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I santi di oggi 3 giugno:
nome Santi Carlo Lwanga e 12 compagni-titolo Martiri - nascita 1865, Africa- morte 1886, Namugongo,Uganda- ricorrenza 3 giugno- Beatificazione 6 giugno 1920 da papa Benedetto XV- Canonizzazione 8 ottobre 1964 da papa Paolo VI- Santuario principale Santuario di Namugongo- Carlo Lwanga nacque nel 1865 nel Regno di Buganda, un territorio che oggi occupa la parte centrale e meridionale dell'Uganda. Appartenente al clan Ngabi, Lwanga fu convertito al cattolicesimo dai Missionari d'Africa, fondati dal cardinale Charles Lavigerie. La sua vita e il suo martirio rappresentano una testimonianza di straordinaria fedeltà e coraggio di fronte alla persecuzione religiosa. La storia di Carlo Lwanga si inserisce in un periodo di grande tumulto religioso e politico nel Regno di Buganda. I missionari cristiani, sia cattolici che anglicani, iniziarono la loro opera evangelica sotto il re Mutesa I, che governava con una certa tolleranza religiosa. Tuttavia, con l'ascesa al trono di Mwanga II, le dinamiche cambiarono radicalmente. Mwanga II, un noto pedofilo, vedeva i missionari cristiani come una minaccia al suo potere e alla sua autorità. La Persecuzione sotto Mwanga II La persecuzione iniziò nel 1885, quando Mwanga II ordinò il massacro di molti missionari anglicani, tra cui il vescovo James Hannington. Questo atto di brutalità segnò l'inizio di una serie di violenze contro i cristiani. Joseph Mukasa Balikuddembe, un maggiordomo cattolico di corte e catechista laico, osò rimproverare il re per queste uccisioni, ma fu decapitato il 15 novembre 1885. Carlo Lwanga, che a quel tempo era il capo dei paggi, assunse le funzioni di Balikuddembe e si impegnò a proteggere i giovani paggi dalle attenzioni morbose del re. La situazione peggiorò ulteriormente quando il re Mwanga II dichiarò che tutti i membri della corte che non avessero smesso di professare la loro fede sarebbero stati uccisi. Il 25 maggio 1886, durante un'assemblea della corte, Carlo Lwanga e altri 15 paggi dichiararono apertamente la loro fede, affrontando il re con coraggio. Mwanga fece smembrare due di loro e ordinò che gli altri fossero portati a Namugongo, dove furono legati in fasci di paglia e bruciati sul rogo. Il 3 giugno 1886, giorno dell'esecuzione, Lwanga fu separato dagli altri per essere bruciato vivo in privato, secondo la consuetudine. Mentre veniva bruciato, Lwanga mostrò una straordinaria serenità e fede, dicendo al suo carnefice: "È come se mi stessi versando dell'acqua addosso. Per favore, pentiti e diventa cristiano come me." Il martirio di Carlo Lwanga e dei suoi compagni segnò un punto di svolta nella storia del cristianesimo in Uganda. Le loro morti furono una testimonianza potente della fede e del coraggio di fronte alla tirannia e alla persecuzione. In totale, oltre 100 cristiani furono uccisi durante la persecuzione sotto il regno di Kabaka Mwanga II. Le esecuzioni furono motivate non solo dall'odio religioso, ma anche dal desiderio di Mwanga di mantenere il controllo e l'integrità del suo regno. Secondo alcuni storici, come Assa Okoth, Mwanga temeva che i cristiani, con le loro connessioni straniere, potessero minare la stabilità del suo dominio. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria dei santi Carlo Lwanga e dodici compagni, martiri, che, di età compresa tra i quattordici e i trent’anni, appartenenti alla regia corte dei giovani nobili o alla guardia del corpo del re Mwanga, neofiti o fervidi seguaci della fede cattolica, essendosi rifiutati di accondiscendere alle turpi richieste del re, sul colle di Namugongo in Uganda furono alcuni trafitti con la spada, altri arsi vivi nel fuoco.
