@Vitupero
I santi di oggi 12 gennaio:
nome San Bernardo da Corleone
titolo Religioso
nome di battesimo Filippo Latini
nascita 6 febbraio 1605 Palermo
morte 12 febbraio 1667, Palermo
ricorrenza 12 gennaio
Canonizzazione Roma, 10 giugno 2001 da papa Giovanni Paolo II
Il suo vero nome era Filippo Latini, nacque a Corleone in Sicilia da una famiglia di calzolai molto religiosi, tanto che nel paese erano conosciuti come “la casa dei santi”. Lavorava come calzolaio ed era molto gentile con i poveri al punto da mendicare per loro.
In quei tempi la città era presieduta da una legione spagnola. Filippo considerato il miglior spadaccino della Sicilia fu eletto come 'la migliore lama di Sicilia'. Così egli non indietreggiava quando doveva difendere dai soprusi qualche fanciulla angariata dai militari o dai signorotti, o i poveri mietitori depredati dei frutti del proprio lavoro. Un giorno per provare la sua abilità con la spada fu invitato ad uno stupido duello dove ferì gravemente alla mano il suo avversario, che lo aveva provocato. Aveva solo 19 anni e cercò rifugio in una chiesa, dove ebbe il tempo di meditare sulla sua vita, si scusò con il suo avversario, che diventò suo amico.
Nel 1631 fece domanda per entrare a far parte dei Cappuccini del convento di Caltanissetta, in Sicilia, e quando prese l'abito prese il nome di Bernardo. Con gli anni tutti impararono a chiamarlo 'il frate buono', padre dei miseri e di tutti coloro che avevano bisogno di spirituale conforto. La sua semplice vita si svolse in vari conventi della provincia: Bisacquino, Bivona, Castelvetrano, Burgio, Partinico Agrigento, Chiusa, Caltabellotta, Polizzi e infine a Palermo dove trascorse gli ultimi 15 anni della sua vita e dove morì. Entrò in convento come fratello laico e fu cuoco, lavandaio e fece penitenze e mortificazioni molto forti e soprattutto carità vivente verso il prossimo e i fratelli della comunità. I suoi superiori per mitigare le sue penitenze lo nominarono sacrestano. Durante un terremoto a Palermo, aiutò i suoi concittadini con tutte le sue forze.
Iniziato il processo di canonizzazione nel 1673, venne dichiarato beato solo il secolo successivo, nel 1768 da Clemente XIII e infine proclamato santo nel 2001 da Giovanni Paolo II. Secondo una leggenda, durante il soggiorno a Bivona molti frati furono colpiti da un'epidemia di influenza. Quando anche Bernardo, che in quel momento rivestiva l'ufficio di infermiere, si ammalò riducendosi in fin di vita, staccò dal tabernacolo della chiesa la statuetta di san Francesco e la infilò nella manica del saio, rivolgendosi al santo con le seguenti parole: « Serafico padre, tu lo sai che i tuoi frati di Bivona sono ammalati... chi si prenderà cura di essi? Ti avverto che non uscirai di qui se non quando mi avrai guarito » Il giorno successivo, Bernardo tornò in salute e poté riprendere l'assistenza ai confratelli. Sempre a Bivona, a Bernardo un crocifisso avrebbe parlato dicendogli: "Non cercare tanti libri, ti bastano le mie piaghe per leggere e meditare". Dopo quest'episodio il frate rinunciò al desiderio di imparare a leggere. MARTIROLOGIO ROMANO. A Palermo, san Bernardo da Corleone, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, insigne per la mirabile carità e lo spirito di penitenza.
nome Sant'Antonio Maria Pucci<br /> titolo Presbitero <br /> nascita 16 aprile 1819, Poggiole di Vernio, Firenze<br /> morte 12 gennaio 1892, Viareggio,Lucca<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Beatificazione 12 giugno 1952 da papa Pio XII<br /> Canonizzazione 9 dicembre 1962 da papa Giovanni XXIII<br /> Secondo di sette figli di una famiglia di contadini di Poggiole di Vernio (Firenze) venne battezzato con il nome di Eustachio. Suo padre, sebbene fosse sacrestano nella chiesa locale, non era molto favorevole all'aspirazione del figlio alla vita religiosa. Eustachio comunque, compiuti diciotto anni, entrò nella prioria servita dell'Annunciazione a Firenze, assumendo il nome di Antonio Maria. Dopo aver fatto studi classici e teologici all'eremo di Monte Senario, vicino a Firenze, venne ordinato sacerdote nel 1843 e nominato vicario della nuova parrocchia di S. Andrea a Viareggio. Quattro anni dopo, alla precoce età di ventotto anni, era già parroco; e per tutta la sua vita, cioè per altri quarantacinque anni, non si sarebbe più allontanato da quella parrocchia. Furono proprio le sue qualità di parroco a valergli la beatificazione e la canonizzazione. Fondò in riva al mare una casa d'assistenza per bambini — per quell'epoca si trattava di una novità assoluta — e fu anche tra i pionieri italiani dell'Associazione per la Propagazione della Fede (attualmente posta sotto la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli) e della Società della Santa Infanzia. Dal 1883 al 1890 fu il priore provinciale dei serviti toscani. Morì a Viareggio il 12 gennaio 1892 a settantatré anni. Tutta la città pianse la sua morte, e sulla sua tomba si verificarono alcuni miracoli. Venne beatificato in Vaticano il 22 giugno 1952 e fu canonizzato il 9 dicembre 1962, durante la prima sessione del Concilio Vaticano II. MARTIROLOGIO ROMANO. A Viareggio in Toscana, sant’Antonio Maria Pucci, sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria: parroco per circa cinquant’anni, si dedicò in modo particolare alle attività formative e catechetiche e alle opere di carità per i bisognosi.
