@Vitupero

23/10/2024 alle 15:06

I santi di oggi 23 ottobre:

I santi di oggi 23 ottobre:

nome San Giovanni da Capestrano- titolo Sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti- nascita 24 giugno 1386, Capestrano, Aquila- morte 23 ottobre 1456, Ilok, Croazia- ricorrenza 23 ottobre, 28 marzo messa tridentina-

Beatificazione Roma, 19 dicembre 1650 da papa Innocenzo X- Canonizzazione Roma, 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII- Patrono di Capestrano, cappellani militari, giuristi- Coloro i quali dicono che i sacerdoti, i religiosi e le suore sono gente inutile, hanno in questo Santo una solenne smentita. Giovanni da Capestrano fu prete, religioso, apostolo, guerriero e accorto diplomatico: suo nome merita di stare accanto a quello dei più gran di uomini della storia. Nacque a Capestrano in Abruzzo. Fece suoi studi a Perugia, ove fece tali progressi specialmente nel diritto, che Ladislao, re di Napoli, gli affidò il governo di parecchie città del suo regno. Mentre il Santo si sforzava di apportare la pace tra le fazioni, fu preso egli stesso e legato. Liberato insperatamente, entrò nei Minori Francescani, ove fu discepolo di san Bernardino da Siena, dal quale apprese specialmente l'amore al nome di Gesù e alla Vergine SS., amore e culto che poi propagò grandemente. Ricusato per umiltà il vescovado di Aquila, si diede alla riforma dei costumi, coll'esempio e cogli scritti. Percorse quasi tutta l'Italia, predicando e conducendo innumerevoli anime a Dio. Da Papa Martino V fu creato inquisitore per l'estinzione della setta dei Fraticelli. Nicolò V lo creò inquisitore generale d'Italia contro gli Ebrei e i Saraceni. Nel Concilio Fiorentino ricondusse alla Chiesa Romana gli Armeni. Ad istanza dell'imperatore Federico III, fu mandato come nunzio in Germania, per convertire gli eretici e pacificare i principi. In sei anni di ministero in quelle regioni, coll'esempio e colla parola confermata da Dio anche per mezzo dei miracoli, condusse a Dio innumerevoli Ussiti, Adamiti, Taboriti ed Ebrei. Ricevuta da Papa Callisto III la missione di predicare una crociata contro i Turchi, in breve tempo radunò 70 mila guerrieri cristiani, che spinti dalla sua infuocata parola e guidati dal prode Uniade, riportarono la strepitosa vittoria di Belgrado, in cui dei 150 mila Turchi, gran parte rimase uccisa e parte si salvò con la fuga. L'annunzio di questa vittoria giunse a Roma il 6 agosto, e papa Callisto III, a perpetuare la memoria di questo giorno, istituì la festa della Trasfigurazione di nostro Signor Gesù Cristo. Il nostro Santo ormai aveva compiuta la sua giornata: colto da grave malattia, e trasportato a Willech fu visitato da molti prìncipi: tutti furono esortati a conservare la giustizia e a difendere la religione. Rese la sua bell'anima a Dio nel 1456. Nel 1690 Alessandro VIII lo annoverò tra i Santi e Leone XIII ne estese la festa a tutto l'orbe cattolico. PRATICA. Saremo utili alla Chiesa e alla società, se adempiremo bene i doveri del nostro stato. PREGHIERA. Dio, che per il beato Giovanni hai fatto trionfare, in virtù del santissimo nome di Gesù, i tuoi fedeli sui nemici della croce, deh! fa' che, superate, per sua intercessione, le insidie degli spirituali nemici, meritiamo di ricevere da te la corona di giustizia.

MARTIROLOGIO ROMANO. San Giovanni da Capestrano, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che difese l’osservanza della regola e svolse il suo ministero per quasi tutta l’Europa a sostegno della fede e della morale cattolica. Con il fervore delle sue esortazioni e delle sue preghiere incoraggiò il popolo dei fedeli e si impegnò nella difesa della libertà dei cristiani. Morì presso Ujlak sulla riva del Danubio nel regno di Ungheria.

