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17/10/2024 alle 15:07

I santi di oggi 17 ottobre:

I santi di oggi 17 ottobre:

nome Sant'Ignazio di Antiochia- titolo Vescovo e martire- nascita 35, Antiochia, Turchia- morte 107, Roma- ricorrenza 17 ottobre, 1 febbraio messa tridentina- Santuario principale le reliquie sono conservate nella basilica di San Clemente al Laterano- Attributi vescovo sbranato dai leoni o in catene, palma, bastone pastorale, cuore ferito- Ignazio, soprannominato Teoforo (portatore di Dio), abbracciò la fede per opera degli apostoli è particolarmente di S. Giovanni, di cui fu discepolo prediletto. Ricevuta la sacra ordinazione, si distinse per le sue rare doti apostoliche, per cui gli Apostoli lo consacrarono vescovo d'Antiochia. Fu pieno di Spirito Santo e la parola di lui era dai fedeli accolta quale oracolo del cielo. Zelantissimo pastore e padre di anime, ebbe molto da combattere contro la miscredenza dei Giudei e il furore dei pagani; ma col digiuno, preghiera e soda dottrina che possedeva, riuscì a dissipare le tenebre dell'errore e dell'eresia. Anelava al martirio e l'ora giunse quando infierì la persecuzione di Traiano, il quale conoscendo la fiorente Chiesa di Antiochia, venne col proposito di fare strage del pastore e del gregge. Chiamò pertanto a sé Ignazio e così lo apostrofò:

- Sei tu quel demonio che infrangi le mie leggi e spingi gli altri ad infrangerle?

- Nessuno diede mai questo nome ad un servo di Gesù Cristo, rispose Ignazio, ma sappi, o imperatore, che i demoni fuggono alla sua presenza.

- Tu dunque adori Gesù Cristo che Pilato fece crocifiggere?

- Di' piuttosto che Gesù crocifisse il peccato per dare a coloro che credono in Lui il potere di trionfare sui demoni e sul peccato. Impotente a vincere il fedele servo di Cristo, Traiano pronunciò l'ingiusta sentenza. Comandiamo che Ignazio, il quale si gloria di adorare il Crocifisso, venga legato, condotto a Roma e dato in pasto alle fiere, dopo aver servito come trastullo della plebe. Il santo Vescovo ringraziò il tiranno e, legato, partì per Roma scortato da soldati che lo tormentarono in tutte le maniere. Passando per le città d'Asia e della Grecia, edificò le varie comunità cristiane colla parola e coll'esempio d'invitto coraggio. Durante questo viaggio scrisse sei lettere ai Cristiani di Efeso, di Magnesia, di Smirne, di Tralle, a S. Policarpo, incitando tutti a rimanere fermi nella fede e umilmente soggetti ai propri vescovi, perché solo per essi riceviamo dal Signore le grazie. Scrisse anche una lettera ai Romani, dai quali temeva, per l'affetto che gli portavano, che gli impetrassero la liberazione, mentre egli null'altro bramava che il martirio. Infatti così scrive: « Sono frumento di Cristo e debbo essere macinato dai denti dei leoni; se questi divenissero mansueti e volessero risparmiarmi, io stesso li aizzerò: le mie catene gridino a voi di stringervi in un'incrollabile armonia di fede e di preghiera ». Giunse a Roma l'anno 107 e, gettato nell'anfiteatro, le fiere lo sbranarono. Le sue reliquie furono portate ad Antiochia. PRATICA. S. Ignazio ci insegna e ci raccomanda la filiale ubbidienza e il rispetto dovuto ai ministri di Dio, perchè il Signore ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me ». PREGHIERA. Riguarda, o Signore, la nostra debolezza, e ci protegga dal cielo la potente intercessione del beato martire e vescovo Ignazio. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di sant'Ignazio, vescovo e martire, che, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere sotto l'imperatore Traiano, fu portato a Roma e qui coronato da un glorioso martirio: durante il viaggio, mentre sperimentava la ferocia delle guardie, simile a quella dei leopardi, scrisse sette lettere a Chiese diverse, nelle quali esortava i fratelli a servire Dio in comunione con i vescovi e a non impedire che egli fosse immolato come vittima per Cristo.

