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30/06/2024 alle 16:56

I santi di oggi 30 giugno:

I santi di oggi 30 giugno:

nome Santi Primi martiri della santa Chiesa di Roma- titolo Martiri- ricorrenza 30 giugno- Attributi palma del martirio- «intorno a questi uomini vissuti santamente [Pietro e Paolo; si è raccolta una grande moltitudine di eletti che, per aver patito a causa della gelosia molti oltraggi e tormenti, sono stati uno splendido esempio fra di noi» (Lettera di Clemente ai Corinzi). Questa festa commemora tutti i protomartiri della Chiesa di Roma che subirono il martirio nella stessa persecuzione nella quale furono messi a morte Pietro e Paolo; dal 1969 è stata opportunamente fissata il giorno seguente a quella dei due apostoli. Nerone fu il primo imperatore romano a scatenare una persecuzione contro i cristiani, di cui lo storico Tacito ci racconta dettagliatamente i fatti: il 19 luglio dell'anno 64, il decimo del regno di Nerone, un terribile incendio divampò a Roma, partendo dal Circo Massimo, quartiere di negozi e bancarelle stipati di merce infiammabile; favorito dal clima (si era in piena calura estiva) il fuoco si propagò in tutte le direzioni. Per sette giorni e sette notti imperversò distruggendo templi, palazzi c monumenti pubblici; rase al suolo, con tutto ciò che conteneva, un agglomerato di caseggiati e tuguri occupati da poveri. Le fiamme raggiunsero anche i giardini dell'abitazione di Caio Tigellino, prefetto del pretorio, divampando per altri tre giorni. Quando finalmente l'incendio fu estinto, due terzi di Roma erano ridotti a un ammasso di mura fumanti. Per tre giorni Nerone rimase ad Anzio, senza rispondere ai messaggi accorati che gli pervenivano dalla città; finalmente raggiunse la Città Eterna per contemplare l'accaduto: si racconta che, indossato il suo costume teatrale, salisse sulla torre di Mecenate e accompagnandosi con la lira abbia intonato il lamento di Priamo sulle rovine fumanti di Troia. Questo suo deliziarsi nel contemplare le fiamme diede forza alle voci che lo sospettavano di aver ordinato lui stesso di appiccare l'incendio o almeno dall'aver ostacolato il suo spegnimento. Per stornare da sé questi sospetti accusò i cristiani e ordinò che fossero arrestati e messi a morte. Clemente Romano racconta che coloro che erano noti per essere fedeli di Cristo furono arrestati, derisi pubblicamente, torturati perché denunciassero i loro compagni di fede, messi a morte con le forme più crudeli: alcuni furono crocifissi, altri spalmati di cera e usati come torce umane, altri coperti con pelli d'animale e dati in pasto alle belve. Tutte queste barbarie si svolgevano durante le pubbliche feste date, ogni notte, da Nerone nei giardini del suo palazzo; erano attrazioni di contorno mentre l'imperatore offriva lo spettacolo delle corse dei carri, guidando lui stesso un carro o confuso tra la folla. Benché il popolo di Roma fosse assuefatto a questi spettacoli dalle lotte tra gladiatori, la crudeltà delle torture a cui erano sottoposti i cristiani atterrirono la maggior parte degli spettatori; questi eventi fecero esplodere un'ondata di sollevazioni e Nerone si suicidò quattro anni dopo. Tacito, lo storico romano nato attorno all'anno 56, scrive che Nerone «era corrotto da ogni lussuria, naturale e contro natura», e lascia aperta qualsiasi ipotesi per le cause dell'incendio: «Accadde un disastro, non si sa con certezza se per caso o per dolo dell'imperatore (l'una e l'altra versione han tramandato gli scrittori)». È in questo contesto che fornisce, egli storico classico, i più antichi riferimenti alla comunità cristiana di Roma, descrivendo come Nerone «condannò alle pene più raffinate quelli che, aborriti per le loro infamie, il volgo chiama cristiani. L'autore di questo nome, Cristo, regnando Tiberio, era stato suppliziato a opera del procuratore Ponzio Pilato». É evidente che Tacito presta fede a tutte le calunnie popolari divulgate contro i cristiani, descrivendoli come appartenenti a una «superstizione funesta» c commentando «a Roma da ogni parte confluiscono c si diffondono