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11/11/2024 alle 15:40

I santi di oggi 11 novembre:

I santi di oggi 11 novembre:

nome San Martino di Tours- titolo Vescovo- nascita 316, Sabaria, Pannonia- morte 8 novembre 397, Candes- ricorrenza 11 novembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Tours (371-397)- Santuario principale Basilica di San Martino a Tours- Attributi Mantello, armatura, mitra, bastone pastorale, globo infuocato- Patrono di Nereto, Settingiano, Francia, Martina Franca, Ungheria, Guardia svizzera pontificia, Belluno, Sinalunga, Biassono, Monte San Martino, Vezza d'Alba, La Morra, Lastra a Signa, Sesto Fiorentino, Buenos Aires, Vezzano sul Crostolo, Castel Focognano, albergatori, cavalieri, fabbricanti di maioliche, fanteria, forestieri, mendicanti, militari, oche, osti, sarti, sinistrati, vendemmiatori, viticoltori, volontariato, diverse località- Paese servito Tardo impero romano- Forza armata Esercito romano- Corpo Guardia palatina- Specialità Circitor- Unità Scholae- Grado Tribuno militare- Uno dei più illustri ornamenti della Chiesa nel secolo IV fu certamente S. Martino, vescovo di Tours e fondatore del monachismo in Francia. Nato nel 316 in Sabaria, città della Pannonia, l'odierna Ungheria, da genitori nobili ma pagani, ancor bambino si trasferì a Pavia, ove conobbe la religione cristiana. A 10 anni all'insaputa dei genitori si fece catecumeno, e prese a frequentare le assemblee cristiane. Appena dodicenne deliberò di ritirarsi nel deserto; essendo però figlio d'un tribuno, dovette presto seguire il padre nella cavalleria e per tre anni militare sotto gli imperatori Costanzo e Giuliano. Umile e caritatevole, aveva per attendente uno schiavo, al quale però egli puliva i calzari e che trattava come fratello. Un giorno nel rigore dell'inverno era in marcia per Amiens quando incontrò un povero seminudo: sprovvisto di denaro, tagliò colla spada metà del suo mantello e lo copri. La notte seguente, Gesù, in sembianza di povero, gli apparve in un sogno e mostrandogli il mantello disse: « Martino ancor catecumeno m'ha coperto con questo mantello » al risveglio ritrovò il mantello miracolosamente intatto. Allora bramoso di militare solo più sotto la bandiera di Cristo, chiese e ottenne dall'imperatore stesso l'esenzione dalle armi. Si portò a Poitiers presso il vescovo S. Ilario da cui fu istruito, battezzato e in seguito ordinato sacerdote. Visitò ancora una volta i genitori per convertirli; poi, fatto ritorno presso il maestro, in breve divenne la gloria delle Gallie e della Chiesa. Desideroso di vita austera e raccolta, si ritirò dapprima in una solitudine montana, poi eresse la celebre e tuttora esistente abbazia di Marmoutier (la più antica della Francia) ove fu per parecchi anni padre di oltre 80 monaci. I suoi numerosissimi miracoli, le sue eccelse virtù e profezie lo resero così famoso, che, appena vacante la sede di Tours, per unanime consenso del popolo fu eletto vescovo di quella città. La vita di San Martino fu compendiata in questo epigramma: "Soldato per forza, vescovo per dovere, monaco per scelta". Il nuovo Pastore non cambiò appunto tenore di vita, ma raccoltosi a meditare i gravi doveri che assumeva, si diede con sollecitudine ad eseguirli. Sedò contese, stabilì la pace tra i popoli, fu il padre dei poveri e più che tutto zelantissimo nel dissipare ogni resto di idolatria dalla sua diocesi e dalle Gallie. Formidabile lottatore, instancabile missionario, grandissimo vescovo, sempre vicino ai bisognosi, ai poveri e ai perseguitati. Disprezzato dai nobili, irriso dai fatui, malvisto anche da una parte del clero, che trovava scomodo un vescovo troppo esigente, resse la diocesi