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I santi di oggi 23 aprile:
nome San Giorgio- titolo Martire di Lydda- nascita 275 circa, Cappadocia- morte 23 aprile 303, Lydda (Palestina)- ricorrenza 23 aprile, 14 agosto, 23 novembre in Georgia- Attributi Drago, Armatura, palma, stendardo costituito da una croce rossa in campo bianco- Patrono di Arcieri, cavalieri, soldati, combattenti, Guardia particolare giurata, movimento scout, Esploratori/Guide; Canada, Catalogna, Etiopia, Georgia, Inghilterra, Lituania, Malta, Portogallo, Repubblica di Genova e altre numerose località; invocato contro malattie della pelle, peste e malattie veneree- Paese servito Impero romano- Forza armata Esercito romano- Corpo Comitatensi- Specialità Palatini- Unità Legio palatina- Grado Centurione- S. Giorgio visse nel III secolo, sotto l'impero di Diocleziano. Di questo Santo, tanto venerato ovunque, e specialmente in Inghilterra, si hanno poche notizie, tuttavia sappiamo che egli fu onorato in tutta l'antichità quale soldato valoroso e martire illustre, e invocato patrono della milizia cristiana. Nacque in Cappadocia da genitori cristiani e come il Maestro Divino, crebbe in sapienza, in età ed in grazia presso Dio e gli uomini. Arruolato nella milizia imperiale, grazie alla sua perizia nelle armi e al suo valore salì al grado di capitano. Però servì assai più generosamente a Dio; e combattè sotto una ben più nobile bandiera, quella divina. Fu il campione intrepido di Gesù Cristo, il nemico giurato di Satana: non per nulla è rappresentato in atto di sconfiggere colla lancia il dragone, mentre legata ad un palo sta in atto supplichevole una fanciulla. La Leggenda Aurea narra che a Silena (città della Libia) vi era un drago (raffigurazione del male) che veniva soddisfatto quotidianamente tramite il sacrificio di due pecore ma, quando queste cominciarono a scarseggiare, furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte. Il giorno in cui il caso scelse Silene la figlia del re, Giorgio la salvò dal drago e ordinò al popolo di convertirsi per rendere docile il mostruoso animale. Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago e lo fece portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi. Onde osserva il cardinale Baronio, che quest'antica usanza di rappresentare S. Giorgio non è che un simbolo della sua potente protezione contro le tentazioni del demonio. Nella terribile persecuzione di Diocleziano, il nostro santo guerriero animava i Cristiani perseguitati a ricevere con fortezza il martirio, a non cedere alle lusinghe dei tiranni, a professare sinceramente Gesù Cristo. L'imperatore gli impose di cessare questo suo ministero e di piegarsi davanti agli dèi di Roma imperiale; ma S. Giorgio francamente gli rispose: « Rispetto le tue leggi, ma non piego le ginocchia a terrene e false divinità ». Infuriato a tale risposta, il tiranno lo degradò, lo condannò a molti terribili supplizi, ma Giorgio miracolosamente rimase illeso, finché gli fu troncato il capo e cadde martire di Cristo il 23 aprile del 303. Nella notte precedente al martirio, gli era apparso in sogno Gesù, il quale, ponendogli sul capo una corona, gli aveva detto: «Ah! Giorgio, tu sei degno di regnare meco in eterno». PRATICA. S. Giorgio ci è esempio di perfetta carità; egli ci insegna le opere di misericordia: consigliare i dubbiosi, confortare gli afflitti e i travagliati, fortificare i deboli nella fede e aiutare il prossimo in tutte le sue necessità, ricordandoci che in Cristo siamo tutti fratelli. PREGHIERA. Dio, che ci aiuti con i meriti e l'intercessione del tuo beato martire Giorgio, concedici propizio, che mentre domandiamo per suo mezzo i tuoi bene fizi, li conseguiamo abbondantemente. MARTIROLOGIO ROMANO. Natale di san Giorgio Martire, il cui illustre martirio si venera dalla Chiesa di Dio tra le corone dei Martiri.
