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I santi di oggi 23 novembre:
nome San Clemente I Romano- titolo 4º papa della Chiesa cattolica e martire- nascita I secolo, Roma- Elezione 92- Fine pontificato 97- morte I secolo, Cherson- ricorrenza 23 novembre- Santuario principale Basilica di San Clemente- Attributi Àncora, pesce, pietra miliare, fontana, libro- Patrono di Diocesi di Velletri-Segni, Arienzo, Casamarciano, Latera, Magione, Pellezzano, Velletri, bambini, barcaioli, battellieri, cappellai, gondolieri, lapicidi, marinai, marmisti, scalpellini; invocato contro le malattie dei bambini- Nacque circa l'anno 30 dell'era volgare in Roma da genitori oriundi della Palestina. Trascorse la giovinezza nella più fedele osservanza della religione paterna; ma quando l'apostolo Pietro venne in questa città a portare la parola del Vangelo, fu tra i suoi primi discepoli e ben presto si distinse fra tutti per fedeltà e integrità di costumi. Più tardi l'Apostolo lo consacrò sacerdote per averlo compagno nel sacro ministero.
Dopo la morte del Principe degli Apostoli, i cristiani lo volevano innalzare subito alla dignità papale, ma egli se ne stimò indegno e fece cadere l'elezione prima su Lino, quindi su Cleto. Quando la vita di questo ultimo venne troncata dalla persecuzione, Clemente fu costretto ad accettare l'onerosa carica. Fu papa zelantissimo, oratore e scrittore: a lui dobbiamo i preziosi atti di tanti gloriosi martiri, avendo egli ordinato a sette notai di raccoglierli per iscritto. La sua attività non sfuggì ai persecutori. Traiano lo voleva indurre al silenzio minacciandogli la morte: ma l'eroe non si spaventò, anzi avendo sempre presente il sublime esempio di Pietro e di Paolo, lavorava con tutto Io slancio per guadagnare anime a Cristo, per meritarsi la corona immarcescibile e la palma della vittoria. E la minacciata condanna venne. Tratto in arresto, fu mandato ai lavori forzati nel Chersoneso. Nelle cave di pietra trovò tanti suoi figli che per la comune causa avevano subìto la stessa condanna. Duemila e più cristiani, sotto la sferza degli aguzzini, privi di tutto, persino di un po' di acqua con cui bagnare le arse labbra e rinfrescare gli infuocati petti, soggiacevano ai più tormentosi e duri lavori. Il cuore del Padre, straziato pel dolore di tanti figli, alzò fidente la sua preghiera a Dio e un Angelo apparendogli su di un vicino colle gli indicò che colà sarebbe scaturita l'acqua. Accorsero i minatori al luogo indicato e trovarono la bevanda refrigerante. Alla novella del prodigio avvenuto per intercessione di Clemente, numerosi pagani abbracciarono la religione cristiana che aveva un Dio tanto potente e tanto misericordioso. Ma s'indurì invece il cuore di Traiano, il quale ordinò che il venerando capo dei cristiani fosse gettato nel mare con un'ancora appesa al collo. Ma ecco un nuovo strepitoso prodigio. Non appena le acque ebbero soffocato quel corpo ormai sfinito, spinte da forza arcana, si ritirarono dalla riva e sul fondo dell'abisso apparve un prezioso monumento sepolcrale di bianchissimo marmo. Gli astanti, stupefatti, mirarono il miracoloso sarcofago, ma la loro meraviglia crebbe ancor più, quando il cadavere dell'intrepido vegliardo scivolando dal seno delle acque guidato da mano angelica, andò a giacere nella tomba marmorea. Poco dopo le acque ritornarono a ribaciare il lido e la folla abbandonò la spiaggia; ma mentre i cristiani lodavano e ringraziavano il Signore per lo strepitoso miracolo, molti pagani si decisero ad entrare nell'ovile di Cristo. Le reliquie del glorioso Pontefice, portatevi dai santi fratelli Cirillo e Metodio, riposano ora in Roma nella Basilica eretta in suo onore. PRATICA. Facciamo oggi un atto di umiltà e qualche piccolo sacrificio.
PREGHIERA. O Dio, che ci allieti ogni anno con la solennità del tuo beato martire e Pontefice Clemente, concedici propizio, che mentre ne celebriamo la festa, ne imitiamo la fortezza.
