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I santi di oggi 29 dicembre:
nome Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe- titolo Esempio santissimo per le famiglie- ricorrenza 29 dicembre- La festa della Sacra Famiglia fu introdotta nella liturgia cattolica solo localmente nel XVII secolo. Nel 1895 la data fissata per tale festa fu la terza domenica dopo l'Epifania, fu soltanto nel 1921 che grazie a papa Benedetto XV la celebrazione fu estesa a tutta la Chiesa. Giovanni XXIII modificò ulteriormente la data spostandola alla prima domenica dopo l'epifania. La riforma liturgica del Concilio Vaticano II infine la festa la Sacra Famiglia la prima domenica dopo Natale e quando il Natale cade di domenica, viene spostata al 30 dicembre. Il suo significato è molto importante in quanto dopo aver visto la Sacra Famiglia dare alla luce e accudire il neonato Gesù a Nazareth, in questa festività la si può ammirare e ricordare nella vita di tutti i giorni, mentre vede crescere il Cristo. L'eccezionalità di tale famiglia risiede soprattutto nel fatto che i gesti quotidiani che in qualsiasi focolare domestico erano e sono ancora oggi svolti, coincidono allo stesso tempo con il pregare, amare, adorare il proprio Dio, comunicando con suo figlio incarnato in terra. Accudendo Gesù, lavandolo e giocando insieme a lui la Madonna e San Giuseppe mettevano in pratica i dovuti atti di culto, rappresentando il punto d'inizio per ogni famiglia cristiana, del tempo e odierna, che viveva ogni istante della giornata come un sacramento. La festa ha come obiettivo quello di conferire un esempio a tutte le famiglie cristiane, che avrebbero potuto guardare con orgoglio al nucleo familiare che fu di Cristo il quale, nonostante le particolari condizioni note, era caratterizzato da tutte le normali problematiche che chiunque si trova ad affrontare. Maria seguì lo sposalizio con Giuseppe, seguendo la legge ebraica, ma soprattutto il grande piano del suo Dio, conservando però la propria verginità. In seguito alla Visitazione a Sant'Elisabetta iniziò a sentire i chiari segni di una gravidanza, giungendo infine a dare alla luce il Figlio del Signore. Prima dell'età adulta raggiunta da Gesù, la Madonna viene citata in alcuni Vangeli per un episodio accaduto durante l'adolescenza di Cristo (al tempo dodicenne), che si intrattenne al tempio con i dottori, mentre i suoi genitori penavano ormai da tre giorni nel cercarlo senza sosta.
MARTIROLOGIO ROMANO. Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, esempio santissimo per le famiglie cristiane che ne invocano il necessario aiuto.
nome San Davide- titolo Re e profeta- ricorrenza 29 dicembre- Santuario principale Tomba del Re Davide, Gerusalemme- Attributi Arpa- Patrono di Cantori, Musicisti, Poeti- Pastore, Re, Santo, Profeta e Poeta: questi sono i titoli di David. E la sua condizione è quella di peccatore, ma di peccatore pentito, lavato dal pianto sincero e amarissimo. Nessun'altra figura dell'Antico Testamento ha la tragica grandiosità, la drammatica potenza di questo personaggio, dalla cui radice terrosa e vitale doveva sorgere l'immacolato stelo della Vergine. Durante il regno di Saul, Dio ordinò che venissero sterminati gli Amaleciti e tutto ciò che apparteneva loro, ma il rifiuto del re fece perde a Dio la stima per lui e mandò quindi il profeta Samuele a Betlemme a cercare un nuovo re di Israele tra i figli di Iesse. Quest'ultimo fece passare sette dei suoi figli davanti a Samuele ma nessuno di loro era il prescelto. Allora Samuele gli chiese se ne avesse altri e Iesse rispose che il più giovane, Davide, fulvo di capelli e di bell'aspetto, era al pascolo con le pecore. Quando gli fu portato davanti, Dio disse a Samuele: «Alzati, ungilo, perché è lui» Egli è un giovane pastore, quando viene recato presso il Re Saul, perché col suo canto lenisca la tetraggine del sovrano sospettoso e fughi i fantasmi della sua pazzia, derivata dallo smodato abuso del potere regale. Sul campo di battaglia, dinanzi ai tracotanti Filistei, egli affronta il gigante Golia, armato