di Tours per 27 anni, in mezzo a contrasti e persecuzioni. Tormentato con querele e false accuse da un suo prete di nome Brizio, diceva: "Se Cristo ha sopportato Giuda, perché non dovrei sopportare Brizio?" Stremato di forze, malato, pregava: "Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non mi rifiuto di soffrire. Altrimenti, venga la morte". Nell'anno 397 udì che a Candate (Candes-Saint-Martin) era sorto un grave scisma: benchè ottantenne, si portò colà, convocò clero e popolo e ricompose gli animi nella pace. Ma stando per tornare alla sua sede, fu assalito da febbri mortali. Volle essere adagiato sulla nuda terra e cosparso di cenere, per morire, come sempre aveva vissuto, da penitente. Il volto del santo rimase nella morte splendente come se fosse avvolto da una luce di gloria e da molti fu udito un coro di angeli cantare intorno alla sua salma. Si narra che alle sue esequie si riunirono gli abitanti di Poitou e di Tours e così cominciarono ad altercare. Dicevano gli uni: " È un monaco della nostra città e noi ne vogliamo il corpo". E gli altri di rimando: "Dio ve l'ha tolto per darlo a noi". La notte seguente, mentre gli abitanti di Poitou dormivano, gli abitanti di Tours si impadronirono del corpo di Martino, lo gettarono da una finestra su di un battello e lo portarono seguendo il corso della Loira fino a Tours con gran gioia e venerazione. Fu così sepolto a Tours, ove gli fu dedicata la cattedrale e dove egli compi innumerevoli miracoli. PRATICA. Facciamo qualche atto di carità verso il prossimo. PREGHIERA. O Dio, che vedi che noi non possiamo sussistere per nostra virtù, concedi, propizio, per intercessione del tuo beato confessore e vescovo Martino, che siamo difesi contro ogni avversità. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Martino, vescovo, nel giorno della sua deposizione: nato da genitori pagani in Pannonia, nel territorio dell'odierna Ungheria, e chiamato al servizio militare in Francia, quando era ancora catecumeno coprì con il suo mantello Cristo stesso celato nelle sembianze di un povero. Ricevuto il battesimo, lasciò le armi e condusse presso Ligugé vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato, sotto la guida di sant'Ilario di Poitiers. Ordinato infine sacerdote ed eletto vescovo di Tours, manifestò in sé il modello del buon pastore, fondando altri monasteri e parrocchie nei villaggi, istruendo e riconciliando il clero ed evangelizzando i contadini, finché a Candes fece ritorno al Signore.

nome Beata Alice Kotowska- titolo Vergine e martire- nascita 20 novembre 1899, Varsavia, Polonia- morte 11 novembre 1939, Wejherowo, Polonia- ricorrenza 11 novembre- Beatificazione Varsavia, 13 giugno 1999 da papa Giovanni Paolo II- Suor Alicia Kotowska nacque il 20 novembre 1899 a Varsavia. Entrò nella Congregazione delle Suore della Risurrezione nell'anno 1922. Dopo gli studi universitari lavorava in qualità di insegnante nel ginnasio e liceo della Congregazione a Varsavia: Dal 1934 fu superiora del convento e insieme direttrice del ginnasio e liceo, aperti dalla Congregazione a Wejherowo: Per il lavoro istruttivo-pedagogico svolto nello spirito di fede e di patriotismo fu arrestata dai funzionari di ghestapo il 24 ottobre 1939 e chiusa nella prigione di Wejherowo e poi fucilata insieme con gli altri detenuti l'11 novembre 1939 nei boschi di Piagnica presso Wejherowo.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nella cittadina di Laski Piasnica presso la città di Wejherowo in Polonia, beata Alicia Kotowska, vergine della Congregazione delle Suore della Risurrezione del Signore e martire, che durante la guerra morì fucilata per avere strenuamente difeso la sua fede in Cristo.

