@Vitupero
I santi di oggi 3 gennaio:
nome
Santissimo Nome di Gesù
titolo
Nome d'allegrezza, di speranza e d'amore
ricorrenza
3 gennaio
Gesù, che vuol dire Salvatore, è il nome dato al Verbo Incarnato non dagli uomini, ma da Dio stesso. Apparve infatti l'Angelo del Signore a S. Giuseppe e gli disse: « Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prender teco Maria come tua consorte, perché ciò che è nato in lei è dallo Spirito Santo. Darà alla luce un figlio, cui porrai nome Gesù, perché sarà Lui che libererà il suo popolo dai peccati ». Nacque il Bambino e otto giorni dopo fu circonciso, e fu chiamato Gesù, cioè Salvatore, come era stato nominato dall'Angelo.
Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza (Sal 95,2)
In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (Atti 4,12)
Gesù! Nome d'allegrezza, di speranza e d'amore.
Nome d'allegrezza. Quando ci affligge la memoria dei nostri peccati, quando il rimorso si fa sentire più forte nella nostra coscienza, quando lo spavento degli eterni castighi ci assale, ed il demonio cerca precipitarci nella disperazione, pensiamo a Gesù, al nostro Salvatore. Una gioia arcana entrerà nel nostro cuore e ci conforterà; in Lui troveremo la forza e la luce: la luce che illumina, che salva, che santifica.
Nome di speranza. Gesù stesso ci dice: « Se chiederete qualcosa al Padre in nome mio, Egli ve la darà ». « O uomini, pare ci dica, di che temete? Se la vostra miseria vi fa arrossire, se temete pei vostri peccati il Padre mio, se non osate chiedere a Lui ciò che a voi sta a cuore, fatevi coraggio : chiedete in nome mio, e tutto vi sarà dato ».
Nome d'amore. Chi, pronunciando questo dolcissimo nome, non ricorda quanto sia costata la nostra Redenzione? Chi non si commuove innanzi a un eccesso di tanto amore? È Gesù, Dio uguale al Padre, che si sacrifica su di una croce e agonizza fra atroci tormenti per noi! Egli, l'innocente, muore schernito e vilipeso da quelli stessi per cui dà la vita. Nome d'amore, d'infinito amore, nome che a Lui solo compete, perché solo Lui ha redento il genere umano! E per questo il Padre gli diede un nome che è sopra ogni nome. A questo nome piegano la fronte gli Angeli ed i Beati del cielo, tremano le forze degli abissi, e riverenti si inchinano gli abitanti della terra.
Quel bambino che i profeti da tanti anni preannunziarono, quel bambino di cui parlano le Scritture, quello che l'umanità da tanto tempo aspettava come un liberatore, oggi lo conosciamo: si chiama Gesù, Salvatore. Egli è Colui che ha chiuso le porte dell'inferno ed ha aperto quelle del Paradiso; Colui che dà gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.
La devozione al Santissimo nome di Gesù ha origini molto antiche e fu divulgata dai francescani. L’antica devozione al Santissimo Nome di Gesù, di particolare importanza per i Gesuiti e in particolar modo per Sant’Ignazio di Loyola, vide nella figura di San Bernardino da Siena il principale divulgatore. Fu proprio San Bernardino ad inventare il Trigramma IHS, l’emblematica sigla di Cristo al centro di un sole a 12 raggi, ovvero le prime tre lettere del nome di Gesù in lingua greca (ΙΗΣΟΥΣ). Ma queste lettere rappresentano anche l’abbreviazione di Iesus Hominum Salvator, ovvero “Gesù Salvatore degli uomini”.
Ma la sigla IHS ha un significato ben preciso, Cristo è rappresentato dal sole che irradia luce e calore e lo fa attraverso l’opera dei 12 apostoli, i 12 raggi, ovvero, attraverso la Chiesa.
PRATICA. Non pronunciate mai invano il nome di Gesù; ma invocatelo con fede in ogni vostra necessità.
PREGHIERA. Gesù mio, scrivete il vostro nome sul mio povero cuore e sulla mia lingua, acciocché, tentato a peccare, io resista con invocarvi; tentato a disperarmi, io confidi nei vostri meriti. Fate che il vostro nome mi infiammi d'amore, e sia sempre la mia speranza, la mia difesa e l'unico mio conforto.