tutti i misfatti e le vergogne», aggiungendo però: «Benché si punivano rei meritevoli di estremi castighi, nasceva un senso di pietà, giacché essi venivano uccisi non per il bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di uno solo». Questa antica testimonianza scritta degli eventi storici della passione di Gesù e della solidità della comunità cristiana a Roma a partire dal 65 è d'importanza rilevante perché Tacito è uno storico scrupoloso e non ha chiaramente nessun motivo per essere benevolo verso i cristiani; non mostra alcun sentimento favorevole nei loro confronti anzi li considera nemici pubblici, ma allo stesso tempo è lucido nel vederli come i capri espiatori dell'incendio, la cui responsabilità era attribuita da molti a Nerone stesso. MARTIROLOGIO ROMANO. Santi protomartiri della Santa Chiesa di Roma, che accusati dell’incendio della Città furono per ordine dell’imperatore Nerone crudelmente uccisi con supplizi diversi: alcuni, infatti, furono esposti ai cani coperti da pelli di animali e ne vennero dilaniati; altri furono crocifissi e altri ancora dati al rogo, perché, venuta meno la luce del giorno, servissero da lampade notturne. Tutti questi erano discepoli degli Apostoli e primizie dei martiri che la Chiesa di Roma presentò al Signore.

nome Sant'Ottone di Bamberga- titolo Vescovo- nascita 1062 circa, Bamberga, Germania- Consacrato vescovo 1106- morte 30 giugno 1139, Bamberga, Germania- ricorrenza 30 giugno- Canonizzazione 1189, da papa Clemente III- Attributi bastone pastorale- Incarichi ricoperti Vescovo di Bamberga- Nato nel 1062-1063 da una nobile famiglia sveva e avviato alla carriera ecclesiastica, fu prima al servizio di Vladislao, figlio del duca di Polonia Boleslao II. Intorno al 1090 entrò al servizio di Enrico IV, di cui fu capellanus nel 1097-1102, anno nel quale l'imperatore lo nominò vescovo di Bamberga; in questo periodo si occupò della continuazione dei lavori della cattedrale di Spira. Dando prova di una decisa attitudine diplomatica, che peraltro nel 1105 gli valse l'incarico di negoziare la pace con il papa, egli chiese l'approvazione di Pasquale II e ne ottenne l'impegno a consacrarlo. Nel 1105-1106 fu tra i sostenitori di Enrico IV che passarono ad Enrico V, convinti della necessità di por fine alla contrapposizione con la Chiesa di Roma (questa politica, di fatto, segnò i primi anni del nuovo re di Germania). Nel 1106, delegato a Roma anche in vista di questo obbiettivo, fu solennemente consacrato ad Anagni da Pasquale II. La sua lealtà nel servitium regis comunque non conobbe tentennamenti dopo gli eventi del 1111 (tanto che Bamberga continuò ad essere luogo di sosta di Enrico V), e nell'autunno 1121 Ottone partecipò a Wiirzburg all'assemblea che sancì la pace fra l'imperatore e i grandi del regno e preparò le trattative di Worms. Nel 1109 fondò il monastero di Priifening, che qualche anno dopo attribuì ai monaci riformati di Hirsau. Nel 1124 e nel 1128 svolse missioni di apostolato in Pomerania, su incarico di Boleslao di Polonia, che intendeva consolidare la propria signoria sulla regione, e per questo è passato alla storia come l'apostolo della Pomerania. Come vescovo di Bamberga si distinse per una intensa politica di promozione dei burgenses; forse diede l'impulso al superamento di una stagnazione nell'importante scuola della cattedrale. Morì a Bamberga il 30 giugno 1139 e fu canonizzato nel 1189. La tradizione agiografica relativa a Ottone è abbastanza complicata e resta valida l'avvertenza della BHL: «Mala fata habuisse libros de vita et rebus gestis Ottonis monuit v. cl. HolderEgger». Sarebbe troppo lungo affrontare le questioni poste dai singoli testi, che comunque, nella loro generalità, possono essere ascritti ai sec. XII-XIII. Sono documenti molto interessanti, in quanto insistono sull'attività di apostolato di Ottone in Pomerania e in Rutenia e sono ricchi di informazioni sulle usanze e sulle religioni indigene; non cercano neppure di nascondere che l'opera di Ottone (conversioni e battesimi di massa) fu preceduta, affiancata e seguita dall'azione armata del duca