nome Santa Marina di Omura- titolo Vergine e martire- nascita Ômura, Giappone- morte 11 novembre 1634, Nagasaki, Giappone- ricorrenza 11 novembre- Beatificazione<br /> Manila, 18 febbraio 1981 da papa Giovanni Paolo II- Canonizzazione Roma, 18 ottobre 1987 da papa Giovanni Paolo II- Nacque a Ômura in Giappone, fu nota per le sue virtù e devozione e per aiutare i missionari perseguitati. Il suo direttore spirituale era San Luigi Bertran, che la iscrisse al Terzo Ordine di San Domenico. I biografi la descrivono come "un esempio per tutti i cristiani di Ômura". La sua casa era un rifugio per missionari e cristiani e un luogo dove si celebrava l'Eucaristia e si amministravano i sacramenti. Padre Jordan la descriveva così: "era la donna più coraggiosa e santa che il Giappone abbia mai avuto". Intorno al 1625, fece voto di verginità. Le autorità seguirono le sue orme e nel 1634 fu arrestata. Confessò la sua fede e che la sua casa era un luogo di alloggio per missionari e cristiani. Fu sottoposta a vari tormenti: la portarono nuda per tutte le città della provincia di Ômura; Successivamente fu trasferita a Nagasaki e condannata all'incendio, insieme ai santi Jordán Ansalone de San Esteban e Tomás Hyoji de San Jacinto e ad altri 68 cristiani. Morì perdonando i suoi carnefici e le sue ceneri furono gettate in mare. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nagasaki in Giappone, santa Marina di Omura, vergine e martire, che, gettata in prigione, fu pubblicamente esposta alla derisione della sua castità e infine bruciata sul rogo.

nome San Menna d'Egitto- titolo Eremita- nascita 280 circa, Egitto- morte 309 circa, Kütahya, Turchia- ricorrenza 11 novembre- Canonizzazione Pre canonizzazione- Santuario principale Monastero di San Mena, Maryout, Egitto; Chiesa di San Mena (Il Cairo)- Attributi Rappresentato come un uomo con le mani mozzate e senza occhi; come un uomo con due dromedari; come un giovane cavaliere con un'alabarda; secondo una tradizione anacronistica, come un soldato romano- Patrono di pellegrini, persone accusate ingiustamente, mercanti, carovanieri del deserto e Santomenna- Il culto di S. Menna, come quello di S. Giorgio, è di tipo locale, precoce e diffuso, ma non si può ragionevolmente mettere in dubbio la sua esistenza; d'altro canto, dato che la sua storia originale è andata perduta ed è stata riscritta successivamente sfruttando quella di un altro martire, forse S. Gordio, oltre a essere stata arricchita di nuovi e talvolta fantastici dettagli dalle generazioni successive, è impossibile ricavare da questo racconto la verità dei fatti. Delehaye pensa che tutto ciò che si può affermare con una certa sicurezza è che Menna era egiziano, che fu martirizzato e sepolto in Egitto. Molto più ricca di dettagli, la leggenda racconta che era egiziano di nascita e soldato nell'esercito romano; mentre era in servizio militare a Cotyaeum in Frigia, ebbe inizio la persecuzione di Diocleziano e quindi decise di lasciare l'esercito, nascondendosi fra le montagne, dove condusse una vita di preghiera e austerità (probabilmente forzata). Un giorno, durante alcuni giochi che si svolgevano a Cotyaeum, entrò nell'anfiteatro, dichiarando di essere anche lui cristiano; fu immediatamente arrestato e portato davanti al presidente del tribunale, che ordinò di torturarlo e decapitarlo. Le spoglie furono raccolte e riportate in Egitto per la sepoltura; inoltre si dice siano avvenuti molti miracoli sulla sua tomba e, non appena il culto si estese in tutto l'Oriente, la vera storia di Menna fu così distorta, che fu inserito tra i "santi guerrieri" e ritenuto in grado di compiere assurde meraviglie. Furono costruite alcune chiese in suo onore, anche a Cotyaeum (tutto ciò ha portato alla creazione di santi mitici chiamati Menna, in relazione a singole città specifiche). Il sepolcro costruito sopra la tomba di Menna a Bumma (Karm Abu-Mina), a sud est di Alessandria, fu una meta di pellegrinaggio importante fino all'invasione araba del vii secolo. Le rovine di una basilica, un monastero, terme e altri edifici furono scoperte, tra il 1905 e il 1908, da mons K. Kaufmann, che trovò numerose tracce del culto del martire, comprese alcune piccole fiale con l'iscrizione "Ricordo di S. Menna", che, come hanno dimostrato studi successivi, erano usate per attingere l'acqua da un pozzo vicino al reliquario.<br /> Fiale simili sono state trovate anche in Africa e in Europa, e si pensava contenessero "l'olio di S. Menna" preso dalle lampade della basilica. Nel 1943, Cristoforo II, patriarca ortodosso di Alessandria, scrisse un'enciclica nella quale attribuiva la sconfitta dell'esercito di Rommel, a El Alamein, e la conseguente salvezza dell'Egitto all'intercessione del «santo e glorioso martire Menna, il fautore di miracoli egiziano»; allo stesso tempo, propose di restaurare il sacrario diroccato del santo in memoria dei defunti in battaglia. MARTIROLOGIO ROMANO. Oltre il lago Mareotide in Egitto, san Menna, martire.

