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19/06/2024 alle 14:33

I santi di oggi 19 giugno:

I santi di oggi 19 giugno:

nome San Romualdo- titolo Abate- nascita 952 circa, Ravenna- morte 19 giugno 1027, Fabriano- ricorrenza 19 giugno e 7 febbraio- Canonizzazione

1532 da papa Gregorio XIII- Santuario principale Chiesa dei Santi Biagio e Romualdo a Fabriano- Attributi Bastone pastorale, scala, bibbia, libro della regola, bastone, teschio, demonio tentatore e modellino dell'eremo di Camaldoli- Patrono di Camaldolesi, Basilica Cattedrale di Sansepolcro (contitolare) e Diocesi di Sansepolcro- S. Romualdo nacque a Ravenna dalla nobile famiglia degli Onesti: i costumi del casato però non corrispondevano al nome. Il duca Sergio, padre del nostro Santo, uomo irascibile e per nulla religioso, venuto in lite con un parente per il possesso di un podere, lo sfidò a duello. Romualdo sebbene aborrisse lo spargimento di sangue, costretto dal padre, dovette assistere a quell'atto irragionevole che terminò coll'uccisione dell'avversario. A quella vista il suo cuore inorridì e corse a nascondersi nel monastero di Classe presso Ravenna, per riparare, con quaranta giorni di penitenza, l'omicidio commesso dal genitore. Finita quella quaresima, si sentì mutato; le esortazioni di un frate laico e di due visioni di S. Apollinare, lo decisero a vestire l'abito religioso in quel monastero. Trascorsi tre anni, abbandonò il paese natio e recatosi in una solitudine vicino a Venezia, si pose sotto la direzione di un celebre eremita chiamato Marino. Dopo vent'anni di tirocinio, Romualdo in compagnia del maestro e di alcuni nobili veneziani, passò in Francia fermandosi nei dintorni di S. Michele di Cusa. Lì prese a progredire mirabilmente di virtù in virtù, superando lo stesso Marino, e molti, ammirando il suo tenore di vita, venivano a mettersi sotto la sua guida. Anche qui dovette sostenere terribili lotte col demonio, che gli dipingeva in mille modi le difficoltà della vita religiosa, la fragilità della nostra debole natura e l'enorme fatica che ci vuole per giungere a piacere davvero al Signore. Il Santo tutto vinse con la mortificazione e la preghiera. Dalla Francia tornò nuovamente in Italia ed ebbe la consolazione di constatare la conversione del duca suo padre. Avuto intanto notizia che il suo discepolo Brunone di Querfurt era stato coronato del martirio in Russia, bramando anch'egli di versare il suo sangue per la fede, s'incamminò verso quelle regioni. Ma una grave malattia lo arrestò nell'Ungheria ed egli, scorgendovi un segno della volontà divina, fece ritorno in Italia. Riprese quindi le fondazioni e le visite ai monasteri. Un giorno ad Arezzo s'incontrò con un conte aretino di nome Maldolo, padrone di una casa e di una magnifica selva che dal suo nome si chiamava Camaldoli. Il conte, conosciuto chi fosse quel venerando pellegrino, gli manifestò una visione avuta e gli donò casa e selva. Romualdo, giudicando quella località adattissima per i suoi seguaci, ridusse la casa ad ospizio e vicino costruì un eremo per i religiosi contemplativi. Diede loro, con qualche modificazione, la regola benedettina e dal nome del luogo li denominò Camaldolesi. Il santo vegliardo fondò ancora un altro cenobio nella valle di Castro nelle Marche, e vicino a questo si costruì una cella romita per passarvi gli ultimi anni. Qui, affranto, mori il 19 giugno 1027 a 120 anni. La festa odierna ricorda la traslazione delle sue reliquie nella chiesa di Fabriano. PRATICA. Imitare S. Romualdo in questo suo bel consiglio: «Presto a letto e presto fuor di letto». PREGHIERA. Dela! Signore, ci renda accetti l'intercessione del beato abate Romualdo, affinché quel che non possiamo coi nostri meriti, lo conseguiamo per il suo patrocinio. MARTIROLOGIO ROMANO. San Romualdo, anacoreta e padre dei monaci Camaldolesi, che, originario di Ravenna, desideroso di abbracciare la vita e la disciplina eremitica, girò l’Italia per molti anni, costruendo piccoli monasteri e promovendo ovunque assiduamente tra i monaci la vita evangelica, finché nel monastero di Val di Castro nelle Marche mise felicemente fine alle sue fatiche.