nome Santa Margherita Bourgeoys<br /> titolo Fondatrice<br /> nome di battesimo Marguerite Bourgeoys<br /> nascita17 aprile 1620, Troyes, Francia<br /> morte 12 gennaio 1700, Montreal, Canada<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Beatificazione12 novembre 1950 da papa Pio XII<br /> Canonizzazione 31 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II<br /> Santuario principale Notre-Dame-de-Bon-Secours Chapel, Montréal<br /> Margherita era la sesta dei dodici figli di Abramo Bourgeoys e di sua moglie Guillemette Garnier. Suo padre era un candelaio di Troyes, un'importante città sulla Senna, 150 chilometri a sud est di Parigi. A vent'anni Margherita cercò di entrare in una comunità monastica, ma venne inspiegabilmente rifiutata sia dalle carmelitane che dalle clarisse. Essendo presidentessa della Confraternita di Notre Dame, legata al convento delle agostiniane, era conosciuta dal clero della città e un prete, l'abbé Gendret, le disse che avrebbe dovuto considerare questi rifiuti come il segno di una sua predestinazione a una vita religiosa non di clausura. Egli provò quindi ad avviare una tale comunità con Margherita e altre due persone, ma la figura della religiosa non claustrale non era ben vista nei circoli clericali, e il progetto fallì. Margherita tornò a casa, ma finalmente ebbe una nuova occasione quando Paul de Maisonneuve, governatore dell'insediamento francese di Ville-Ma-fie in Canada (che allora era solo un fortino, mentre oggi è la città di Montreal), venne a trovare sua sorella nel convento agostiniano. Il governatore, che era alla ricerca di una maestra per la sua piccola colonia, offrî il posto a Margherita, la quale accettò.<br /> Partita per il Canada approdò a Quebec nel settembre del 1653 e raggiunse Ville-Mario un mese dopo. Nel forte vivevano duecento persone; vi erano anche un piccolo ospedale e una cappella, nella quale il sacerdote gesuita provvedeva al suo gregge, quando non si trovava in missione presso gli indiani irochesi. Durante i suoi primi quattro anni canadesi Margherita svolse svariati compiti come bambinaia e inserviente in ospedale. Nel 1658, nei locali di una stalla dismessa, essa fu finalmente in grado di aprire la sua prima scuola dove, con l'aiuto di un'assistente, insegnava a dodici bambini. Prevedendo un ingrandimento della scuola, Margherita fece ritorno in Francia alla ricerca di volontarie. Quando un anno dopo ripartì per il Canada, aveva reclutato tre giovani donne, tra cui la sua vecchia amica Catherine Crolo. Proprio come aveva previsto, la scuola crebbe di pari passo con la colonia, soprattutto dopo la guerra irochese del 1667, quando Montreal cominciò ad assumere le dimensioni di una città. Margherita aprì anche un asilo per alcuni bambini indiani che erano stati adottati e introdusse una confraternita mariana. Tra il 1670 e il 1672 tornò in Francia alla ricerca di nuove reclute; intanto Luigi XIV le aveva dato anche l'autorizzazione civile per la sua opera. Tornò in Canada con altre sei giovani donne e così il suo progetto di comunità religiosa cominciò a prendere forma; nel 1676 venne il riconoscimento formale da parte del primo vescovo di Quebec, monsignor De Laval, per la Congregazione di Nostra Signora. Anch'egli però voleva introdurre la clausura; Margherita, allora, partì ancora una volta per la Francia, con la speranza — vana — di far approvare dalla Chiesa la propria idea di congregazione. Per un certo periodo la comunità fu estremamente povera e, nel 1683, ricevette un ulteriore durissimo colpo, quando un incendio distrusse il convento e uccise due sorelle, tra cui la nipote di Margherita. Monsignor De Laval cercò di far capire loro che così non potevano continuare e che avrebbero dovuto fondersi con le orsoline, ma fu persuaso poi da Margherita che non potevano operare dalla clausura. Il successore di De Laval creò ulteriori ostacoli, impedendo loro una professione formale fino al 1698, anno in cui ventiquattro suore fecero la professione semplice. Ormai però Margherita non era più la superiora della congregazione. Nonostante tutte le avversità, le battute d'arresto e l'opposizione dei vertici ecclesiastici, la loro missione scolastica andò avanti; nel 1673 venne aperto il primo collegio e tre anni dopo anche la prima scuola missionaria per gli indiani. Nel 1679 si unirono alla comunità due giovani donne irochesi insieme a Lydia Langley, la prima ragazza del New England a farsi suora dopo essersi convertita al cattolicesimo a Montreal, dove era stata riscattata agli indiani abenaki che l'avevano rapita. Vennero aperte delle scuole per i bambini francesi all'esterno del forte di Ville-Marie, sull'isola di Quebec e quando, nel 1689, gli irochesi massacrarono chiunque non si trovasse sotto la protezione del forte, il successore di De Laval, monsignor de Saint-Vallier, attenuò la sua opposizione fino al punto di invitare la congregazione ad aprire una scuola a Quebec. La figura indomabile e pionieristica di Margherita, prima maestra di Montreal, è all'origine di questi e di ulteriori successi, che alla fine si concretizzarono nella presenza di oltre duecento scuole. Quando si dimise da superiora Margherita aveva settantatré anni e da quel momento in poi le sue condizioni di salute si aggravarono sempre più. Alla fine del 1699 pregò che la sua vita fosse presa al posto di quella della giovane maestra delle novizie, che era gravemente malata; la giovane suora si riprese, mentre Margherita morì qualche giorno dopo, esattamente il 12 gennaio 1700. Nel 1950 venne beatificata e nel 1982 fu canonizzata da Giovanni Paolo II<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Montréal nel Québec in Canada, santa Margherita Bourgeoys, vergine, che con ogni mezzo portò conforto ai coloni e ai soldati e si adoperò assiduamente per formare le ragazze nell’educazione cristiana, fondando a tal fine la Congregazione delle Suore di Notre-Dame.