nome San Riccardo Gwyn- titolo Martire- nascita 1537 circa, Montgomeryshire, Galles- morte 17 ottobre 1584, Wrexham, Galles- ricorrenza 17 ottobre- Beatificazione 15 dicembre 1929 da papa Pio XI- Canonizzazione 25 ottobre 1970 da papa Paolo VI- Santuario principale Cattedrale di Wrexham- Riccardo nacque a Montgomeryshire nel Galles. Studio a Oxford e poi al Saint John's College di Cambridge. Rinunciò all'anglicanesimo, si sposò ed ebbe sei figli. Fu un maestro di scuola a Overton, Wrexham e Gresford. Costantemente sotto pressione per la sua fede religiosa, decise di frequentarne una in una chiesa anglicana, ma gli causava un profondo disagio interiore e se ne pentiva. Mise la sua scuola in una vecchia fattoria per evitare l'arresto. Nel 1579, mentre si trovava a Wrexham, fu riconosciuto da un apostata, e fu denunciato alle autorità. Fu arrestato ma una notte ma riuscì a scappare e visse liberamente per un anno e mezzo, finché fu nuovamente arrestato e rinchiuso nella prigione di Ruthin. Fu detenuto per quattro anni, e lo costrinsero ad andare in una chiesa protestante, cercarono di convincerlo della verità dell'anglicanesimo. Il giudice lo condannò a pagare una multa di 800 sterline per aver causato disordini nella chiesa. Poi fu nuovamente multato per 1.680 sterline per non aver assistito ai servizi protestanti durante tutto il suo tempo in prigione. Il giudice gli chiese come avrebbe fatto a pagare quelle multe elevate. Ricardo rispose: "Ho dei soldi". "Quanto?", Ha chiesto il giudice. "Sei pence", ha risposto il santo sorridendo. Fu inviato con altri tre laici e il sacerdote gesuita Juan Bennet davanti al Consiglio delle Marche. I martiri furono torturati a Bewdley, Ludlow e Bridgnorth, per rivelare i nomi di altri cattolici. In carcere scrisse numerose poesie religiose in gallese, in cui esortava i suoi compatrioti a rimanere fedeli alla Santa Madre Chiesa e descriveva, con una violenza comprensibile nelle loro circostanze, la nuova religione e i suoi ministri. Nell'ottobre 1584, Riccardo fu processato per l'ottava volta, a Wrexham, insieme ad altri due cattolici, Hughes e Morris. Fu accusato di aver tentato di riconciliare un certo Luis Gronow con la Chiesa di Roma e di aver mantenuto la sovranità pontificia. Ricardo rispose che non aveva mai detto una parola con Gronow. Quest'ultimo in seguito dichiarò pubblicamente che il vicario di Wrexham e un altro fanatico avevano pagato a lui e ad altre due persone una certa somma per rendere falsa testimonianza. Poiché i membri della giuria si rifiutarono di partecipare al processo, il giudice formò improvvisamente un'altra giuria, i cui membri erano ingenui nel chiedere chi avrebbero dovuto assolvere e chi avrebbero dovuto condannare! Ricardo Gwyn e Hughes furono condannati così a morte e Morris riconquistò la libertà. Il giudice chiamò la moglie di Riccardo, che apparse con il figlio in braccio e l'ha esortò a non imitare il marito. Lei rispose: "Se quello che vuoi è sangue, puoi prendere la mia vita insieme a quella di mio marito. Tutto quello che devi fare è dare un po 'di soldi ai testimoni e testimonieranno immediatamente contro di me." Fu condannato a morte a Wrexham, nel Galles. Quando raggiunse il patibolo incontrò molti dei suoi seguace, la maggior parte dei quali studenti, poté benedire sua moglie e suo figlio. Chiese perdono a chiunque avesse offeso e perdonò il boia. La folla gridò di lasciarlo morire prima di sbrogliarlo, ma il sindaco, che era un apostata, rifiutò di concedergli quella grazia. Il martire gridò torturato: «Mio Dio! Cos'è questo?" "Un'esecuzione eseguita per ordine di Sua Maestà", rispose uno dei tirapiedi. "Gesù, abbi pietà di me!", Esclamò il santo. Pochi istanti dopo, la sua testa rotolò a terra. Fu beatificato nel 1929 e canonizzato nel 1970 dal SS Paolo VI. MARTIROLOGIO ROMANO. A Wrexham in Galles, san Riccardo Gwyn, martire, che, padre di famiglia e maestro di scuola, professò la fede cattolica e, arrestato per aver persuaso altri ad abbracciarla, dopo lunghi tormenti, invitto nella fede, fu impiccato sul patibolo e sventrato ancora vivo.