di sola fionda. Golia ride di lui. Ma il giovane pastore e cantore, sicuro di sé, rivolge all'avversario le parole che non declinano: « Tu vieni a me con la spada, la lancia, lo scudo. Io invece vengo nel nome del Signore ». E nel nome dà Signore, scaglia il sasso che abbatte Golia, simbolo della potenza terrena, sempre vinta da chi agisce ed opera nel nome del Signore. Il successo del giovane eroe rende Saul ingiusto verso di lui. David è costretto a fuggire e a nascondersi, perseguitato, ma generoso e pietoso verso il suo folle persecutore. Non confida che nel Signore: « In te spero, o Signore. Ch'io non sia confuso in eterno ». « Nelle tue mani raccomando il mio spirito. Salvami, Signore, Dio di verità ». Infine, vittorioso e proclamato Re, danza e canta dinanzi all'Arca Sacra, contenente le Tavole della Legge. E suscita il disprezzo di Micol, figlia di Saul, ch'egli ha sposato, ma che non capisce la grandezza spirituale del marito. Dalla sua anima s'alzano allora gl'inni della riconoscenza e dell'ammirazione: « I cieli narrano la gloria di Dio E le opere sue annunziano il firmamento Un giorno getta all'altro la parola E la notte alla notte la racconta ». Così egli è degno di fondare la città alta sul monte: Gerusalemme, simbolo e figura della città celeste. Eppure questo eroe, questo grande Profeta, questo altissimo Poeta, questo glorioso Re, pecca. Egli è un uomo: il suo corpo è impastato di fango; dal suo grasso fermentano le iniquità; il suo cuore è un grumo di passioni: « Ecco, nell'iniquità sono stato generato e nei peccati mi generò mia madre ». Il suo peccato ha un nome di donna: Bersabea. La sua iniquità ha il nome del marito di lei, mandato da lui a morte sicura: l'eroico Uria. Eppure David sente d'avere peccato, non contro Uria né con Bersabea, ma contro il suo Signore: « Contro di te solo ho peccato e ho fatto ciò che è male ai tuoi occhi ».<br /> Piange amaramente, riconosce la sua miseria, invoca il perdono: « Abbi pietà di me, Signore secondo la tua misericordia. Con la tua grande clemenza togli i peccati miei lava le mie iniquità. Dal mio peccato mondami, riconosco il mio delitto. Il mio peccato è dinanzi a me ». E intanto son le lacrime che lo bagnano. È la cenere del pentimento che lo vela. Il frutto del peccato, il figlio illegittimo, muore. E il padre, dopo aver implorato, scongiurato, digiunato, accetta la punizione. « Tu sei giustificato nella tua clemenza E inattaccabile è il tuo giudizio ». Ma di qui innanzi, la vita del Re profeta e poeta non sarà che un seguito di sciagure. I suoi figli gli si ribelleranno. I suoi sudditi lo tradiranno. Egli è ormai la figura stessa del dolore: « Inaridito come un coccio è il mio vigore e la mia lingua mi s'è attaccata alle fauci. Alla polvere della morte m'hai ridotto ». Santificato dal dolore, David diventa la figura della vittima, e i canti della sua sofferenza si mutano in profezie sulla passione di Cristo: « Una turba di malfattori mi ha assediato han trafitto le mie mani e i miei piedi ». « Fiele mi han dato per cibo e nella mia sete mi hanno abbeverato d'aceto ». « Si sono divisi i miei panni e sulla mia veste han gettato i dadi ». E grida, come griderà Gesù sulla Croce: « Dio, Dio mio, guarda a me. Perché mi hai abbandonato? ». Ma regnò ancora, nonostante pericoli e affanni. Resse lo scettro d'Israele per una quarantina d'anni, fino alla morte, sui settanta, grande nella gloria, ma ancor più nell'umiliazione e nel pentimento. Re, poeta, profeta. E Santo, secondo la Chiesa, per il dolore accettato e quasi invocato, come fuoco divoratore sulla sua odiata iniquità, sul suo peccato confessato e maledetto. MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Davide, re e profeta, che, figlio di Iesse il Betlemita, trovò grazia presso Dio e fu unto con olio santo dal profeta Samuele, perché regnasse sul popolo d’Israele; trasportò nella città di Gerusalemme l’Arca dell’Alleanza del Signore e il Signore stesso gli giurò che la sua discendenza sarebbe rimasta in eterno, perché da essa sarebbe nato Gesù Cristo secondo la carne.