nome Santa Cesaria di Arles<br /> titolo Religiosa, Sorella di S. Cesario<br /> nascita 465 circa, Chalon-sur-Saone, Francia<br /> morte Arles, Francia<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Cesaria e suo fratello S. Cesario di Arles (27 ago.) erano figli di una nobile famiglia gallo-romana. Cesario fondò ad Arles un monastero femminile di cui sua sorella fu la prima badessa. La regola da lui dettata prevedeva che le giornate delle monache fossero divise in momenti di studio, preghiera e lavoro manuale. Le monache si guadagnavano da vivere tessendo, cucendo e trascrivendo libri. La comunità, composta da circa duecento consorelle, si occupava anche dei poveri, lavando e riparando i loro vestiti. Le monache vivevano in clausura permanente, non potevano mangiare carne, a meno che non fossero malate, e durante la Quaresima non potevano fare il bagno.<br /> Di S. Cesaria sappiamo poco, a parte che la sua vita fu, secondo le parole di S. Gregorio di Tours (17 nov.), «benedetta e santa». Anche Venanzio Fortunato, nelle sue poesie, fece qualche vibrante riferimento a lei.<br /> Quando nel 536 í franchi occuparono Arles, Cesario si ritirò nel monastero della sua ormai defunta sorella. Cesario scrisse un testamento in cui lasciava quasi tutte le sue proprietà al monastero, dove poco dopo, nel 542, morì. Non si hanno, invece, notizie certe sul giorno e l'anno della morte di S. Cesaria. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Arles nella Provenza, in Francia, santa Cesaria, badessa, sorella del santo vescovo Cesario, che scrisse una regola delle sante vergini per se stessa e le sue consorelle.
nome Sant'Arcadio di Mauritania<br /> titolo Martire<br /> morte 304 circa, Cesarea di Mauritania<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Attributi palma del martirio<br /> Il Martirologio Romano del 1956 ne parla come di «un uomo di nobili origini, conosciuto per i suoi miracoli». Le informazioni su di lui sono scarse e inaffidabili, tanto che l'ultima edizione fa riferimento solo a un sermone di S. Zeno di Verona (12 apr.). Pare abbia patito in uno dei momenti di maggior violenza delle persecuzioni, sotto Valeriano e Diocleziano, quando probabilmente si trovava a Cesarea, capitale della provincia africana di Mauritania. La storia romanzata che ricostruisce la sua passio, narra che nonostante avesse trovato rifugio nelle campagne, egli si consegnò spontaneamente non appena seppe che un suo parente, tratto in arresto, sarebbe rimasto in prigione fino alla sua ricomparsa. Il racconto si dilunga anche in numerosi e macabri particolari a proposito della maniera in cui morì: partendo dalle dita delle mani e dei piedi lo mutilarono fino a che non ne restò il solo tronco; i cristiani presenti al martirio ne rimisero le parti mutilate in un sepolcro. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cesarea di Mauritania, nell’odierna Algeria, sant’Arcadio, martire: durante la persecuzione visse nascosto, ma, quando un parente fu catturato al suo posto, si consegnò spontaneamente al giudice e, rifiutatosi di sacrificare agli dèi, dopo aver patito tremendi supplizi, coronò la sua vita con il martirio.