di Polonia e, quando capitava, dallo sterminio dei pagani; sottolineano che Ottone non si presentò umile e povero per convicere i Pomerani della superiorità del cristianesimo, ma in tutto lo splendore e la pompa possibile perché dice una Vita i pagani disprezzavano gli indigenti e apprezzavano la ricchezza, o perché come scrive un'altra Vita così i Pomerani non avrebbero avuto motivo di credere che il suo apostolato potesse essere solo un pretesto per arricchirsi con i loro beni. L'opera missionaria di Ottone si articola tra distruzioni di templi e statue, rivolte urbane, conversioni e apostasie collettive, punizioni divine che paralizzano i malintenzionati o schiacciano loro la testa contro il muro, miracoli di tipo punitivo (per il mancato rispetto delle regole di vita cristiane), per consolidare la cristianizzazione ma anche terapeutico (risana soprattutto i pazzi), e indicazioni dagli interessanti risvolti penitenziali su come Ottone affrontava il problema della cristianizzazione. È notevole il racconto breve e intenso degli sforzi compiuti dall'episcopio di Bamberga, e soprattutto dalla prediletta abbazia di S. Michele, per ottenerne la canonizzazione: una vera e propria miniatura di come andassero questi affari, con ripetuti viaggi a vuoto presso la corte papale e l'immediato accoglimento delle richieste nell'unica occasione nella quale il promotore (l'abate di S. Michele), munito di lettere imperiali, si cura di arrivare a Roma «con tutti gli oggetti preziosi d'oro e d'argento che aveva»; la canonizzazione è celebrata in tutta solennità nel 1189 a Wiirzburg, in occasione della prima curia regis di Enrico VI, e il resoconto è seguito da un elenco di testimonianze di miracoli (indemoniate, indemoniati, frenetici), quasi a certificare ulteriormente la giustezza dell'elevazione agli altari di Ottone nel XVII sec. Ottone è attestato come guaritore delle febbri e del morso dei cani rabbiosi, con due specifici ordines «benedicendi vinum» e i corrispondenti elenchi di miracolati. MARTIROLOGIO ROMANO. A Bamberg in Franconia, nell’odierna Germania, sant’Ottone, vescovo, che si dedicò con fervore all’evangelizzazione della Pomerania.

nome San Marziale di Limoges- titolo Vescovo e confessore- nascita III secolo, Limoges, Francia- morte III secolo, Limoges, Francia- ricorrenza 30 giugno- Patrono di Limoges, Colle di Val d'Elsa; invocato contro le epidemie- La storia di Marziale è un esempio interessante degli sforzi dei cronachisti francesi medievali di intrecciare la storia della Chiesa primitiva nelle loro terre alla narrazione biblica della vita di. Cristo, e questo risultato si poteva ottenere attribuendo a S. Lazzaro di Betania (17 dic.) di essersi spinto in una missione evangelizzatrice fino a quelle terre, oppure confondendo due persone aventi lo stesso nome, per esempio identificando S. Trofimo di Arles (29 dic.) con Trofimo citato in 2 Tm 4, 20, o ancora attribuendo un retroterra biblico a un santo francese, vissuto in verità secoli dopo l'epoca neotestamentaria. Marziale è un tipico esempio di questo terzo processo. Tutto ciò che conosciamo di lui è che fu vescovo di Limoges e che fin da una data molto antica è venerato come apostolo del Limousin e fondatore di quella sede episcopale. Secondo una tradizione ricorrente nel VI secolo e riportata da Gregorio di Tours fu uno dei sette missionari inviati da Roma a evangelizzare la Gallia appena prima del 250: Gaziano (17 dic.) andò a Tours; Trofimo ad Arles; Paolo (22 mar.) a Narbona; Marziale a Limoges; Dionigi (o Denis, 9 ott.) a Parigi; Saturnino (29 nov.) a Tolosa e Austremonio (1 nov.) a Clermont; tutti divennero vescovi e sono venerati come santi. Nelle liturgie antiche di Limoges Marziale viene ricordato come confessore. Un racconto stravagante delle sue gesta fa la sua comparsa nel 1029, pretendendo dì attribuire al vescovo Aureliano (16 giu.), successore di Marziale, la paternità dello scritto, che mutua molto dalla Historia Apostolica, un documento apocrifo che in un primo tempo circolava attribuito a un tale Abdia. La storia pare sia nata con Ademaro di