nome Santa Clotilde- titolo Regina dei Franchi- nascita V Secolo, Lione, Francia- morte 3 giugno 545, Tours, Francia- ricorrenza 3 giugno- Tutti portan la croce quaggiù! dice il Parzanese: piccoli e grandi, poveri e ricchi. E anzi gli stessi sovrani si trovano spesso in mille difficoltà; ed è certamente più beata la vita di un umile pastore che ama Iddio, di quella di coloro che tra mille timori siedono su un trono. Ciò si comprende bene leggendo la vita di S. Clotilde, regina dei Franchi. Ella era di stirpe reale; ma anche nelle magnificenze della corte trovò le sue spine, la sua croce, il suo calvario: tutto però accettò con generosità dalle mani di Dio e si fece santa. Suo padre si chiamava Chilperico. Il fratello di lui, certo Gondebaldo, volendosi impadronire del trono, lo assassinò e con lui la moglie e due figli. All'eccidio però scampò Clotilde che per la sua tenera età ispirò compassione al feroce zio. Succeduto Gondebaldo sul trono del fratello, Clotilde passò l'infanzia alla sua corte. Ella sopportò con rassegnazione il doloroso evento e si mise nelle mani della Provvidenza. Le sue maniere affabili, caritatevoli e il suo spirito di pietà, attirarono ben presto l'ammirazione del popolo. Per queste sue rare doti, Clodoveo re dei Franchi la chiese in isposa a Gondebaldo. Clotilde non potè opporsi ed accettò. Dio però vegliava su di lei e ne fece un potente strumento della sua misericordia. Infatti proprio per le preghiere e lo zelo di Clotilde i Franchi si convertirono alla vera fede. Clodoveo era ariano e di carattere severo ed aspro, tuttavia serbava ancora una certa benignità per i Cristiani e non tardò ad abbracciare egli pure la fede cattolica. Il primo pensiero di Clotilde fu appunto quello di convertire il re, e sono veramente ammirabili gli argomenti che essa portava per convincerlo dell'errore. Ma a convertire un uomo non bastano le industrie umane, ci vuole la grazia di Dio: grazia che fu concessa ben presto dal Signore alla sua serva Clotilde. Ecco il fatto. Uscito Clodoveo in campo contro gli Alemanni, che avanzavano a danno dei suoi territori, fu respinto, e quando già stava per essere disfatto si ricordò del Dio di Clotilde e fece voto di convertirsi se avesse ottenuta la vittoria. Il Signore gradì la preghiera; Clodoveo vinse e si fece cattolico. Con lui furono pure battezzati 3000 Franchi. L'anno 511 morì Clodoveo e nuove angustie amareggiarono il cuore di Clotilde. Erano però le ultime prove che il cielo le inviava. I suoi giorni volgevano al termine e il Paradiso era ormai vicino. Morì il 3 giugno del 545 in Tours, e fu tumulata in Parigi a fianco dei marito Clodoveo. PRATICA. Preghiamo per la conversione dei peccatori: chi salva un'anima ha predestinato la sua. PREGHIERA. Esaudiscici, Dio nostro Salvatore, affinchè come ci allietiamo della festa della beata Clotilde, così siamo ammaestrati nella devozione. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tours nella Gallia lugdunense, ora in Francia, santa Clotilde, regina, le cui preghiere indussero suo marito Clodoveo, re dei Franchi, ad accogliere la fede di Cristo; dopo la morte del coniuge, si ritirò presso la basilica di san Martino, per non essere più ritenuta una regina, ma una vera serva del Signore.