nome San Teodoro Studita- titolo Abate- nascita 758 circa, Costantinopoli, Turchia- morte 826 circa, Calkite, Bitinia- ricorrenza 11 novembre- Santuario principale Studion- Teodoro è una delle grandi figure del monachesimo e della Chiesa; era il maggiore di tre fratelli e segui il padre nella proprietà di famiglia a Sakkudion, vicino al Monte Olimpo in Bitinia (a nord del massiccio del Tauro, nell'attuale Turchia), dove cominciò a condurre la vita monastica; dopo poco tempo, lo zio del giovane, S. Platone (4 apr.), fu persuaso a lasciare il suo incarico di abate a Symboleon, anch'esso sul monte Olimpo, per assumere quello del nuovo monastero. Teodoro, che allora aveva circa ventuno o ventidue anni, impressionò a tal punto lo zio da spingerlo a mandarlo a Costantinopoli per svolgere gli studi in vista del sacerdozio; continuò poi a compiere così tanti progressi spirituali e intellettuali, che nel 794 Platone, con il consenso della congregazione, fece di tutto perché diventasse abate al suo posto. Negli anni successivi, Teodoro divenne uno dei più grandi riformatori e direttori monastici della Chiesa, coinvolto, nello stesso tempo, nelle principali crisi teologiche e politiche del tempo (in particolare nella disputa tra gli iconoclasti e i sostenitori dell'ortodossia, sulla venerazione delle immagini, che continuò a tratti dal 726 al 843). I primi problemi per Teodoro sorsero quando il giovane imperatore bizantino, Costantino VI (780-797), abbandonò la moglie per una donna di nome Teodata, parente di Platone e Teodoro. Ignorando il fatto che il patriarca di Costantinopoli avesse chiuso un occhio nei confronti della relazione, Platone e Teodoro accusarono l'imperatore, che tentò di conquistare il loro appoggio promettendo favori, ma non ottenendo nessun risultato ordinò che Teodoro e i monaci che lo sostenevano fossero esiliati a Tessalonica, mentre Platone fu tenuto in isolamento a Costantinopoli. Esiste una lettera in cui Teodoro, pieno di coraggio e ammirazione per il suo maestro, descrive a Platone la difficoltà del suo viaggio a Tessalonica. L'esilio di Teodoro non durò molto: nel 797 la madre terribile di Costantinó, Irene, che era stata reggente e imperatrice per il figlio dal 780, rivendicò il trono, diventando così la prima donna a governare l'impero bizantino (797-802); inoltre condivideva le visioni ortodosse di Teodoro, nella disputa iconoclasta, perciò lo richiamò insieme ai suoi compagni dall'esilio. Teodoro si recò subito a Sakkudion, dove riunì tutti i suoi monaci dispersi; poi nel 799, quando il monastero fu minacciato dalle invasioni arabe, la congregazione dovette trasferirsi entro le mura di Costantinopoli, dove a Teodoro fu affidato l'incarico di dirigere il monastero di Studios (così chiamato dal nome del fondatore, il console Studio, che lo fece costruire al suo arrivo a Costantinopoli da Roma nel 463). I monaci erano stati espulsi da Costantino V Copronimo (741-775), uno dei più fieri iconoclasti dell'impero, perciò Teodoro trovò il monastero in stato di decadimento, materiale e spirituale, abitato da circa dodici monaci; tuttavia, grazie alla