Chabannes (986-1043) allo scopo di accrescere la fama della abbazia di S. Marziale di Limoges, dove aveva completato gli studi. A suo dire Marziale sarebbe vissuto in Palestina durante la vita terrena di Cristo, e tutto ciò fu preso talmente sul serio da diventare oggetto di dibattito in alcuni sinodi. Marziale, chiamato "il fedele», a quindici anni sarebbe stato convertito dalla predicazione di Gesù; battezzato dall'apostolo Pietro (29 giu.), suo parente; era il giovanetto che aveva i cinque pani d'orzo e i due pesci quando il Signore sfamò i cinquemila (Gv 6, 1-15); era colui che sorreggeva l'asciugatoio che Gesù usò per asciugare i piedi dei discepoli nell'Ultima Cena; era presente alla resurrezione di Lazzaro; serviva a tavola durante l'Ultima Cena e ricevette lo Spirito Santo con gli altri discepoli nel giorno di Pentecoste; era tra i settantadue discepoli; accompagnò a Roma e ad Antiochia S. Pietro, che lo inviò ad annunciare il Vangelo in Gallia. Durante il viaggio ridiede la vita a un suo compagno; arrivato a Tulle liberò da uno spirito maligno la figlia del suo ospite e operò la resurrezione del figlio del governatore romano, strangolato dal demonio: questi due miracoli portarono alla conversione e al battesimo di tremilaseicento persone. A questi fecero seguito altri miracoli: sacerdoti pagani che si opponevano a Marziale furono colpiti dalla cecità e riottennero la vista solo dopo una sua preghiera per loro; persone che avevano picchiato e messo in prigione il vescovo a Limoges furono uccise da un fulmine, ma la popolazione chiese a Marziale di aver pietà di quei morti, ed egli li riportò in vita. La nobildonna Valeria, promessa sposa al duca Stefano, lo rifiutò perché dopo essere divenuta penitente di Marziale aveva fatto voto di verginità; il duca la fece decapitare ed ella si allontanò dal luogo dell'esecuzione con la sua testa sottobraccio. Allora il duca si convertì alla fede e andò pellegrino a Roma, dove trovò S. Pietro che ammaestrava il popolo in un luogo chiamato Vaticano; il duca comunicò al capo degli apostoli notizie di Marziale e dei progressi della diffusione del Vangelo in Gallia. Evidentemente l'immaginazione porta agli eccessi: fu certamente Ademaro a contraffare la bolla attribuita a papa Giovanni XIX che autorizzava il culto di Marziale con tutti gli onori dovuti a uno degli apostoli; si sospetta che egli abbia contraffatto altri documenti incerti di eguale importanza. Nel 1854 la Congregazione dei Riti si rifiutò di ratificare tale bolla, affermando che Marziale dovesse essere ricordato nella Messa, nelle litanie e nell'Ufficio solo con il titolo di vescovo e confessore; alcune fonti francesi, tuttavia, hanno continuato a insistere che fosse un apostolo del i secolo «di origini giudaiche, della tribù di Beniamino» e «il primo a predicare ai popoli occidentali». MARTIROLOGIO ROMANO. A Limoges in Aquitania, in Francia, san Marziale, vescovo.

nome Beato Gennaro Maria Sarnelli- titolo Redentorista- nome di battesimo Gennaro Maria Sarnelli- nascita 12 settembre 1702, Napoli- morte 30 giugno 1744, Napoli- ricorrenza 30 giugno- Beatificazione 12 maggio 1996 da papa Giovanni Paolo II- Nato a Napoli dal Barone di Ciorani (SA). a vent'anni si laureò in giurisprudenza. Ordinato sacerdote nel 1732, l'anno seguente divenne Redentorista, esercitando il suo ministero dapprima nei paesi della Costiera Amalfitana e poi, dal 1736. a Napoli con le ragazze esposte al meretricio gli ammalati, gli anziani, i carcerati e i fanciulli costretti al lavoro di facchini. Pubblicò oltre 30 opere di contenuto giuridico-sociale, di morale. di mistica. di pedagogia, di pastorale, di mariologia e di ascetica. Nel 1741 programmò e partecipò alla grande missione ai paesi fuori le porte di Napoli. Si spense a Napoli, il 30 giugno 1744 a circa 42 anni. Giovanni Paolo II lo ha proclamato Beato il 12 maggio 1996. MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, beato Gennaro Maria Sarnelli, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore, che si adoperò attivamente per l’assistenza ad ogni categoria di bisognosi.