nome San Severino Boezio- titolo Filosofo e martire- nome di battesimo Anicio Manlio Torquato Severino Boezio- nascita 480 circa, Roma- morte VI secolo, Pavia- ricorrenza 23 ottobre- <br /> Attributi palma del martirio- Nato nel 480 circa, Anicio Manlio Torquato Severino 13oezio fu membro di una delle più illustri famiglie romane: suo padre fu infatti console nel 487 e Boezio stesso occupò tale carica nel 510. All'età di trent'anni si era già distinto per la sua cultura, specialmente in campo filosofico. Sposò ancora giovane Rusticiana, ottima figlia di Quinto Aurelio Simmaco, suo tutore legale e amico, che si era preso cura di lui nel momento in cui era rimasto orfano. Entrò nella vita pubblica, stando al suo stesso racconto, spinto dalla dottrina di Platone («Gli stati sarebbero contenti se fossero governati da filosofi o se per caso i loro governanti si trasformassero in filosofi»), ma pare che di per sé avrebbe preferito la vita molto più tranquilla dello studioso. Dopo aver ricoperto per dodici anni la carica di console raggiunse quello che lui definiva «il punto più alto della sua buona fortuna» quando entrambi i suoi figli furono investiti di tale dignità (522). In quello stesso anno il re Teodorico, ostrogoto, lo nominò magister ufficiurum, incarico di altissima responsabilità che svolse con grande diligenza e umanità: intercedette per esempio presso il re per evitare una requisizione forzata di grano nell'Italia del sud. Il successo fu brevissimo: le ragioni che gli fecero perdere il favore del re non sono del tutto chiare, ma la causa sembra collegata alle divisioni tra impero romano d'Occidente e d'Oriente e all'aspirazione di Teodorico a rendersi realmente indipendente dall'imperatore, contesto sfavorevole a Boezio e al suo circolo, grandi sostenitori dell'unità dell'impero e della vecchia cultura. Quando poi prese le difese dell'ex console Albino accusato di tradimento contro il re, fu egli stesso arrestato e imprigionato a Ticinum, l'odierna Pavia, e fatto uccidere dal re dopo vari mesi. Sebbene in epoca medioevale sia stato considerato un martire, la sua esecuzione sembra sia stata un atto puramente politico; il re era infatti ariano e Boezio fu condannato ingiustamente, ma nessuno di questi due dati è sufficiente a sostenere la tesi del martirio per la fede cattolica. Morì attorno al 524; la sua tomba è venerata nella chiesa di S. Pietro in ciel d'oro a Pavia. Il culto a S. Severino Boezio, risalente almeno al ix secolo ma divenuto popolare soltanto nel XIII, fu confermato da papa Leone XIII nel 1883. Boezio deve la sua notorietà soprattutto ai propri scritti; tradusse infatti in latino diversi autori classici greci (opere di Platone, Aristotele, Pitagora, Tolomeo, Euclide e Archimede) e fu proprio grazie alle sue traduzioni e commentari che questi autori vennero conosciuti nell'Europa occidentale in epoca medievale. Scrisse inoltre trattati di logica, matematica e musica, senza trascurare il campo religioso: si cimentò infatti nella trattazione di diversi argomenti teologici, compreso quello trinitario. Definito come «l'ultimo dei filosofi romani e il primo dei teologi scolastici», la sua opera più conosciuta è il De Consolatione Philosophiae (La consolazione della filosofia), elaborata durante il periodo di prigionia e nell'ormai certa prospettiva della morte imminente; scritta sotto forma di dialogo tra l'autore e la Filosofia con intervalli metrici, contiene l'autodifesa di Boezio e delle proprie azioni contro le ingiuste accuse che gli erano state rivolte, esaminando successivamente i molteplici aspetti della vita umana e della felicità. La Filosofia cerca di confortarlo della cattiva sorte che gli è stata destinata ricordandoli la natura transitoria e la vanità del successo mondano; solo le cose spirituali, proprie dell'intelletto, possiedono valore eterno ed è attraverso la conoscenza che l'anima raggiunge Dio; il modo, poi, in cui il mondo è governato è in definitiva corretto, malgrado le apparenze e gli eventi possano far credere il contrario.<br /> Esso divenne uno dei libri più popolari del Medio Evo e fu tradotto in moltissime lingue; non contenendo niente che possa essere attribuito a uno specifico spirito cristiano, l'opera è stata considerata come la prova che Boezio, al momento della morte, non era più religioso. La precedente edizione di quest'opera ricordava il pensiero di Johnson a fine Settecento, secondo il quale era davvero sorprendente che su un tale argomento e in una situazione in cui stava per affrontare la morte, Boezio potesse essersi espresso più da filosofo che da cristiano. Attualmente, però, gli studiosi rifiutano una tesi del genere, sostenendo l'indubbia ortodossia degli scritti teologici di Boezio e ponendo l'accento sul fatto che il De Consolatione è stato volutamente scritto come dialogo filosofico (secondo l'antica tradizione greca) e non come esercitazione teologica: non per scelta agnostica, ma perché nel pensiero di Boezio non poteva sussistere alcuna contraddizione tra verità scoperta dalla ragione e verità rivelata nel cristianesimo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Pavia, commemorazione di san Severino Boezio, martire, che, illustre per la sua cultura e i suoi scritti, mentre era rinchiuso in carcere scrisse un trattato sulla consolazione della filosofia e servì con integrità Dio fino alla morte inflittagli dal re Teodorico.