nome San Tommaso Becket- titolo Vescovo e martire- nome di battesimo Thomas Becket- nascita 21 dicembre 1118, Londra, Inghilterra- Ordinato presbitero 2 giugno 1162- Nominato arcivescovo 24 maggio 1162- Consacrato arcivescovo 3 giugno 1162 dal vescovo Enrico di Blois- morte 29 dicembre 1170, Canterbury, Inghilterra- ricorrenza 29 dicembre- Incarichi ricoperti Arcivescovo di Canterbury (1162-1170)- Canonizzazione 21 febbraio 1173 da papa Alessandro III- Attributi paramenti arcivescovili, mitra, pastorale, libro, spada- Patrono di bottai, fabbricanti di spazzole, Mottola, Portsmouth, Exeter College, Ponte di Piave- Tommaso nacque a Londra il 21 dicembre 1118. I suoi nobili genitori dotati di molta pietà lo allevarono con gran cura, e lo applicarono allo studio delle lettere nelle quali fece molto progresso. Perduti i genitori ancora in tenera età, si appassionò per la caccia. Ma Gesù che lo aveva destinato ad essere una fiaccola della sua Chiesa, lo richiamò da quella vita dissipata liberandolo con un miracolo dall'affogare in un fiume durante la caccia al falcone. Studiò lettere e divenne avvocato, ma vedendo le ingiustizie che si commettevano, disgustato da quella professione, abbracciò la vita ecclesiastica ritirandosi a Canterbury.<br /> L'Arcivescovo di questa città, vedendo i rari talenti di Tommaso, lo promosse arcidiacono della sua chiesa. Giunta la fama di lui alle orecchie del re d'Inghilterra Enrico II, questi lo volle presso di sé e lo elesse suo cancelliere.<br /> Morto Teobaldo, arcivescovo di Canterbury, il re pensò subito di elevare a quella dignità il suo cancelliere, che dopo alcune resistenze accettò. Ma le buone relazioni fra re e arcivescovo durarono poco, perché Tommaso lasciò il cancellierato e pose ogni studio per difendere i beni della chiesa usurpati dal sovrano. Il re, mutato l'amore in odio, minacciò di deporre il santo Arcivescovo, qualora non avesse desistito dalla difesa dei diritti della Chiesa. "Sono disposto e preparato non solo a perdere la dignità, ma anche la vita, piuttosto che mancare ai miei doveri" rispose il Santo. Vedendosi abbandonato dagli stessi suoi prelati, per sfuggire la morte, si travestì e fuggi in Francia, ai piedi del Pontefice Alessandro III, pregandolo di accettare la sua rinunzia all'arcivescovado di Canterbury. Enrico III intanto inviava lettere di pugno al re di Francia e al santo Pontefice, minacciando persino coloro che lo avevano accolto. Intervenuto un accordo tra il Papa, il re di Francia e quello d'Inghilterra, l'Arcivescovo potè tornare alla sua sede. Ma se fu ricevuto di cuore da quelli che lo amavano, trovò pure quelli che lo odiavano: e questi non furono contenti finché non lo videro morto. Calunniarono il Santo presso il re, e questi che covava ancora il suo odio sotto le apparenti correttezze della etichetta, scagliò parole di maledizione contro l'Arcivescovo e contro coloro che nutriti alla sua mensa non erano capaci di liberarlo da costui. Ciò udito, quattro ufficiali del re si portarono a Canterbury ed assassinarono il santo Arcivescovo nella cattedrale, durante il vespro. PRATICA. Difendiamo sempre i diritti della Chiesa. PREGHIERA. Dio, per la cui Chiesa il glorioso vescovo Tommaso cadde sotto le spade degli empi, deh, fa' che quanti implorano il tuo aiuto, conseguano lo effetto salutare della loro preghiera.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury, in Inghiltérra, il natale di san Tommàso, Vescovo e Martire, il quale, per la difesa della giustizia e dell'immunità ecclesiastica, nella sua Basilica, percosso colla spada da una fazione di uomi