nome Beata Maria Gabriella Sagheddu- titolo Vergine- nome di battesimo Maria Gabriella Sagheddu- nascita 17 marzo 1914, Dorgali, Sardegna- morte 23 aprile 1939, Grottaferrata- ricorrenza 23 aprile- Beatificazione 25 gennaio 1983 da papa Giovanni Paolo II- Maria Gabriella nacque a Dorgali in Sardegna il 17 marzo 1914. Secondo tutti i resoconti era una giovane forte, indipendente, ostinata, e univa queste caratteristiche ad altre tipiche della sua gente, come il senso del dovere, l'intensa lealtà e la fiera purezza delle donne. Sua sorella morì quando lei aveva diciott'anni e questo «incontro con la croce di Cristo» cambiò la sua vita: si pose sotto la guida di un direttore spirituale ed entrò nel settore giovani dell'Azione cattolica, cominciando a insegnare catechismo ai bambini piccoli e dedicando quanto più tempo possibile alla preghiera e alle opere di carità. A ventun'anni decise di consacrare la vita interamente a Dio e divenne suora trappista nell'abbazia di Grottaferrata, vicino a Roma. Si sentiva dominata da due valori principali: la gratitudine per la grazia ricevuta da Dio con la vocazione e la volontà di corrispondere con pienezza a ogni dono celeste. Si spese totalmente per l'unità dei cristiani, nella preghiera e nell'offerta di ogni cosa, mossa da un'ispirazione tutta interiore, come ella stessa disse: «Sento che il Signore me lo chiede». Ignorava ogni elemento della storia delle divisioni all'interno della Chiesa e probabilmente non aveva mai sentito parlare di ecumenismo. Questa causa non era comune e, va sottolineato, neppure molto popolare tra i cattolici dell'epoca, ma per Maria Gabriella significava semplicemente volere con tutte le forze «che ogni uomo si rivolgesse a Dio e che il suo regno si stabilisse in ciascun cuore». Il testo su cui preferiva meditare era il Vangelo di S. Giovanni, in special modo i capitoli dal 17 al 20, in cui Gesti pregava per i suoi discepoli, chiedendo che fossero tutti una cosa sola. La sua vita spirituale si fondò sull'applicazione fedele della dura regola trappista, basata sul silenzio e la negazione quotidiana di sé. Si ammalò, era la prima volta della sua vita, a ventitré anni e mori dopo quindici mesi di sofferenza il 23 aprile 1939, domenica del Buon Pastore e giorno in cui la liturgia fa risuonare l'annuncio di un solo gregge e un solo pastore. È stata beatificata nel 1983. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero cistercense di Grottaferrata nel territorio di Frascati vicino a Roma, beata Maria Gabriella Sagheddu, vergine, che in tutta semplicità offrì la sua vita, terminata all’età di venticinque anni, per l’unità dei cristiani.
nome Sant'Adalberto di Praga- titolo Vescovo e martire- nascita 956 circa, Libice, attuale Repubblica Ceca- morte 23 aprile 997, Tenkitten, Prussia- ricorrenza 23 aprile- Canonizzazione 999 da papa Silvestro II- Santuario principale Cattedrale di Gniezno- Attributi bastone pastorale, mitra, libro, aquila, lance, remo- Patrono di Boemia, Lituania, Polonia, Prussia e Ungheria- Wojtiech era il figlio minore del duca Slavnik di Libice (Boemia), ove nacque nel 956. Per es,,ere istruito fu mandato presso S. Adalberlo (20 giu.) arcivescovo di Magdeburgo in Germania, che cresimandolo gli diede il nome di Adalberto. Quando l'arcivescovo morì, nove anni più tardi, il giovane tornò in Boemia e qui fu ordinato dal vescovo Dithmaro di Praga. Quest'ultimo morì nel 982 e Adalberto, sebbene ancora sotto l'età canonica, ne fu eletto successore. Nel periodo precedente all'elezione i suoi biografi lo descrivono come cortese e piuttosto mondano; si poteva supporre che non avrebbe causato problemi da vescovo e l'educazione ricevuta a Magdeburgo lo rendeva accetto all'imperatore tedesco, di cui il duca di Boemia doveva coltivare il favore. Una volta divenuto vescovo, però, mutò costumi e divenne molto più serio e religioso. Era rimasto molto toccato dal sentire il vescovo Dithmaro rimproverare se stesso sul letto di morte per non avere condotto una vita sufficientemente santa e si narra che in tale occasione abbia detto: «È facile indossare la mitria e portare il pastorale, ma è cosa terribile dovere rendere conto di un vescovado al Giudice dei vivi e dei morti». È possibile