sua abilità di amministratore e alla saggezza con cui guidava i monaci, quella congregazione e le case dipendenti annoverarono presto più di mille membri. Impiegò il suo talento naturale per organizzare il tipo di monachesimo fondato quattro secoli prima da S. Basilio (2 gen.) e la sua regola si diffuse fino al Monte Athos, oltre che in Russia, Bulgaria c Serbia. In questi luoghi, questo tipo di monachesimo continuò a rappresentare il fondamento della vita monastica cenobitica fino all'avvento del regime comunista e alla soppressione del monachesimo nel xx secolo. Le opere di Teodoro, istruzioni, omelie, inni liturgici e trattati sul monachesimo, rivelano un atteggiamento moderato ed equilibrato nei confronti dell'ascetismo, insolito per un uomo del suo tempo e di quei luoghi. Disse una volta a un eremita: «Non osservare l'austerità compiacendoti di te stesso; mangia il pane, ogni tanto bevi vino, indossa scarpe, in particolare durante l'inverno, e mangia carne, quando necessario»; inoltre era particolarmente desideroso di alimentare l'amore dei suoi monaci per lo studio e incoraggiare le belle arti, perciò fondò una scuola di calligrafia di lunga fama. La vita trascorse tranquilla fino all'808, quando la questione dell'adulterio di Costantino VI si ripresentò indirettamente; la sede di Costantinopoli era vacante e l'imperatore, Niceforo, successore di Irene, scelse un laico, suo omonimo, e successivamente santo (13 mar.), come patriarca. Obiettando il fatto che pur essendo un grande uomo, Niceforo era laico, Teodoro, Platone e alcuni altri monaci si opposero alla sua nomina e furono rinchiusi in prigione per ventiquattro giorni; poi il patriarca e un piccolo sinodo episcopale riabilitarono un sacerdote che era stato sospeso per aver benedetto il matrimonio tra Costantino e Teodata. Teodoro, dopo aver rifiutato di celebrare il culto con questo sacerdote, fu esiliato assieme all'arcivescovo di Tessalonica e a Platone, in diverse prigioni nell'Isola dei Principi (oggi Kizil Adalar, nel Mar di Marmara). Dalla prigionia Teodoro scrisse a S. Leone III (12 giu.), per spiegare l'accaduto, e il papa rispose lodandolo per la sua prudenza e lealtà, ma dato che i suoi nemici avevano diffuso a Roma la calunnia che era eretico e che era adirato di non essere stato nominato patriarca, non prese provvedimenti. I monaci studiti si dispersero ovunque e Teodoro, assieme agli altri abati, rimase in prigione fino alla morte dell'imperatore, avvenuta nell'811. Uscito di prigione, Teodoro si riconciliò con il patriarca Niceforo (riconciliazione rafforzata dal fatto che condividevano le stesse opinioni sulla grave questione dell'iconoclastia, che lo tenne impegnato per tutto il resto della vita). Il nuovo imperatore, Leone V l'Armeno, fervente iconoclasta, cacciò Niceforo e perciò Teodoro gli negò apertamente il diritto di interferire nelle questioni ecclesiastiche, oltre a incoraggiarlo alla venerazione delle immagini sacre e a distinguersi come capo del raggruppamento ortodosso. Teodoro fu esiliato prima a Misia, poi quando si accorsero che scriveva lettere d'incoraggiamento ai suoi