nome San Marcello l'Acemeta- titolo Abate- nascita V secolo, Apamea, Siria- morte 485 circa, Costantinopoli, Turchia- ricorrenza 29 dicembre- Gli Akoimetoi (Acemeti) differivano dagli altri monaci orientali perché, secondo la loro regola, dovevano cantare l'Ufficio divino continuamente, in diversi cori, di giorno e di notte, senza interruzione; da questa usanza deriva il loro nome che significa "senza riposo". Marcello, terzo abate di un convento situato sul Bosforo di fronte a Costantinopoli, è stato il più eminente dei monaci acemeti. Nacque ad Apamea in Siria, e giacché disdiceva le attività laiche, studiò religione ad Antiochia ed Efeso, e fu attratto dagli Acemeti, per la loro reputazione di monaci austeri ed eremiti. Diventò assistente dell'abate e alla sua morte fu eletto suo successore. Nel ruolo di abate continuò a osservare la regola della povertà, e non permise mai che si accumulasse denaro; pensava che una provvista di cibo sufficiente per dieci giorni fosse eccessiva. Gli Acemeti avevano sempre sprezzato il lavoro manuale, ma Marcello insistette che tutti i monaci in qualche modo dovessero svolgere qualche attività pratica. La congregazione era formata da trecento monaci e all'abate Marcello giungevano richieste da tutto l'Oriente affinché certi monaci fossero nominati abati o perché alcuni gruppi potessero essere considerati nuclei di nuove istituzioni.<br /> Marcello fu una figura importante a Costantinopoli per la sua partecipazione ai movimenti contemporanei che combattevano l'eresia. Fu uno degli archimandriti che nel 448 firmarono la condanna di Eutichio ed era presente al concilio di Calcedonia. Governò il suo monastero per circa quarantacinque anni. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Marcello, abate del monastero degli Acemeti sul Bosforo, nel quale si eseguiva giorno e notte ininterrottamente il canto dei salmi.
nome Beato Gerardo Cagnoli- titolo Religioso- nome di battesimo Gerardo Cagnoli- nascita 1267, Valenza, Alessandria- morte 1342, Palermo- ricorrenza 29 dicembre- Beatificazione 13 maggio 1908- Originario da una famiglia nobile di Valenza Po (Pavia), dopo la morte della madre nel 1290 (suo padre era già morto), lasciò la sua vita agiata e visse come un pellegrino, mendicando il pane e visitando i santuari. Andò a Roma, Napoli, Catania e forse Erice (Trapani). Nel 1307, colpito dalla fama di santità del Beato francescano Luigi d'Angiò, vescovo di Tolosa, entrò nell'Ordine dei Frati Minori a Randazzo, in Sicilia, dove fece il noviziato e dove visse per qualche tempo. Passò dal convento di Randazzo a Palermo come facchino e lì rimase fino alla morte, ammirando i suoi fratelli e fedeli per la loro semplicità e virtù. Vicino alla porta del convento piantò un cipresso e sistemò un piccolo altare in onore della Vergine e di San Ludovico d'Angiò, di cui era molto devoto. Là una lampada a olio ardeva continuamente. Con un rametto di cipresso bagnato nell'olio della lampada, benediceva i malati che andavano da lui in cerca di conforto. Molti rimasero perfettamente guariti, altri sperimentarono un miglioramento o si sentirono confortati dalla sua parola. La formula che usava per benedire era questa: "Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo, per intercessione della Vergine Maria, di San Francesco e di San Luigi, sii liberato da questa malattia". Enrico d'Abbati, giudice del re, era gravemente ammalato e ogni speranza era stata persa. Fu chiamato Gerardo, che consolò i malati con parole fraterne. Poi cadde in profonda preghiera. Poco dopo il malato si svegliò perfettamente guarito. Dormiva ore su una tavola nuda e con strumenti di penitenza si flagellava il corpo in continua e costante preghiera con Dio, questo era il programma della sua lunga vita. Non fu strano che molti lo abbiano considerato santo, già in vita. Trascorse più di 30 anni nell'Ordine Francescano, quando nella festa di San Giovanni Evangelista nel 1345 gli apparve il Santissimo Sacramento. La Vergine gli assicurò che entro due giorni sarebbe volato in paradiso. A questo annuncio Gerardo fu felicissimo e si preparò con grande fervore alle nozze eterne. Il 29 dicembre ricevette gli ultimi sacramenti della fede con profonda devozione e si addormentò serenamente nel sonno dei giusti. Aveva 75 anni. La sua tomba, nella chiesa di San Francesco di Palermo, è meta di pellegrinaggio per molti devoti che si sono rivolti a lui. San Pio X approvò il culto il 13 maggio 1908.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Palermo, beato Gerardo Cagnoli, religioso dell’Ordine dei Minori, che in precedenza aveva condotto a lungo vita eremitica.