nome Santa Giuliana Falconieri- titolo Vergine- nome di battesimo Giuliana Falconieri- nascita 1270, Firenze- morte 19 giugno 1341, Firenze- ricorrenza 19 giugno- Beatificazione 26 luglio 1678 da papa Innocenzo XI- Canonizzazione 16 giugno 1737 da papa Clemente XII- Santuario principale Basilica della Santissima Annunziata, Firenze- Giuliana nacque a Firenze nel 1270 circa le notizie che la riguardano derivano principalmente dal "Dialogus ad Petrum Cosmae" opera redatta da fra Paolo Attavanti nella seconda metà del quindicesimo secolo: «La nostra città generò Giuliana, specchio di verginità e memorabile esempio per tutte le donne, tanto che Ella diventò celebre per lo splendore della sua santità. Seguendo infatti i santi insegnamenti, come ci testimonia il suo comportamento, si adornò non di vane doti o dell'approvazione dei mortali per la sua singolare bellezza, ma del merito della sua virtù vera nella quale spesso risiede il decoro e la gloria del successo. Tra l'altro, abbracciando la devozione della «vedovanza» della Santa Madre (Maria Addolorata), ne vestì l'abito della salvezza (che, secondo un'accettabile ipotesi, avrebbe ricevuto ritualmente nel 1305).» Appena quindicenne Giuliana, sentendo parlare il beato Alessio sul giudizio finale, colpita da quelle parole, decise di dedicarsi tutta alla contemplazione di Dio e alla sequela di Cristo. Prendendo a frequentare la famiglia dei Servi rimase tanto edificata dalla vita evangelica di quei frati, che non cessò di pregare la Regina del cielo e i propri genitori, finché non le fu concesso di vestire l'abito dei Servi. Assieme ad altre giovani e donne di santa vita, che perseguivano lo stesso proposito di conversione e di carità, si ritrovava nella chiesa dei Servi, a Cafaggio, alla porta della città. Qui esse prendevano parte alla liturgia, cantavano le lodi della Vergine, e si dedicavano a servire i fratelli, specialmente i più poveri. Giuliana era guida alle altre compagne che aspiravano a vivere più da vicino l'esempio di Cristo, sotto la protezione della Vergine. Per questo motivo Giuliana « divenne capostipite delle suore e delle monache serve di santa Maria » dette Mantellate. Da vera discepola di Gesù e della sua Madre, rinnegava con forza l'egoismo, lo spirito mondano e il demonio. Ancora giovane di età, superava gli adulti nella virtù. La sua santità ebbe a manifestarsi attraverso molteplici prodigi, in vita e segnatamente nell'ora del suo transito. Ridotta infatti agli estremi, Giuliana non poteva più ingerire alcun cibo, stremata com'era dal cilicio, dalle veglie, dall'orazione e dai digiuni. E poiché bramava di ricevere il Corpo del Signore, chiese con insistenza che le fosse deposto sul petto l'ostia consacrata. Pratica diffusa nel Medioevo a conforto di quegli infermi che desideravano fare la comunione, ma ne erano impediti per la gravità della malattia. Il sacerdote accompagnava questo rito con una preghiera: si invocava Dio perché egli, che aveva infuso l'anima nel corpo, santificasse l'anima del malato mediante il Corpo del Figlio suo. Giuliana tornò alla casa del Padre, colma di gioia per essere stata esaudita nella sua richiesta. Si dice che l'ostia sparisse, quasi fosse penetrata misteriosamente nel corpo di lei. Le sue spoglie sono conservate nella basilica della santissima Annunziata di Firenze. Giuliana fu canonizzata da Clemente XII il 16 giugno 1737. MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, santa Giuliana Falconieri, vergine, che istituì le Suore dell’Ordine dei Servi di Maria, chiamate per il loro abito religioso “Mantellate”.