nome Beato Contardo Ferrini- titolo Laico- nascita 4 aprile 1859, Milano- morte 17 ottobre 1902, Suna, Novara- ricorrenza 17 ottobre (Martirologio Romano), 16 ottobre (Arcidiocesi di Milano e Diocesi di Novara), 6 novembre (Diocesi di Pavia)- Beatificazione 13 aprile 1947 da papa Pio XII- Patrono di Unione locale giuristi cattolici di Pavia- È un nuovo purissimo fiore della Chiesa, e una nuova gloria della nostra patria. In un tempo in cui trionfava il materialismo e l'anticlericalismo massonico, in un mondo che opponeva ostacoli quasi insormontabili all'attività di un'anima sinceramente religiosa, la vita modesta ed illibata del B. Contardo Ferrini, studente e professore di Università, cittadino esemplare e cristiano fervoroso, ha del magnanimo, dell'eroico. Nacque a Milano il 4 aprile 1859 dal prof. Rinaldo Ferrini e da Luigia Bucellati, ambedue di profonda pietà. La sera stessa fu battezzato e gli venne imposto il nome di Contardo, comune nella sua famiglia. Fin da piccolo dimostrò grande vivacità e prontezza d'ingegno. Grande fu il suo amore allo studio. A 6 anni cominciò a frequentare le scuole dell'Istituto Boselli, che raccoglieva i figli delle migliori famiglie milanesi. A 13 anni, premesso un corso di esercizi spirituali, potè fare con gran gioia e trasporto la sua prima Comunione. In questo suo primo incontro con Gesù, Contardo si consacrò tutto a Dio e la sua condotta si conservò illibata fino alla morte. Compiuti i. primi studi, passò al Collegio Borromeo di Pavia. Quello fu per lui il crogiuolo dove la sua virtù, provata e tentata da mille insidie, si irrobustì ed ingigantì: l'essere uscito illeso da quell'ambiente ha veramente dell'eroico. Conseguita brillantemente la laurea di diritto e vinta una borsa di studio per un anno di perfezionamento all'estero, partì per Berlino, che allora aveva il primato in tali studi. Là, in una capitale protestante, trovò una chiesa cattolica, dove assieme ad altri buoni giovani adempiva i suoi doveri religiosi: Messa, Comunione, meditazione, visita al SS. Sacramento e Rosario ogni giorno. Ritornato in patria, a 24 anni, fu nominato professore all'ateneo di Pavia. Insegnò poi successivamente nelle università di Messina, Modena, e di nuovo di Pavia : era stimato il più grande romanista italiano vivente. A lui spetta la gloria di aver riconquistato all'Italia il primato negli studi giuridici, da qualche tempo passato alla Germania. Tra le lingue morte, oltre il latino, conosceva l'ebraico, il greco, il sanscrito e il siro: e in queste lingue amava leggere la Sacra Scrittura. Nonostante tanta scienza, il Ferrini era umile e semplice come un bambino. Non fu egli un uomo, come si dice, di azione; aveva bensì un carattere franco e leale, ma non l'entusiasmo che trascina; i suoi studi medesimi lo portavano ad una vita interiore, calma e raccolta. Il suo apostolato continuo e caratteristico fu quello dell'amabilità. Insegnava così al mondo quanto sia soave la vita, anche in mezzo alle croci, per colui che possiede Iddio. Fu custode gelosissimo del suo giglio che portò intemerato fino alla morte. Ai piedi delle Alpi, su cui era solito salire per ritemprare il corpo e lo spirito, nella Villa di Suna, il 17 ottobre 1902 un tifo violento lo trascinava al sepolcro a soli 43 anni. Pio XI nel 1931 ne riconosceva le virtù eroiche e Pio XII il 27 aprile 1947 lo proclamava Beato, elevandolo all'onore degli altari. PRATICA. Professiamo senza rossore la nostra fede. PREGHIERA. Preghiamo la SS. Trinità a concederci le virtù di cui fu adorno il suo servo Contardo.