nome Sant'Ignazio- titolo Patriarca di Costantinopoli- nome di battesimo Niceta Rangabe- nascita 797 circa, Costantinopoli, Turchia- morte 877, Costantinopoli, Turchia- ricorrenza 23 ottobre- Ignazio, il cui nome di battesimo era Niceta, discendeva da famiglia nobile: figlio minore dell'imperatore d'Oriente Michele I, era anche, da parte di madre, nipote di un altro imperatore, Niceforo I. Quando il padre fu deposto (813), egli e suo fratello vennero mutilati e rinchiusi in un convento: Niceta si fece monaco e prese il nome di Ignazio. Eletto poi abate del suo monastero, nell'846 divenne patriarca di Costantinopoli. Uomo pio ma di temperamento piuttosto tirannico, mise uno zelo nella riforma della Chiesa e nella disputa sul culto delle immagini che gli creò molti nemici e lo costrinse a una vita sempre piena di conflitti. Nell'848 egli depose un arcivescovo sgradito (Gregorio Asbestas di Siracusa), ma non riuscì a ottenere in questo il necessario appoggio di Roma e anzi scoprì anche che si stava formando a corte un partito antiignaziano. I rapporti con i vertici dello stato si rovinarono progressivamente finché, nell'857, Ignazio rifiutò pubblicamente la comunione al reggente Bardas, zio del sedicenne imperatore Michele III, colpevole di incesto. Bardas persuase l'imperatore a far allontanare Ignazio: furono inventate accuse contro il patriarca ed egli fu deposto ed esiliato. Forse fu il vescovo stesso a dimettersi e, sebbene i dettagli della vicenda non siano del tutto chiari, potrebbe anche essere stata nelle intenzioni una misura temporanea, ma in ogni caso ciò fu sufficiente a Bardas per sostituire Ignazio con il suo segretario Fozio. Il nuovo patriarca, facendosi consacrare da Gregorio di Siracusa, si mise subito in aperto contrasto con Ignazio e si aprì un'epoca di dure lotte. Fozio era per molti versi un candidato ideale, assai istruito, religioso e molto capace come amministratore, ma ebbe la colpa di lasciarsi manovrare dalla fazione di corte, desiderosa non solo di vendicarsi di Ignazio, ma ancor più di confermare la propria autorità sulla Chiesa, indebolendo, in particolare, la posizione dei rigoristi che volevano una Chiesa totalmente indipendente dallo Stato. Dal contrasto tra Fozio e Ignazio nacque il cosiddetto scisma foziano tra Costantinopoli e Roma (tradizionalmente considerato in Occidente come un tentativo del patriarca di ottenere l'indipendenza completa dal papa, è storicamente più spiegabile come una lotta di potere all'interno della Chiesa stessa d'Oriente). Entrambe le parti si appellarono a papa Niccolò I che incaricò alcuni suoi inviati di investigare sull'intera faccenda; essi tuttavia, oltrepassando i limiti del mandato, presero parte a un sinodo a Costantinopoli che condannò e depose Ignazio. Da Roma il papa dichiarò nulla la sentenza e, convocato un concilio romano nell'863, reintegrò nel patriarcato Ignazio e depose Fozio e tutti quelli nominati da lui. Un esito effettivo di tale decreto non si vide e anzi sorse un ulteriore motivo di contesa, quando dei predicatori latini furono mandati in Bulgaria: i nuovi battezzati sarebbero stati sotto l'obbedienza del papa, da cui dipendevano i missionari, o del patriarca, che storicamente aveva la responsabilità di quelle terre? L'atmosfera era incandescente e nell'867 un concilio a Costantinopoli depose e scomunicò il papa. Ma ecco nuovi repentini sconvolgimenti alle porte: Basilio il Macedone, dopo essere salito al trono assassinando Michele III, reintegrò Ignazio al posto di Fozio e infine, almeno per quanto ci riguarda, il IV concilio di Costantinopoli (869-870, ottavo concilio ecumenico della Chiesa) scomunicò Fozio, ripristinando ufficialmente Ignazio come patriarca. Ripresi i propri compiti con invariato zelo ed energia, anche se non sempre con prudenza, Ignazio incoraggiò il principe Boris di Bulgaria a espellere sacerdoti e vescovi latini dai propri territori e sostituirli con greci inviati da lui stesso; nell'870 consacrò un arcivescovo e dei vescovi per le sedi bulgare e papa Giovanni VIII lo minacciò di scomunica. Nell'877 giunsero nella città imperiale i delegati papali con un ultimatum, ma scoprirono che Ignazio era già morto, il 23 ottobre, nel monastero dei Santi Arcangeli costruito dal patriarca stesso. Gli succedette allora Fozio, e proprio lui, che ne era stato tanto nemico, lo canonizzò, mentre un altro concilio di Costantinopoli, tenutosi nell'879-880 e al quale parteciparono anche delegati papali, revocava, a quanto sembra, la sentenza del precedente. L'indubbia santità personale di Ignazio, il suo coraggio nel rimproverare l'immoralità nelle alte sfere e la sua pazienza durante la persecuzione sono le qualità che fanno di lui un santo. Nella Chiesa d'Oriente è venerato insieme a Fozio, sebbene i due uomini siano stati in vita grandi avversari su importanti questioni di principio. Resoconti precedenti che consideravano questa opposizione come una semplice risonanza di controversie tra Oriente e Occidente non sono a tutt'oggi da ritenersi più validi. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, sant’Ignazio, vescovo, che, reso oggetto di molti oltraggi da parte dell’imperatore Barda, al quale aveva rimproverato di aver ripudiato la moglie, fu mandato in esilio, ma, richiamato dal papa san Nicola I, riposò infine in pace.

