823, unì le sue forze a quelle di S. Vincenza Gerosa (29 giu.), che si dedicava principalmente all'assistenza ai poveri e che aveva già fondato un ospedale a tale scopo. Sostenute da don Angelo Bosio, guida spirituale entusiasta ma equilibrata, le due donne decisero di fondere il loro apostolato d'insegnamento e d'assistenza, istituendo una nuova congregazione. Si trasferirono in una casa, davanti all'ospedale, e, nel novembre 1832 si consacrarono totalmente alla vita di carità, atto che rappresentò l'effettiva fondazione della loro congregazione, benché a quel tempo fossero solo in due. Don Angelo chiese a Bartolomea di redigere una regola provvisoria, che basò, secondo le sue affermazioni, «sulle norme e l'esempio donatoci dal nostro Redentore», in particolare il suo amore, la gentilezza, e l'umiltà. Lo speciale apostolato delle due monache consisteva nell'istruire ed educare i giovani, assistere spiritualmente e fisicamente i malati, e partecipare attivamente alla vita delle loro chiese locali. Bartolomea morì di tubercolosi otto mesi dopo, il 26 luglio 1833, senza aver ricevuto l'abito religioso o aver professato voti ufficiali. Era una persona forte, ma che si fece conoscere per il suo tatto, la semplicità, e l'apertura mentale. Il fatto che sia riuscire a realizzare così tante cose a una così giovane età, dimostra la sua abilità a influenzare sia le donne più anziane che il clero. Sembra abbia avuto un'energia inesauribile e una gran capacità d'organizzazione, e che si sia dedicata totalmente a vivere a imitazione di Cristo. Fu canonizzata nel 1950, con Vincenza Gerosa (29 giu.), che era morta nel 1847. Le reliquie di Bartolomea sono venerate a Lovere; una parte si trova nella casa generalizia di Milano. Vincenza Gerosa continuò questa attività, e gradualmente altre donne la seguirono; a quel tempo, le nuove congregazioni dovevano adottare la regola di una congregazione già esistente, perciò inizialmente le fondatrici scelsero quella scritta da S. Antida Thouret e approvata nel 1819 a Besangon. Le monache furono conosciute semplicemente come suore della Carità (di Lovere). Nel 1840 il papa concesse loro il permesso di distaccarsi dalla congregazione della Thouret e nel 1841 il vescovo di Brescia istituì canonicamente la congregazione riconoscendo le professioni religiose di Vincenza e otto consorelle. La regola che avrebbero dovuto osservare era molto simile allo statuto stilato da Bartolomea prima di morire. Dal 1884, il popolo cominciò a chiamarle suore di Maria Bambina, grazie a un miracolo relativo a un'immagine della Madonna bambina, che la congregazione aveva acquisito nel 1842. Al tempo della morte di Vincenza, nel 1847, la congregazione era formata da centosettantuno suore che vivevano in ventotto case, ma raggiunse il suo massimo negli anni '70, con ottomilacinquccento membri distribuiti in seicento case, incluse quelle in India, America Latina, Africa, e Stati Uniti. In Inghilterra, le consorelle si chiamano ora suore Capitanio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lovere in Lombardia, santa Bartolomea Capitanio, vergine, che insieme a santa Vincenza Gerosa fondò l’Istituto delle Suore della Carità di Maria Bambina e morì a ventisette anni, consunta dalla tisi, ma ancor più divorata dalla carità.