nome San Benedetto Biscop<br /> titolo Abate<br /> nascita<br /> 628 circa, Northumbria, Inghilterra<br /> morte 12 gennaio 689, Monkwearmouth, Inghilterra<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Santuario principale Abbazia di Thorney<br /> Patrono di Sunderland<br /> Benedetto nacque da una nobile famiglia della Northumbria. Le sue origini, in effetti, spinsero Beda il Venerabile (673-735, 25 mag.), che è la fonte più ricca di informazioni sulla sua vita, a paragonarlo al giovane ricco dei Vangeli, con la sola differenza che Benedetto lasciò veramente tutto per seguire Cristo. Il suo nome di nascita era, come ci insegna Eddi nella sua Vita di S. Vilfrido (12 ott., amico di Benedetto e di 6 anni più giovane), Biscop Baducing. Prestò servizio alla corte di Oswie, re dei Northumbri dal 641 al 670; costui, insieme al fratello e suo predecessore Oswald, era stato l'artefice della vittoria di Winwead del 654. Nel 653, a venticinque anni, Biscop decise di farsi monaco. Compì un viaggio a Roma, con Vilfrido, per visitare le tombe degli apostoli, e decise di consacrarsi, dopo il suo ritorno, allo studio della Bibbia. Qualche tempo dopo, facendo ritorno da un secondo pellegrinaggio a Roma, in cui veniva accompagnato da Alcfrith, figlio di Oswie, fece sosta al grande monastero di Lérins, sull'isola ora intitolata a S. Onorato (16 gen.) al largo della costa francese. Qui ricevette la tonsura e assunse il nome religioso di Benedetto. Dopo avervi passato due anni, intraprese un terzo viaggio a Roma dove arrivò contemporaneamente Wighard, che era appena stato nominato arcivescovo di Canterbury, ma che sarebbe morto a Roma prima di venire consacrato. Questo fatto avrebbe avuto conseguenze pesanti e durature sulla Chiesa d'Inghilterra; papa S. Vitaliano (65772, 27 gen.), dopo una lunga e sofferta decisione, nominò arcivescovo il greco Teodoro di Tarso (19 sett.), che arrivò a Canterbury nel 669; lo accompagnavano Benedetto e Adriano (9 gen.). Tra l'altro era stato quest'ultimo a proporre come arcivescovo Teodoro, anteponendo la sua alla propria candidatura. Durante il viaggio di ritorno trascorsero circa sei mesi nell'abbazia di jouarre, presso Agcibert, protettore di Vilfrido, o in altre abbazie legate a quella più importante di S. Colombano (23 nov.), a Luxeuil. Teodoro nominò quindi Benedetto abate del monastero dei SS. Pietro e Paolo e poi, anteponendolo ad Adriano, gli assegnò l'incarico di abate del monastero di S. Agostino di Canterbury.<br /> Tuttavia Benedetto decise di fondare ben presto una propria comunità monastica. Dopo due anni passati a Canterbury partì per la quarta volta per Roma, con l'obiettivo di compiere studi più approfonditi sulle regole e la pratica della vita monastica. A questo scopo visitò e soggiornò in diciassette monasteri sparsi tra Roma e il resto d'Europa. Inizialmente prevedeva di stabilire il suo convento nel Wessex, avamposto benedettino in Inghilterra, ma poi tornò in Northumbria, dove re Egfrid gli aveva concesso un appezzamento di circa 3500 ettari alla foce del fiume Wear (da cui venne il nome Wearmouth, oggi Monkwearmouth, e ormai inglobata nella città di Sunderland). Nel 674 vi fondò dunque un convento dedicato a S. Pietro e, mettendo a frutto l'esperienza e i contatti acquisiti durante il suo ultimo viaggio sul continente, chiamò muratori franchi per costruire una chiesa romanica, la prima in muratura di tutta l'Inghilterra settentrionale (anche il grande monastero di Lindisfarne era in legno). Sempre dalla Francia chiamò anche mastri vetrai, che fecero le vetrate e insegnarono agli artigiani del luogo un'arte a essi ancora sconosciuta. Infine arricchì il patrimonio del monastero con una biblioteca composta di libri acquistati a Roma e a Vienna. Anche la regola del monastero era ispirata a quanto aveva trovato all'estero; probabilmente, però, l'esempio delle fondazioni da lui visitate in Gallia durante il viaggio di ritorno era stato più importante che gli studi di Roma. Secondo il racconto della sua morte fatto da Beda la sua ultima preoccupazione fu quella di assicurarsi che i suoi decreta continuassero a essere osservati e che fosse mantenuto il privilegio, concesso dal papa all'abbazia, di avere elezioni libere da interferenze esterne. Non disponiamo della regola, andata persa, che lui effettivamente scrisse, forse ricavandola da quelle dei vari monasteri in cui aveva soggiornato. Pare inoltre che una serie di suoi decreti fosse ispirata, seguendo l'esempio di Cassiano, alle vite e agli insegnamenti di santi fondatori di monasteri: è probabile che la sua fonte diretta fosse Vilfrido e che la regola contenesse estratti di S. Basilio (2 gen.), di S. Macario l'Anziano (19 gen.) e di altri, tra cui S. Benedetto (11 lug.). L'aver scelto questo nome, che durante il VII secolo era piuttosto inconsueto, sembra dimostrare tra l'altro l'influenza preponderante che questo santo ebbe su di lui. Mentre a Wearmouth procedevano i lavori, Benedetto fece un quinto viaggio a Roma nel 679, dove papa S. Agatone (10 gen.), che stava fronteggiando l'eresia monotelita, lo consultò sullo stato dell'ortodossia in Inghilterra. Benedetto tornò in patria portando con sé altri libri, una serie di reliquie e di immagini sacre, ma soprattutto facendosi accompagnare da Giovanni, abate di S. Martino nonché primo cantore a S. Pietro. Egli insegnò ai monaci il canto, il rito romano e la scrittura in stile onciale, facendo di Wearmouth il monastero inglese all'avanguardia in questi campi, e mettendo per la prima volta l'Inghilterra in contatto con le opere migliori del Continente, come testimonia una delle opere maggiori del convento, il Codex Amiatinus, che è la più antica bibbia latina in volume unico a essere giunta fino a noi in forma completa.