MARTIROLOGIO ROMANO. San Clemente I, papa e martire, che resse la Chiesa di Roma per terzo dopo san Pietro Apostolo e scrisse ai Corinzi una celebre Lettera per rinsaldare la pace e la concordia tra loro. In questo giorno si commemora la deposizione del suo corpo a Roma.
nome Santa Lucrezia di Merida- titolo Martire- nascita III secolo, Mérida, Spagna- morte IV secolo, Mérida, Spagna- ricorrenza 23 novembre- La leggenda narra che fosse vergine e martire, morta a Merida al tempo della persecuzione di Diocleziano sotto il prefetto dei Daci. Lucrecia nacque a Mérida (Badajoz) e, secondo il " Santoral spagnolo " del 1864, "si lasciò vedere nel mondo dotata di tutte quelle nobili disposizioni della natura e della grazia, che non solo aprono ma facilitano il cammino della virtù". Quando era giovane, iniziò la decima persecuzione contro i cristiani nell'impero romano, dagli imperatori Diocleziano e Massimiano e come è quasi sempre presente negli atti dei martiri, il "terribile" Daciano. Portato alla sua presenza Lucrezia, rimase incantato per "la sua rara bellezza e la sua singolare modestia". Sapendo che era una devota cristiana, oltre che una ricca famiglia, volle costringerla a sacrificarsi agli dei per confiscare al suo rifiuto tutti i suoi beni. Per questo ricorse alle minacce e alla prigione, pensando di abbatterla. Poiché ciò non accadde, la chiamò di nuovo in giudizio e la rimproverò di aver seguito colui che morì in modo ignobile in croce. Lucrecia rispose con una ferma difesa della sua fede. Daciano le offrì nuovamente di sacrificare agli dei e Lucrezia rifiutandosi di farlo, fu schiaffeggiata e arrestata a causa della sua apostasia. Lucrecia assunse con integrità e dignità il martirio, per il quale Daciano la condannò immediatamente al massacro, come si fece, portandola fuori città. Era il 23 novembre all'inizio del IV secolo. Il corpo, lì abbandonato, fu raccolto dai cristiani e sepolto in un luogo che conservarono in memoria fino a quando arrivò la pace e dove fu costruita una basilica distrutta poi dai musulmani. MARTIROLOGIO ROMANO. A Mérida in Spagna, santa Lucrezia, martire.
nome San Colombano- titolo Abate- nascita 540 circa, Irlanda- morte 23 novembre 615, Bobbio, Piacenza- ricorrenza 23 novembre- Beatificazione 627- Canonizzazione 23 novembre 642- Santuario principale abbazia di San Colombano- Patrono di motociclisti, Bobbio, Luxeuil-les-Bains (Francia) e altre località italiane, europee ed internazionali- Monaco ed evangelizzatore, amante della solitudine del deserto e fondatore di monasteri cenobitici, interlocutore di re e papi, uomo d'azione nella società civile del suo tempo, Colombano fu un eterno pellegrino. Dalla sua Irlanda, passò per Bretagna, Gallia, Svizzera e giunse in Italia, dove concluse il suo pellegrinaggio terreno nel monastero di Bobbio, nella valle del Trebbia. "Lasciando la tua patria, alla Patria ritorni", canta il primo inno in suo onore.<br /> La vita di Colombano è nota grazie alla biografia scritta nel 640 dal monaco Giona, che afferma: "La Vita di Colombano vuol essere innanzitutto un'epifania della potenza di Dio". Secondo Giona, l'eredità del santo non si esaurisce con la sua morte, ma continua nei suoi discepoli e nei suoi scritti. Colombano nacque nel regno di Leinster, in Irlanda, intorno al 525-540. Dotato per gli studi, a vent'anni incontrò una religiosa che lo esortò: "Fuggi, fuggi, ragazzo! Evita il precipizio in cui sai che sono caduti in molti". Dopo aver vinto le resistenze materne, Colombano si recò da Sinell, un maestro di Scrittura, e poi a Bangor, dove abbracciò la vita monastica. Qui "rinunciando a se stesso e prendendo la propria croce, comincia a seguire Cristo". Ordinato presbitero, sentì l'appello alla peregrinatio, l'esilio volontario, e partì con dodici compagni verso la Gallia. Si stabilì ad Annegray, fondò monasteri a Luxeuil e Fontaine, e scrisse due Regole monastiche e il Penitenziale, noti per il loro rigore. Sebbene accusato di durezza, Colombano mostrò una profonda tenerezza verso i suoi fratelli. Colombano fondò numerose comunità cenobitiche ma amava la solitudine. Spesso si ritirava nel deserto, "lontano da ogni preoccupazione", per dedicarsi alla preghiera. Nonostante ciò, mantenne il desiderio di evangelizzare. Scrisse al fratello: "Io amo la salvezza di molti e per me stesso il nascondimento: la prima cosa a vantaggio del Signore, la seconda per il desiderio che ho di Lui". Dalla Gallia alla Svizzera, sognò di portare la parola di Dio ai pagani, ma un’apparizione angelica lo indirizzò in Italia per combattere l’eresia ariana.<br /> Giona racconta i miracoli del santo, capace di guarire malattie e vivere in armonia con gli animali, riflettendo la pace di Adamo nell’Eden. Tuttavia, Colombano incontrò ostilità per il suo attaccamento alle tradizioni irlandesi, come il calcolo della Pasqua e la tonsura druidica. Scrisse a papa Gregorio e papa Sabiniano per sostegno ma rifiutò di comparire al sinodo di Lione. I rimproveri a re Teodorico per l'incontinenza e i figli illegittimi causarono il suo esilio. Fuggito da Besançon e condannato a tornare in Irlanda, riparò a Bregenz e infine in Italia, dove fondò il monastero di Bobbio nell’autunno del 614. Il 23 novembre 615, Colombano morì, lasciando un’eredità spirituale viva nei suoi seguaci. MARTIROLOGIO ROMANO. San Colombano, abate, che di origine irlandese, fattosi pellegrino per Cristo per istruire nel Vangelo le genti della Francia, fondò insieme a molti altri monasteri quello di Luxeuil, che egli stesso governò in una stretta osservanza della regola; costretto all'esilio, attraversò le Alpi e fondò in Emilia il monastero di Bobbio, celebre per la disciplina e gli studi, dove, benemerito della Chiesa, morì in pace e il suo corpo fu deposto in questo giorno.