anche che sia stato influenzato dai monaci cluniacensi che aveva incontrato a Magdeburgo, da S. Maiolo (11 mag.), il santo abate di Cluny, e dal venerabile vescovo S. Gerardo di Toul (23 apr.), incontrati entrambi al momento della consacrazione. È qui necessaria cautela: entrambi i suoi principali biografi erano benedettini, avevano una predilezione per il monachesimo e potrebbero averne esagerato l'influenza su Adalberto. È infatti interessante notare come essi a malapena citino la sua opera pastorale di vescovo e lo facciano molto presto uscire da Praga ed entrare in monastero. Qualunque fosse la ragione che lo portò a cambiare inclinazione, e per quanto marcato fosse tale mutamento, egli entrò a Praga scalzo e fu ricevuto con entusiasmo da Boleslao II di Boemia, dal clero e dalla popolazione della città. Nonostante la predicazione e le visite assidue, Adalberto non riuscì a incidere profondamente sul suo popolo: il clero regolare si oppose alle sue riforme e, alla fine, nel 990, abbandonò Praga alla volta di Roma, dove divenne monaco nel monastero benedettino dei SS. Bonifacio e Alessio sull'Aventino. Considerate le notizie che si hanno sul suo carattere e sulla più tarda determinazione missionaria, non sembra credibile che abbandonò la sua diocesi a causa della mancanza di successo immediato. Sembra che le condizioni in Boemia non fossero così cattive come poi riportato dai suoi biografi e la ragione principale del suo abbandono fu politica. Nel periodo tra il 987 e il 990 era scoppiata una guerra con la Polonia, vinta dal duca polacco, e la famiglia Slavnik si era rifiutata di appoggiare Boleslao. Inoltre, sembra che Adalberto non lasciò Praga con l'idea di divenire monaco, ma che la decisione sia maturata solo per l'influenza di un abate greco, S. Nilo (26 set.), incontrato a Roma. Non rimase comunque in monastero a lungo poiché nel 992 Boleslao, per riguadagnare il sostegno dei potenti Slavnik, richiese al papa di ordinargli il ritorno a Praga. Adalberto acconsentì a patto di ricevere appoggio incondizionato alla sua opera da parte delle autorità civili. È interessante notare come il suo primo atto al ritorno fu la fondazione di un'abbazia benedettina a Breznov, la cui chiesa fu consacrata nel 993. A ogni modo fu presto nuovamente a Roma, questa volta per avere scomunicato gli assassini di una nobildonna adultera che, su suo consiglio, si era rifugiata in un convento. È possibile che l'intera faccenda fosse stata manovrata da oppositori degli Slavnik, che infatti, in seguito a ciò, furono quasi tutti sterminati, e che Adalberto stesso abbia abbandonato Praga per salvarsi. A Roma fu eletto priore dell'abbazia dei SS. Bonifacio e Alessio. Il papa tuttavia gli ordinò nuovamente di tornare a Praga, questa volta su richiesta di S. Villigiso (23 feb.) di Magonza, suo metropolita, che si trovava là con l'imperatore Ottone III. Adalberto, a buona ragione, suppose che non gli sarebbe stato permesso di ritornare poiché era uno Slavnik, per cui, con gesto prudente, ottenne dal papa un incarico itinerante. Viaggiò verso Magonza, dove incontrò nuovamente l'imperatore con cui sostenne lunghe discussioni. Si fermò poi in Polonia (ora governata dal duca Boleslao il Grande) e verso la fine del 996 programmò una missione evangelizzatrice rivolta alle popolazioni prussiane non cristiane del nord. Fondò un'altra abbazia benedettina, a Miezdrzyrzecze in Posnania, considerando la presenza di monaci un mezzo essenziale per il consolidamento e lo sviluppo di qualunque successo missionario. All'inizio della primavera del 997 partì con due compagni per predicare in Prussia, accompagnato fino a Gdansk dai soldati del duca Bolcslao, interessato alla conversione dei prussiani. Incontrarono un'opposizione immediata poiché considerati spie polacche e, essendosi rifiutati di abbandonare la missione, furono uccisi il giorno 23 aprile. Tradizionalmente si indica il luogo della morte non lontano da Kònigsberg (l'attuale Kaliningrad), sebbene sia più verosimile che si trovi tra il fiume Nogat e l'estuario della Vistola, a est di Gdansk. Il corpo di Adalberto fu ritrovato e sepolto a Gniezno, a oriente di Poznan; nel 1039 fu condotto forzatamente a Praga. In Europa occidentale íl suo