<br /> Nel 682 Re Egfrid donò a Benedetto altri duemila ettari di terreno a Jarrow, una località che attualmente si trova circa sei miglia più a nord di Newcastle, lungo il fiume Tyne. Qui, con ventidue monaci, fondò un secondo monastero, dedicato a S. Paolo. Benedetto sovrintendeva a entrambe le fondazioni, considerate come un tutt'uno e i cui superiori erano, rispettivamente, Ceolfrido per Jarrow e Eosterwin (poi Sigfrido) per Wearmouth; realizzando un assetto resosi necessario in vista del suo ultimo viaggio a Roma, avvenuto nel 685. Al ritorno portò con sé altri libri e immagini sacre, tra cui rappresentazioni di scene del Nuovo Testamento, della B. Vergine, dei dodici apostoli e dell'Apocalisse di S. Giovanni, che vennero distribuite tra Jarrow e Wearmouth. Questi libri furono utili al lavoro di Beda. Nativo della zona che poi sarebbe appartenuta a Wearmouth, Beda si pose sotto la guida di Benedetto all'età di sette anni e passò tutta la sua vita nei monasteri di Wearmouth e Jarrow, dove scrisse la Storia Ecclesiastica degli angli. Verso il 686 Benedetto venne colpito da una paralisi che, menomandolo gravemente, lo costrinse a passare la maggior parte dei suoi ultimi tre anni di vita a letto. T monaci gli rendevano visita alle ore canoniche, permettendogli così di unirsi alla liturgia cantata. Esortò i suoi confratelli a seguire la regola che aveva scritto per loro, regola che essi non dovevano considerare tanto come una sua personale disposizione ma piuttosto come il frutto dei viaggi che aveva compiuto per studiare gli altri monasteri di cui «ho conosciuto e scelto — diceva — le regole migliori da lasciare a voi». Precisò ancora che la scelta degli abati doveva essere fatta in base al merito e secondo la Regola di S. Benedetto, dunque non in virtù di legami di parentela. Morì il 12 gennaio del 689 e, avendo disposto che suo fratello non avrebbe potuto essere abate, il suo successore fu Coelfrido. Un sermone di Beda ci dà la prova di un precoce culto di Benedetto Biscop: «Noi saremo suoi figli se, imitandolo, ci manterremo saldi lungo il sentiero delle sue virtù e se non ci distoglieremo dal percorso che egli ha tracciato». Sfruttando il tema del pellegrino, spesso mutuato dal coniando che Dio diede ad Abramo di abbandonare la sua casa, Beda aggiunge che Benedetto era rimasto un pellegrino in spirito: aveva lasciato la famiglia e si era conquistato la venerazione di compatrioti e non; aveva rinunciato alle sue ricchezze e aveva procurato patrimoni per i suoi monasteri e infine, non essendosi sposato, aveva fondato una ben più grande famiglia spirituale. Il suo culto si diffuse ancora di più quando le sue reliquie vennero portate all'abbazia di Thorney. William di Malmesbury narra che la traslazione avvenne sotto il vescovo S. Etelwold di Winchester (1 ago.) alla fine del x secolo. Si ritiene che anche l'abbazia di Glastonbury conservi alcune sue reliquie, la cui autenticità è però meno certa. La chiesa di S. Paolo a jarrow conserva ancora alcune delle vetrate da lui commissionate mentre si possono ancora visitare i resti dei due conventi.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. A Wearmouth in Northumbria, nell’odierna Inghilterra, san Benedetto Biscop, abate: venuto cinque volte in pellegrinaggio a Roma, riportò con sé in patria maestri e molti libri, affinché nella clausura del monastero i monaci radunati sotto la regola benedettina acquisissero dall’arricchimento intellettuale la carità perfetta di Cristo a vantaggio della Chiesa.
nome Sant'Aelredo di Rievaulx<br /> titolo Monaco abate <br /> nascita<br /> 1110, Hexham, Northumberland, Inghilterra<br /> morte 12 gennaio 1167, Rievaulx, Inghilterra<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Canonizzazione 1476<br /> Attributi mentre tiene un libro<br /> Patrono di ammalati di calcolosi <br /> A Rievaulx, nello Yorkshire, si trovava una abbazia "figlia" di quella di Clairvaux, in Borgogna, e da essa sarebbe sorto un monaco cistercense che ricordava molto da vicino "l'ultimo dottore della Chiesa" cistercense, Bernardo di Clairvaux (20 ago.). I cistercensi, che rappresentavano un grande movimento ascetico popolare, ebbero una forte crescita durante il xu secolo: nel 1097 era stata fondata la casa madre di Citeaux; già nel 1134, alla morte dell'abate Stefano Harding (17 apr.), le case erano ottanta, e alla morte di Bernardo, avvenuta nel 1153, erano addirittura 350. Rievaulx fu fondata nel 1132 e il suo primo abate fu il segretario di Bernardo, Guglielmo; alla sua creazione contribuirono anche re Enrico I e Walter Espec, barone locale, che aveva il castello nella vicina 1Ielmsley e che donò il terreno. Aelredo (o anche Ailrcdo) era nato ad Hexham (Northumberland, Inghilterra) nel 1110 ed era il figlio del locale prete "ereditario"; ricevette un'educazione scrupolosa a Durham e, appena ventenne, entrò alla corte di S. Davide re di Scozia (24 mag.), diventando siniscalco o maestro della casa reale. Adempiva ai suoi compiti con pazienza notevole e rispondeva alle lamentele con carità, ma presto si sentì attratto dalla vita religiosa ed entrò a Rievaulx due anni dopo la sua fondazione, nel 1134. Da allora in poi la sua carriera fu rapidissima: da novizio a monaco, da monaco a maestro dei novizi e infine abate. Passò la maggior parte della sua vita a Rievaulx, escluso il periodo dal 1143 al 