nome San Tito Brandsma- titolo Sacerdote Carmelitano- nome di battesimo Anno Sjoerd Brandsma- nascita 23 febbraio 1881, Bolsward, Frisia, Olanda- morte 26 luglio 1942 Dachau, Germania- ricorrenza 26 luglio- Beatificazione Basilica Vaticana, 3 novembre 1985 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione Piazza San Pietro, 15 maggio 2022 da papa Francesco- Patrono di Giornalisti- Anno Sjoerd Brandsma, nacque nel 1881 nella provincia della Frisia, nei Paesi Bassi, da una famiglia di agricoltori fermamente cattolici, pur vivendo in una regione che era per la maggior parte calvinista. Tre delle sue quattro sorelle diventarono monache, e il suo unico fratello sacerdote francescano. Anno ricevette una buona istruzione, rivelando una particolare abilità nella filosofia e nelle lingue, e conseguì la laurea in filosofia a Roma. Si disse che, quando annunciò la sua intenzione di diventare carmelitano, la sola obiezione dei suoi genitori fu che avrebbero preferito diventasse francescano, ma egli rimase fermo nella sua decisione e ricevette l'ordinazione sacerdotale come carmelitano nel 1905, con il nome di Tito. Al suo ritorno nei Paesi Bassi, insegnò filosofia nel seminario carmelitano di Oss, per quindici anni, durante i quali fu molto attivo nelle questioni che riguardavano i cattolici: fondò una rivista di devozione mariana, pubblicò un giornale locale, istituì una biblioteca pubblica cattolica e un liceo scientifico, oltre a intraprendere la traduzione in olandese delle opere di S. Teresa d'Avila (15 ott.). Nel 1923, divenne professore di filosofia e di storia del misticismo all'università cattolica di Nimega, incarico che svolse per diciannove anni. Il misticismo diventò il suo argomento di studio preferito, perciò fondò un istituto per la mistica olandese, organizzando tre congressi internazionali su tale argomento, e tenendo alcune conferenze su questo tema negli Stati Uniti d'America e in differenti paesi europei. Divenne ben presto una figura nazionale, grazie al contributo offerto a riviste e giornali, assistente ecclesiastico dei giornalisti cattolici olandesi. Inoltre, fu magnifico rettore dell'università per un mandato, dal 1932 al 1933. Oltre ai suoi impegni ufficiali, Tito promosse l'unità cristiana, e cercò di far riconoscere ufficialmente la lingua frisone; fu inoltre cappellano volontario in una casa di riposo per anziani, dove celebrava la Messa ogni domenica. Nel 1935, quando il governo tedesco promulgò nuove leggi sul matrimonio contro gli ebrei, protestò ufficialmente scrivendo sui giornali, e tenne una serie di conferenze nei Paesi Bassi per spiegare l'iniquità di questa legislazione. Fu intorno a questo periodo che progettò di far rifugiare gli ebrei in una missione carmelitana in Brasile, ma l'inizio della guerra e l'invasione tedesca ne impedirono l'attuazione. Dopo l'invasione dei Paesi Bassi all'inizio della seconda guerra mondiale, Tito credeva fosse suo dovere pubblicare alcune direttive sui giornali olandesi sul modo di affrontare il nemico, oltre a dichiarare che la stampa non poteva continuare a sostenere la propaganda o gli avvisi nazisti ed essere considerata ancora cattolica. Difese le scuole cattoliche dagli attacchi dell'autorità occupante. Quando i suoi amici lo avvisarono che era molto probabile che fosse arrestato, egli replicò: «Bene, otterrò quello che ho avuto così raramente, e ciò che ho sempre voluto, una cella tutta per me. Finalmente sarò un vero carmelitano». I nazisti, che lo chiamavano «quel piccolo frate pericoloso», lo arrestarono subito dopo la sua dichiarazione ai giornalisti cattolici. Tito trascorse alcuni mesi in varie prigioni, durante i quali scrisse una biografia di S. Teresa d'Avila, e tenne un diario. Ad Amersfoort, dove i carcerieri erano molto severi, incitò gli altri prigionieri a pregare per loro, e quando questi ultimi replicarono che era molto difficile farlo, Tito rispose: «Non c'è bisogno che preghiate per loro tutto il giorno; Dio è molto contento anche di una sola preghiera». In un'occasione