MARTIROLOGIO ROMANO. Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina.
nome<br /> Santa Genoveffa</p> <p> titolo<br /> Vergine</p> <p> nascita<br /> 422<br /> Nanterre, Francia</p> <p> morte<br /> 3 gennaio 512<br /> Parigi, Francia</p> <p> ricorrenza<br /> 3 gennaio </p> <p> Attributi<br /> candela, giglio e pane di grano</p> <p> Patrona di<br /> Parigi, Gendarmeria Nazionale, pastori, tappezzieri e fabbricanti di cera</p> <p> Il villaggio di Nanterre, poco lungi da Parigi, ebbe la gloria di veder nascere S. Genoveffa, verso l'anno 422. Suo padre aveva nome Severo e la madre Geronzia: erano di condizioni assai umili, ma persone dabbene e distinte nella virtù.</p> <p> Iddio prevenne questa santa fanciulla con le più dolci benedizioni, quasi fin dalla culla: la pietà, la modestia, la saviezza spiccavano in lei ancor tenera fanciulla in un incanto di ingenuità ammirevole. Di passaggio da Nanterre, per recarsi ad evangelizzare la Bretagna, S. Germano di Auxerre scorge fra la folla dei suoi ascoltatori la figura angelica della piccola Genoveffa ed ha il presagio della sua futura santità. La fanciulletta era allora in età dai 7 agli 8 anni: il santo le parla in privato: soddisfatto delle sagge sue risposte, la esorta a consacrarsi completamente a Dio e la fanciulla risponde che questo è l'unico e il più ardente suo desiderio. Allora San Germano, per confermarla in questa risoluzione, le regala una medaglia di rame, nella quale è impressa la figura della Croce, come pegno della fedeltà, ch'ella ha promesso a Cristo, e Genoveffa, per tutta la sua vita, porterà questa medaglia pendente al collo.</p> <p> Intanto la sua virtù crebbe con l'età e il suo amore per Gesù Cristo divenne sempre più vivo. Un giorno di festa, andando sua madre alla Chiesa, volle obbligarla a restarsene a casa: per quanto fosse perfetta la sua sottomissione, Genoveffa credette di poter almeno pregare la madre di permetterle di andarvi a fare le sue devozioni: ma la donna, che era quel giorno di cattivo umore, si ritenne offesa da una supplica, della quale avrebbe dovuto anzi rimanere edificata, le diede uno schiaffo e le vietò assolutamente di seguirla. Un impeto di ira sì poco cristiano fu quasi nello stesso momento punito. Ella, divenne all'istante cieca e non ricuperò la vista che dopo venti mesi lavandosi gli occhi con l'acqua sopra la quale aveva pregato sua figlia di fare il segno della croce.</p> <p> All'età di 15 anni, S. Genoveffa si consacrò a Dio con voto solenne e cominciò, secondo la pratica che era allora ordinaria alle vergini, a non cibarsi che di legumi, non bere che acqua e portare continuamente il cilicio. Dormiva sulla nuda terra, passando regolarmente in orazione le notti che precedevano la domenica, il giovedì e le feste nelle quali doveva accostarsi alla Santa Comunione.</p> <p> Essendole morti i genitori, ella venne ad abitare a Parigi, nella casa di una sua conoscente, dove condusse una vita umile ed oscura, nell'esercizio di una austerissima penitenza e di una continua orazione.</p> <p> Fu biasimata la sua ritiratezza, fu censurata la sua maniera di vivere, si trovò a che dire su tutti i suoi esercizi di mortificazione e di pietà. Iddio provò per lo spazio di qualche anno la virtù della sua serva nel fuoco della più viva persecuzione, finchè, ripassando S. Germano in Inghilterra, confuse tutti i suoi invidiosi e fece giustizia alla virtù dell'eroica giovane. Ma la calma non fu molto lunga: sorsero in seguito, altre lotte, altre persecuzioni, che S. Genoveffa superò e vinse coll'eroismo délla sua carità. Alla fine la sua virtù venne da tutti riconosciuta ed esaltata. Infaticabile era il suo zelo e la sua carità verso il prossimo, ma ciononostante, non perdette raccoglimento interiore.