@Vitupero

14/08/2024 alle 14:44

I santi di oggi 14 agosto:

I santi di oggi 14 agosto:

nome San Massimiliano Maria Kolbe- titolo Sacerdote Francescano e martire- nome di battesimo Rajmund Kolbe- nascita 8 gennaio 1894, Zdunska Wola, Polonia- morte 14 agosto 1941, Campo di concentramento di Auschwitz, Polonia- ricorrenza 14 agosto- Beatificazione 17 ottobre 1971 da papa Paolo VI- Canonizzazione 10 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II- Attributi Palma del martirio- Patrono di Radioamatori- Padre Kolbe è l'eroico frate francescano conventuale che nel campo di concentramento di Auschwitz offrì la propria vita per salvare quella di un padre di famiglia, Francesco Gaiowniczek, condannato a morire di fame come rappresaglia per la fuga di un detenuto. Giovanni Paolo II, nell'elevarlo agli onori degli altari, il 10 ottobre 1982, lo ha proclamato «patrono del nostro difficile secolo», un esempio di pace e di fraternità in una società sconvolta dall'odio e dall'egoismo. Kolbe nacque a SudunzskaWola, una cittadina del centro industriale di Lodz, l'8 gennaio 1894. I suoi genitori erano operai tessili. Kolbe da ragazzo conobbe il senso liberatorio e insieme opprimente di povertà e lavoro. E quell'esperienza non fu estranea ad alcune scelte che lo portarono ad abbracciare la Regola di san Francesco tra i minori conventuali di Leopoli (1907) e poi a dar vita a una istituzione che aveva proprio, in povertà e lavoro, caratteristiche tipicamente francescane, un sicuro fondamento, e cioè le «Città dell'Immacolata»: «Niepokalanów», in Polonia, e «Mugenzai No Sono», in Giappone. Nell'ideale francescano Kolbe innestò poi la propria fiducia nella possibilità offerta dai mezzi che la tecnica in quel tempo stava mettendo a disposizione. E a chi gli faceva osservare che su di essi già il diavolo aveva allungato le sue sordide zampacce, egli rispondeva: «Ragione di più per svegliarci e metterci all'opera per riconquistare le posizioni perdute». Quando ne ebbe l'opportunità, dimostrò la bontà e la lungimiranza dei propri progetti. E ciò avvenne in Polonia, dove ritornò nel 1919, dopo aver conseguito a Roma la laurea in teologia. A pochi chilometri da Varsavia diede vita nel 1927 a «Niepokalanów» (Città dell'Immacolata) i cui cittadini, tutti frati, si dedicavano, vivendo in rigorosa povertà, all'apostolato per mezzo della stampa. E furono autori di un consistente boom editoriale che ancor oggi sorprende. Il «Cavaliere dell'Immacolata», la prima di una catena di riviste, fondato nel 1922 dopo un periodo iniziale di stasi, decollò raggiungendo le cinquantamila copie. In seguito si affermò come settimanale con settecentocinquantamila copie (addirittura un milione nel 1938). L'Immacolata, cui padre Kolbe ha intitolato gran parte delle sue riviste, era il suo chiodo fisso. In tempi non troppo felici per la chiesa e per il mondo, Kolbe vedeva nella Madonna l'ideale capace di scuotere le coscienze, di ridare fiato al cristianesimo; un ideale, comunque, per il quale combattere le sante battaglie della fede. Per questo, ancor prima di essere ordinato sacerdote, aveva istituito a Roma, il 16 ottobre 1917, la Milizia dell'Immacolata, uno strumento per far conoscere e vivere la devozione alla Madre di Cristo, ancor oggi vivo e prosperoso. Nel 1930 partì missionario per il Giappone a fondarvi un'altra Città dell'Immacolata, animata dallo stesso spirito e dagli stessi ideali. Tornato definitivamente in Polonia, dopo un paio di altri viaggi «missionari» nello stesso Giappone e in altri paesi dell'oriente, padre Kolbe si dedicò interamente alla sua opera. La seconda guerra mondiale lo sorprese a capo del più importante complesso editoriale della Polonia. Il 19 settembre 1939 fu arrestato dalla Gestapo, che lo deportò prima a Lamsdorf (Germania), poi nel campo di concentramento di Amlitz. Rilasciato l'8 dicembre 1939, tornò a Niepokalanów, riprendendo l'attività interrotta. Arrestato di nuovo nel 1941 fu rinchiuso nel carcere di Pawiak a Varsavia, e poi deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove con uno straordinario atto d'amore chiuse una vita tutta spesa al servizio degli altri. Nel campo viveva una legge secondo la quale, per la fuga di uno, dieci dello blocco, venivano condannati a morire di fame in un oscuro sotterraneo. Quando all'appello della sera risultò che uno mancava un grande timore invase l'animo di tutti i prigionieri... Il Comandante scelse con un cenno della mano chi doveva morire e ad un tratto si sentì un grido: «Addio! addio! mia povera sposa, addio miei poveri figli...era il sergente Francesco Gajowniczek. Ma ad un tratto un uomo, anzi, un numero esce con passo deciso dalle file e va diritto verso il Comandante del campo. Chi è lei? Cosa vuole? Come osa infrangere la ferrea disciplina ed affrontare il terribile Capo? «Sono un sacerdote cattolico polacco; sono anziano, voglio prendere il suo posto, perchè egli ha moglie e figli». Il Comandante, meravigliato, parve non riuscire a trovare la forza per parlare e stranamente accettò quella proposta... Padre Kolbe insieme agli altri condannati fu avviato verso il blocco 11. Qui le vittime furono denudate e rinchiuse in una piccola cella, in cui dovevano morire di fame e di sete. Ma da questo tetro luogo, invece di pianti e disperazione, questa volta si udirono preghiere e canti. Padre Kolbe li guidava, attraverso il cammino della croce, alla vita eterna. Rimase nel bunker per due settimane, quando le SS decisero di svuotare la cella della morte. Erano rimasti in vita solo quattro uomini tra cui Padre Massimiliano. Venne ucciso con un'iniezione di acido fenico, perché la cella, che egli aveva trasformato in cenacolo di preghiera e che condivideva con gli altri condannati, serviva per altre vittime. «Porse lui stesso, con la preghiera sulle labbra, il braccio al carnefice», raccontò un testimone. Lo trovarono qualche ora dopo, «appoggiato al muro, con la testa inclinata sul fianco sinistro e il volto insolitamente raggiante. Aveva gli occhi aperti e concentrati in un punto. Lo si sarebbe detto in estasi». Era la vigilia dell'Assunta, di una festa della Madre di Dio, che egli aveva sempre amato, chiamandola con il nome di «dolce mamma». MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, fondatore della Milizia di Maria Immacolata, fu deportato in diversi luoghi di prigionia e, giunto infine nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, si consegnò ai carnefici al posto di un compagno di prigionia, offrendo il suo ministero come olocausto di carità e modello di fedeltà a Dio e agli uomini.