nome San Kevin- titolo Abate di Glendalough- nascita 498 circa, Leinster, Irlanda- morte 618 circa, Irlanda- ricorrenza 3 giugno- Attributi<br /> raffigurato con un merlo tra le braccia e con accanto una daina- Patrono di Dublino, Glendalough- I primi racconti scritti della vita di Kevin risalgono solo al X-XI secolo; egli è venerato come il fondatore della celebre abbazia di Glendalough nella contea di Wicklow (Irlanda). Una tradizione orale ha preservato la sua memoria e l'ha abbellita con molte affascinanti leggende irlandesi. La sua famiglia faceva parte della nobiltà di Leinster, un tempo il casato dominante, poi costretto ad abdicare alla dignità regale. Kevin, o Coemgen (il suo nome significa "il bel nato") nacque a Leinster, fu battezzato da S. Cronan (28 apr.), educato in un monastero a Cell na Manach (ora Kilmanach) presso Dublino. Secondo la tradizione uno dei suoi maestri fu S. Petroc (4 giu.). Dopo l'ordinazione si ritirò nella solitudine dei più elevati promontori del Glendalough, la valle dei Due Laghi, probabilmente nella grotta chiamata "il letto di S. Kevin" e il Teampull na Skelling (la chiesa di pietra), una tomba dell'età del bronzo che egli potrebbe aver usato da altare. Visse da solitario in quel luogo per sette anni, vestito di pelli, dormendo sulle pietre lungo le sponde dei corsi d'acqua, nutrendosi di ortiche e acetosa selvatica. Raccoglieva «le cose desiderate da malati e da gente debole psichicamente», come more e mele, un dato che ci fa supporre che facesse anche il guaritore. Una volta durante una quaresima, mentre stava con le mani giunte in preghiera, un merlo depose un uovo tra le sue braccia. San Kevin rimase in quella posizione, lasciando che il merlo lo covasse, finché l'uovo si schiuse e il santo tornò al monastero per celebrare la Pasqua. Il merlo nutrì il santo per tutto il periodo della quaresima, portandogli bacche e noci. Per questo motivo il santo è spesso raffigurato insieme ad un merlo. La grotta di Kevin fu scoperta da un contadino, un certo Dima, che lo convinse ad abbandonare la sua solitudine. Non doveva essere in buona salute se è vero che fu portato su una lettiga a Disert Coemgen; qui riunì alcuni discepoli e iniziò uno stanziamento monastico. Secondo una leggenda una lontra gentile gli portava ogni giorno, tenendolo in bocca, un pesce, ma quando uno dei monaci concepì l'idea che con la pelle della lontra avrebbe potuto fare dei bei guanti, l'animale si spaventò e fuggì via. Kevin spostò la sua comunità in una zona lacustre in altura e lì sviluppò l'insediamento definitivo. Secondo una delle Vite irlandesi egli fece un pellegrinaggio a Roma e si racconta che «a causa delle reliquie sante e della terra che portava con sé, nessun santo in Erin ottenne di più da Dio di Coemgen, a parte il solo Patrizio». Si dice che l'abate Kevin abbia fatto visita al morente S. Kieran (o Ciaran), abate di Clonmacnoise, che però fu in grado di parlargli e di regalargli una campana. In età molto avanzata Kevin pensò di intraprendere un altro viaggio a Roma, ma un saggio gli disse che « gli uccelli non covano le uova quando sono in volo». Si pensa che abbia raggiunto l'età di centoventi anni. Glendalough divenne uno dei quattro luoghi di pellegrinaggio più importanti d'Irlanda; S. Kevin è uno dei principali patroni di Dublino e la sua festa è celebrata in tutta l'isola. MARTIROLOGIO ROMANO. A Glandáloch in Irlanda, san Coemgen, abate, che fondò un monastero, nel quale si ritiene sia stato padre e guida di molti monaci.
nome San Giovanni Grande- titolo Religioso Fatebenefratelli- nascita 3 giugno 1600, Carmona, Spagna- morte Jerez de la Frontera, Spagna- ricorrenza 3 giugno- Beatificazione 13 novembre 1858 da papa Pio IX- Canonizzazione 2 giugno 1996 da papa Giovanni Paolo II- Giovanni Grande, nato a Carmona (Andalusia), rimase orfano di padre all'età di quindici anni e fu mandato a Siviglia a lavorare presso un parente mercante di tessuti. Dopo aver appreso il mestiere esercitò il commercio nella sua città, ma a ventidue anni diede via tutti i suoi possedimenti e si ritirò in un eremo presso Marcena. Benché fin da adolescente avesse condotto una vita irreprensibile, aveva un profondo e costante senso del peccato e dell'indegnità, e forse il suo soprannome deriva dal fatto che si pensava l'ultimo degli uomini. Si faceva chiamare El grande pecador, e questo è il nome con cui è attualmente venerato in Spagna. Un giorno vide lungo la strada due vagabondi ammalati; li