seguaci, a Bonita, in Anatolia, dove, a dispetto dei forti sbalzi di temperatura e della mancanza di generi alimentari, fu trattato bene dai suoi carcerieri e continuò a scrivere lettere, tra cui una in cui chiedeva aiuto a papa S. Pasquale I (817-824; 11 feb.). Sfortunatamente, l'imperatore intercettò un'altra lettera, in cui Teodoro spingeva i fedeli a sconfiggere «la setta infame degli incendiari di immagini sacre», e lo affidò alla sorveglianza di un carceriere meno indulgente, che gli inflisse cento frustate e lo lasciò giacere al suolo, all'aperto, esposto al clima freddo di febbraio. Prima che potesse riprendere le forze, Teodoro e il suo fedele compagno furono rinchiusi a Smirne, dove il vescovo iconoclasta li minacciò di morte, ma nell'820, Leone V fu assassinato e le persecuzioni terminarono. Il nuovo imperatore, Michele II (820-829), iniziò il suo regno con prudenza: richiamò gli esiliati e liberò i prigionieri, incluso Teodoro, che lo incitò alla comunione con Roma e gli chiese di consentire la venerazione delle immagini sacre, ma l'imperatore invece le proibì a Costantinopoli e rifiutò di reintegrare il patriarca, l'abate del monastero studita e altri prelati ortodossi, finché non avessero condiviso la sua decisione. In seguito alle sue proteste inutili, l'imperatore mandò Teodoro in Bitinia (in realtà in esilio) a incoraggiare e rafforzare i suoi seguaci, a cui disse: «L'inverno è finito, ma la primavera non è ancora arrivata». La sua influenza fu così grande che tutti i monaci in generale e gli studiti in particolare furono identificati in seguito con gli ortodossi; un gruppo di loro si raccolse intorno a lui in un monastero sulla penisola di Akrita, dove all'inizio di novembre dell'826 si ammalò. Il 4 novembre riuscì a celebrare una Messa, ma poi le sue condizioni peggiorarono e l'11 novembre, dopo aver dettato le sue ultime volontà al suo segretario, moti; le spoglie furono trasferite nel monastero di Studios solo diciotto anni dopo. S. Teodoro è molto venerato in Oriente, ma il Martirologio Romano afferma che fu «famoso in tutta la Chiesa»; non fu solo una figura dominante del monachesimo orientale, ma anche fedele sostenitore dell'autorità della Chiesa di Roma, perciò difese decisamente il diritto di venerare le immagini sacre. In questo senso, è importante ricordare che si oppose agli iconoclasti solo in campo teologico; non considerava tale venerazione necessaria e sembra non averla osservata neanche a livello personale, ma, d'altro canto, riconosceva che per molti le immagini sacre rappresentavano un aiuto importante, dal punto di vista della devozione, e proibirle avrebbe significato negare la validità dei principi teologici fondamentali della fede cristiana. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Teodoro Studita, abate, che fece del suo monastero una scuola di sapienti, di santi e di martiri vittime delle persecuzioni degli iconoclasti; mandato per tre volte in esilio, ebbe in grande onore le tradizioni dei Padri della Chiesa e per esporre la fede cattolica scrisse alcune celebri opere su temi fondamentali della dottrina cristiana.