1147, in cui fu abate dell'abbazia di Revesby, vicino a York. Divenne poi abate di Rievaulx, restandovi per vent'anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 1167. In questo periodo il monastero si espanse fino a diventare, con 150 frati coristi e 500 tra frati laici e dipendenti, il più grande d'Inghilterra. I fratelli laici erano indispensabili all'economia dei monasteri che, essendo volutamente situati in aree isolate, permettevano ai cistercensi di distinguersi quali pionieri nelle attività rurali. Rievaulx, come altre grandi abbazie dell'Inghilterra settentrionale, si specializzò nell'allevamento di ovini, più adatto al clima della zona. Vi si coltivava anche il lino; erano presenti addirittura una conceria e una fonderia. Aelredo ebbe sempre una salute precaria, e negli ultimi anni di vita soffrì acutamente (probabilmente di gotta e di calcolosi), tanto da essere costretto a passare lunghi periodi nell'infermeria del monastero, dove i monaci, fermandosi sulla porta, gli rendevano visita per riceverne consigli e istruzioni. Nonostante conducesse una vita molto rigida, la sua regola non era troppo dura; era anzi famoso per non aver mai espulso alcun fratello durante tutto il periodo in cui fu abate. Viste le dimensioni enormi della comunità, che tra l'altro era autosufficiente, svolse principalmente l'attività di amministratore e di padre spirituale.<br /> È proprio in quest'ultima funzione che eccelse in tutta la sua grandezza, come del resto mostrano i suoi scritti. Anch'egli, come S. Bernardo, scrisse molto e in forme letterarie diverse, componendo biografie, trattati storiografici e spirituali e infine sermoni e meditazioni basati sui testi biblici. Il suo insegnamento tendeva soprattutto a delineare la via monastica alla spiritualità, vista essenzialmente come un processo di allontanamento da se stessi e dal peccato, per incontrare Dio nella comunità dei fratelli, mantenendosi sempre sotto il controllo di un abate. La maggior parte delle sue opere fa parte di questo filone e forse quelle più interessanti sono: Lo specchio della carità, scritta, su consiglio di S. Bernardo, tra il 1142 e il 1143, e i sermoni su Isaia. Altri scritti posteriori sono: De Spirituali Amicitia, che è debitore non solo di S. Agostino ma anche del De Amicitia di Cicerone, opera allora in gran voga; Preghiera Pastorale e un trattato Sull'anima, rimasto incompleto a causa della morte. <br /> Il tema principale di queste opere è la restaurazione dell'immagine di Dio offuscata dal peccato. La traccia che seguiva non era originale, ma lui vi aggiunse alcuni elementi nuovi, tra i quali la definizione di vita interiore come vita sociale o come comunione, e la visione del monastero come "scuola di vita". In questo l'ascetismo, l'umiltà e la preghiera preparavano all'incontro con il Dio vivente e la vita diventava una sorta di "teologia vivente". Aelredo scrisse anche lunghissime lettere, la maggior parte delle quali, sfortunatamente, è andata persa. I suoi corrispondenti erano il papa, i vescovi e i re d'Inghilterra, di Francia e di Scozia, e sua sorella, a cui descrisse la sua "comunità d'amore": «Mentre camminavo nei chiostri tutti i fratelli sedevano insieme [...] e in mezzo a tutta quella moltitudine non potevo trovare nessuno, che io non amassi o da cui io non fossi amato [...]». Il grado che aveva nell'ordine, cioè abate di una casa madre dalla quale dipendevano altre case in Scozia e in Inghilterra, gli imponeva nonostante la sua salute cagionevole di viaggiare molto, soprattutto in occasione dei capitoli generali dei monasteri affiliati a Rievaulx; ma a volte era costretto ad andare anche più lontano. Queste visite gli consentirono di influire direttamente sul percorso evolutivo del monachesimo inglese. Nel 1142 venne inviato da S. Bernardo a Roma perché esprimesse la sua disapprovazione per l'elezione di William Fitzherbert (S. William di York, 8 giu.) ad arcivescovo di York. William, che godeva dell'appoggio dei canonici di York e del re, veniva infatti accusato da Bernardo e dai cistercensi dello Yorkshire (i cui criteri in materia erano particolarmente rigidi) di simonia e di impudicizia. In un primo momento William venne deposto, ma più tardi fu trionfalmente riabilitato. Nel 1157 Aelredo fu dispensato, per motivi di salute, dalla partecipazione ai capitoli generali; ciononostante, nel 1159 e nel 1165, visitò le case affiliate della Scozia, fino a quando la sua infermità non divenne troppo grave. Essendo stato scelto, nel 1163, per parlare a Westminster in occasione della traslazione nell'abbazia delle reliquie di S. Edoardo il Confessore (13 ott.), pensò di adattare la Vita Edwardi Regis et Confessoris di Osbert di Giare. Scrivendo qualche anno dopo la morte di Aelredo, Walter Daniel, suo discepolo e amico, raccontò in una biografia i suoi ultimi anni di vita. Walter si sofferma in particolare sulla sua pazienza e sulla sua fiducia in Dio, nonché sull'amore che i fratelli nutrivano per lui e sul loro dolore al momento della separazione.