portò nella sua capanna, li curò e si mise a chiedere elemosine per loro. Subito dopo questo fatto vide altra gente in cerca di aiuto e si sentì chiamato a lasciare la vita solitaria per svolgere un ministero tra i poveri. Andò a Jerez de la Frontera e prestò la sua opera nella prigione di quel luogo, occupandosi dei carcerati che vivevano in condizioni spaventose. Benché subisse insulti, ingratitudine e perfino percosse da alcuni di loro, li curava, chiedeva elemosina per loro e li assisteva, pensando che nessun uomo fosse escluso dall'amore di Dio. Andò poi a lavorare in un vicino ospedale dove sopportò gli insulti e l'opposizione dei responsabili, urtati dal suo impegno verso gli ammalati, un rimprovero vivente alla loro negligenza e insensibilità, ma che impressionava favorevolmente quelli di fuori. Una famiglia abbiente costruì per lui un ospedale che subito si riempì di ammalati. Giovanni reclutò un gruppo di giovani desiderosi di seguire il suo esempio nel prendersi cura dei bisognosi. Per assicurare continuità alla sua opera la aggregò all'Ordine ospedaliero di S. Giovanni di Dio, di cui egli stesso divenne membro. Il fondatore, S. Giovanni di Dio (8 mar.), era morto a Siviglia quando Giovanni Grande aveva quattro anni. Le iniziative di Giovanni non si fermarono all'ospedale: radunò orfani, li sfamò e li istruì; si diede da fare per procurare la dote matrimoniale alle ragazze povere. Continuò a interessarsi dei carcerati e quando, dopo l'assalto di Cadice da parte degli inglesi, trecento soldati spagnoli in fuga arrivarono a Jerez curò le loro ferite, li nutrì e diede loro abiti. A essi tutto questo sembrò il compiersi di un miracolo. Visse un'intensa vita di preghiera e se, dopo essere rapito in estasi durante la preghiera, si trovava circondato da estranei esterrefatti, chiedeva loro perdono e se ne andava tranquillamente a capo chino per la sua strada. Nel 1600 a Jerez si prodigò per alleviare le sofferenze delle vittime della peste: ogni giorno morivano trecento persone, ed egli stesso contrasse il morbo. Morì all'età di cinquantaquattro anni, e fu beatificato da papa Pio IX nel 1853. MARTIROLOGIO ROMANO. A Jerez nell’Andalusia in Spagna, san Giovanni Grande, religioso dell’Ordine di San Giovanni di Dio, che rifulse per la sua carità verso i prigionieri, gli abbandonati e gli emarginati e morì contagiato lui stesso dalla peste mentre curava i malati.
nome Sant'Isacco di Cordova- titolo Monaco e martire- nascita- Cordova, Spagna- morte 3 giugno 851, Cordova, Spagna- ricorrenza 3 giugno- Nell'VII secolo l'avanzata islamica aveva occupato la Spagna meridionale e alcuni uomini di cultura come Isacco mostrarono molto interesse per la cultura e le tradizioni islamiche, che erano molto avanzate e affascinavano gli intellettuali spagnoli. Essi sapevano che l'islam aveva molto in comune con il giudaismo e il cristianesimo, poiché sí rifaceva all'Antico Testamento e riconosceva Cristo come profeta, e perciò speravano che si potessero trovare punti d'intesa. Isacco era un cittadino benestante di Cordova e un cristiano devoto. Imparò così bene la lingua araba da essere nominato notaio sotto il governo islamico a Cordova, centro del dominio arabo nella penisola iberica, non conservando però a lungo l'incarico. Dopo un esame più accurato trovò la fede islamica profondamente aliena dalla sua e preferì ritirarsi per alcuni anni in un monastero, dove era abate un suo parente, Martino. In seguito avvertì il dovere di tornare in città e discutere con il magistrato che presiedeva al tribunale di Cordova sulla verità del cristianesimo in opposizione all'Islam. Il biografo di Isacco, Eulogio, chiarisce che fece questo passo di sua spontanea volontà. La sua richiesta di confronto fu accettata e durante il dibattito il magistrato fece un tal panegirico di Maometto che lui rispose con una denuncia esplicita di Maometto come falso profeta. Fu perciò arrestato, torturato e messo a morte. Dopo l'esecuzione il suo corpo fu innalzato su un palo lungo il fiume Guadalquivir, come monito per gli altri cristiani. Nei martirologi spagnoli gli viene dato un posto privilegiato tra i martiri di Cordova. MARTIROLOGIO ROMANO. A Córdova nell’Andalusia in Spagna, sant’Isacco, martire, che, monaco, durante la dominazione dei Mori, spinto non da un umano impulso, ma da ispirazione divina, sceso dal cenobio di Tábanos si presentò nel foro al giudice per disputare con lui circa la vera religione e fu per questo condannato a morte.