nome Santa Felicita e sette figli- titolo Martiri- nascita II secolo, Roma- morte II secolo, Roma- ricorrenza 23 novembre, 10 luglio- Santuario principale Chiesa di Santa Felicita, Affile- Attributi palma del martirio; libro; setti figli; spada con sette teste o panno con sette teste- Patroni di Pomponesco; Oppilo; Affile; Rocca S. Felice (AV); Ranica (BG); Collarmele (AQ); Carrodano (SP); Turbigo (MI); Fidene (RM)- Felicita era una vedova romana che fu martirizzata a Roma, insieme ai suoi figli, durante la persecuzione di Marco Aurelio; il Martirologio Romano prima del 1970 identificava i bambini con i Sette Fratelli, ma questa versione non fu più accettata. Si dice che fosse una matrona romana che, dopo aver assistito alla tortura dei suoi sette figli, ai quali aveva incoraggiato a resistere e a subire una morte onorevole piuttosto che adorare gli idoli. La storia sembra essere una copia del racconto biblico dei sette fratelli Maccabei. Tutto quello che si sa di lei è che è sepolta nel cimitero di Massimo in Via Salaria a Roma. È probabile che questa Felicita sia la santa nominata nella Preghiera eucaristica I e non la compagna di Santa Perpetua. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Massimo sulla via Salaria nuova, santa Felicita, martire.
nome Beata Margherita di Savoia- titolo Religiosa domenicana- nascita 1390, Pinerolo, Torino- morte 1464, Alba, Cuneo- ricorrenza 23 novembre- Beatificazione 9 ottobre 1669 da papa Clemente IX- Attributi frecce e crocifisso- Figlia di Amedeo II, principe di Acaya e Morea e conte di Savoia, e nipote di papa Clemente VII, dopo una predicazione di San Vincenzo Ferrer, voleva diventare domenicana, ma essendo figlia del principe di Savoia dovette sposare Teodoro Paleologo, marchese di Monferrato, uomo brutale e politicamente sottomesso nelle guerre contro Genova. Nel 1418 Teodoro morì e la vedova Margarita cercò di risolvere la vita dei suoi due figliastri. Con un gruppo di dame di corte visse vita monastica in un palazzo ad Alba, in Piemonte, dove fondò il convento di Alba Pompei, e per evitare un matrimonio con il Duca di Milano, divenne monaca di clausura del Secondo Ordine Domenicano. Come religiosa, subì umiliazioni, punizioni, privazioni, con un direttore spirituale eccessivamente rigoroso con lei. Si narra che un giorno le apparve Cristo con tre frecce in mano: malattia, calunnia e persecuzione chiedendole con quale delle tre voleva essere ferita, e lei gli disse: "con tutte e tre". Per 20 anni visse una vita di pazienza e rassegnazione. Fu accusata di ipocrisia e di governare le sue suore con una tirannia insopportabile; la sua cattiva salute era attribuita alla bella vita che presumibilmente conduceva, e il suo ex amante e duca di Milano, Felipe Visconti, si incaricò di diffondere voci secondo cui il convento di Margherita era il centro della diffusione delle eresie di Walden. Un'accusa particolarmente infame e ripugnante fu mossa anche contro i frati di Santo Domingo e, di conseguenza, il confessore e direttore spirituale della comunità di Margarita andò in prigione. Margarita stessa andò a chiedere il rilascio del prigioniero, e una scena patetica si svolse alle porte della cella, che i carcerieri chiusero sulle mani della beata per schiacciarle brutalmente. Morì consolata da una visione della stessa Santa Caterina da Siena, testimoniata da altri religiosi oltre alla morente. Morì nel convento di Alba dove riposano le sue spoglie. Nel 1669 il suo culto fu confermato da papa Clemente IX. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Alba in Piemonte, beata Margherita di Savoia, che, rimasta vedova, si consacrò a Dio nel monastero delle monache dell’Ordine dei Predicatori da lei fondato.