nome Santi Gervasio e Protasio- titolo Martiri- ricorrenza 19 giugno- Durante il V secolo un autore anonimo compose una Passio che racconta dei loro genitori san Vitale e santa Valeria che furono martiri della cristianità durante la persecuzione di Diocleziano. Appena venuti a conoscenza della morte dei genitori non pianificarono nessuna vendetta, anzi decisero di vendere tutti i beni di famiglia per distribuire il ricavato ai poveri di Milano. Dieci anni dopo una vita di preghiera, meditazione e professione dei dettami della cristianità. Quando il generale Anastaso passò con le sue truppe nella città, li denunciò come cristiani e li additò come persone da punire e da redimere. I due fratelli furono arrestati, torturati ed umiliati. A Protasio fu tagliata la testa con un colpo di spada, mentre Gervasio morì a seguito dei numerosi colpi di flagello ricevuti. Il racconto della scoperta delle loro reliquie da parte di S. Ambrogio di Milano (7 dic.), alla presenza di S. Paolino di Nola (22 giu.) e S. Agostino d'Ippona (28 ago.), deve essere considerato come uno degli eventi di questo tipo più sensazionali e meglio storicamente attestati nella Chiesa del secolo. Ambrogio aveva costruito la grande cattedrale di Milano, che poi prese il suo nome, e racconta in una lettera alla sorella Marcella come si preparava alla dedicazione e con quale premura voleva farne un evento memorabile, paragonabile alla cerimonia nella quale aveva dedicato un'altra chiesa dove si conservavano le reliquie degli apostoli. Ebbe "presentimento" (Agostino parla di visione) che in quel luogo ci fossero reliquie di antichi martiri cristiani, sepolti nella basilica cimiteriale dei SS. Nabore e Felice: gli scavi, da lui ordinati, portarono infatti alla luce i corpi di due uomini di alta statura con le teste recise dal corpo. Le ricerche fatte li identificarono con Gervasío e Protasio, dei quali, a duecento anni dalla morte, non si ricordava più nulla se non i nomi e il fatto che avevano subito il martirio. Mentre le reliquie venivano portate attraverso le vie cittadine un macellaio cieco, di nome Severo, riottenne la vista toccando la frangia del drappo funebre che le ricopriva: sia Ambrogio, che Paolino (allora suo segretario), e Agostino (allora a Milano), citano l'episodio del macellaio; Paolino afferma che costui lavorasse ancora in città quando egli scriveva la Vita di Ambrogio nel 411. Sulla esistenza storica di Protasio e Gervasio sono sorte molte controversie: il dottor IR. Harris ha formulato un'audace teoria: che fossero figure mitiche, forse identificabili con i Dioscuri (Castore e Polluce, figli di Giove). La pista di ricerca è stata confusa da una lettera apocrifa attribuita a S. Ambrogio, in cui si racconta la vita dei due protomartiri affermando che subirono il martirio al tempo di Nerone, ma gli agiografi moderni pensano che siano stati veramente martirizzati, benché la loro vicenda ci sia sconosciuta, durante il regno dell'imperatore Antonino o anche prima. Ambrogio, Paolino e Agostino sono però testimoni degni di fede: Ambrogio era uomo di grande esperienza (era stato governatore delle province di Emilia e Liguria prima di diventare vescovo) e di indubbia integrità; un santo che si era opposto a un imperatore difficilmente avrebbe accettato reliquie di dubbia provenienza per la sua chiesa. Era così convinto della verità del martirio di Gervasio e Protasio che diede la direttiva che i suoi resti mortali fossero messi accanto ai loro nella chiesa. Nel ix secolo l'allora vescovo di Milano, Anghelberto II, riunì le reliquie dei tre in un'urna di porfido e là rimasero indisturbate; ora sono nella cripta della basilica di S. Ambrogio. Alcune chiese tedesche e la cattedrale di Soissons rivendicarono il possesso delle reliquie dei due protomartiri, portate in quei luoghi dall'imperatore Federico Barbarossa, ma ora è quasi certo che non appartenessero a loro.<br /> Gervasio e Protasio sono ritratti nei quadri dell'Assunzione della Vergine del Borgognone, conservati nella pinacoteca di Brera. Il titolo "S. Trovaso" di una chiesa veneziana a loro dedicata, può essere frutto di una distorsione del loro nome nella lingua veneta. MARTIROLOGIO ROMANO. Milano, commemorazione dei santi Gervasio e Protasio, martiri, i cui corpi furono rinvenuti da sant’Ambrogio e in questo giorno solennemente traslati nella nuova basilica da lui costruita.