nome Beato Giovanni Bono- titolo Religioso- nascita 1168, Mantova- morte 1249, Mantova- ricorrenza 16- 23 ottobre- Beatificazione 1483 da papa Sisto IV- Si hanno davvero poche notizie sui primi anni di vita di Giovanni; egli visse a Mantova e potrebbe aver appartenuto al nobile casato Bonomi, a cui forse si collega l'appellativo "bono" (anche se è ,più probabile che sia stato un epiteto dovuto alla successiva santità, a dire "Giovanni il Buono"). Rimasto orfano di padre all'età di quindici anni, se ne andò da casa girovagando per le corti principesche e le case di uomini benestanti come giullare o clown, e conducendo una vita licenziosa e depravata, «anche se sempre seguito dalle preghiere della devota madre» (B.T.A.). Nel 1208, all'età di circa quarant'anni si ammalò gravemente e, coerentemente a una decisione presa durante la malattia, quando guarì decise di cambiare condotta di vita. Dopo aver consultato il vescovo di Mantova, ottenne il permesso di diventare eremita e scelse come dimora un eremo nei pressi di Cesena, dove condusse una vita di preghiera, resistendo alle tentazioni di ritornare alla vita lussuriosa precedente con tale successo che la fama della sua santità indusse molte persone a unirsi a lui. Per un certo periodo essi vissero seguendo le direttive che Giovanni dava a seconda delle immediate necessità, ma, nel momento in cui fu costruita la chiesa e la loro comunità divenne più stabile, Giovanni fece richiesta di una regola definitiva a papa Innocenzo IV, che gli concesse di seguire quella di S. Agostino. Malgrado l'età oramai avanzata, Giovanni non diminuì le penitenze a cui si sottoponeva; si ritiene infatti che osservasse tre quaresime ogni anno e indossasse solamente un leggero indumento anche nei periodi più freddi. Numerosissimi miracoli gli sono stati attribuiti: era in grado, per esempio, di stare su carboni ardenti senza bruciarsi. Uno di questi casi è stato ben documentato negli atti del processo di canonizzazione avviato soltanto due anni dopo la sua morte: mentre stava ammaestrando i propri discepoli esortandoli a non temere nulla, né il freddo, né il caldo, né la fatica, né le tribolazioni, perché Dio sarebbe sempre intervenuto a loro favore, calpestò il fuoco e iniziò a spostare le braci con i piedi «per la durata di un mezzo Miserere». Testimoni indipendenti furono attentamente sottoposti a controinterrogatorio sull'episodio, ed essi fornirono sostanzialmente la stessa versione dei fatti. A quel tempo alcuni ex compagni lo accusarono con malizia di aver compiuto gravi trasgressioni ma egli non si difese mai da tali calunnie, se non con una semplice negazione. Erano tante le persone che si recavano da lui o per la curiosità che suscitava o per accostarsi al sacramento della confessione, che decise di andarsene in segreto per vivere il resto della vita nella solitudine che aveva sempre desiderato. Nonostante avesse camminato tutta la notte, il mattino seguente si ritrovò davanti alla sua cella, giungendo alla conclusione che la volontà di Dio era che vi rimanesse. Morto a Mantova nel 1249, la sua tomba ottenne presto una grande fama per i miracoli verificatisi su di essa. Il processo di canonizzazione iniziò già nel 1251, mentre nel 1672 il suo nome fu aggiunto nel Martirologio Romano anne beatus. La sua congregazione, chiamata dei boniti, non sopravvisse a lungo in maniera indipendente; subito dopo la morte di Giovanni essa disponeva infatti di undici case, che però nel 1256 papa Alessandro IV unì a diverse altre congregazioni, dando origine all'Ordine dei frati eremiti di S. Agostino. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mantova, beato Giovanni Bono, eremita, che, da giovane, lasciata la madre, errò per varie regioni d’Italia esercitando il mestiere di giocoliere e di attore comico, ma all’età di quarant’anni, dopo essersi gravemente ammalato, fece voto a Dio di abbandonare il mondo per donarsi interamente in penitenza e amore a Cristo e alla Chiesa e fondò una Congregazione sotto la regola di sant’Agostino.