nome Beato Vincenzo Eugenio Bossilkov- titolo Vescovo e Martire- nascita 16 novembre 1900, Belene, Bulgaria- Ordinato presbitero 25 luglio 1926 dal vescovo Damian Johannes Theelen, C.P.- Nominato vescovo 26 luglio 1947 da papa Pio XII- Consacrato vescovo 7 ottobre 1947 dal vescovo Ivan Romanov- morte 11 novembre 1952, Sofia, Bulgaria- ricorrenza 11 novembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Nicopoli (1947-1952)- Beatificazione 15 marzo 1998- Nacque a Belene, in Bulgaria, da una famiglia contadina cattolica. All'età di 11 anni entrò nel seminario passionista di Ores, per poi passare a quello di Russe, residenza del prelato di Nicopoli. Studiò materie umanistiche e fece il noviziato in Belgio. Studiò filosofia in Olanda e teologia, di nuovo, in Belgio. Nel 1924 tornò in patria e lì fu ordinato sacerdote nel 1926. Nel 1927 fu inviato a Roma, dove trascorse quattro anni presso il Pontificio Istituto Orientale. Qui si formò per avere un rapporto con la Chiesa ortodossa, parlava sette lingue. Sottolineava sempre la sua apertura al problema ecumenico, soprattutto con i fratelli separati in Bulgaria. Nella sua predicazione e nelle sue celebrazioni questo era un tema frequente. Tornato in Bulgaria, il suo vescovo, il passionista olandese Theelen, lo prese come segretario, nominandolo parroco della cattedrale. Rimase qui per due anni e in seguito fu parroco di Bardarski-Gheran, una grande parrocchia al centro della valle del Danubio. Creò un coro con i bambini e iniziò a giocare a calcio. Oltre alla dedizione ai più poveri, mantenne un continuo contatto con il mondo della cultura. Diceva: “non aver paura di disturbarmi; Sono qui per servire mio fratello ”. Nel 1947 fu nominato vescovo di Nicopolis-Russe. Fu il primo vescovo bulgaro. La situazione non era buona e cercò di rievangelizzare il suo gregge, preparandolo a difendere la fede davanti al regime comunista. Creo missioni popolari, dove partecipò attivamente. Con grande difficoltà ottenne il passaporto e poté recarsi a Roma, dove incontrò Pio XII. La situazione con il regime comunista era tremenda tanto che volevano giurasse sulla "Lex Levitarum" cosa che gli creava molti problemi. Le scuole furono chiuse, i beni della Chiesa furono confiscati. Fu arrestato nel 1952, contemporaneamente ad altri 40 sacerdoti. Il regime stalinista di Sofia lo temeva e lo accusava di essere “il capo dell'organizzazione sovversiva di spionaggio cattolica”, e per questo lo eliminò con “atti notturni e traditori”. Fu fucilato nella stessa prigione di Sofia l'11 novembre 1952, dopo quattro mesi di dura prigionia, di atroci sofferenze e torture fisiche e mentali, mantenne sempre la sua coerenza ed era preparato al martirio. Tutti lo sapevano, ma il governo nascose la sua morte violenta e fino al 1975 non ha mai riconosciuto la sua morte. MARTIROLOGIO ROMANO. A Sofia in Bulgaria, passione del beato Vincenzo Eugenio Bossilkov, vescovo di Nicopol’ e martire, della Congregazione della Passione di Gesù, che, sotto un regime tirannico, condotto in carcere per essersi rifiutato di rinnegare la comunione con Roma e crudelmente torturato, fu condannato a morte sotto l’accusa di alto tradimento e infine fucilato.

nome San Giovanni l'Elemosiniere- titolo Vescovo patriarca di Alessandria d'Egitto- nascita 550 circa, Cipro- morte 617, Alessandria d'Egitto- ricorrenza 11 novembre- Santuario principale Chiesa di San Giovanni in Bragora- Attributi bastone pastorale- Patrono di Casarano e Morciano di Leuca- Giovanni detto l'Elemosiniere nacque a Cipro nel 550 circa. Niceta, un alto dignitario bizantino vicino all'imperatore Eraclio e incaricato in particolare dell'amministrazione dell'Egitto, ne notò le qualità e per sua iniziativa l'imperatore nominò Giovanni, che era un laico, al seggio patriarcale di Alessandria nel 610 o nel 612. Allora i monofisiti erano saldamente radicati e la Chiesa ortodossa aveva pochi sostegni. Limperatore Eraclio era ansioso di ristabilire la pace religiosa in un impero molto diviso e Giovanni si attivò per difendere l'ortodossia, occupandosi anche dei compiti amministrativi e delle opere di beneficenza; fu anche un giudice attivo e scrupoloso. Nel 619, quando gli eserciti persiani ebbero invaso l'Egitto e assediato Alessandria, Giovanni lasciò la città e si rifugiò a Cipro. Morì nel 617 ad Alessandria d'Egitto e fu sepolto ad Amathonte di Cipro, nella chiesa di San Ticonio, del quale aveva scritto un panegirico. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Limassol nell’isola di Cipro, transito di san Giovanni l’Elemosiniere, vescovo di Alessandria, insigne per la misericordia verso i poveri: pieno di carità verso tutti, fece costruire in gran numero chiese, ospedali e orfanotrofi e si adoperò con somma sollecitudine per alleviare il popolo da ogni miseria, facendo a tal fine uso dei beni della Chiesa ed esortando assiduamente i ricchi alla beneficenza.