nome Beata Elisabetta Renzi- titolo Vergine e Fondatrice- nome di battesimo Elisabetta Renzi- nascita 19 novembre 1786, Saludecio, Rimini- morte 14 agosto 1859, Coriano, Rimini- ricorrenza 14 agosto- Beatificazione Roma, 18 giugno 1989 da papa Giovanni Paolo II- Elisabetta nacque a Saludecio (Forlì) da Giovanni Battista e Vittoria, cristiani devoti e benestanti. Venne educata prima in casa e poi, fino al 1807, presso le clarisse di Mondaino, quando decise di entrare nel convento agostiniano. Nel 1810 fu obbligata a ritornare in famiglia in seguito al decreto napoleonico che sopprimeva tutti gli ordini religiosi, tuttavia continuò a sentirsi vincolata dai voti ed era decisa a riprendere la vita religiosa non appena possibile. Nel 1824, dietro consiglio di p. Vitali Corbucci, divenne insegnante nella scuola per ragazze povere fondata a Coriano nel 1818. Dal 1825 progettò con S. Maddalena Canossa (10 apr.) la fusione dell'istituto di Coriano con le Suore Canossiane della Carità, congregazione fondata da Maddalena per la cura dei bambini poveri. Maddalena riconobbe il talento di Elisabetta come insegnante e il suo grande carisma, ma il progetto di fusione non si concretizzò. Finalmente, nel 1839, dopo aver superato molte difficoltà, giunse l'approvazione episcopale per fondare un nuovo istituto e nel 1850 il vescovo di Rimini approvò la regola modificata da Elisabetta: nascevano così definitivamente le Maestre Pie dell'Addolorata, congregazione di suore votate all'educazione di ragazze povere della Romagna. Elisabetta dedicò tutta la sua vita alla cura dei poveri e dei bisognosi, superando coraggiosamente ogni tipo di difficoltà per assicurare loro un'istruzione decorosa. stata beatificata da papa Giovanni Paolo II il 18 giugno 1989. MARTIROLOGIO ROMANO. A Coriano in Romagna, beata Elisabetta Renzi, vergine, che, fondatrice delle Maestre Pie della Vergine Addolorata, si adoperò con tutte le forze perché le ragazze povere ricevessero una formazione umana e catechistica nelle scuole.

