@Vitupero
I santi di oggi 8 gennaio:
nome
San Massimo di Pavia
titolo
Vescovo
nascita
V secolo Pavia
morte
514 Pavia
ricorrenza
8 gennaio
Massimo, Vescovo di Pavia (morto a Pavia nel 514), Patrono di Valenza. A Pavia si ricordano due vescovi di nome Massimo, ma in realtà si tratta di un'unica persona che successe al Vescovo Epifanio. Fu ambasciatore di Teodorico e partecipò a diversi concili a Roma tra il V e il VI secolo. Le notizie sulla sua vita sono molto scarse e poco attendibili anche a causa del confuso periodo in cui visse, tra la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e il regno barbarico degli Ostrogoti. Secondo un'attendibile tradizione è sepolto nella chiesa di San Giovanni in Borgo.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Pavia, san Massimo, vescovo.
nome<br /> San Severino</p> <p> titolo<br /> Abate</p> <p> nascita<br /> V secolo<br /> Sconosciuto</p> <p> morte<br /> V secolo Vienna</p> <p> ricorrenza<br /> 8 gennaio </p> <p> Santuario principale<br /> basilica di San Sossio, Frattamaggiore</p> <p> Attributi<br /> pastorale</p> <p> Patrono di<br /> Austria, Baviera, San Severo, Striano</p> <p> Le origini di S. Severino sono oscure; <br /> egli potrebbe provenire da un'eminente famiglia del Nord Africa o da Roma (la seconda ipotesi potrebbe essere suggerita dal suo stile letterario). Il racconto che abbiamo della sua vita fu scritto dal suo discepolo Eugippio, che ce lo descrive prima come eremita nei deserti orientali e poi come evangelizzatore nelle province del Norico Ripense, sulle sponde del Danubio (le terre oggi appartenenti all'Austria). Eugippio riferisce una serie di prodigi che contribuirono a diffondere la sua fama: ad Astura (l'attuale Stockerau) profetizza agli abitanti calamità imminenti a causa della loro vita immersa nel vizio, e gli unni la radono al suolo. La città di Faviana viene invece liberata da una terribile carestia quando egli esorta una ricca cittadina alla penitenza: la donna si risolve a distribuire le sue provviste ai poveri, mentre il ghiaccio che copriva i fiumi si scioglie, consentendo la navigazione delle chiatte adibite al trasporto degli approvvigionamenti. In un altro luogo la sua preghiera allontana uno sciame di locuste che minacciava il raccolto. In molte città i fedeli cercano di farlo vescovo ma egli rifiuta, non volendo legarsi a un'unica sede, preferendo una vita di solitudine, austerità e predicazione itinerante.</p> <p> Fondò molti monasteri (tra i quali una fondazione principale sulle sponde del Danubio vicino a Vienna) pur non stabilendosi in alcuno di essi. Organizzò gli aiuti per le popolazioni del distretto, attaccate da Attila e dai suoi ,unni, guadagnandosi il rispetto dei "signori della guerra" con la sua fama di asceta e di profeta potente. Morì nel monastero alle porte di Vienna tra il 476 e il 482. I suoi discepoli, a causa di una nuova invasione barbarica avvenuta sci anni dopo la sua morte, trasferirono i suoi resti in Italia, a Luculano vicino a Napoli, dove costruirono un monastero, del quale poco dopo fu eletto abate Eugippio. Nel 910 le sue reliquie furono trasportate a Napoli, e per esse fu edificata a mo' di sacrario la grande abbazia di S. Severino. È venerato come apostolo della Baviera. È stato confuso con un altro Severino, anch'egli in passato celebrato a Napoli, dove si suppone che sia morto. Se è realmente esistito proveniva dalla Marca di Ancona e non aveva legami con Napoli. Probabilmente fu vescovo a Septempeda nel VI secolo; il nome di questa cittadina fu cambiato in S. Severino dalla confusione prodotta dal trasporto delle reliquie di Severino del Norico a Napoli.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel Norico lungo il Danubio, nell’odierna Austria, san Severino, sacerdote e monaco: venuto in questo territorio dopo la morte di Attila, capo degli Unni, difese le popolazioni inermi, ammansì i violenti, convertì gli infedeli, fondò monasteri e si dedicò a quanti erano privi di istruzione religiosa.