nome Beato Guglielmo Howard- titolo Visconte di Stafford, martire- nome di battesimo William Howard- nascita 30 novembre 1614, Inghilterra- morte 29 dicembre 1680, Londra, Inghilterra- ricorrenza 29 dicembre- Guglielmo Howard era il nipote di S. Filippo Howard, conte di Arundel e Surrey (19 ott.). Nel 1675 fu arrestato e imprigionato nella Torre di Londra con l'accusa di aver protetto dei cattolici, poi condannato a morte e giustiziato dopo cinque anni. Guglielmo diventò visconte di Stafford nel 1637, in seguito al suo matrimonio con la sorella dell'ultimo membro del casato. Carlo I nominò baroni Guglielmo e la moglie. Nella guerra civile successiva, appoggiò il partito monarchico e perse tutte le sue proprietà terriere, che gli furono poi restituite nel 1660, dopo l'ascesa al trono di Carlo II. Guglielmo, in ogni caso, era convinto che la sua lealtà alla corona non fosse stata sufficientemente compensata e sembra che da quel momento abbia provato un sentimento di rancore verso Carlo II. Nel 1678, litigò pubblicamente con il conte di Peterborough durante un dibattito alla Camera dei Lord, episodio che gli procurò molti nemici. Nello stesso anno fu denunciato per complicità nel "complotto papista", ideato da Tito Oates, e fu accusato di aver progettato l'assassinio di Carlo II, in modo da assicurare la successione al trono del fratello cattolico Giacomo TI. Il complotto risultò totalmente fittizio e l'attempato Guglielmo Howard, che a quel tempo aveva più di sessant'anni, un complice improbabile, tuttavia, in quell'atmosfera generale di sospetto e apprensione, il solo fatto che fosse cattolico bastò a incriminarlo. Fu imprigionato nella Torre e processato dai suoi pari presso la Westminster Hall in gran fasto e solennità. Il cronista Giovanni Evelyn riferisce che persino alcuni suoi parenti votarono contro di lui. Evelyn, che lo conosceva personalmente, non poteva credere che un uomo della maturità ed esperienza di Guglielmo potesse essere stato coinvolto in un simile complotto, incaricando dei perfetti estranei di uccidere il re. Trovò impressionante la compostezza di Guglielmo, che «parlò molto poco... e si comportò molto umilmente, come al solito» ma fu comunque giudicato colpevole. Nel 1680, prima di essere decapitato a Tower Hill pronunciò queste parole: «Signore perdona coloro che hanno giurato il falso contro di me». Poco tempo dopo, fu giustiziato anche S. Oliviero Plunkett, arcivescovo di Almagh e primate d'Irlanda (1 lug.), a Tyburn in base ad accuse simili.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, beato Guglielmo Howard, martire, che, visconte di Stafford, professò la fede cattolica e, falsamente accusato per questo di cospirazione contro il re Carlo II, morì per Cristo con un colpo di scure.
nome San Trofimo di Arles- titolo Vescovo- nascita III secolo- morte III secolo, Arles, Francia- ricorrenza 29 dicembre- Santuario principale Saint-Trophime, Arles- Quando nel 417 papa S. Zosimo (27 dic.) scrisse ai vescovi della Gallia, accennò a Trofimo dicendo che era stato mandato a compiere attività missionarie in Gallia e che la sua opera di predicazione ad Arles fu fonte di diffusione della fede nella provincia.<br /> Centocinquant'anni dopo, S. Gregorio di Tours (17 nov.) afferma che S. Trofimo di Arles, primo vescovo di quella città, era uno dei sei vescovi che nel III secolo giunsero da Roma insieme a S. Dionigi (9 ott.). Non ci sono altre notizie storiche certe su S. Trofimo di Arles, a parte questi riferimenti e la dedicazione della cattedrale di Arles in suo onore. È forse possibile identificarlo con Trofimo di Efeso, un gentile che accompagnò S. Paolo nel suo terzo viaggio missionario (2 Tm 4, 20); successivamente, quando i vescovi di Arles rivendicarono il diritto di supremazia sulla Gallia, si cercò di sostenere che erano la stessa persona, nel tentativo di dare maggior rilevanza alla loro rivendicazione, ma la richiesta dei vescovi non fu soddisfatta, e non si riuscì a identificare esattamente Trofimo. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Arles nella Provenza in Francia, san Trófimo, ritenuto primo vescovo di questa città.