nome San Giovanni Nano- titolo Eremita- morte 409 circa, Egitto- ricorrenza 17 ottobre- Golobo, il soprannome dato a Giovanni, è una parola greca che significa "di piccola statura" e spesso egli è noto come Giovanni Nano. Ritiratosi in giovane età nel deserto egiziano di Scete per vivere da eremita sotto la guida di Amoe, gli furono affidati alcuni incarichi per mettere alla prova la sua obbedienza, tra i quali quello di piantare e di innaffiare un ramo secco finché non fosse fiorito. Giovanni lo continuò a fare per tre anni, venendo premiato quando alla fine il ramo mise le radici e produsse qualche frutto. Amoe, portandone uno in chiesa, lo distribuì con queste parole: «Prendete e mangiate il frutto dell'obbedienza» (c'è tutta una tradizione che celebra Giovanni Nano per questo prodigio, ma la stessa storia è narrata anche di un altro Giovanni, quello di Licopoli, e più probabilmente è a lui che si deve attribuire l'episodio). Giovanni Colobo si prese cura di Amoc negli ultimi dodici anni della vita del maestro, senza per altro ricevere alcuna parola di ringraziamento o di apprezzamento, finché in punto di morte Amoc lo descrisse come «un angelo, non un uomo». Per Giovanni il monaco perfetto era colui che, rimanendo nella propria cella, cercava di avere sempre davanti alla propria mente Dio, vigilando sulle proprie inclinazioni naturali. Di per sé egli aveva un temperamento vivace e un'opinione abbastanza alta delle proprie qualità, ma riuscì a dominare a tal punto questi aspetti che fu famoso proprio per l'umiltà e la profondità che lo caratterizzavano. Tentò inoltre di non prendere parte alle discussioni riguardanti ciò che accadeva nel mondo, per paura di venire allontanato dalle cose di Dio e di perdere quella pace interiore che riteneva necessaria per la santità. Estremamente distratto, non è possibile sapere se ciò fosse dovuto al completo assorbimento nelle questioni spirituali o semplicemente alla sua natura; da qui inoltre hanno avuto origine molti aneddoti sulla sua disattenzione e l'incapacità di rimanere concentrato sul lavoro manuale, cosa che per altro creava malcontento nei suoi fratelli, non ultimo in S. Arsenio (19 lug.). Secondo la tradizione dei Padri del deserto, Giovanni costruì un monastero vicino a Wadin' Natrun per i discepoli che si univano a lui. Si dice che abbia vissuto in un "pozzo", termine con cui quasi certamente si intende una stretta gola o una caverna di cui l'area circostante il monastero era piena. Quando alcuni barbari invasero Scete, intorno all'anno 400, Giovanni attraversò il Nilo in direzione del Mar Rosso e si sistemò a Clisma, nei pressi di Suez, vicino ai luoghi di S. Antonio abate (17 gen.), padre del monachesimo. Nei detti attribuitigli, Giovanni elogia l'umiltà e la perseveranza, e vede il combattimento spirituale come una necessità. Poteva essere severo, arrivando qualche volta a sottoporre i propri discepoli a prove umilianti. Prima di morire, intorno ai settant'anni, gli fu chiesto dai fratelli di lasciare un ultimo messaggio; non volendo essere ricordato come un insigne maestro, disse semplicemente: «Non ho mai seguito la mia volontà, e non ho mai insegnato agli altri quello che non avevo io per primo praticato». Morì all'inizio del V secolo, probabilmente nel 409, con la fama di essere uno dei più eminenti Padri del deserto, per cui il suo culto si diffuse rapidamente. Le sue reliquie ncll'805 furono traslate da Clisma al suo monastero, le cui rovine sono state scoperte e identificate con sicurezza.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Asy t in Egitto, san Giovanni, eremita, che, tra i tanti segni di virtù, fu insigne anche per lo spirito di profezia.