<br /> Il racconto che Walter fa della sua morte è tra i passaggi più commoventi che si possano trovare in un'agiografia: per quattro anni aveva vissuto in una cella adiacente al monastero dove, a gruppi, i monaci rendevano visita al loro "Abba", al loro padre spirituale. Negli ultimi giorni aveva, addirittura, invocato la morte: «Affrettati, per l'amore di Cristo, affrettati». Una frase tratta dal De Spirituali Amicitia gli si addice perfettamente: «Uno che a diritto potrei chiamare figlio dell'amicizia; infatti la sua unica preoccupazione fu di amare e di essere amato». Morì il 12 gennaio 1167. Il suo corpo venne dapprima sepolto nella sala capitolare di Ricvaulx e poi trasferito nella chiesa. A parte ovviamente le opere di Aelredo stesso, che ci rivelano ampiamente il suo carattere, è il racconto appassionato e convincente di Walter Daniel a costituire la fonte per i successivi approfondimenti sulla sua vita. Nonostante ci sia chi affermi il contrario, pare che Aelredo non sia mai stato formalmente canonizzato. I cistercensi comunque cominciarono presto a farne oggetto di venerazione e nel 1476 proclamarono la sua festività, celebrandola il 3 febbraio, mentre nelle diocesi locali la si celebrava il 3 marzo. La nuova edizione del Martirologio Romano la sposta invece all'anniversario della sua morte. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Rievaulx sempre in Northumbria, sant’Aelredo, abate: educato alla corte del re di Scozia, entrò nell’Ordine cistercense e, divenuto insigne maestro di vita monastica, nei suoi gesti e nei suoi scritti promosse assiduamente e con amabilità la vita spirituale e l’amicizia in Cristo.</p> <p>
nome Santi Tigrio ed Eutropio<br /> titolo Martiri<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> La più recente edizione del Martirologio Romano riproduce in toto quella del 1956: «S. Tigrio, sacerdote, e S. Eutropio, lettore, vennero ingiustamente accusati, sotto l'imperatore Arcadio [da non confondere con il martire succitato], di aver incendiato la chiesa principale e il Senato di Costantinopoli, per vendicare l'esilio di S. Giovanni Crisostomo. Vennero perseguitati dal prefetto della città, Optato, un uomo dedito a falsi dei, che odiava la religione cristiana». Giovanni Crisostomo (13 set.), arcivescovo della città, esiliato a causa di un complotto dei suoi nemici riunitisi in sinodo nel 403, venne in seguito richiamato in patria ma, entrato con l'imperatrice Etidossia, dovette partire per l'Armenia, per un nuovo esilio. Entrambi i santi sono venerati come martiri; tuttavia pare che solo Eutropio sia effettivamente morto in seguito alle atroci torture, cui entrambi furono sottoposti, con lo scopo di estorcere loro informazioni sull'incendio. Infatti, secondo il Dialogo attribuito a Pallade, Tigrio, un eunuco liberto molto caro a Crisostomo, venne rilasciato ed esiliato in Mesopotamia. Entrambi avevano comunque resistito alle torture rifiutando di confessare. MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, santi Tigrio, sacerdote, ed Eutropio, lettore, martiri: calunniosamente accusati, sotto l’imperatore Arcadio, di avere appiccato l’incendio che aveva mandato in fiamme la chiesa principale e la curia del senato per vendicare l’esilio di san Giovanni Crisostomo, subirono il martirio ad opera del prefetto Optato ancora superstiziosamente legato ai falsi dèi e nemico della fede cristiana.
nome Beato Pier Francesco Jamet<br /> titolo Fondatore francese<br /> nome di battesimo Pierre-François Jamet<br /> nascita 12 settembre 1762, Fresnes, Francia<br /> morte 12 gennaio 1845, Caen, Francia<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Nato a Fresnes in Francia, Pierre-Frangois Jamet venne ordinato sacerdote nel 1787. Durante la Rivoluzione francese era cappellano e confessore delle suore del Buon Salvatore, e si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà alle autorità rivoluzionarie (2 gen.), continuando a celebrare segretamente la Messa per le suore. Dopo la Rivoluzione, in tempi ormai più tranquilli, estese il suo ministero alla cura dei poveri e dei disabili di tutti i tipi, compresi i malati di mente. Dal 1822 al 1830 fu rettore dell'università di Caen, città in cui morì il 12 gennaio 1845. Durante la cerimonia di beatificazione, avvenuta il 10 maggio 1987, circa duecento sordomuti, esprimendosi con il linguaggio gestuale, resero testimonianza al lavoro che Picrrc aveva fatto per loro, tra cui la composizione di un dizionario gestuale francese di diecimila voci. Al momento della sua morte era arrivato alla parola "Rupture". MARTIROLOGIO ROMANO. A Caen in Francia, beato Pietro Francesco Jamet, sacerdote, che si adoperò con dedizione nell’assistenza delle religiose Figlie del Buon Salvatore, sia al tempo della grande rivoluzione sia quando fu poi restituita pace alla Chiesa.
nome San Vittoriano di Asàn<br /> titolo Abate<br /> nascita Italia<br /> morte 560 circa, Asàn, Spagna<br /> ricorrenza 12 gennaio<br /> Secondo la tradizione leggendaria sviluppatasi nel monastero aragonese di San Victoriàn de Asàn, questa casa religiosa, che si vanta di essere la più antica della penisola iberica in quanto risalirebbe al IV secolo, era inizialmente dedicata a S. Martino e mutò la sua dedicazione dopo la morte di S. Vittoriano avvenuta intorno al 560. Questi era un eremita di drigine italiana che, dopo aver fondato chiese e monasteri in Italia e aver soggiornato brevemente in Francia, si era stabilito nelle Espeluncas presso Asàn guadagnandosi tale fama di santità che fu invitato ad assumere la carica di abate del vicino monastero. Dal punto di vista storico l'abbazia di Asàn non appare nei documenti prima del secolo X e successivamente acquistò grande rilevanza nelle vicende politiche e religiose dell'Aragona e la chiesa abbaziale sarebbe divenuta il luogo di sepoltura dei mitici re di Sobrarbe. Anche se la figura di Vittoriano non è delineata in modo preciso, la sua esistenza storica è provata dalla testimonianza di Venanzio Fortunato, poeta e vescovo di Poitiers del secolo VI, che parla di lui come di un suo contemporaneo.