nome Beato Sante Brancorsini da Urbino- titolo Francescano- nome di battesimo Giansante Brancorsini- nascita 1343, Montefabbri- morte 14 agosto 1394, Montebaroccio- ricorrenza 14 agosto- Beatificazione 11 agosto 1770 da papa Clemente XIV- Giansante, così era stato battezzato, nacque a Montefabbri nelle Marche nel 1343, da una famiglia nobile. Frequentò le scuole superiori in Urbino e gli fu imposta la carriera giuridico-militare che non avrebbe mai gradito perchè l'unico suo desiderio era di seguire il suo spirito contemplativo. Una sera all'età di circa 20 anni, stava con i suoi amici sulle mura di Montefabbri e per far da paciere in una lite fra due amici, richiamò il suo migliore amico. L’amico però interpretò questa presa di posizione come un complotto e si adirò con Giansante. L’amico però sfoderò la sua spada attaccando Giansante ma quest'ultimo per difendersi ferì l'amico mortalmente. Sconvolto dall'accaduto Giansante decise di andare presso l’eremo di Santa Maria di Scotaneto (Montebaroccio) per entrare a far parte dell’Ordine dei Frati Minori con l'intento di espiare la colpa di aver ucciso il suo miglior amico dedicandosi così a vita umile. Giansante scelse di vivere in totale povertà, spesso si nutriva di sole erbe. Visse una vita di penitenza ed umiltà e tanta devozione per la Santa Messa, la Vergine e l’Eucaristia. Ebbe il compito di maestro dei novizi. Per accentuare la sua espiazione chiese a Dio di soffrire i dolori patiti dal suo amico e fu così che una piaga si aprì alla gamba destra dalla quale non guarì più e che lo fece soffrire moltissimo per tutta la vita. All'età di 51 anni, la ferita nella coscia si aggravò, arrivò la febbre, e il suo corpo, già gracile, non riuscì ad affrontare questa ennesima crisi. Era sorridente e accolse la morte con serenità. Con le sue ultime parole cercò di consolare i frati che piangevano intorno a lui e chiese di essere sepolto con il suo saio, logoro, sporco e rattoppato, che aveva indossato per anni. Morì il 14 agosto 1394. MARTIROLOGIO ROMANO. Vicino a Montebaroccio nelle Marche, beato Sante da Urbino Brancorsini, fratello laico dell’Ordine dei Minori.