nome Sant'Allucio di Campugliano in Valdinievole- titolo Confessore- nascita 1070, Campugliano- morte 1134, Campugliano- ricorrenza 23 ottobre- Canonizzazione Diocesi di Lucca, 23 ottobre 1182- Santuario principale Cattedrale di Pescia- Patrono di Diocesi di Pescia- Nacque a Campugliano in Valdinievole, in Toscana, da famiglia contadina. Da giovane gli venne affidata la cura degli attrezzi agricoli. Si accorsero della sua vocazione, attraverso strani episodi, che testimoniavano la singolarità della sua spiritualità. Cresciuto negli anni, gli venne affidata la cura dell'ospizio in rovina del suo paese. Lo gestiva molto bene, insieme a un gruppo di benestanti, che misero a sua disposizione i soldi e che oggi sono conosciuti come i Fratelli di Sant'Allucio.<br /> Per assistere meglio i poveri, fondò un altro ospizio sul Monte Alban. Un terzo lo fece costruire vicino alla riva del fiume Arno, sul quale fece edificare un ponte, per il conforto dei pellegrini, ma quest'ultima costruzione gli costò non pochi problemi. Non erano solo problemi tecnici ma dovette convincere e pacificare i muratori del luogo, che il ponte avrebbe portato grandi profitti facendo andare i viaggiatori da una sponda all'altra. La sua fama era così grande che fece da mediatore tra le città rivali di Ravenna e Faenza. Ebbe una reputazione come taumaturgo e un severo asceta con se stesso per i suoi digiuni e penitenze. Morì sereno e attivo fino al suo ultimo momento. Fu subito oggetto di un vivace culto popolare. Le sue reliquie si trovano nel Duomo di Pescia. MARTIROLOGIO ROMANO. A Campugliano in Valdinievole in Toscana, sant’Allucio, che, vero uomo di pace, protesse i poveri e i pellegrini e liberò i prigionieri.