Oggi vorrei ricordare la figura di Fratel Biagio Conte, nel primo anniversario della sua nascita al cielo e nonostante non sia (ancora, spero presto) stato elevato agli onori degli altari.</p> <p> Non è un frate, non è un sacerdote, è solo fratel Biagio. Un missionario laico, un eremita, un pellegrino, un servo del Signore che s’è fatto povero tra i poveri, per dare loro voce e urlare al mondo che una società che «lascia indietro i più deboli, non è una società giusta, e prima o poi andrà in crisi, in rovina».<br /> Figlio di imprenditori edili, a tre anni venne portato in Svizzera in un collegio di suore, ritornando a Palermo a 9 anni per poi essere inserito nel collegio di San Martino delle Scale, dove rimase quattro anni. A 16 anni abbandonò la scuola e iniziò precocemente a lavorare nell'impresa edile della sua famiglia, ma a causa di una profonda crisi spirituale decise di allontanarsi nel 1983, andando a vivere a Firenze. Nel maggio 1990 scelse di vivere come eremita, ritirandosi nelle montagne dell'entroterra siciliano e successivamente facendo un viaggio interamente a piedi verso la città di Assisi. Il viaggio fu reso noto alle cronache per gli appelli della famiglia d'origine alla trasmissione Rai Chi l'ha visto?, dove Biagio rispose in diretta informando del suo cammino verso Assisi, che raggiunse il 7 giugno 1991. Tornò quindi a Palermo per salutare i familiari, con l'intenzione di trasferirsi in Africa come missionario, ma lo stato di miseria in cui ritrovò la sua città gli fece cambiare idea. In un primo momento fu attivo dal 1991 nel portare conforto ai senzatetto della stazione di Palermo Centrale, per i quali si batté attraverso diverse proteste ed un digiuno.<br /> Ottenne quindi l'utilizzo di alcuni locali in via Archirafi, ex disinfettatoio comunale, all'interno dei quali fondò nel 1993 la "missione di Speranza e Carità", che oggi accoglie oltre 200 persone nei dormitori, e ne assiste altre 1000, in varie forme (cibo, farmaci ecc.).<br /> Biagio Conte portò universalmente il messaggio di pace e fratellanza cristiano, in comunione con la Chiesa cattolica, dando sostegno a numerosi poveri ed emarginati italiani ed extracomunitari di qualunque etnia e provenienza. Di pari passo alla missione, l'evangelizzazione della parola di Cristo si affiancava all'aiuto materiale, resosi nel tempo più efficace, anche con la collaborazione con la Fondazione Banco Alimentare ed altre realtà caritative cattoliche. Nel 2003 aprì una Missione femminile nell'ex convento di Santa Caterina, abbandonato da anni. Pur rimanendo laico, mantenne un rapporto strettissimo con l'Arcidiocesi di Palermo, che fin dall'inizio lo sostenne, affiancandogli don Pino Vitrano, un sacerdote. Nel 2015, alla parata del Palermo pride, manifestazione lontana dai valori cattolici universalmente noti, trovandosi a passare, con la meraviglia di molti, si soffermò a dialogare con alcuni partecipanti. Nel 2018, dopo la morte di alcuni senzatetto nelle strade di Palermo, in segno di protesta contro la povertà decise di dormire in strada, sotto i portici del Palazzo delle Poste centrali, iniziando quindi uno sciopero della fame durato dieci giorni; in seguito la Regione Siciliana finanziò l'ampliamento della missione di via Decollati. Il 15 ottobre 2018, papa Francesco, accompagnato dall'Arcivescovo di Palermo, ha visitato la "Missione di Speranza e Carità", pranzando con gli assistiti nella mensa.<br /> Nello stesso 2018, la "missione di Speranza e Carità" sbarca a Castellammare del Golfo. Fratel Biagio con l’appoggio del comune castellammarese farà sorgere in contrada Guidaloca-Ciauli la "casa del soccorso e della speranza"; un alloggio a sostegno dei bisognosi sullo stesso modello di Palermo ma più ridimensionato. Sempre nella cittadina del Golfo a sostegno della missione di Fratel Biagio, nel 2022 in contrada Inici, è stato inaugurato un eremo con attigua una piccola chiesa intitolata alla Santissima Trinità. Il 16 gennaio 2014 fu reso noto che Biagio Conte, da anni costretto su una sedia a rotelle a causa di alcune vertebre schiacciate, già dalla precedente estate aveva ripreso a camminare dopo un'immersione nelle acque di Lourdes, evento di cui gli stessi medici "non hanno saputo fornire una spiegazione scientifica plausibile".<br /> Il 12 gennaio 2023, a causa di una grave forma di tumore al colon contro cui stava lottando da tempo, è morto a Palermo all’età di 59 anni. Il giorno precedente, pur fortemente debilitato, aveva chiesto insistentemente di partecipare alla Messa, dove venne trasportato su una lettiga per ricevere l'Eucaristia. Il missionario è stato sepolto nella Cittadella del Povero e della Speranza di via Decollati a Palermo. Tra i tanti messaggi di cordoglio giunti dopo la morte, anche quello di papa Francesco, che lo ha definito "Generoso missionario di carità e amico dei poveri" e del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, che ne ha valorizzato la testimonianza "coinvolgente ed eroica" a difesa della dignità umana.