nome Sant'Eusebio di Roma- titolo Presbitero- nascita 319 circa, Roma- morte 353 circa, Roma- ricorrenza 14 agosto- Santuario principale chiesa di Sant'Eusebio, Roma- Patrono di Venaria Reale- Eusebio visse a Roma nel tardo IV secolo e probabilmente all'inizio del V. I suoi Atti, non attendibili, lo vogliono presbitero che si oppose all'imperatore ariano Costanzo e che continuò a celebrare Messa a casa propria dopo che gli era stato impedito di Farlo in chiesa. Fu catturato e rinchiuso in una cella piccolissima di quella stessa casa, e vi morì dopo sette mesi. Si dice che sia stato seppellito nel cimitero di Callisto sulla via Appia con un'iscrizione sulla sua tomba che recitava: «A Eusebio, uomo di Dio». Non è stata trovata alcuna traccia della tomba, tuttavia non si può escludere che in passato sia realmente esistita. Eusebio è un personaggio storicamente esistito a cui fu attribuito un culto locale, ma la storia tramandata non è affidabile. Sicuramente fondò un'importante chiesa a Roma sull'Esquilino, nota come titulus Eusebii, o "Titolo di S. Eusebio", e in questa chiave il suo nome è stato introdotto nel nuovo Martirologio Romano. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, sant’Eusebio, fondatore della basilica del suo titolo sul colle Esquilino.

nome San Marcello di Apamea- titolo Vescovo e martire- morte 390 circa, Apamea, Siria- ricorrenza 14 agosto- Teodosio I il Grande, chiamato da Graziano a governare l'impero d'Oriente, portò avanti il progetto dell'imperatore, anche dopo la morte di lui, di costituire uno stato religiosamente unito e compatto e tentò di imporre su tutto l'impero romano, anche con la forza, il cristianesimo. Fu il vero fondatore del primo stato cristiano e visse ai tempi di S. Agostino (28 ago.), il più grande Padre della Chiesa occidentale, in un'era in cui l'imperatore aveva un ruolo decisivo nello stabilire chi poteva essere considerato cristiano ortodosso e chi eretico o pagano, nonché nel comminare le pene conseguenti. Nel 380 Teodosio e Graziano avevano pubblicato un decreto secondo il quale tutti i sudditi dovevano professare la fede dei vescovi di Roma e Alessandria; chi non avesse obbedito agli editti imperiali sarebbe stato considerato «pazzo e malato di mente» (Codex Th_ eodosianus 16,2). Furono proibiti i sacrifici e combattuti l'arianesimo e altre eresie. Le assemblee illegali presso privati vennero interdette e le case confiscate. Nel 384 l'altare della Vittoria fu tolto dal Senato. Otto anni dopo l'editto, Teodosio mandò un ufficiale in Egitto, Siria e Asia Minore per rendere effettivo un decreto che ordinava la distruzione di tutti i templi pagani. Questa politica spietata e violenta scatenò l'ira dei non cristiani. I monaci iniziarono a percorrere le province orientali distruggendo templi e opere d'arte, mentre orde di saccheggiatori derubavano non solo i santuari, ma anche i villaggi e intere regioni accusate di eresia. Quando il prefetto imperiale arrivò ad Apamea in Siria, ordinò ai suoi soldati di distruggere il tempio di Zeus ma, poiché questo era un edificio ampio e ben costruito, gli inesperti soldati non riuscirono ad abbatterlo. Il vescovo della città, Marcello, suggerì al prefetto di mandare i suoi uomini altrove, promettendo di provvedere egli stesso alla distruzione del tempio. Il giorno seguente un operaio si presentò al vescovo dicendo che avrebbe fatto il lavoro in cambio di una paga doppia. Marcello accettò: l'uomo fece crollare alcune colonne portanti e diede fuoco alle fondamenta. Il vescovo fece lo stesso con altri templi, fino a che ne trovò uno difeso dai suoi fedeli e «dovette allontanarsi dalla scena della battaglia, lontano dalla portata delle frecce, perché soffriva di gotta e non avrebbe potuto né combattere né scappare». Mentre osservava la battaglia dal suo rifugio, alcuni dei fedeli del tempio lo raggiunsero e, catturatolo, lo gettarono tra le fiamme. Trovati i colpevoli, i cristiani avrebbero voluto vendicarsi dell'assassinio, ma il sinodo della provincia non lo permise, ritenendo che la morte da martire imponesse al popolo solo di rallegrarsi per l'onore concesso da Dio al loro pastore. Questo Marcello non deve essere confuso con un altro, nato ad Apamea e divenuto abate di Costantinopoli, la cui memoria è ricordata il 29 dicembre. Può apparire strano che questo aggressivo Marcello sia stato canonizzato nonostante il comportamento brutale nei confronti delle altre religioni, ma quest'impressione deriva da una concezione della tolleranza moderna (benché lungo tutti i secoli di cristianesimo abbia sicuramente avuto alcuni, anche se pochi, sostenitori).<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Apamea in Siria, san Marcello, vescovo e martire, ucciso dalla furia dei pagani per aver abbattuto un tempio dedicato a Giove.