nome San Deodato di Nevers- titolo Vescovo- nascita 600 circa- morte 679 circa, Saint-Dié-des-Vosges, Francia- ricorrenza 19 giugno- Canonizzazione<br /> papa Leone IX, 1049- Intorno al 655 Deodato (Dié, Didier, o Dieudonné) divenne vescovo di Nevers e nel 657 partecipò al sinodo di Sens insieme a Eligio di Noyon (1 dic.), Audoeno di Rouen (24 ago.) e altri eminenti vescovi. Dopo tre anni di guida della diocesi decise di ritirarsi nella foresta di Hagenau, sui Vosgi, per condurvi vita eremitica, ma a causa dell'ostilità della gente del luogo si trasferì in un'isoletta presso Strasburgo, dove un gruppetto di eremiti si era già insediato. Ben presto guardarono a lui come alla loro guida e con l'aiuto del re Childerico II, che gli donò un terreno, costruì l'abbazia dedicata ai SS. Pietro e Paolo. Da questa comunità si staccò un gruppo di monaci che diede vita all'abbazia di Ebersheim. Deodato continuava però a sentire il bisogno di solitudine, e si ritirò ancora alla ricerca di un luogo dove poter vivere solo con Dio, senza essere importunato. Alla fine fece ritorno nei Vosgi e si stabilì in una zona da allora chiamata "valle di S. Didier"; anche lì fu raggiunto da discepoli e per loro fondò un monastero chiamato Jozntures, poiché era situato alla confluenza dei fiumi Fave e Mcurthe (questo luogo è oggi chiamato Saint Dié). Poco lontano un altro vescovo, Idolfo di Treviri (1 1 lug.), che aveva scelto la stessa vita solitaria, guidava un gruppo di eremiti; i due strinsero amicizia, benché s'incontrassero solo una volta all'anno, trascorrendo una notte in preghiera, nella lode di Dio. Deodato, prima di morire, affidò il suo monastero a Idolfo; costui gli era accanto nel momento del trapasso e celebrò le sue esequie. La città di Saint Dié si sviluppò attorno all'abbazia dei SS. Pietro e Paolo; nel 1801 la sede episcopale fu soppressa ma venne ristabilita dopo sedici anni. La chiesa abbaziale fu distrutta nel 1944, ma ciò che rimaneva delle reliquie di Deodato fu portato in salvo, posto in uno scrigno e ritumulato solennemente nel 1950. MARTIROLOGIO ROMANO. Sui monti Vosgi in Burgundia, nel territorio dell’odierna Francia, san Deodato, vescovo di Nevers, che si tramanda abbia fondato in questo luogo un monastero che prese poi il suo nome.