nome Sant'Adolfo di Osnabruck- titolo Vescovo- nascita 1185 circa, Westphalia, Germania- morte 30 giugno 1224, Osnabruck, Germania- ricorrenza 30 giugno- Attributi bastone pastorale- Patrono di poveri e amicizia- Adolfo, figlio del conte di Tecklenburg, nacque il Wstphalia intorno al 1185 e ancora ragazzo entrò a far parte del clero di Colonia e in breve per la sua nascita illustre divenne canonico della cattedrale. In occasione di una visita al monastero cistercense di Altenkamp fu profondamente colpito dalla pace del chiostro e rimase in quella abbazia come monaco. Non fu però soltanto la nobiltà dei natali, ma anche la fama delle sue doti e delle sue virtù maturate in seno alla comunità monastica di Altenkamp, a provocare la sua elezione al vescovato di Osnabriick nel 1217. Nel ruolo episcopale Adolfo conservò uno stile di vita personale improntato alla austerità della regola cistercense ed esercitò il ministero pastorale con grande sollecitudine verso i poveri e i diseredati, fondando anche un ospizio per i lebbrosi. Fu attento riformatore dei monasteri della sua diocesi sollecitando l'adozione della regola di S. Benedetto e l'abbandono della rilassatezza dei costumi che si era introdotta in alcune case religiose. Adolfo morì in ancor giovane età dopo soltanto sette anni di episcopato il 30 giugno 1224 e fu presto venerato come santo, anche se non è mai stato formalmente canonizzato neppure in forma equipollente. La sua festa si celebra nella diocesi di Osnabriick il 30 giugno e dall'ordine cistercense il 14 febbraio. MARTIROLOGIO ROMANO. A Osnabrück in Sassonia, sempre in Germania, sant’Adolfo, vescovo, che accolse nel monastero di Altencamp le consuetudini cistercensi.

nome San Teobaldo di Provins- titolo Sacerdote ed eremita- nascita 1017 circa, Provins, Francia- morte 1066, Vicenza- ricorrenza 30 giugno- Canonizzazione 1073 da papa Alessandro II- Patrono di carbonai e conciatori- Il giovane Teobaldo (Thibaud), figlio del conte Arnolfo dello Champagne, leggendo le vite dei Padri del deserto ne fu molto impressionato e particolarmente attratto dalla rinuncia di se stesso, dallo spirito di contemplazione e dalla purezza di vita di S. Giovanni Battista (24 giu. e 29 ago.), Paolo Eremita (15 gen.), Antonio (17 gen.) e Arsenio (19 lug.). Desiderava ardentemente emularli e quando suo papà, che pensava che il figlio conducesse la vita consueta di tutti i giovani nobili, gli chiese di guidare un gruppo di soldati in una guerra locale, egli con molto garbo rispose che aveva fatto voto di abbandonare la vita mondana. Alla fine il conte Arnolfo si dichiarò d'accordo e Teobaldo, in compagnia di un giovane di nome Gualtiero, si recò all'abbazia di Saint-Rémi a Reims, dove si spogliò dei suoi beni mondani e dei suoi ricchi abiti. Vestiti come mendicanti andarono errando verso il settentrione, fino a che giunsero nella foresta di Petting, nell'attuale ducato del Lussemburgo, dove trovarono un luogo solitario e vi costruirono duc celle: camminavano scalzi e soggetti a freddo, caldo, fame e fatica. Il lavoro manuale era un dovere necessario in una vita ascetica o penitenziale, e poiché non erano abili nell'intrecciare cesti o stuoie si recavano nei villaggi vicini e si offrivano a giornata per ogni lavoro disponibile; lavoravano nei campi, caricavano e scaricavano carri, pulivano stalle, trasportavano pietre e cemento per i muratori, spingevano il mantice e facevano il carbone per le fucine. Di giorno lavoravano con le mani e i loro cuori erano immersi in preghiera, di notte cantavano l'Ufficio. Come spesso accade in questi casi la vita solitaria e dedicata a Dio dava loro una fama di santità, molti vennero a visitarli e disturbare così la loro solitudine. Volevano