nome San Morando- titolo Monaco in Alsazia- nascita 1050 circa, Worms, Germania- morte 1115 circa, Altkirch- ricorrenza 3 giugno- I genitori di Morando appartenevano a una nobile famiglia che viveva nella valle del Reno presso Worms, ed egli fu educato nella scuola della cattedrale di quella città. Dopo la sua ordinazione presbiterale intraprese un pellegrinaggio verso San Giacomo di Compostela, e lungo la via si fermò a Cluny, dove rimase profondamente impressionato dalla vita dei monaci sotto la direzione dell'abate S. Ugo (29 apr.). Ritornando da Compostella decise di entrare in quel monastero. Trascorse i primi anni della sua vita monastica nei diversi monasteri cluniacensi dell'Alvernia. All'inizio del XII secolo il conte Federico Piers, signore dell'Alsazia meridionale, decise di restaurare la chiesa di S. Cristoforo, che i suoi antenati avevano costruito vicino all'attuale torre di Altkirch, c chiese a S. Ugo di inviare alcuni monaci per il servizio della chiesa e dei luoghi attorno. Furono inviati diversi monaci ma fu subito chiaro che non si poteva fare nessuna opera missionaria senza una buona conoscenza del tedesco; così Morando fu mandato là poiché il tedesco era la sua lingua madre, benché conoscesse allo stesso grado anche il francese. La scelta si dimostrò eccellente: andava nelle campagne con qualsiasi condizione del tempo, a capo scoperto e con il bastone del pellegrino nelle mani, per incontrare la gente e avvicinarla a Dio. Si dice che abbia guarito il conte Federico che aveva subito una paralisi facciale, e che pregando abbia anche ridato salute a molti ammalati. Ogni venerdì andava in pellegrinaggio al santuario della Beata Vergine Maria di Gildwiller, che era considerato il più antico santuario alsaziano. Il popolo diede il nome di Morando alla fonte vicino alla quale era solito riposarsi durante il suo pellegrinaggio settimanale. 11 culto di questo sacerdote benvoluto è ancora diffuso in Alsazia e localmente è venerato come il patrono dei vignaioli, forse perché una leggenda racconta che abbia trascorso una Quaresima digiunando senza altro cibo che un grappolo d'uva. È invocato: come protettore dei vignaioli MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Altkirch nel territorio di Basilea nell’odierna Svizzera, san Morando, monaco, che, nato in Renania, già sacerdote si recò a Compostela e, al suo ritorno, si fece monaco a Cluny, fondando poi il monastero in cui concluse il corso della sua intensa vita.
nome San Genesio di Clermont- titolo Vescovo- nascita Clermont-Ferrand, Francia- morte 650 circa, Clermont-Ferrand, Francia- ricorrenza 3 giugno- Canonizzazione pre-canonizzazione- Genesio (Genet o Genès), ventunesimo vescovo di Clermont, fu molto amato dal popolo. Nato in quella città da una famiglia senatoriale e divenuto arcidiacono, per la sua reputazione di uomo colto, virtuoso e generoso fu scelto all'unanimità dal clero e dal popolo come vescovo. Egli attese tre giorni ad accettare il compito, per vedere se avessero cambiato idea per la risposta dilazionata, e scelto un altro. Dopo cinque anni di episcopato intraprese un viaggio verso Roma nella speranza di ottenere di essere sollevato dall'incarico e poter ritirarsi in solitudine, ma i suoi concittadini inviarono emissari dietro a lui per convincerlo a ritornare e, quando fu vicino a Clermont, il clero gli andò incontro in processione, con candele e canti, portandogli malati perché li benedicesse. Costruì una chiesa dedicata a S. Sinforiano (22 ago.), uno dei primi martiri di Autun, e un ospizio alle porte della città. Inoltre fondò un monastero chiamato Manglieu o Grandlieu. Morì nella sua diocesi e fu sepolto nella chiesa di S. Sinforiano, che poi prese il suo nome. La sua storia è stata confusa con quella di S. Genesio di Arles (25 ago.), che fu martirizzato intorno all'anno 303 (più di tre secoli e mezzo prima), e questo scambio si può spiegare solo come un caso di omonimia. Genesio di Arles era un notaio e non un vescovo, e fu condannato per aver protestato quando gli fu richiesto di fornire prove in tribunale contro i cristiani. MARTIROLOGIO ROMANO. A Clermont-Ferrand in Aquitania, in Francia, san Genesio, vescovo, il cui corpo fu deposto a Manglieu nella chiesa del monastero da lui stesso fondato con l’annesso ospizio.