nome Sant'Arnolfo di Soissons- titolo Vescovo- nascita 1040 circa, nelle Fiandre- morte 1087, nelle Fiandre- ricorrenza 14 agosto- Canonizzazione 1121- Attributi abiti vescovili con in mano una pala per mescolare la birra- Patrono di produttori di birra e birrai- Arnolfo (o Arnoul) nacque nel 1040 circa nelle Fiandre. Da giovane intraprese la carriera militare nell'esercito di Roberto ed Enrico I di Francia e in seguito decise di entrare nel monastero di S. Medardo a Soissons, scegliendo di diventare eremita e conducendo una vita di severa penitenza e preghiera in una cella angusta, senza quasi rapporti con l'esterno. Nel 1081 un sinodo straordinario lo elesse vescovo dietro richiesta dcl clero di Soissons e, a quanto pare, dello stesso popolo. Quando gli comunicarono la scelta, rispose: «Lasciate che questo peccatore possa offrire alcuni frutti di penitenza a Dio.<br /> Non obbligate uno stolto come me a fare qualcosa che necessita quanta più saggezza possibile». Contro la sua volontà fu obbligato ad accettare e divenne un vescovo molto attivo. Quando, per ragioni sconosciute, un usurpatore prese il suo posto, egli chiese il permesso di dimettersi dall'incarico che ormai aveva già perso. In seguito fondò un monastero ad Oundenbourg, sempre nelle Fiandre, e qui morì nel 1087. Si dice che a un concilio tenutosi a Beauvais nel 1120, l'allora vescovo di Soissons abbia presentato all'assemblea una Vita di Arnolfo e chiesto che il suo corpo fosse tumulato nella chiesa. Sostenne che, se il corpo del suo predecessore si fosse trovato nella sua diocesi, sarebbe stato riesumato fuori dal cimitero già da tempo. Come richiesto, i resti di Arnolfo vennero traslati nella chiesa dell'abbazia di Oundenbourg l'anno seguente. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Altenburg nelle Fiandre, ora in Germania, transito di sant’Arnolfo, vescovo di Soissons, che da soldato si fece monaco e, eletto poi vescovo, si adoperò per la pace e la concordia, morendo, infine, nel monastero da lui stesso fondato.

nome San Fachtna (o Fachanano)- titolo Vescovo- nascita VI secolo, Tulachteann- morte VI secolo, Ross, Irlanda- ricorrenza 14 agosto- Fachtna fu probabilmente il primo vescovo di Ross in Irlanda. Nacque a Tulachteann, fu uno degli allievi di S. ha (15 gen.) e fondò il monastero di Molana su un'isola vicino a Youghal. Istituì la scuola monastica di Ross, una delle più famose d'Irlanda, nell'odierna Rosscarbery (contea di Cork), che prosperò per trecento anni e sopravvisse immutata fino a che i normanni non arrivarono nel paese. Si racconta che per un certo periodo FaChtna abbia perso la vista ma che, per l'intercessione della sorella di Tta, che stava per partorire S. Mochoemog (13 mar.), venne guarito. È ricordato come un uomo saggio e giusto e come un ottimo predicatore. S. Cumiano di Connor afferma che era «generoso e tenace, un predicatore appassionato che non diceva mai nulla di indegno o sgradevole contro Dio». Il S. Fachtna ricordato il medesimo giorno come il patrono della diocesi di Kilfenora può essere un'altra persona. MARTIROLOGIO ROMANO. A Ross in Irlanda, san Fachanano, vescovo e abate, che fondò in questo luogo un monastero, celebre per l’insegnamento delle scienze sacre e umane.

+6 punti

Nessun commento

Non ci sono ancora commenti. Perchè non inizi tu la conversazione?