nome<br /> San Lorenzo Giustiniani</p> <p> titolo<br /> Vescovo - patriarca di Venezia </p> <p> nascita<br /> 1 luglio 1381 Venezia</p> <p> Nominato vescovo<br /> 1433 da papa Eugenio IV</p> <p> Elevato patriarca<br /> 1451 da papa Nicolò V</p> <p> morte<br /> 8 gennaio 1455 Venezia</p> <p> ricorrenza<br /> 8 gennaio, (5 settembre messa tridentina) </p> <p> Canonizzazione<br /> 4 giugno 1724 da papa Benedetto XIII </p> <p> Incarichi ricoperti<br /> Vescovo di Castello (1433-1451)<br /> Patriarca di Venezia (1451-1456)<br /> Primate di Dalmazia (1451-1456)</p> <p> Lorenzo nacque a Venezia nel 1381 da Bernardo Giustiniani e da donna Quirina di nobilissima famiglia. La madre, rimasta vedova, attese all'educazione dei propri figli insegnando loro a conoscere Gesù e ad amare con affetto di figli Maria SS. Crescendo negli anni, Lorenzo cresceva pure nello spirito di pietà, nel-la scienza ed acquistava una virtù sempre più soda e forte.</p> <p> Amante del silenzio evitava i compagni dissipati e preferiva rimaner solo. La mamma, credendo che ciò venisse da superbia, lo rimproverò, ma Lorenzino le rispose: « Non abbiate alcun timore, madre mia, io spero che un giorno mi vedrete gran servo di Dio ». S'avvicinava intanto per Lorenzo il tempo di scegliere la propria via. Aveva diciott'anni, ed il mondo gli pro-metteva ricchezze, onori, piaceri; ma egli era di Gesù: il suo Salvatore aveva condotto una vita assai povera ed aveva molto sofferto per lui, come poteva egli scegliere una vita di piaceri? Risolse allora di farsi religioso. Si recò tosto dai Canonici Regolari di S. Giorgio d'Alga dai quali fu festosamente accolto.<br /> Fu tanto il fervore nel servizio di Dio, che presto seppe meritarsi la stima e l'amore di tutti. Ordinato sacerdote, gli furono affidati i più delicati uffici, nei quali mostrò tanta prudenza e maturità di senno, che fu eletto superiore della Congregazione. Il S. Pontefice Eugenio 1V, quando si rese vacante la sede vescovile di Venezia, lo creò vescovo della città, e Nicolò II, ot-to anni dopo, lo decorò del titolo di Patriarca. Anche in questa carica il nostro Santo non cambiò tenore di vita : sempre austero con se stesso, benigno e mite con gli altri, caritatevole oltre ogni dire. Regnava allora tra il clero grave rilassatezza: l'istruzione religiosa era tra-scurata, i sacramenti male amministrati, neglette le ope-re di carità; di conseguenza la religione languiva. Com-piuta tra il clero un'opera di purificazione e infervorati i buoni, il Giustiniani si diede a lavorare tra i fedeli.<br /> Aumentò il numero delle parrocchie, promosse l'i-struzione catechistica, condusse il popolo ai Ss. Sacra-menti e ridiede al culto di Dio lo splendore dovuto. Non è a dirsi il bene che il santo Patriarca potè com-piere nel breve tempo della sua vita pastorale. Oltre a luminosi esempi di santità, lasciò pure opere prege-volissime in cui rivela tutto il suo cuore pieno di cari-tà per i poveri, ed il suo zelo per la gloria di Dio. Nell'ora della sua beata morte esclamò: « Io ho sem-pre avuto dinanzi agli occhi quest'ultima ora. Sia be-nedetto Iddio che finalmente si è degnato farla veni-re, poichè non vi è altra via che conduca al cielo ». Assorto in Dio disse agli astanti: « Gesù mi chiama; Gesù viene; oh lasciate che io gli vada incontro ». Spirò l'otto gennaio 1455.</p> <p> PRATICA. - Preghiamo oggi il Signore affinché dia santi sacerdoti alla sua Chiesa.</p> <p> PREGHIERA. - O Dio, che dicesti ai tuoi discepoli: « Pregate il Signore della messe affinché mandi operai nella sua messe », noi ti supplichiamo per l'intercessione del beato Giustiniani affinché tu infonda molta grazia nei tuoi sacerdoti e che per essi tutte le anime siano condotte alla celeste gloria.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Venezia, san Lorenzo Giustiniani, vescovo, che illuminò questa Chiesa con la dottrina dell’eterna sapienza. </p> <p> <br />