successiva, disse a proposito dei carcerieri: «Anch'essi sono figli del buon Dio, e chissà se qualcosa [di buono] è rimasto in loro». Alla fine, Tito fu deportato nel campo di concentramento di Dachau, ma non si sa se gli sia stata offerta la libertà in cambio della promessa di tacere; tuttavia per i carcerieri era sottinteso, in quanto diverse volte dissero ai suoi compagni che avrebbe potuto facilmente uscire di prigione ed essere libero. Era rinchiuso nel campo di concentramento solo da cinque settimane, e già aveva influenzato profondamente gli altri detenuti, sopportando le percosse senza lamentarsi, e cercando di nuovo di convincerli a pregare per i loro persecutori. Ai sacerdoti tedeschi presenti nel campo fu concesso di celebrare la Messa in un gruppo separato di baracche, ed essi passarono delle ostie consacrate a Tito, che correva un grave rischio nel distribuirle agli altri prigionieri. I lavori forzati lo stremarono perciò fu trasportato all'ospefiale del campo; dopo essere stato sottoposto, come cavia, ad alcuni esperimenti, fu ucciso con un'iniezione letale il 26 luglio 1942, poi cremato. Anche l'infermiera olandese che gli fece l'iniezione in passato era stata cattolica; Tito le aveva parlato durante la degenza in ospedale, tentando di persuaderla a ricominciare a pregare, ma la donna aveva rifiutato di farlo, e quando Tito le donò il suo rosario, protestò che non si ricordava più le preghiere, al che egli rispose: «Bene, sicuramente puoi ancora dire Prega per noi peccatori». Dopo la guerra l'infermiera si riconvertì al cristianesimo, e testimoniò che Tito aveva sofferto pazientemente durante gli esperimenti ai quali l'avevano sottoposto, e che aveva accettato la morte dicendo: «Non sia compiuta la mia volontà, ma la tua». Il suo culto divenne molto popolare nei Paesi Bassi, specialmente dopo la pubblicazione delle opere scritte in carcere. La sua causa è iniziata nel 1973, e la beatificazione è avvenuta nel 1985. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Tito Brandsma, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani e martire, che, di origine olandese, affrontò serenamente ogni genere di sofferenze e di umiliazioni in nome della difesa della Chiesa e della dignità dell’uomo, offrendo un esempio insigne di carità verso i compagni di detenzione e verso gli stessi carnefici.

nome Beato Giovanni Ingram- titolo Martire- nome di battesimo Giovanni Ingram- nascita 1565, Stoke Edith, Herefordshire- morte 1594, Durham, Inghilterra- ricorrenza 26 luglio- Giovanni Ingram, nato a Stoke Edith nell'Herefordshire nel 1565, crebbe come protestante, e Challoner afferma che fu espulso da New College di Oxford quando diventò cattolico, recandosi successivamente a Douai per terminare gli studi. Anstruther, invece, sostiene che fu mandato a Douai ancora molto giovane per studiare le discipline classiche, e che sua madre era cattolica, o almeno lo divenne presto. Ricordando la sua giovinezza e gli studi, non accenna a Oxford. Da Douai si recò a Reims nel 1582, ma insieme ai compagni, fu catturato da alcuni soldati calvinisti e tenuto prigioniero per il riscatto; Giovanni e un altro ragazzo scapparono e si diressero a Reims, «due ragazzini vestiti di stracci, essendo scappati di nascosto dalle mani dei loro nemici», come racconta il Diario di Douai (sebbene a diciassette anni potesse a malapena essere definito "un ragazzino"). Nell'ottobre 1584 fu ammesso al collegio inglese di Roma, dove fu uno dei firmatari della petizione del 1585 affinché i gesuiti continuassero a dirigere il collegio. Fu ordinato sacerdote nel 1589 e lasciò Roma due anni dopo; il governo inglese sapeva della sua ordinazione e sperava di arrestarlo al momento dello sbarco, ma questi invece raggiunse la Scozia, e svolse il suo ministero per diciotto mesi come cappellano di Sir Walter Lindsay del Castello di Balgavies vicino a Forfar. Allo scoppio della persecuzione in Scozia, attraversò il confine con l'Inghilterra, ma fu immediatamente arrestato e portato a Berwick per l'interrogatorio. All'inizio