nome Sant'Ebrolfo di Ouche- titolo Abate- nascita 517 circa, Normandia- morte 597 circa, Normandia- ricorrenza 29 dicembre- Sant'Ebrulfo (Evroul o Evroult) nacque in Normandia, probabilmente a Bayeux o a Beauvais, e fu educato alla corte di re Childeherto I. Diventò coppiere del re e ricevette anche l'incarico di amministrare il palazzo reale. Si sposò, ma dopo poco decise assieme alla moglie di separarsi per poter intraprendere la vita religiosa. La moglie diventò monaca ed Ebrulfo distribuì i suoi beni ai poveri. Impiegò molto tempo per ottenere il permesso di lasciare la corte, ma alla fine riuscì a entrare in un monastero nella diocesi di Bayeux. Era molto rispettato dagli altri monaci, ma questo rispetto costituiva per lui una tentazione, perciò lasciò il convento insieme ad altri tre confratelli, per evitarlo. Inizialmente si sistemarono in un luogo tranquillo vicino a Exmes, ma le folle di visitatori disturbavano la loro solitudine, quindi si spostarono in una parte remota della foresta di Ouche in Normandia. Si fermarono vicino a una sorgente d'acqua e costruirono una recinzione e delle capanne con cannicci. Un giorno ricevettero la visita di un ladro il quale avvertì Ebrulfo che la foresta era piena di briganti e bestie feroci. Gli disse: «Povere creature solitarie, quale terribile destino vi ha costretto a vivere in questo luogo isolato? Non sapete che questo è un rifugio per i briganti e non per gli eremiti?». Ebrulfo rispose: «Siamo venuti qui per espiare i nostri peccati. Confidiamo nella misericordia di Dio, che provvede al cibo per gli uccelli che volano in cielo. Non abbiamo nessun timore». Il ladro se ne andò colpito dalla fede dei monaci e cosciente del peso dei propri peccati; il giorno seguente ritornò con tre pani cotti nella cenere e un favo pieno di miele e offrendo i suoi piccoli doni chiese di poter essere ammesso nella congregazione. Ebrulfo desiderava vivere da eremita per non dover avere la responsabilità di badare agli altri, ma non poteva rimanere indifferente alla salvezza di coloro che lo circondavano. Quindi accettò di ricevere quelli che volevano vivere sotto la sua guida e infine fu obbligato a costruire un monastero per poterli accogliere tutti. La sua congregazione aumentò: alcuni membri della nobiltà gli offrirono le loro ricchezze, le terre e le case, cd Ebrulfo chiese loro di costruire altri monasteri, maschili e femminili. In tutto furono costruiti quindici monasteri ed Ebrulfo nominò i superiori auspicando che seguissero la sua regola. Era sua abitudine esortare i monaci al lavoro manuale, dicendo loro che si sarebbero guadagnati il pane con il lavoro e il paradiso servendo Dio con il lavoro. Ebrulfo continuò a dirigere le sue congregazioni per molti anni; quando scoppiò un'epidemia di peste che causò la morte di molti monaci, li confortò e pregò per le loro anime in punto di morte. Finalmente i giorni di terrore e dolore ebbero fine e le congregazioni tornarono alla tranquillità. La fama della sua attività si diffuse e re Childeberto III e la regina gli fecero una visita di stato, accompagnati dalla nobiltà e dai membri della Chiesa. Papa Giovanni VII mandò da Roma alcune reliquie, inclusa una di S. Pietro. Ebrulfo morì in pace e umiltà all'età di ottant'anni. La foresta è ora conosciuta come la foresta di S. Ebrulfo e il villaggio come Notre-Dame-de-Saint-Evroulf. L'abbazia di Ouche fu infine abbandonata, ma rifondata nell'xi secolo. Il cronista storico Oderico Vitale (1075-1142) era uno dei monaci dell'abbazia, quando si trovava al culmine della sua influenza intellettuale e spirituale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Exmes in Neustria, ora in Francia, sant’Ebrolfo, abate del monastero di Ouche al tempo del re Childeberto.