nome<br /> Santa Gudula</p> <p> titolo<br /> Vergine</p> <p> nascita<br /> 650 circa Hamme, Belgio</p> <p> morte<br /> 712 circa Hamme, Belgio</p> <p> ricorrenza<br /> 8 gennaio <br /> Attributi<br /> lanterna</p> <p> Patrona di<br /> Belgio, Bruxelles</p> <p> Si tratta della santa patrona di Bruxelles, dove la grande chiesa di S. Gudula (spesso confusa con la cattedrale) le è dedicata. Abbiamo poche notizie certe sulla sua vita. Hubert di Brabante secolo assicura — ma la cosa è dubbia - che il suo racconto scritto si riferisca a una Vita antica, di cui egli avrebbe adattato solo l'ordine e lo stile. Gudula appartiene a una famiglia che annoverava un gran numero di santi c beati (circostanza forse motivata anche dalla relazione di parentela con la dinastia carolingia). Il padre era il conte Witger, che più tardi divenne monaco; la madre Amalberga, o Amalburga, venerata come santa (10 lug.); così pure la sorella Raineld (16 lug.) e la cugina Gertrude di Nivelles (17 mar.), figlia del B. Pipino di. Landen (21 feb.) e della B. Ita di Nivelles (8 mag.), che si fece benedettina nel convento dove la figlia era superiora. La sorella di Gertrude è S. Begga (17 dic.).</p> <p> Gudula fu educata nel convento di Nivelles sotto la tutela della cugina Gertrude, che era anche sua madrina. Dopo la morte di Gertrude visse con i genitori ad Hamme, vicino ad Alost nel Brabante, dove pare trascorresse il tempo in orazioni, digiuni e carità. Al primo albeggiare andava a piedi alla chiesa di Moorsel, che distava quattro chilometri da casa sua, e là vegliava in preghiera. Da questa narrazione trae origine la tradizione di raffigurarla con una lanterna o una candela, che talvolta il diavolo cerca di spegnere con un soffio. Ritroviamo la stessa rappresentazione in S. Genoveffa di Parigi (3 gen.).<br /> Morì probabilmente nel 712 a Hamme, sua città natale, e fu sepolta davanti al portale della chiesa. Durante il regno di Carlo Magno, con il quale era imparentata (essendo Pipino di Landen trisavolo del re), le sue reliquie furono traslate nella chiesa di S. Salvatore a Moorsel e deposte dietro l'altare maggiore. Si dice che lo stesso Carlo Magno si recasse spesso a pregare sulla sua tomba, e che abbia fondato nelle vicinanze un monastero a lei dedicato, in seguito distrutto dai normanni.<br /> Nel 978, sotto gli auspici del conte di Lorena, i resti furono trasferiti alla chiesa di S. Géry a Bruxelles, per essere trasferiti ancora, nel 1047, nella più grande chiesa della collegiata di S. Michele, poi ribattezzata S. Gudula in suo onore. Le sue reliquie furono disperse dai calvinisti nel 1579.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Moorsel in Brabante, nell’odierno Belgio, santa Gúdila, vergine, che si dedicò in casa sua alla carità e alla preghiera.
nome<br /> San Giorgio il Chozibita</p> <p> titolo<br /> Eremita</p> <p> nascita<br /> Cipro</p> <p> morte<br /> Coziba, Palestina</p> <p> ricorrenza<br /> 8 gennaio </p> <p> Si pensia sia nato a Cipro. suo fratello maggiore, Eraclide, lasciò l'isola per intraprendere la vita monastica in Palestina. Dopo la morte dei suoi genitori, anche Giorgio volle abbracciare la vita ascetica e andò alla ricerca del fratello a Laura de Calamón, sulle rive del Giordano. Ma era ancora molto giovane per la vita eremita, e suo fratello lo portò alla laura di Kosiba, per iniziarlo per primo alla vita conventuale. Qui venne sotto la direzione di un vecchio monaco della Mesopotamia molto severo. Un giorno lo colpì con la mano senza motivo, ma la mano si seccò e poté essere guarito solo grazie alle preghiere di San Giorgio. Il prodigio gli valse una tale popolarità che decise di cambiare posto, e così tornò insieme ad Eraclide, fino alla sua morte, intorno ai 70 anni.<br /> Giorgio rimase a Calamón fino alla morte dell'abate, ma poiché c'erano controversie tra gli eremiti, tornò al monastero di Kosiba, dove fu accolto con gioia dall'abate Leoncio.<br /> I Persiani, avendo iniziato la conquista di Gerusalemme, portarono i monaci a lasciare il monastero (anno 614); Anche Giorgio si rifugiò vicino a Calamón, ma fu scoperto dai persiani, che però, a causa della sua età avanzata, lo lasciarono solo. Giorgio riuscì a compiere il suo ultimo pellegrinaggio a Gerusalemme e al suo ritorno a Kosiba morì.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Coziba in Palestina, san Giorgio, monaco ed eremita, che viveva recluso per l’intera settimana e la domenica pregava insieme ai suoi confratelli, li ascoltava nelle questioni spirituali e dava a tutti consiglio.<br />