</p> <p> </p> <p> Ella si rinchiudeva ogni anno, dalla Epifania alla Pasqua, e, per tutto questo tempo non si lasciava vedere da alcuno e non parlava che alle vergini, che si erano raccolte sotto la sua direzione. Il suo amore, poi, e la sua devozione verso la Madonna, sembravano superare tutte le altre sue virtù: ed ella nulla tanto raccomandava a tutti coloro che venivano a visitarla e alle sue figliole, quanto la dèvozione a Maria SS.</p> <p> Dotata del dono dei miracoli e di quello della profezia, rispettata dai Principi e dai Prelati, in singolare venerazione fra il popolo, si nutrì per tutto il corso della sua vita di sentimenti di una sì profonda umiltà, che gli onori prestatile la facevano patire di più che non le più crudeli persecuzioni.</p> <p> Alla fine, adorna di tanti doni soprannaturali, in età di 89 anni, colma di meriti, morì in Parigi non men santamente di quello che vi era vissuta, il 3 gennaio dell'anno 512. Ella è stata proclamata la Patrona della capitale della Francia.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Parigi, in Francia, deposizione di santa Genoveffa, vergine di Nanterre, che a quindici anni, su invito di san Germano vescovo di Auxerre, prese il velo delle vergini, confortò gli abitanti della città atterriti dalle incursioni degli Unni e soccorse i suoi concittadini in tempo di carestia.<br />
nome<br /> San Daniele di Padova</p> <p> titolo<br /> Diacono e Martire</p> <p> morte<br /> IV secolo<br /> Padova</p> <p> ricorrenza<br /> 3 gennaio </p> <p> Attributi<br /> palma</p> <p> Patrono di<br /> Padova (compatrono)</p> <p> Si narra che era un diacono di origine ebraica; aiutò san Prosdocimo, primo vescovo di Padova, nel suo apostolato nell'Italia settentrionale e in quella città fu martirizzato.</p> <p> Secondo la leggenda il martire sarebbe apparso a un cieco di Viterbo invitandolo a chiedere la grazia della vista nell'oratorio di San Prosdócimo, a Padova dove era ubicata la tomba di San Daniele ancora non rinvenuta. Attente ricerche seguirono la guarigione miracolosa, culminata nella scoperta di un'arca di marmo. Il martire vi giaceva esattamente come nel momento in cui era salito al cielo: il corpo, steso orizzontalmente su una tavola di legno e ricoperto da una lastra di marmo, era trafitto con lunghi chiodi. Un'iscrizione diceva: "qui riposa il corpo di Daniele, martire e diacono".</p> <p> Il vescovo Ulderico, presente a quella prima ricognizione, fece trasportare l'arca il 3 gennaio 1076 nella nuova Cattedrale di Santa Maria, entro le mura cittadine; e per placare l'opposizione dei monaci di Santa Giustina - dove era stato ritrovato il corpo - e degli abitanti del luogo, fece costruire nel luogo dove ora sorge l'omonima chiesa parrocchiale un oratorio dedicato a San Daniele.</p> <p> Le spoglie del santo furono nuovamente trasferite nel 1592 dall'altare maggiore della vecchia cattedrale ai sotterranei di quella nuova. Quando nel 1953 il luogo fu trasformato in un oratorio invernale, l'arca di Daniele fu liberata dai marmi e dai bronzi che nascondevano quello che era stato originariamente scoperto: un'antica arca romana in marmo di Carrara, che, forse all'epoca della scoperta la vecchia decorazione pagana era stata rimossa ed era stata aggiunta un'enigmatica iscrizione. I gestori hanno decifrato l'iscrizione della leggenda con diverse varianti. Viene festeggiato nella diocesi di Padova come patrono secondario il 3 gennaio, anniversario del primo trasferimento.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. A Padova, commemorazione di san Daniele, diacono e martire.