nome San Fiorenzo di Orange- titolo Vescovo- nascita V secolo, Tours, Francia- morte 524 circa, Orange, Francia- ricorrenza 17 ottobre- Nacque a Tours nel V, fu vescovo di Orange in Francia. Partecipò al Concilio di Epaone nel 517 e al Provinciale di Arles nel 527. Durante un pellegrinaggio a Roma, trascorse la notte a Fiorenzuola d'Arda dove resuscitò una ragazza.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Orange in Provenza in Francia, san Fiorenzo, vescovo.

nome Sant'Osea- titolo Profeta- nascita VIII secolo a.C., Israele- morte VIII secolo a.C., Israele- ricorrenza 17 ottobre- Attributi Rotolo della profezia (Ex Aegypto vocavi filium meum)- Profeta minore compagno di Amos. Figlio di Beeri. Osea, il cui nome significa «il Signore salva» o «il Signore viene in aiuto», visse nel regno d'Israele nell'VIII secolo a.C. Fu un profeta "guardiano" che conosceva la politica e il culto. E si sforzò di rileggere la storia del suo tempo con lo sguardo indagatore e critico di un credente. Con gli occhi di un Dio mille volte abbandonato, di un Dio da cercare, di un Dio che è tuttavia compassionevole. La moglie Gomer decise di seguire i suoi amanti provocando grande dolore ad Osea che le scrisse una poesia d'amore straziante ma che riscosse poco successo. I suoi figli portavano nomi simbolici: Yizreel (God Sows), Lo-Rujamá (Incompliant) e Lo-Ammi (Not-my-people). Nel suo racconto si narra la storia del suo popolo chiedendosi quale significato possano avere i sacrifici e l'adorazione di un popolo che dimentica la giustizia. (Os 5, 6; 6, 4-6; 8, 11-13). Nessuno come Osea ha cantato l'amore di un Dio che si lascia cercare, che si fa vicino e accessibile e il simbolo è il suo matrimonio, che ha tre fasi (matrimonio, divorzio e ricongiungimento); La fedeltà di Dio al suo popolo lo spinge ad accettare Gomer, ad amarla "come Dio ama gli israeliti" (3,1) fino a giungere a pagare una quota di denaro per il suo riscatto, perdonarla e riaccettarla in casa, con una promessa di reciproca fedeltà. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di sant’Osea, profeta, che, non solo con le parole, ma anche con la vita, mostrò all’infedele popolo di Israele il Signore come Sposo sempre fedele e mosso da infinita misericordia.

nome Santi Rufo e Zosimo- titolo Martiri- ricorrenza 17 ottobre- I cittadini di Filippi, forse discepoli di san Paolo, furono portati a Roma insieme a sant'Ignazio di Antiochia e gettati alle bestie dell'anfiteatro due giorni prima del martirio del loro vescovo. San Policarpo cantò la loro virtù nella “Lettera ai Filippesi”: “Non hanno corso invano, ma erano armati di fede e di giustizia. Partirono per il luogo che Colui per il quale avrebbero sofferto, perché non amavano questo mondo ma Gesù, che morì e fu risuscitato da Dio per la nostra salvezza...Vi scongiuro quindi tutti ad essere obbedienti alla parola della giustizia e a sopportare con tutta quella pazienza che avete ammirato con i vostri occhi non solo nei beati Ignazio, Zosimo e Rufo , ma anche in altri dei vostri, nello stesso Paolo e negli altri Apostoli.". MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione dei santi Rufo e Zosimo, martiri, che il beato Policarpo associò nel martirio a sant’Ignazio, scrivendo ai Filippesi: «Essi condivisero la passione del Signore e non amarono il secolo presente, ma colui che per loro e per tutti è morto e risorto».