nome<br /> Sant' Alberto di Cashel</p> <p> titolo<br /> Vescovo</p> <p> ricorrenza<br /> 8 gennaio </p> <p> Alberto è il santo patrono dell'arcidiocesi di Cashel in Irlanda, ma le informazioni sulla sua vita, e perfino sulla sua esistenza stessa, sono contrastanti. È certo che la sede episcopale di Cashel non esisteva all'epoca in cui si ritiene che egli sia vissuto. La Vita latina del XII secolo, dalla quale deriva la sua leggenda, lo considera inglese.<br /> Si ipotizza che Erhard sia andato a fargli visita in Inghilterra e lo abbia portato con sé in Irlanda, dove la popolazione di Cashel, priva di vescovo, lo avrebbe eletto a quell'ufficio per acclamazione. Spinto a rinunciare alla sua posizione e agli onori mondani da un commovente sermone che aveva udito, viaggiò per il continente con Erhard, andò pellegrino a Gerusalemme e sulla via del ritornò passò da Regensburg per visitare il fratello, trovandolo però già morto.<br /> Questa narrazione pone però dei problemi perché data gli eventi al tempo di papa Formoso (891-896), quasi duecento anni dopo il tempo in cui probabilmente visse Erhard. Il nuovo Martirologio Romano lo colloca nel x secolo, e la festa di Alberto è celebrata in tutta l'Irlanda.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Cashel in Irlanda, sant’Alberto, vescovo: di origine inglese, fu a lungo pellegrino per Cristo.
nome<br /> Sant' Apollinare di Gerapoli</p> <p> titolo<br /> Vescovo</p> <p> Non si sa nulla di certo della vita di S. Apollinare, vescovo di Gerapoli, sebbene la sua fama di maestro fosse molto diffusa. Fece parte di un gruppo di scrittori del H secolo conosciuti con l'appellativo di "apologisti", autori di apologie in difesa della fede cristiana, alcune delle quali indirizzate a credenti di altre fedi e a filosofi, altre agli imperatori romani allo scopo di supplicarli di mitigare le persecuzioni contro i cristiani. Marco Aurelio, imperatore dal 161 al 180, aveva pubblicato — in circostanze narrate da Apollinare —un editto apparentemente favorevole ai cristiani; egli vi era stato spinto dal desiderio di evitare che la religione di stato venisse scalzata da sette fanatiche, tra le quali includeva quei cristiani che a suo avviso gettavano via la propria vita per un'illusione. La condizione dei cristiani peggiorò, di fatto, sotto il suo regno, come dimostrano gli scritti di un buon numero di apologisti, tra cui Apollinare. La più chiara descrizione dell'ondata di persecuzioni locali viene da una lettera comune delle comunità cristiane di Lione e Vicnne a Gaul, che Eusebio include, in una redazione praticamente completa, nella Storia Ecclesiastica. Là come altrove i cristiani erano accusati, spesso dai loro schiavi pagani, di immoralità e ateismo: la pena per quest'ultima accusa era in alcuni casi la morte, in altri i lavori forzati. L'apostasia assicurava il perdono ma l'opinione pubblica, più che quella dei singoli imperatori, si andava volgendo contro i cristiani, forse a causa della loro importanza crescente nella vita sociale e culturale. Furono pubblicati fiumi di discorsi satirici tinti-cristiani, sotto forma di libri e libelli, che spaziavano dalla pungente satira di Luciano di Samosata alla polemica filosofica di Gelso.<br /> Gli intellettuali cristiani reagirono scrivendo opere apologetiche; un genere che caratterizzò la seconda metà del H secolo. Il più eminente degli apologisti fu Giustino, un greco convertito, chiamato "il filosofo", martirizzato nel 165 (1 giu.), che indirizzò un'apologia ad Antonino Pio e al figlio Marco Aurelio intorno al 150. A lui fecero seguito Taziano, Atcnagora, Melitone di Sardi (1 apr.), e Apollinare, del quale ci rimangono solo frammenti di scritti che pure erano ben noti e lodati da Eusebio, Girolamo (30 set.), Teodoreto e altri.