nome San Bartolomeo il Giovane- titolo Abate- nascita 980 circa, Rossano, Calabria- morte 1055, Grottaferrata- ricorrenza 11 novembre- L'abbazia di rito bizantino di Grottaferrata, vicino a Roma, fu fondata nel 1004 da S. Nilo di Rossano (26 set.), che moti prima che fosse completata, sostituito in rapida successione da tre suoi discepoli, Paolo, Cirillo e Bartolomeo; tuttavia fu quest'ultimo che terminò i lavori consentendo l'insediamento della congregazione.<br /> Bartolomeo nacque nel 980 ca. e a sette anni fu mandato presso i monaci bizantini di rito greco, per ricevere un'istruzione adeguata, nel monastero di S. Giovanni Calibita. (la Calabria osservava quasi esclusivamente il rito greco a quel tempo); a vent'anni raggiunse Nilo al monastero di Vallelucio, vicino a Montecassino, e sembra che lo abbia accompagnato a visitare altri monasteri. Stava compiendo uno di questi viaggi con Nilo, quando si fermarono a Grottaferrata, dove era stata costruita una cappella sul sito di un luogo di sepoltura romano che risaliva al i secolo a.C., quando la città era chiamata Cryptaferrata: Nilo acquistò il terreno e cominciò la costruzione del convento. Seguendo la Regola di Bartolomeo, il monastero diventò un famoso centro culturale, che continua a esistere, più di novecento anni dopo; Bartolomeo era un abile calligrafo e i monaci dedicavano molto tempo alla trascrizione di manoscritti. Oltre a questo, non si sa molto della vita di Bartolomeo e perfino la data della sua morte è incerta. Esiste una tradizione a Grottaferrata, vera o falsa che sia, che riguarda papa Benedetto IX, il cui nonno aveva donato le terre su cui fu costruito il monastero; il suo pontificato, che durò a fasi alterne dal 1032 al 1048, fu tempestoso e il papa a un certo punto vendette il suo ufficio al suo padrino, che svolse il suo ministero da maggio del 1045 a dicembre del 1046, con il nome di Gregorio VI. Nel 1047, dopo il breve regno di Clemente II, reclamò l'Ufficio papale, con l'aiuto di una cospicua somma di denaro, ma fu cacciato un anno dopo dall'imperatore Enrico III (1039-1056). Secondo la tradizione, giunse a Grottaferrata, apparentemente carico di rimorso, e fu accolto da Bartolomeo, che gli fece capire che la sua vita disordinata non era adatta a un sacerdote, tanto meno a un papa. Con i consigli di Bartolomeo, si pentì sinceramente e rimase un semplice monaco fino alla morte avvenuta nel 1055. Questo racconto della relazione tra Bartolomeo e Benedetto IX comparve, per la prima volta, nella Vita di Bartolomeo, forse scritta dal suo terzo successore, l'abate Luca I. Non è chiaro quanto siano attendibili i dettagli: Benedetto era ancora papa nel 1055, d'altro canto fu certamente seppellito a Grottaferrata, luogo probabile della morte. Si può osservare un antico mosaico, che raffigura i SS. Nilo e Bartolomeo, nel presbiterio della chiesa abbaziale, e sembra che alcuni manoscritti custoditi nella biblioteca dell'abbazia siano stati copiati da S. Bartolomeo; oggi, l'occupazione principale dei monaci è la conservazione dei manoscritti, eseguita con tecniche scientifiche moderne.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Grottaferrata nei pressi di Frascati, vicino a Roma, san Bartolomeo, abate, che, nato in Calabria, fu compagno di san Nilo, del quale avrebbe in seguito composto la Vita, e gli fu accanto quando, ormai prossimo alla morte, fondò nel territorio di Frascati un monastero organizzato secondo la disciplina ascetica dei Padri orientali, che egli consolidò durante il suo governo facendone una scuola di scienza e arte.

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