nome Beata Michelina da Pesaro- titolo Vedova- nascita 1300 circa, Pesaro- morte 19 giugno 1356, Pesaro- ricorrenza 19 giugno- Beatificazione<br /> 24 aprile 1737 da papa Clemente XII- La Beata Michelina da Pesaro nacque nel 1300 circa dall'unione delle famiglie Metelli e Pardi, e a soli 12 anni fu data in sposa ad un nobile, che per alcuni trattasi di un membro della casata dei Malatesta, per altri di un loro amico. Rimasta precocemente vedova a 20 anni, per un po' di tempo si dedicò a suo figlio Pardino ma quando questi si ammalò e morì, la sua salvezza fu l'incontro con una donna, Soriana (o Sira), pellegrina ospite in casa sua che la aiutò e la spinse, con il suo comportamento pregno di bontà, a riavvicinarsi alla chiesa e alla fede. Michelina decise quindi di unirsi all'Ordine terziario Francescano, di cui fu primo membro donna, e vendette tutti i suoi beni e averi dando inizio così una nuova vita, dedicata ad aiutare i bisognosi, riducendosi alla fine in completa povertà, tanto da dover mendicare per il cibo. Non smise mai però di fare penitenza, mortificando le sue carni con un cilicio intessuto di crine di cavallo e cingendosi la vita con un cerchio di ferro, e nel 1347, assieme ad un suo concittadino, Cecco Zanferdini, terziario francescano come lei, costituì la Confraternita dell’Annunziata, atta alla scopo di assistere i bisognosi, i malati, gli infermi, e di accogliere mendicanti e pellegrini. Il suo corpo si consumò per le sofferenze e i digiuni inflittogli, e Michelina morì il 19 giugno 1356. Il suo culto è nato da un episodio accaduto a Pandolfo Malatesta, Signore di Pesaro, il quale raccontò che nel 1362 riuscì a scampare ad un naufragio grazie all'intercessione della donna. Pare infatti che ella stessa sia riuscita in vita a calmare il mare in burrasca durante un viaggio di ritorno da un pellegrinaggio in Palestina. Il corpo della Beata, il cui culto è stato approvato da papa Clemente XII nel 1737, risposa nella cappella a lei dedicata presso la chiesa di San Francesco, a Pesaro. MARTIROLOGIO ROMANO. A Pesaro, beata Michelina, vedova, che donò tutti i suoi beni ai poveri e, vestito l’abito del Terz’Ordine di San Francesco, mendicando il pane condusse una vita umile e disciplinata dall’osservanza.