recarsi in Terra Santa, ma ciò era reso impossibile dai saraceni, allora andarono pellegrini a San Giacomo di Compostella e a Roma, visitando anche luoghi sacri in Italia. Si stabilirono in una località remota e boscosa, Salanico, vicino a Vicenza, dove trovarono una cappella in rovina e vi rimasero due anni, fino alla morte di Gualtiero. Pensando di non aver molto tempo da vivere Teobaldo permise a un gruppo di discepoli di unirsi a loro; il vescovo di Vicenza lo ordinò presbitero in modo che potesse meglio guidarli spiritualmente. Le gesta di Teobaldo si diffusero e i suoi genitori furono informati che l'eremita di Salanico, la cui fama era giunta fino nella Champagne, era il figlio per il quale avevano fatto lutto per molto tempo, andandone in cerca per anni. In un'occasione Teobaldo aveva visto suo padre, piegato dagli anni, a Treviri che lo cercava ansiosamente, ma non gli si avvicinò perché sapeva che avrebbe voluto ricondurlo a casa. Ora il padre e la madre erano molto anziani e si misero in viaggio per l'Italia per poterlo vedere; lo trovarono pallido ed emaciato, indebolito dalle pratiche austere, ma felici di ritrovarlo vivo e che conduceva una vita santa. Sua mamma Gisella, con il consenso del marito, decise di trascorrere il resto della sua vita a Salanico da anacoreta; fu costruita per lei una cella in prossimità della comunità. Subito dopo Teobaldo fu colpito da una malattia mortale: un morbo doloroso e repellente, forse la lebbra o una di quelle forme che nel Medio Evo passavano sotto tale titolo. Egli sopportò tutto con grande pazienza. Poco prima di morire chiese dell'abate di una comunità camaldolese dalla quale aveva già ricevuto l'abito e fece la professione nelle sue mani, raccomandandogli sua madre e i suol discepoli; ricevuto il Viatico, morì in pace. Solo sette anni dopo la morte papa Alessandro II lo proclamava santo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Salaníca in provincia di Vicenza, san Teobaldo, sacerdote ed eremita, che, nato dai conti di Champagne in Francia, insieme all’amico Gualterio preferì a onori e ricchezze le peregrinazioni per Cristo, la povertà e la solitudine.

nome Beato Filippo Powell- titolo Sacerdote benedettino, martire- nome di battesimo Philip Powell- nascita 2 febbraio 1594, Trallong, Inghilterra- morte 30 giugno 1646, Londra, Inghilterra- ricorrenza 30 giugno- Beatificazione 15 dicembre 1929 da Papa Pio XI- Filippo Powell, o Powel, nato a Trallong, a una decina di chilometri da Brecon (Inghilterra), ricevette la prima istruzione alla scuola di Ahergavenny, e sedicenne fu mandato dai suoi genitori a studiare legge nel Tempio di Londra sotto la guida di padre Agostino Baker: monaco benedettino, già celebre avvocato, noto scrittore e direttore spirituale. Inviato a Douai per affari, due o tre anni dopo, venne attratto dalla vita spirituale benedettina; studiò a Lovanio e nel 1618 fu ordinato sacerdote. Ci sono discordanze sulla data della sua professione solenne monastica, secondo il Libro delle professioni di Douai essa avvenne nel 1619, ma potrebbe trattarsi di un voto o una promessa temporanei. Il 7 marzo 1622 partì per le missioni inglesi; era usuale che i seminaristi o i presbiteri inviati in missione assumessero uno pseudonimo, e durante tutto il suo ministero Filippo fu conosciuto come Morgan. Dopo essere stato ospite per sedici mesi di Agostino Baker, questi lo inviò presso una famiglia cattolica del Devon; esercitò il suo ministero per oltre vent'anni nel Devon, nel Somerset e in Cornovaglia, facendo base prima a Bableigh nel Devon e poi a Leighland Barton nel Somerset. Le leggi penali contro i cattolici erano generalmente cadute in disuso durante il regno di Carlo i e i sacerdoti