nome Beato Baldassarre Ravaschieri da Chiavari- titolo Sacerdote francescano- nome di battesimo Baldassarre Ravaschieri- nascita 1419, Chiavari, Liguria- morte 1492, Binasco, Milano- ricorrenza 17 ottobre- Beatificazione 8 gennaio 1930 da papa Pio XI- Santuario principale Chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus, Baselica Bologna- Patrono di Malati di gotta- Baldassarre nacque a Chiavari in Liguria da famiglia nobile. Entrato giovanissimo nei francescani, studiò e si laureò in Teologia, fu ordinato sacerdote e si dedicò alla predicazione insieme a san Bernardino da Feltre. Virtuoso e attivo fu prima guardiano del suo convento e poi Maestro provinciale a Genova. La gotta paralizzò il suo intero corpo e quasi tutti i suoi movimenti. Dal male che lo aveva prostrato, fece lo strumento della sua santità. Nel convento di Binasco, vicino a Milano, lo portarono in chiesa in braccio, e lì rimase a lungo, pregando e meditando. Si dice che un giorno una nevicata lo sorprese, e tutti se ne dimenticarono, quando vollero rendersene conto videro come la neve avesse evitato di cadere su di lui. Ogni giorno veniva portato in braccio dai frati per assistere alla Messa, prendere parte alla recita dell'Ufficio Divino e soprattutto ascoltare per lunghissime ore, a volte quasi tutto il giorno, le confessioni dei fedeli, attratti dalla fama di Sua Santità. Baldassarre nella sua immobilità intensificò la sua vita di intima unione con Dio e offrì le sue sofferenze fisiche e morali all'amore di Gesù per la conversione dei peccatori, che in gran numero seppero avvicinare Dio. Dalla pianura pavese vennero da lui i devoti che portavano i loro malati perché potesse ottenere la loro guarigione da Dio, le madri gli portarono i figli per benedirli. Per sei anni soffrì con perfetta serenità lo strenuo martirio della gotta. Consumato dal male che gli aveva tormentato le membra, spirò serenamente a 72 anni. Fu sepolto in un'urna di marmo. Papa Pio XI confermò il suo culto l'8 gennaio 1930. MARTIROLOGIO ROMANO. A Binasco in Lombardia, beato Baldassarre da Chiavari Ravaschieri, sacerdote dell’Ordine dei Minori.