nome Beato Giovanni Angelo Porro- titolo Servita- nome di battesimo Giovannangelo Porro- nascita 1468, Seveso, Milano- morte 1505, Milano- ricorrenza 23 ottobre- Beatificazione 15 luglio 1737 da papa Clemente XII- Santuario principale Basilica di San Carlo, Milano- Patrono di Bambini malati- Nacque nel Ducato di Milano. Nell'anno 1468, Giovanni Angelo indossava l'abito dei Servi di Maria e visse per circa cinque anni nel convento di Santa Maria, a Milano; in seguito si ritirò per un periodo in solitudine nella regione di Cavacurta, sulla riva destra del fiume Adda, per dedicarsi alla contemplazione e alla penitenza. Nell'anno 1474 fu mandato a Firenze, al convento dell'Annunciazione. Là si dedicò in modo speciale alla regolare osservanza, e lì probabilmente fece gli studi richiesti e per diventare sacerdote. Durante questo periodo, Giovanni Angelo concepì lo scopo di ritirarsi in solitudine per dedicarsi esclusivamente a Dio. Salì quindi all'eremo di Monte Senario, dove all'inizio del XV secolo alcuni frati con il loro lavoro e fervore avevano ripristinato la primitiva osservanza e condotto una vita solitaria. Questo tipo di soggiorno a Monte Senario fu di grande importanza per la vita e il progresso spirituale del Beato Giovanni Angelo tanto che a volte veniva chiamato "Giovanni del Monte" e quando, per malattia o obbedienza, doveva lasciare Monte Senario, vi tornava appena poteva. Nel 1484 fu convocato nel convento di Firenze da Antonio Alabanti, priore di quel luogo, per svolgere l'incarico di maestro dei novizi, per il quale aveva scritto "salutari consigli". Tre anni dopo Antonio Alabanti, eletto priore generale, lo nominò rettore dell'Eremo di Monte Senario, carica da lui saggiamente e santa. Il priore generale, che apprezzava molto la prudenza e la santità di Giovanni Angelo, gli si appellò più volte anche per la direzione dell'eremo del Chianti. Alla morte di Antonio Alabanti, Giovanni Angelo tornò Milano dove vi svolse indefesso apostolato. Fu il primo istitutore delle scuole della dottrina cristiana ai fanciulli, che andava reclutando per le vie al suono di un campanello. Fu questo il primo germe delle scuole catechistiche che vennero più tardi sviluppate da S. Carlo Borromeo, ardente devoto del nostro Beato, e poi prescritte dal Concilio di Trento. Morì santamente il 24 ottobre 1506. Fu beatificato nel 1737 da Clemente XII. MARTIROLOGIO ROMANO. A Milano, beato Giovanni Angelo Porro, sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, che, priore del convento, tutti i giorni di festa stava fermo sulla porta della chiesa o si aggirava tra i vicoli per radunare i fanciulli e insegnare loro la dottrina cristiana.

nome Santi Servando e Germano- titolo Martiri- ricorrenza 23 ottobre- Pur non esistendo notizie storicamente attendibili a loro riguardo, si può ritenere con sufficiente sicurezza il loro martirio stante l'antichità del loro culto in varie località della Spagna meridionale. Infatti avrebbero subìto il martirio a Cadice e le loro reliquie si conservano a Siviglia e a Mèrida. Si celebra la loro festa il 23 ottobre. MARTIROLOGIO ROMANO. Vicino a Cádice nell’Andalusia in Spagna, santi Servando e Germano, martiri durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.