cattolici potevano esercitare il loro ministero senza impedimenti, se usavano un po' di discrezione, ma lo scoppio della guerra civile portò una nuova era di persecuzione con la presa del potere da parte di. Cromwell e il Parlamento controllato dai puritani, e molte famiglie cattoliche furono costrette all'esilio o a nascondersi. Secondo dom Robert Anderton, che in seguito scrisse una storia del ministero e della prigionia di Filippo, il Devon e il Somerset erano «invasi da soldati del Parlamento e i cattolici non avevano luoghi dove mettersi in salvo». Filippo si unì alle forze leali al re e fu per sei mesi cappellano nell'esercito del generale Goring nel Devon e in Cornovaglia, ma, dopo la disfatta di questi, s'imbarcò per il Galles, venendo però catturato con tutta la nave dal viceammiraglio Crowder, legato del Parlamento. Due membri dell'equipaggio riconobbero Filippo e lo denunciarono in quanto sacerdote cattolico che aveva «distolto gran parte dei fedeli parrocchiani di Yarnscombe e Parkham nel Devon, dalla fedeltà alla Chiesa protestante». Fu trasferito a Penarth; interrogato dallo stesso Crowder, con franchezza ammise di essere presbitero. Fu tenuto prigioniero a bordo di una nave e rinchiuso nel primo ponte: gli furono lacerati gli abiti ed era «vestito con sordidi brandelli», secondo la descrizione dello Challoner. Rimase così rinchiuso per oltre due mesi, quando fu portato a Londra, dove, dopo un breve periodo di detenzione in condizioni umane, fu trasferito nelle King's Bench, un carcere comune con condizioni di vita durissime: fu stipato in una piccola cella con altri, dovendo dormire sulla nuda terra. In quelle condizioni contrasse la pleurite, e anche se ridotto agli estremi, in tribunale si difese con forza. Basò la sua difesa su due tesi: che non poteva essere giudicato per tradimento contro il re dopo che lo stesso Parlamento era insorto contro il sovrano e, in secondo luogo, che la legge contro i sacerdoti valeva solo per il territorio inglese e non per il mare aperto, dove era stato catturato. Fu condannato a morte e ringraziò Dio per la liberazione prossima; i giudici fecero una petizione al Parlamento perché fosse sospesa la pena, ma senza risultato. La sua persona e il suo modo d'agire impressionarono talmente i suoi compagni di prigionia che per testimoniare le sue virtù redassero una sorta di documento che fu firmato da ventitré protestanti e sei cattolici. Uno di essi, John Breion o Preion, da lui convertito, lo descrive in versi con genuino fervore: Dolce, paziente, coraggioso: la sua mano a ogni povero, disponibile per tutti, finché essi si vergognavano a chiedergli di più. Il più sobrio e fedele al suo Cristo, lui, lingua che non mi rinfaccia altro che ciò che va detto: tu il più menzognero. L'ufficiale che venne ad annunciargli la data dell'esecuzione fu così sopraffatto dalla commozione che non riusciva a leggere il bando e Filippo, abbracciandolo, lo rincuorò. Sulla via del patibolo un astante gli offrì un bicchiere di vino ed egli lo bevve alla salute del «cocchiere», il guidatore del carro trainato da cavalli che lo trasportava alla morte. «Oh, chi sono io» disse «che Dio così mi onora e mi fa morire per amor suo?». Morì coraggiosamente a Tyburn il 30 giugno 1646; dom Robert Anderton era tra la folla e gli diede l'assoluzione. In seguito scrisse una storia della vita e del martirio di Filippo che pubblicò a Londra sotto forma di opuscolo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, beato Filippo Powell, sacerdote dell’Ordine di San Benedetto e martire, che, originario del Galles, arrestato su una nave durante il regno di Carlo I perché cercava di entrare in Inghilterra come sacerdote, fu condotto sul patibolo a Tyburn.