nome Beato Pietro della Natività di Maria- titolo Sacerdote Scolopio- nome di battesimo Pietro Casani- nascita 8 settembre 1570, Lucca- morte 17 ottobre 1647, Roma- ricorrenza 17 ottobre- Beatificazione 1º ottobre 1995 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Lucca l'8 settembre 1570, provato dalla morte della madre, si sentì chiamato ad entrare nella Congregazione della Beata Vergine, fondata a Lucca da San Giovanni Leonardi. Prima di entrare in noviziato studiò con i francescani a Lucca. Fu ordinato sacerdote nella Basilica Lateranense e svolse il suo ministero sacerdotale predicando e ascoltando confessioni nella cura pastorale giovanile. Dopo la morte di san Giovanni Leonardi, i suoi figli offrirono il loro aiuto pastorale alle Scuole Pie. Per garantirne la continuità, San Giuseppe Calasanzio si unì alla sua opera della Congregazione di Lucca approvata da Paolo V nel 1614. Pedro Casani fu nominato rettore di San Pantaleo e, la casa principale delle Escuelas Pías ma i genitori lucchesi capirono presto che non potevano accettare definitivamente il ministero delle scuole senza tradire il proprio carisma. Paolo V separò le due istituzioni nel 1617. Pedro Casani decise di rimanere nelle Scuole Pie come parte del gruppo Calasanzio, costituito da Paolo V in una Congregazione Religiosa di Voti Semplici. Pedro Casani svolse un ruolo efficace nella trasformazione in un Ordine con voti solenni nel 1617. San Giuseppe Calasanzio guidò il gruppo per 30 anni, affidando sempre più responsabilità a Pietro Casani e avendo ben compreso il carisma degli ‘scolopi’ lo nominò primo rettore della casa madre di San Pantaleone e insieme al fondatore prese l’abito religioso e il nome di Pietro della Natività di Maria, fu nominato poi primo assistente generale, primo maestro dei novizi e primo provinciale di Genova e Napoli, commissario generale per le fondazioni nell'Europa centrale e primo candidato a succedere al fondatore come vicario generale. Pietro Casani fu un uomo pio e un predicatore dotato che intraprendeva instancabilmente missioni promuovendo l'osservanza regolare a Roma e altrove. Il suo amore per la povertà religiosa era una ragione per la sua unione spirituale con San Giuseppe Calasanzio ed era coerente con la sua dedizione preferenziale alle sue scuole di bambini poveri. Per mantenere questa rigorosa povertà, i due erano contrari ad accettare un'eccessiva generosità dai benefattori. Condivisero anche i dolori del nuovo istituto, le gioie e le frustrazioni di non essere in grado di soddisfare così tante richieste di fondazioni. Tuttavia, Pietro Casani non fu esente da guai. Fu fatto prigioniero, privato del suo incarico di Assistente generale e l'Ordine fu ridotto a una semplice congregazione senza voti. Durante tutte queste umiliazioni, Pietro difese il fondatore e la sua opera con eroica rassegnazione. Chiese invano la favorevole intercessione di amici e potenti. Morì assistito da San Giuseppe Calasanzio che scrisse molte lettere comunicando la sua pia morte e iniziando la sua causa di beatificazione. Fu beatificato il 1 ottobre 1995 dal SS Giovanni Paolo II. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, beato Pietro della Natività della Beata Vergine Maria Casani, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie, che mise le sue doti di natura e di grazia a servizio dell’istruzione dei fanciulli, lieto soltanto di servire Dio nei piccoli

nome San Dulcidio- titolo Vescovo- morte V secolo, Agen, Francia- ricorrenza 17 ottobre- Canonizzazione pre canonizzazione- Vescovo di Agen, succedette a San Febadio. Durante il suo governo si susseguirono le irruzioni dei Vandali e dei Visigoti, che egli fermò con la forza delle sue virtù e dei suoi miracoli. Fece costruire una chiesa che dedicò a Santa Fe e San Caprasio. Durante la sua carica combatté sempre l'arianesimo morì nel 450. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Agen in Aquitania, ora in Francia, san Dulcedio, vescovo, che difese tenacemente la fede cattolica contro l’eresia ariana.

nome Beato Gilberto di Citeaux- titolo Abate- nascita Inghilterra- morte diocesi di Troyes, Francia- ricorrenza 17 ottobre- Di origine inglese, divenne cistercense, probabilmente nel monastero di Ourscamp; incontrò San Bernardo di Chiaravalle, per cerca di imitarlo in tutto. Fu abate nel 1147 di Swineshead per 20 anni e nel 1163 fu eletto abate di Citeaux. Nel 1167 si dimise dall'abbazia per la pressione del re Enrico II mise sui Cistercensi, che si schierarono con San Tommaso Beckett. La sua dottrina condensata in sermoni riflette un'intensa vita spirituale. Era attento alle correnti teologiche del suo tempo, citando casi negativi come lo scisma di Antipapa Victor. Grande il suo amore per la vita monastica e soprattutto per quella cistercense. I suoi biografi ritengono che siano state le persecuzioni di Enrico II per il suo sostegno a San Tommaso, a costringerlo ad andare in esilio nel monastero cistercense di Pontigny. Sebbene non ci siano prove, sembra che si sia ritirato nel monastero di L'Arrivour, nella diocesi di Troyes, suffraganea di Clairvaux, dove morì. Sebbene nel Martirologio Romano in spagnolo appaia come un santo, è Beato come appaiono nei Martirologi in inglese, francese, tedesco, italiano e latino. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tolosa sempre in Francia, anniversario della morte del beato Gilberto, abate di Cîteaux, che, di origine inglese, fu uomo di alta scienza e difese san Tommaso Beckett in esilio.

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