nome San Severino di Colonia- titolo Vescovo- nascita 320 circa- morte 404, Bordeaux, Francia- ricorrenza 23 ottobre- Attributi Bastone pastorale- Patrono di Colonia- Vi sono notevoli difficoltà nell'identificare questo personaggio, a causa dell'esistenza di due santi omonimi entrambi venerati oggi. Il primo di cui si hanno notizie è Severino (in francese Seurin), vescovo di Colonia in Germania, che si distinse per lo zelo con cui difese il credo ortodosso dall'arianesimo, che negava la reale divinità di Cristo. 11 secondo è ricordato come Severino, vescovo di Bordeaux, in Francia, del quale si dice che fosse vescovo a Treviri o Colonia in Germania, quando fu spinto da una voce proveniente dal cielo a trasferirsi a Bordeaux; quando vi giunse, il vescovo in carica S. Amando (18 giu.), di fronte alle grandi virtù e alla venerabile età di S. Severino, si dimise. Non sorprende che alcune fonti abbiano confuso i due santi. S. Gregorio di Tours (17 nov.) ci informa che Severino di Bordeaux fu vescovo di Colonia e il Martirologio Romano lo segue nel fornire la stessa indicazione; tuttavia, una Vita a opera di Venanzio Fortunato scritta poco dopo il 587, che è la più affidabile tra le fonti antiche, afferma definitivamente che Severino fu vescovo di Treviri prima di spostarsi verso ovest. Non è comunque presente nelle fonti nessuna ragione plausibile che possa giustificare il passaggio di Severino dalla Germania a Bordeaux: potrebbe darsi che la popolazione di Bordeaux, che lo aveva assunto come uno dei propri patroni, abbia sentito la necessità di spiegare come mai uno "straiero" avesse potuto essere eletto vescovo e aver preso il posto di Amando; una voce dal ciclo e un vescovo proveniente da un'eminente sede germanica avrebbero reso la scelta più convincente. Potrebbe esserci anche una relazione con l'invasione di Treviri da parte dei Franchi nel 407, fatto che determinò in quella regione un serio declino della vita religiosa: forse Severino unì la propria sorte a quella degli invasori tornando con loro in Francia? Gregorio di Tours ricavò le proprie informazioni dai racconti dei pellegrini di Bordeaux e la distanza di un secolo e mezzo dalla morte di Severino potrebbe facilmente aver causato la confusione tra le due città tedesche. Severino morì a Bordeaux nel 404 circa; come detto, egli diventò uno dei patroni principali della città e un gran numero di miracoli in suo favore e difesa gli furono attribuiti. Fu sepolto nella cripta della cattedrale, anche se purtroppo le sue reliquie furono successivamente rubate.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Colonia in Germania, commemorazione di san Severo, vescovo, degno di lode in ogni virtù.

nome San Teodoreto di Antiochia- titolo Martire- nascita Antiochia, Siria- morte 362, Antiochia, Siria- ricorrenza 23 ottobre- Santuario principale Cattedrale di Uzès- San Teodoreto di Antiochia succhiò dal suo nascere l'ardore dei martiri, la magnanimità dei confessori e il candore dei vergini nella città già sede di Pietro. Era stato posto alla custodia dei tesori della chiesa e lo spedito da Giuliano apostata ne pretendeva la consegna. Rispose Teodoreto, che nulla aveva ricevuto da Cesare e che nulla gli doveva. Il tiranno comandò tosto che fosse battuto e scarnificato; ma a nulla giovò; il santo atleta vieppiù glorificava il suo Dio. Si ricorse a novelle torture, ad infernali congegni, e Teodoreto emulò la gloria di Stefano, di Lorenzo e di altri mille eroi, fino a che compiuto l'olocausto, lo spirito di lui si sciolse dal corpo, l'anno 362, per coronarsi di gloria in cielo. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Antiochia in Siria, san Teodoreto, sacerdote e martire, che, come si tramanda, fu arrestato dall’empio Giuliano, imperatore d’Oriente, per aver perseverato nel professare la propria fede in Cristo e condotto, infine, al martirio.