culto si diffuse molto velocemente, stimolato dalla convergenza, come detto dal Dvornik, dei due grandi ideali dell'Europa medievale, martirio e monachesimo. Parte attiva nella diffusione della fama fu svolta da Ottone III e da Boleslao il Grande nell'interesse dell'unità polacca, come anche dall'abbazia dei SS. Bonifacio e Alessio a Roma. Se ne possono trovare tracce a Kiev, in Ucraina, in Germania e Ungheria, mentre Gniezno fu innalzata a prima sede episcopale permanente di Polonia nell'anno 1000, in occasione della visita di Ottone III alla tomba di Adalberto. Al tempo di Boleslao furono redatte quattro differenti Vitae del santo e questa letteratura ispirò í successivi tentativi di evangelizzazione delle popolazioni orientali (ad esempio, S. Bonifacio di Querfurt, 19 giu., che pure si guadagnò la corona di martire in Prussia nel 1009). Si attribuisce ad Adalberto la composizione di inni in ceco e polacco, sembra inoltre che favorì l'impiego di una liturgia slava, simile a quella dei SS. Cirillo e Metodio (14 feb.), nelle zone che evangelizzò. Adalberto fu una figura di spicco per la storia dell'Europa centrale: legato all'imperatore Ottone III, sembra avere condiviso con lui l'idea di rinnovare l'impero romano e unificare le parti più lontane dell'Europa orientale. Inviò missionari presso i magiari, che visitò anche personalmente, mentre S. Astrik (12 nov.), primo arcivescovo di Ungheria, fu suo amico e discepolo nonché, probabilmente, monaco a Brevnov. È difficile distinguere nella vita di Adalberto gli aspetti politici dai religiosi, ma questo è inevitabile per una figura vissuta quando tale distinzione non era compresa. MARTIROLOGIO ROMANO. Sant’Adalberto (Vojtech), vescovo di Praga e martire, che affrontò molte difficoltà nella sua Chiesa e intraprese numerosi viaggi in nome di Cristo, adoperandosi con tutte le forze per estirpare i costumi pagani; accortosi però di trarre poco profitto, recatosi a Roma si fece monaco; giunto da ultimo in Polonia per portare alla fede i vicini Prussiani, nel villaggio di Tenkitten alle foci della Vistola fu trafitto con le lance da alcuni pagani.
nome Beata Teresa Maria della Croce- titolo Vergine- nome di battesimo Teresa Manetti- nascita 2 marzo 1846 Campo Bisenzio, Firenze- morte 23 aprile 1910, Campo Bisenzio, Firenze- ricorrenza 23 aprile- Beatificazione 1986 da papa Giovanni Paolo II- Patrona di Campi Bisenzio- Teresa Adelaide Manetti nacque il 2 marzo 1846 a Campo Bisenzio vicino a Firenze. All'età di diciott'anni riunì un gruppo di donne per vivere in comunità e insegnare ai poveri. Dieci anni dopo, nel 1874, aprì una scuola gratuita e fondò un istituto di suore terziarie carmelitane. Successivamente aprì altre scuole e asili e il suo istituto fu approvato nel 1904 con il nome di Suore del Terz'Ordine di S. Teresa di Gesù. La loro vita si imperniava sull'adorazione eucaristica, la cura dei bambini, soprattutto degli orfani, e l'opera missionaria. Negli ultimi anni di vita di Teresa le sue suore cominciarono a lavorare all'estero, aprendo case in Libano e in Terra Santa. Aveva una spiritualità di ispirazione profondamente carmelitana, motivata da un amore assoluto per Cristo e dal desiderio di salvare le anime. Scrisse in una preghiera: «Sopportare, sopportare, sempre sopportare. Fammi ciò che ti piace, l'unico mio desiderio è di salvare delle anime per te». La sorgente quotidiana della sua energia spirituale era la devozione al SS. Sacramento e alla Vergine. Come la sua famosa protettrice, S. Teresa d'Avila (15 ott.), affrontò opposizione e calunnie prima che le sue idee fossero accettate, dovette altresì sopportare nella sua vita interiore tempi di aridità spirituale e la «notte oscura dell'anima». Soffrì anche fisicamente a causa di un male incurabile molto doloroso, tuttavia le persone che visitavano il convento richiedendo il suo aiuto notavano la gioia, la pace e l'approccio equilibrato che aveva verso i loro problemi, ed erano disposte ad aspettare ore per chiederle consiglio e conforto. Morì il 23 aprile 1910 e fu beatificata nel 1986. MARTIROLOGIO ROMANO. A Campi Bisenzio in Toscana, beata Teresa Maria della Croce Manetti, vergine, fondatrice della Congregazione delle Carmelitane di Santa Teresa.