<br /> Apollinare scrisse l'apologia indirizzata a Marco Aurelio dopo che l'imperatore aveva ottenuto una vittoria sui guadi nell'Europa orientale nel 174. Egli attribuiva il merito della vittoria alla XII legione, composta principalmente da cristiani valorosi in combattimento: le loro preghiere avrebbero inoltre ottenuto un miracoloso acquazzone che estinse la loro sete e si tramutò in una tempesta che accecò e terrorizzò i nemici. Egli ricorda all'imperatore l'accaduto e dice che fu questo fatto a spingerlo a concedere alla XII il titolo di "Legione Tonante". Attribuisce all'imperatore anche un editto in cui dichiarava che la battaglia era stata vinta grazie alla «tempesta ottenuta, forse, dalle preghiere dei cristiani». Di fatto il titolo "Legione Tonante" fu dato al tempo di Augusto, e Apollinare è l'unica fonte per la descrizione della vittoria; non è comunque insolito che la causa di un "evento naturale" sia stata attribuita a un miracolo. Sono ignote la data esatta e le circostanze della morte del santo. E probabile che sia morto prima di Marco Aurelio (t 180). Manca ogni testimonianza di un suo culto primitivo. Il suo nome fu incluso dal card. Baronio nel Mani rologio Romano.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Gerapoli in Frigia, nell’odierna Turchia, sant’Apollinare, vescovo, che rifulse sotto l’imperatore Marco Aurelio per dottrina e santità.
nome<br /> San Nathalan</p> <p> titolo<br /> Vescovo dell'Aberdeen-Shire</p> <p> ricorrenza<br /> 8 gennaio </p> <p> Nathalan è ricordato nel Breviario medievale di Aberdeen e in antichi martirologi irlandesi quali Oengus e Gorman, ma le notizie ivi riportate sono leggendarie. Secondo queste narrazioni egli era un nobile che credeva che «tra tutti i lavori manuali dell'uomo la coltivazione della terra [fosse] quella che più si avvicina alla divina contemplazione», mise così in pratica la filosofia dell'essere «più vicino a Dio in un orto» dissodando i campi e, in tempo di carestia, dando tutto il raccolto ai poveri. Una volta, infuriando una tempesta ed essendo impossibile a lui e ai suoi aiutanti raccogliere le messi, «imprecò un poco contro Dio» ebbe tanto rimorso per questa bestemmia che si incatenò la mano destra alla gamba sinistra con un lucchetto di ferro e ne gettò la chiave nel fiume Dee.<br /> Pur essendo così handicappato visitò Roma, giurando che non avrebbe rotto il lucchetto se non dopo aver visitato le tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Nella Città Eterna acquistò un pesce, in cui trovò la chiave in perfetto stato; si liberò dal lucchetto e fu nominato dal papa vescovo di Aberdeen a riconoscimento di questa notevole prova di santità. Il suo culto fu confermato da papa Leone XIII nel 1898.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. Nella regione di Aberdeen in Scozia, san Nathalan, vescovo, insigne per la carità verso i poveri.
nome<br /> Sant' Erardo di Ratisbona</p> <p> titolo<br /> Vescovo</p> <p> Ricorrenza <br /> 8 gennaio </p> <p> Canonizzazione<br /> 1052 da papa Leone X</p> <p> La prova dell'esistenza di Erhard ci viene da una forte tradizione locale, attestata da toponimi come Erhardsbrunnen,Erhardicrypta e altri simili nell'area di Regensburg, dove si pensa sia stato vescovo nel vit secolo. Tracce di un culto risalente all'VIII secolo sono attestate da notizie di calendario e di altri documenti; si conserva inoltre un pastorale fatto di corno nero di bufalo e attribuito a lui, come pure una parte del suo cranio. La leggenda di S. Odilia (13 dic.), patrona dell'Alsazia, racconta che, cieca dalla nascita, ella acquistò miracolosamente la vista quando fu battezzata da Erhard. Alcuni racconti affermano che fosse irlandese di nascita o almeno di discendenza ma non c'è nessuna prova certa di ciò, benché nella nuova redazione del Martirologio Romano si perpetui questa affermazione: ex Hibernia oriundi. In alcuni documenti si dice che fosse fratello di Alberto di Cashel, ma è provato che ben due secoli li separano.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Ratisbona in Baviera, sant’Erardo: di origine scozzese, ardente dal desiderio di annunciare il Vangelo, venne in questa regione, dove svolse il ministero di vescovo.