nome Beato Arnoldo Rèche- titolo Fratello delle Scuole Cristiane- nome di battesimo Julian-Nicolas Rèche- nascita 2 settembre 1838, Landroff, Metz, Francia- morte 23 ottobre 1890, Reims, Francia- ricorrenza 23 ottobre- Beatificazione 1º novembre 1987 da papa Giovanni Paolo II- Nato a Landroff, a circa quarantacinque chilometri a sud est di Metz in Lorena (Francia), il 2 settembre 1838, Nicola Giulio Rèche era il maggiore di otto fratelli. Il matrimonio dei suoi genitori, Claudio Rèche e Anna Clausset, non fu tra i più felici: Anna infatti soffriva di crisi depressive, reagendo in modo sempre più negativo alle privazioni causate dalla povertà, e si racconta che a un certo punto abbia iniziato a vagabondare per il villaggio, insistendo senza sosta perché il marito trovasse un posto migliore in cui vivere. Quest'ultimo era soprannominato "lo zelota" a causa del grande fervore religioso che lo animava, dote che sembra abbia trasmesso al figlio; il parroco infatti descrisse Nicola Giulio come «l'unico scolaro serio» della classe di catechismo: non trascorse infatti molto tempo prima che il giovane tenesse a sua volta le lezioni, distinguendosi per serietà, duro lavoro, buona capacità comunicativa e devota partecipazione alle tradizionali pratiche religiose del suo tempo. All'età di ventun anni trovò impiego come cocchiere presso una famiglia facoltosa, e successivamente come conducente di muli per conto del costruttore di una chiesa di Charleville. Fu in questo periodo che iniziò a dedicare sempre più tempo alla preghiera e a praticare severe penitenze corporali: lo si vedeva recitare il Rosario durante il tragitto compiuto per trasportare i carichi al cantiere, tanto che i suoi colleghi lo soprannominarono "il bigotto" o "il fanatico". Cominciò anche a prestare servizio nella scuola serale domenicale organizzata dai fratelli delle Scuole cristiane per gli adolescenti locali e sembra che sia stata questa esperienza a indurlo a dedicare la propria vita all'educazione religiosa e all'istruzione. Entrò nel noviziato dei fratelli nel novembre del 1862 e il giorno di Natale dello stesso anno vestì l'abito religioso con il nome di fratel Arnoldo. Pronunciò i primi voti l'anno seguente, rinnovandoli annualmente fino al 1868; fece poi una professione temporanea triennale e, nel 1871, quella solenne. Arnoldo trascorse quattordici anni della sua vita (dal 1863 al 1877) come insegnante nel convitto dei fratelli a Reims; in quest'arco di tempo ottenne il diploma di insegnante a Parigi e fu insignito della croce di bronzo dalla Croce Rossa Internazionale per il lavoro svolto nell'assistenza ai soldati francesi e tedeschi durante la guerra franco-prussiana. Tuttavia non si rivelò un buon insegnante, trovando notevoli difficoltà nel mantenere la disciplina e, sebbene si desse molto da fare per rimediare, ottenne buoni risultati solamente nell'insegnare dottrina cristiana. Si descriveva spesso come una persona timida, non molto capace di autocontrollo, e le sue esperienze come insegnante gli procurarono un profondo senso di fallimento. Scrisse infatti a un parente: «Prega per me, perché io non sia dcl tutto inutile, possa realizzare tutto quello che di buono Dio si aspetta da me e non sia di ostacolo all'opera buona che i fratelli intorno a me stanno cercando di compiere». Lentamente iniziò a migliorare, e nel 1877 gli fu affidato un lavoro più consono alle sue capacità: fu infatti nominato maestro dei novizi nella vicina Thillois, dove si dimostrò direttore spirituale abile e capace, riuscendo a inculcare nei propri allievi una fedele adesione alla regola e la necessità dell'umiltà e delle umiliazioni quotidiane. Nella vita spirituale di Arnoldo furono di capitale importanza la santa eucarestia, la passione e il Sacro Cuore. Visse una vita di intensa preghiera interiore, unita a un forte attaccamento alla Messa e alla preghiera comunitaria. Fu un lettore assiduo della Scrittura e recitava ogni giorno il Rosario. Nel marzo del 1890 gli fu chiesto di assumersi le responsabilità di direttore generale della casa di Courlancy, incarico che si era reso vacante a causa della morte improvvisa del precedente titolare; malgrado la sua salute cagionevole, accettò per obbedienza, ma il 23 ottobre, colpito da un'emorragia cerebrale, morì poco dopo aver ricevuto l'Estrema Unzione. Fu sepolto nel cimitero pubblico di Reims, e si verificarono molte guarigioni sulla sua tomba. Il processo formale di canonizzazione fu aperto nel 1938, e nel novembre del 1987. Arnoldo fu beatificato da papa Giovanni Paolo II. Le preghiere approvate al momento della sua beatificazione lo ricordano come «un'ammirabile guida per í giovani sulle strade della preghiera e della carità». È stato senza ombra di dubbio «un ambasciatore e un ministro di Gesù Cristo», come S. Giovanni Battista de La Salle (7 apr.) aveva sperato diventassero tutti i suoi discepoli. MARTIROLOGIO ROMANO. A Reims in Francia, beato Arnoldo (Giuliano Nicola) Rèche, fratello delle Scuole Cristiane, che, docile in tutto allo Spirito Santo, si adoperò con sommo zelo per i giovani, sempre assiduo nei suoi doveri di maestro e nella preghiera.

+5 punti

Nessun commento

Non ci sono ancora commenti. Perchè non inizi tu la conversazione?