nome Beato Tommaso Woodhouse- titolo Sacerdote gesuita, martire- morte 1573, Tyburn, Inghilterra- ricorrenza 19 giugno- Maria Tudor regnò per soli cinque anni, dal 1553 al 1558; un breve periodo nel quale rovesciò la politica protestante di Enrico VIII ed Edoardo VI nel tentativo di riportare l'Inghilterra all'unità con Roma: furono ristabiliti i legami con il papato; i vescovi protestanti sostituiti da cattolici; l'arcivescovo Cranmer e i vescovi Latimer e Ridley condannati al rogo. Ogni giovane che studiasse teologia durante quel quinquennio doveva sentirsi profondamente impegnato a ristabilire il cattolicesimo e convinto che la frattura con Roma era stata solamente un'aberrazione temporanea. Tommaso Woodhouse venne ordinato prete verso la fine del regno di Maria; fu nominato rettore di una piccola parrocchia nel Lincolnshire, ma dopo nemmeno un anno del suo insediamento la regina morì. Sotto Elisabetta I, che le successe, i contatti con il papato furono di nuovo recisi e reintrodotti l'Atto di Supremazia e quello di Uniformità di Enrico VIII. Poiché era un prete cattolico, Tommaso Woodhouse perse il suo beneficio, insegnò per qualche tempo in Galles ma fu arrestato nel 1561 mentre stava celebrando Messa e tradotto nella prigione di Fleet, dove vi rimase dodici anni. Tyrrel, il direttore delle carceri di Fleet, aveva in simpatia i cattolici e diede loro una considerevole libertà: durante i primi anni di carcere gli fu permesso di dire quotidianamente l'Ufficio, celebrare la Messa in cella e anche tentare di convertire i suoi compagni, discutendo con loro. Iniziò a gettare, attraverso le inferriate e legandoli a sassi, messaggi scritti ai passanti nei dintorni del carcere. Quando, nel 1563, ci fu una diffusione di peste a Londra, Tyrrel trasferì Tommaso e gli altri cattolici nella sua casa di campagna per metterli in salvo. Nel 1572, dopo trattative con il provinciale di Parigi, fu ammesso, attraverso via epistolare, nella Compagnia di Gesù. La bolla papale del 1570 che scomunicò e depose Elisabetta l, deve aver suscitato un vivace dibattito all'interno della prigione. L'Atto del Parlamento che dichiarava alto tradimento affermare che lei non era, o non doveva essere, regina probabilmente sollevò meno discussioni, poiché molti dei compagni di Tommaso erano dissenzienti. Nel fervore iniziale il neogesuita scrisse una lettera a lord Burleigh, sollecitandolo a persuadere la regina a fare atto di sottomissione al papa. Agli occhi di Burleigh questa lettera era di per sé una prova di alto tradimento; incontrò personalmente Tommaso Woodhouse, lo fece esaminare da un comitato di persone che rimasero sbalordite di fronte alla sua aperta difesa delle posizioni papali e che lo giudicarono un fanatico pericoloso. Durante il processo, svoltosi in Guildhall, contestò l'autorità dei giudici e negò il diritto a un tribunale civile di giudicare un sacerdote per le sue convinzioni religiose. Dopo un periodo così lungo trascorso in carcere e con pochi contatti con il mondo esterno egli probabilmente non era in grado di rendersi conto completamente del contesto politico nel quale era giudicato, ma difese con coraggio il suo credo religioso. Fu condannato a morte e mentre a Tyburn veniva condotto al patibolo continuava a chiedere che la regina facesse atto di sottomissione al papa. MARTIROLOGIO ROMANO. Sempre a Londra, beato Tommaso Woodhouse, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, ordinato sacerdote sotto la regina Maria la Cattolica e poi tenuto in carcere durante la persecuzione della regina Elisabetta I a motivo della sua fede per più di dodici anni, si adoperò strenuamente per riconciliare i compagni di prigionia con la Chiesa cattolica, finché sul patibolo di Tyburn coronò il suo martirio.

nome San Lamberto di Saragozza- titolo Martire- ricorrenza 19 giugno- Le reliquie di San Lamberto sono state conservate per secoli nella cripta della chiesa di Santa Engrazia di Saragozza, ritrovate verso la fine del 1300. Un evento significativo nella storia del culto di San Lamberto avvenne durante il pontificato di Papa Adriano VI. Durante una visita a Saragozza, il papa toccò le ossa della mascella del santo, e secondo la leggenda, da essa zampillò del sangue che fu raccolto in un recipiente. Questo evento miracoloso contribuì a rafforzare la devozione popolare verso San Lamberto. Di conseguenza, Papa Adriano VI approvò la costruzione di un monastero dell'Ordine della Santissima Trinità nel 1522, sul luogo presunto del martirio del santo. Purtroppo, questo monastero fu distrutto nella notte tra il 14 e il 15 agosto, tre secoli dopo la sua costruzione. San Lamberto veniva originariamente ricordato il 19 giugno, insieme agli altri santi martiri di Saragozza. Tuttavia, la sua festa fu successivamente spostata al 16 aprile insieme ai martiri di Saragozza. La leggenda narra che San Lamberto subì la decapitazione ma, miracolosamente, raccolse la propria testa e si diresse verso un luogo dove erano già stati sepolti altri martiri. Questo atto straordinario sottolinea la sua forza spirituale e il suo coraggio.

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