nome San Berticranno- titolo Vescovo di Le Mans- nascita 553 circa- morte 623 circa, Le Mans, Francia- ricorrenza 30 giugno- Non conosciamo il luogo di nascita di Bertrando (Bertecranno), nato intorno alla metà del vi secolo, sappiamo che si recò a Parigi, probabilmente per motivi di studio, fu ordinato sacerdote da S. Germano (28 mag.), divenne canonico della cattedrale e poi arcidiacono. Nel 587 Germano volle che fosse nominato vescovo di Le Mans. Non era una sede facile perché i re di Austrasia e Neustria erano in lotta per il predominio della regione e il vescovo doveva schierarsi: Bertrando sosteneva i principi di Neustria e la sua fortuna mutò a seconda dei loro successi; in diverse occasioni dovette abbandonare la sede, che fu occupata da un usurpatore, ma nel 605 fu reinsediato definitivamente da re Clotario II. Clotario aveva grande stima di Bertrando e convinse il papa a inviargli il palio, benché non fosse arcivescovo. Molti proprietari terrieri fecero dono al vescovo di loro proprietà, che adoperò per aiutare fondazioni religiose già esistenti: per fondarne delle nuove, e per abbellire le chiese di Le Mans. Tra le sue fondazioni ci sono: l'abbazia dei SS. Pietro e Paolo; un grande ospizio per pellegrini e viandanti; un chiesa che egli volle dedicata a S. Germano. Aveva un grande interesse per l'agricoltura della regione e insistette per uno sviluppo e una buona conduzione dei terreni di sua proprietà; il suo amico S. Licinio di Angers (1 nov.) gli inviò alcuni vini, ottenuti con una scelta particolare di uve, che diffuse con grande successo. Nonostante avesse fatto molta beneficenza era ancora in possesso di diverse proprietà, di cui dispose l'eredità nel testamento, che ci è pervenuto ed è generalmente considerato autentico e ha aiutato a correggere gli errori dei cronisti del suo episcopato. MARTIROLOGIO ROMANO. A Le Mans nel territorio della Neustria, sempre in Francia, san Berticranno, vescovo, pastore di pace e premuroso verso i poveri e i monaci.

nome San Basilide di Alessandria- titolo Soldato e martire- ricorrenza 30 giugno- Attributi Soldato romano- Patrono di Corpo di Polizia Penitenziaria già Corpo degli Agenti di Custodia- San Basilide nacque ad Alessandria d'Egitto e visse durante le persecuzioni contro i cristiani sotto l'imperatore Settimio Severo, come racconta lo storico Eusebio di Cesarea nella sua "Historia Ecclesiastica". Soldato dell'esercito romano, Basilide frequentò la Scuola di Alessandria, dove il teologo e filosofo Origene insegnava, attirando molti pagani con la sua sapienza e la sua esegesi evangelica. Tra questi, Basilide fu profondamente colpito dagli insegnamenti di Origene, piantando in lui i semi della conversione. Durante le persecuzioni anticristiane, Basilide fu incaricato dal preside Aquila di scortare la vergine Potamiena al patibolo, poiché ella aveva rifiutato di abiurare la propria fede. Basilide eseguì l'ordine, ma durante il tragitto impedì alla folla di oltraggiarla. Questo gesto di protezione commosse Potamiena, che promise di intercedere per lui una volta giunta in paradiso. Pochi giorni dopo, Basilide fu chiamato a giurare davanti agli idoli civili, ma rifiutò, dichiarandosi cristiano. Questo atto inaspettato sorprese i suoi commilitoni, e Basilide fu condotto davanti a un giudice per confermare la sua fede. Venne imprigionato e, durante la detenzione, raccontò che Potamiena gli era apparsa in sogno tre giorni dopo il suo martirio, ponendogli una corona sulla testa e dicendogli che aveva pregato per lui, ottenendo da Dio la Grazia della conversione. Basilide fu battezzato in prigione e il giorno successivo, all'incirca nell'anno 202 d.C., fu decapitato per la sua fede. Il suo corpo è ora sepolto nella Chiesa di Santa Maria presso San Celso a Milano, nella cappella dell'Assunta nella navata sinistra. La sua storia è un potente esempio di conversione e fede, ispirata dall'insegnamento di Origene e dal martirio di Potamiena.

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