nome Beata Elena Valentini da Udine- titolo Religiosa- nascita 1396 circa, Udine- morte 23 aprile 1458, Udine- ricorrenza 23 aprile- Elena apparteneva alla famiglia Valentini di Udine. A quindici anni sposò Antonio dei Cavalcanti e trascorse per i seguenti quindici anni una vita felice con la sua numerosa famiglia. Dopo la morte del marito, che ne sconvolse la vita, divenne terziaria degli agostiniani, dedicandosi alla preghiera, alle opere di carità e alla penitenza. Fece voto di silenzio perpetuo, infrangendolo solo a Natale, ma non è chiaro che cosa ciò comportasse poiché, secondo il resoconto scritto dalla sorella Perfetta, che viveva con lei, continuava a gestire la casa nella maniera consueta. Lo stesso resoconto riferisce anche che era disturbata da tentazioni di suicidio e da dolori fisici improvvisi apparentemente immotivati, ma anche che era consolata da visioni ed estasi e che possedeva il dono delle guarigioni. Fu costretta a letto negli ultimi tre anni della sua vita e morì il 23 aprile 1458. MARTIROLOGIO ROMANO. A Udine, beata Elena Valentini, vedova, che, per servire Dio solo, operò laboriosamente nell’Ordine secolare di Sant’Agostino, dedicandosi alla preghiera, alla lettura del Vangelo e alle opere di misericordia.
nome Beato Egidio d'Assisi- titolo Religioso- nascita 1190 circa, Assisi- morte 1262, Perugia- ricorrenza 23 aprile- Egidio nacque ad Assisi nello stesso periodo di S. Francesco (4 ott.), che ammirava ma che non voleva avvicinare per diffidenza. Quando venne a sapere che due suoi amici, Bernardo e Pietro, erano divenuti discepoli del santo, superò la propria esitazione e chiese di potersi unire a loro nella vita di povertà. Ricevette l'abito nel 1209. Accompagnò il santo nelle prime campagne di predicazione e andò poi in pellegrinaggio a Compostella, in Spagna. Si abituò a compiere sempre qualche lavoro in cambio della carità ricevuta e quando, al ritorno da Compostella, fu inviato a Roma, si guadagnò da vivere col lavoro manuale, tagliando legna e attingendo acqua. Si tramanda che quando era invitato a cena dal cardinale vescovo di Tuscolo, accettava solo a condizione di potere lavorare nei campi, o nella cucina del cardinale se il terreno era troppo bagnato, per ripagare l'ospitalità. Trascorse gli anni 1215-1219 come eremita a Favarone vicino ad Assisi. Dopo una visita in Terra Santa andò a Tunisi per predicare ai saraceni, ma la missione si rivelò un fallimento ed egli non ricevette alcun incoraggiamento dai cristiani locali che temevano rappresaglie dei musulmani per l'opera di proselitismo. Passò il resto della sua vita in Italia, a Fabriano, Rieti e Perugia. Non era molto istruito ma era consultato da molte persone e i brevi detti che gli sono attribuiti mostrano una profonda spiritualità unita a un'acuta capacità di analisi. Ebbe frequenti esperienze di estasi e nel 1226 una visione del Signore, che descrisse come la sua "quarta" nascita dopo il parto, il battesimo e la vestizione. Morì a Perugia nel 1262. Era particolarmente caro a S. Francesco che lo chiamava un vero "cavaliere della Tavola Rotonda". Il suo culto fu approvato nel 1777. MARTIROLOGIO ROMANO. A Perugia, beato Egidio da Assisi, religioso dell’Ordine dei Minori, che fu compagno di san Francesco e rifulse nelle sue peregrinazioni per la fede intrepida e la mirabile semplicità.