sostenne di essere scozzese, usando i falsi nomi di Ogleby e Bourne, ma poi ammise di essere stato a Roma; sembra abbia usato altri pseudonimi, incluso Messingham e Lingen. Nel 1594 fu rinchiuso nella Torre di Londra e torturato, ma rifiutò di svelare i nomi di quelli che lo avevano aiutato nella sua attività di sacerdote, affermando successivamente: «Io chiamo Dio a testimone che non ho citato né casa, né uomo, né donna, né bambino durante o prima dei miei tormenti». Fu mandato a Durham per il processo alla sessione di luglio, nel 1594, e fu processato con S. Giovanni Boste (24 lug.) e Giorgio Swallowell, poi condannato per il fatto d'essere un sacerdote che svolgeva il suo ministero in Inghilterra, impiccato e squartato a Gateshead il 26 luglio. Fu beatificato nel 1929. Giovanni, esperto latinista, compose molti epigrammi e componimenti, scrivendone alcuni sulle pareti della sua cella mentre era rinchiuso nella Torre (che sono scomparsi). Esiste una copia scritta di suo pugno, e due lettere scritte dalla prigione, in cui sostiene che scriveva gli epigrammi e i componimenti principalmente per distogliere la mente «dall'attesa della morte». Sono ricordi della sua vita, dei luoghi in cui svolse il ministero di sacerdote e dell'arresto. In uno di essi scrive: Se vuoi trascorrere con Cristo l'eternità, comincia a disdegnare nel tuo cuore il tempo terreno. In una delle lettere scritte in prigione, chiedeva agli altri prigionieri cattolici «nel nome del mio dolce salvatore Gesù» di pregare per lui, per avere «costanza, coraggio e zelo nella mia santa impresa, poiché lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Nell'altra lettera scrisse: «Benché nel mio paese nativo io abbia raccolto molto dolore dalla vigna di Dio, tuttavia non vacillerò, se Dio mi rafforzerà [affinchél io possa portare, con la mia morte, maggiori benefici alla nostra terra di Babilonia». Questi scritti, come le lettere ufficiali del conte di Huntingdon, contribuiscono a far di lui uno dei martiri meglio documentati (Anstruther). MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Gateshead vicino a Newcastle-on-Tyne in Inghilterra, beato Giovanni Ingram, sacerdote e martire, che, di origine inglese, ordinato nella basilica Lateranense, esercitò il suo ministero in Scozia, finché, passato in Inghilterra, fu condannato all’impiccagione a causa del suo sacerdozio sotto la regina Elisabetta I.

nome Beato Giorgio Swallowell- titolo Martire- nome di battesimo Giorgio Swallowell- nascita contea di Durham, Inghilterra- morte 26 luglio 1594, Darlington, Inghilterra- ricorrenza 26 luglio- Giorgio Swallowell nacque nella contea di Durham, dove ricevette un'educazione protestante, ed insegnò per un periodo a Houghton-le-Spring, in veste di ministro. Successivamente diventò cattolico; Challoner racconta di come annunciò, dal pulpito, pubblicamente: «che precedentemente era stato in errore, ma che ora era convinto che i suoi membri non avevano nessuna vera missione nella loro Chiesa, e che perciò non avrebbe più officiato in essa». Fu arrestato e rinchiuso per un anno nella prigione di Durham prima di essere processato insieme a Giovanni Ingram e Giovanni Boste. All'inizio la sua fede vacillò durante l'interrogatorio e si offri di tornare di nuovo alla precedente religione, ma fu convinto dall'esempio e dalle parole di Giovanni Boste e affermò che «anch'egli sarebbe morto per quella fede per cui erano morti i due sacerdoti, e che l'avrebbe professata». Fu condannato a morte per essersi convertito al cattolicesimo e fu impiccato e squartato a Darlington il 26 luglio 1594; nel 1929 è stato beatificato.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Darlington sempre in Inghilterra, beato Giorgio Swallowell, martire, che, nello stesso anno, fu condannato a morte per essersi riconciliato con la Chiesa cattolica e, per quanto sgomento dal terrore e crudelmente vessato dai nemici, forte nella fede accettò per Cristo le più atroci torture.

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