nome<br /> San Ciriaco Elias Chavara</p> <p> titolo<br /> Sacerdote e Cofondatore indiano</p> <p> nome di battesimo<br /> Kuriakose Elias Chavara</p> <p> nascita<br /> 8 febbraio 1805<br /> Kainakary, India</p> <p> morte<br /> 3 gennaio 1871<br /> Koonammavu, India</p> <p> ricorrenza<br /> 3 gennaio </p> <p> Beatificazione<br /> 1986 da papa Giovanni Paolo II</p> <p> Canonizzazione<br /> 22 novembre 2014 da papa Francesco</p> <p> Nacque in India 1'8 febbraio 1805 a Kainakari, attualmente diocesi di Changaanachery, e fu battezzato otto giorni dopo con il nome di Ciriaco (Kuriakose). Ricevette una prima formazione da sua madre, frequentando poi la scuola elementare del villaggio. All'età di dieci anni espresse il desiderio di divenire prete. Per qualche tempo andò a vivere e studiare presso il parroco; nel 1818 entrò nel seminario minore di Pallipuratn. Finiti gli studi fu ordinato prete dal vescovo Maurilio Stabini, allora vicario apostolico del Malabar, il 29 novembre 1829.</p> <p> Due preti famosi nel Malabar per i loro studi e lo zelo pastorale, Thomas Palackal (rettore del seminario) e Thomas Porukara (segretario del vicario apostolico), stavano allora studiando modi per arricchire spiritualmente la vita religiosa del clero locale, preparandolo a una pastorale più impegnata mediante la creazione di una congregazione dedicata alla solitudine e alla preghiera. Quando era ancora diacono Ciriaco aveva mostrato interesse per questo tipo di vita; una volta ordinato prete fu richiamato al seminario di Pallipuram e nominato assistente del rettore, ma poco dopo si trasferì a Mannanam, luogo scelto per la costruzione della prima casa del nascente ordine religioso, che fu inaugurata da padre Thomas Porukara l' 11 maggio 1831, alla presenza del vicario apostolico e di una numerosa folla composta da rappresentanti del clero e fedeli.<br /> Prima ancora di una stesura formale della regola, padre Palackal morì nel 1841, seguìto nel 1846 da padre Porukara; la guida della comunità cadde allora interamente sulle spalle di Ciriaco, in quanto sacerdote e ancora relativamente giovane. Molti tra preti e giovani attratti dal presbiterato entrarono nella nuova congregazione, che divenne il maggior centro di vita religiosa della Chiesa del Malabar e ricevette l'approvazione formale, nel 1855, con il titolo di congregazione dei Servi di Maria Immacolata. Ciriaco emise i voti in quello stesso anno, in occasione della festa dell'Immacolata Concezione, prendendo il nome religioso di Ciriaco Elia della Sacra Famiglia; fu eletto superiore e guidò la congregazione fino alla morte.</p> <p> A causa del gran numero di postulanti furono presto fondate altre case a Konammavu nel 1857, Elthurut e Vazhakulam (1858), Puliunnu (1862), Ampazahakad (1868) e Nutholy (1870). Nel 1866, con l'aiuto di padre Leopoldo Beccaro, OCD, Ciriaco fondò una comunità di suore a Konammavu.<br /> La comparsa non autorizzata, nel 1861, del vescovo caldeo Tommaso Rochos, generò una grande confusione nella Chiesa Siro-Malabarese: molti preti e laici accettarono l'autorità di questo nuovo vescovo, contrariamente alle indicazioni espresse dalla Santa Sede. Ciriaco fu nominato vicario generale della Chiesa Siro-Malabarese con ampi poteri per cercare di risolvere la situazione. Promosse una specie di crociata, a cui tutti erano chiamati a prendere parte per arrestare lo scisma; riformò la liturgia; stimolò clero e laici a un vigoroso rinnovamento spirituale, specialmente attraverso la sua predicazione e l'organizzazione di esercizi spirituali nei seminari. Un tentativo di riunificazione fatto nel 1870 fallì, e la situazione si regolarizzò solo nel 1930 con la creazione della Chiesa Malancarese in comunione con Roma.</p> <p> Ciriaco mori a Konammavu nel Kerala i13 gennaio 1871, dopo alcuni mesi di malattia. È stato beatificato da papa Giovanni Paolo II a Kottayam 1'8 febbraio 1986, insieme ad Alfonso dell'Immacolata Concezione (28 lug.).</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Mannemamy nel Kérala in India, beato Ciriaco Elia Chavara, sacerdote, fondatore della Congregazione dei Carmelitani di Maria Immacolata.
nome<br /> Santi Teopempto e Teona</p> <p> titolo<br /> Martiri a Nicomedia</p> <p> ricorrenza<br /> 3 gennaio </p> <p> Patroni di<br /> Medolla, Castelvetro di Modena.Tivoli di S. Giovanni in Persiceto (BO) Zappolino di Castello di Serravalle (Bo) Radolfzell (D)</p> <p> Teopempto era vescovo di Nertóbriga (oggi Frenegal de la Sierra). Quando la persecuzione di Diocleziano si spostò in Aragona, per aggirare le leggi persecutorie, fu colpito e bruciato in un forno acceso, ma ne uscì illeso, fu nuovamente arrestato e lasciato senza mangiare per 21 giorni quando gli fu brutalmente rimosso un occhio e ordinarono al mago Teonas di ucciderlo con i suoi incantesimi, ma il mago si convertì con l'esempio del vescovo e quando fu battezzato prese il nome di Sinesio, anche lui morto martire come il vescovo ma anni dopo. Teopempto morì il 21 maggio dopo essere stato decapitato ad Almuña o Ricla de Aragón.</p> <p> MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Nicomedia in Bitinia, nell’odierna Turchia, santi Teopempto e Teona, che affrontarono il martirio durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.