nome San Lifardo- titolo Vescovo- nascita Francia- morte VI secolo, Meung-sur-Loire, Francia- ricorrenza 3 giugno- Attributi Drago- Patrono di serpenti- Lifardo (Lifard o Liéfard) era avvocato, famoso per la sua probità, asceso a uno dei posti più importanti nella magistratura di Orléans prima di determinarsi a entrare in un ordine religioso. Entrò nell'abbazia di S. Massimo a Micy, dove probabilmente un suo fratello era abate, ma dopo qualche tempo si ritirò con Urbicio, per condurre vita eremitica tra le rovine di un vecchio castello nei pressi dell'attuale abitato di Meung-sur-Loire. Costruirono capanne e vissero in modo molto austero, cibandosi di solo pane e acqua ogni tre giorni. Ben presto altri si unirono a loro e la piccola comunità divenne il nucleo di un nuovo monastero. Il vescovo di Orléans, che conosceva e stimava molto Lifardo da quando era avvocato, lo ordinò prete e costruì una chiesa per la comunità. Lifardo divenne abate del monastero di Meung-sur-Loire che ebbe un grande sviluppo. Morì all'età di settantatré anni dopo aver nominato Urbicio suo successore. Subito dopo la morte si diffuse la devozione verso di lui. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mehun-sur-Loire nel territorio di Orléans sempre in Francia, san Lifardo, sacerdote, che condusse in questo luogo vita eremitica.
nome Beato Diego Oddi- titolo Religioso- nome di battesimo Giuseppe Oddi- nascita 6 giugno 1839, Vallinfreda, Roma- morte 3 giugno 1919, Bellegra, Roma- ricorrenza 3 giugno- Beatificazione 3 ottobre 1999 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Vallinfreda il 6 giugno 1839. La sua giovinezza fu segnata dalla fatica quotidiana propria dei più poveri. Durante un pellegrinaggio al convento di Bellegra capì che cosa doveva fare: semplicemente essere buono con tutti. Accolto dapprima come terziario oblato, pronunciò i voti solenni nel 1889. Alla scuola di S. Francesco, egli apprese che tutto ciò che la persona umana possiede è in realtà dono di Dio. Durante il suo lungo servizio di questuante fu autentico angelo di pace e di bene per tutte le persone che lo incontravano, soprattutto perché sapeva porsi accanto alle necessità dei più poveri e provati. La sua morte, avvenuta il 3 giugno 1919, consacrò una vita di obbedienza incondizionata a Dio, che si esprimeva attraverso la regola francescana, gli ordini dei superiori, gli eventi della vita quotidiana. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1999. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Bellegra vicino a Roma, beato Diego (Giuseppe) Oddi, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, insigne per dedizione alla preghiera e per semplicità di vita.
nome San Cecilio di Cartagine- titolo Sacerdote- nascita Cartagine, Tunisia- morte III secolo, Cartagine, Tunisia- ricorrenza 3 giugno- Nel De Viris Illustribus di S. Girolamo e nel Martirologio Romano viene commemorato un Cecilio «prete di Cartagine che convertì alla fede cristiana S. Cipriano». Alcuni commentatori hanno identificato il nostro santo con il Cecilio la cui conversione al cristianesimo è descritta nell'Octavius di Minucio Felice. Questo trattato descrive una discussione tra Minucio stesso, il suo amico Ottavio e il pagano Cecilio, che venne convinto della verità del cristianesimo; ma il Cecilio convertito era probabilmente Cecilio Natale, il magistrato principale di Cirta, in Africa Settentrionale, nell'anno 210, e non il prete di Cartagine. Nel miglior manoscritto della biografia di Cipriano, vescovo di Cartagine, redatta dal suo diacono Ponzio, c'è una prova convincente che il nome del maestro che, con l'esempio e l'argomentare, convinse Cipriano, nel 246, era Ceciliano, benché molte altre fonti gli diano il nome di Cccilio. Pare fosse uomo di età avanzata quando Cipriano lo incontrò; probabilmente visse nella sua casa per qualche tempo dopo la conversione mostrando nei suoi confronti grande riverenza: lo chiamava «il padre della sua nuova vita». Quando il vecchio maestro morì affidò moglie e figli alla custodia di Cipriano. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cartagine, nell’odierna Tunisia, san Cecilio, sacerdote, che condusse san Cipriano alla fede di Cristo.