nome San Gerardo di Toul- titolo Vescovo- nascita 935, Colonia- morte 23 aprile 994, Toul, Francia- ricorrenza 23 aprile- Canonizzazione 1050 da papa Leone IX- Santuario principale Cattedrale di Toul- Patrono di Gérardmer- Gerardo nacque a Colonia nel 935 e fu istruito nella locale scuola della cattedrale. Aveva in proposito di continuare sulla via del sacerdozio e quando sua madre morì improvvisamente, colpita da un fulmine, decise di dedicarsi a una vita di preghiera e penitenza poiché era sicuro (piuttosto curiosamente) che la morte di lei fosse dovuta ai suoi peccati. Divenne canonico della cattedrale e nel 963 fu scelto come vescovo di Toul in Lorena. Ciò fece sì che fosse impegnato notevolmente nell'amministrazione civile oltre che nei suoi doveri pastorali, ma riuscì ugualmente a mantenere la propria vita di preghiera e penitenza e a dedicare del tempo allo studio della Scrittura e delle vite dei santi. Uno dei suoi obiettivi era rendere Toul un centro di studio, per questo convinse alcuni monaci irlandesi e greci a stabilirsi là, facendo sì che il luogo divenne famoso per le sue scuole. Ricostruì la cattedrale di Toul, allargò l'antico monastero a Saint-Evre e completò la fondazione del suo predecessore a Saint-Man-suy. Fu un predicatore di successo, si distinse per le opere di carità verso i poveri, specialmente dopo il lavoro fatto durante una carestia nel 982 e l'epidemia che ne seguì. Fu responsabile della fondazione dell'Hkel-Dieu, il LA antico ospedale della città. Andò in pellegrinaggio a Roma nel 984 e morì nel 994. Senza dubbio Gerardo fu il vescovo più famoso e venerato di Toul. La sua canonizzazione è interessante perché una delle prime a essere dichiarata da un papa. Un monaco di Saint-Evre, Widric, scrisse una Vita di Gerardo tra il 1027 e il 1049 su richiesta del vescovo di Toul, Bruno. Nel 1050 Bruno divenne papa S. Leone IX (19 apr.) e convocò un sinodo di vescovi a Roma per lo stesso anno. La Vita di Widric fu utilizzata per sostenere una richiesta di canonizzazione di Gerardo, ma il papa, forse per non apparire troppo volenteroso di canonizzare un suo predecessore, esitò. Ai vescovi riuniti fu allora narrata la visione avuta da un monaco, nella quale Gerardo era apparso nella gloria, ed essi dichiararono: «Gerardo è iscritto da Dio tra i santi, e deve essere annoverato e venerato tra i santi anche dagli uomini». Ciò fu sufficiente per Leone che emise una bolla di canonizzazione ed essa ricorda che Gerardo era stato oggetto di grande devozione popolare a Toul; Widric aveva sostenuto la stessa cosa ma aveva aggiunto che Gerardo non era stato ricordato come santo nelle celebrazioni liturgiche. Leone tornò a Toul per traslare il corpo di Gerardo in un nuovo altare appositamente consacrato. Risulta un po' strano che Leone non avesse preso alcuna iniziativa a sostegno del culto di Gerardo durante il suo episcopato a Toul; la traslazione va forse inquadrata nel suo programma di papa riformatore e centralizzatore e interpretata come tentativo di arrogare a Roma i processi di canonizzazione: Gerardo, infatti, era già stato oggetto di devozione popolare, ma non fu considerato santo fino a quando Leone non lo riconobbe tale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Toul in Lotaringia, nell’odierna Francia, san Gerardo, vescovo, che per trentuno anni dotò la città di ottime leggi, nutrì i poveri, venne in soccorso del popolo in tempo di peste con preghiere e digiuni, dedicò la cattedrale e aiutò i monasteri non solo materialmente, ma popolandoli anche di santi discepoli.