nome Beato Michele Agostino Pro- titolo Martire Gesuita- nome di battesimo José Ramón Miguel Agustín Pro Juárez- nascita 13 gennaio 1891, Guadalupe, Messico- morte 23 novembre 1927, Città del Messico, Messico- ricorrenza 23 novembre- Beatificazione 25 settembre 1988 da papa Giovanni Paolo II- Miguel Pro Juarez nacque a Guadalupe, nello stato di Zacatecas, in Messico, il 13 gennaio del 1891; era uno dei dieci figli di Miguel Pro e Josefina Juarez. Ebbe un'adolescenza felice e piacevole, durante la quale recepì l'esempio dei genitori, molto devoti. Uno svantaggio sembra essere stato il fatto che il mestiere del padre, ingegnere minerario, lo costrinse a trasferirsi spesso, e così la famiglia era frequentemente sradicata da un ambiente all'altro. Forse per dargli una maggiore stabilità, o forse semplicemente una buona istruzione, i genitori mandarono Michele, a dieci anni, nel collegio dei gesuiti di S. José, a Città del Messico. Era arrivato da poco, ad ogni modo, quando iniziò a presentare i primi sintomi di una malattia di cui avrebbe sofferto per tutta la vita. Tornò a casa e successivamente proseguì gli studi al collegio di Acuna de Santillo, ma anche questo trasferimento ebbe vita breve. I genitori scoprirono che le autorità del collegio tentavano di inculcare nelle menti dei loro studenti idee anticattoliche e quindi lo trasferirono immediatamente; dopo di che, decisero che poteva ricevere la necessaria istruzione da tutori privati. All'età di quindici anni terminò la sua istruzione primaria; successivamente fu segretario di suo padre, presso il dipartimento minerario (ruolo che gli diede l'opportunità di dimostrare le sue considerevoli capacità amministrative), utilizzando il suo tempo libero per svolgere attività di carità tra i poveri e gli ammalati. Poco dopo trascorse un periodo di crisi di tipo spirituale; enormemente popolare a causa del temperamento solare e della profonda sensibilità, sembra che lui stesso abbia sentito la mancanza di qualcosa, ma non sia riuscito a capire che direzione prendere. La situazione divenne più chiara quando una delle sorelle più amate lasciò casa per diventare monaca, quindi il 10 agosto 1911 entrò nel noviziato della provincia messicana della Compagnia di Gesù, a El Llano, nel Michoacan. Due anni dopo, il 15 agosto 1913, pronunciò i voti perpetui semplici, e rimase a Llano, per continuare gli studi; siccome non aveva ricevuto un'istruzione continuativa, studiare non era semplice per lui, ma affrontò la situazione con la consueta determinazione e coraggio. Nel frattempo, la situazione politica in Messico si stava deteriorando; un generale ribelle, Venustiano Carranza, e un bandito, Pancho Villa, oppositori del dittatore Porfirio Diaz (che governò dal 1876 al 1910), avevano preso come loro particolare bersaglio la Chiesa cattolica. Quando un gruppo di uomini di Carranza saccheggiò l'edificio principale del noviziato e bruciò la biblioteca, la congregazione fu costretta a disperdersi. Con gli altri seminaristi, Michele scappò attraversando il confine del Texas e viaggiò verso Los Gatos, in California, dove rimase per un anno. Dal 1915, trascorse cinque anni studiando materie umanistiche e filosofia a Granada (Spagna), due per ottenere la laurea a Granada (Nicaragua), e quattro per studiare teologia a Sarria (Spagna) ed Enghicn (Belgio). I130 agosto 1925, fu finalmente ordinato sacerdote a Enghien; i mesi successivi furono molti difficili per lui, la sua malattia si riacutizzò, costringendolo a sottoporsi a numerose operazioni dolorose, e inoltre ricevette la notizia della morte della madre. Rifiutò tuttavia di permettere al dolore e alla pena di diventare un peso per gli altri e li nascose con la consueta allegria. L'8 luglio 1926, Michele tornò in Messico, più precisamente nella casa gesuita di Città del Messico; era appena arrivato, quando il governo approvò delle leggi che dichiararono illegale i servizi religiosi nelle chiese messicane, aprendo la strada a nuove persecuzioni e provocando il movimento di resistenza di massa dei Cristeros. Michele tornò a vivere con la sua famiglia, che si era trasferita a Città del Messico, e cominciò a svolgere il suo ministero clandestinamente; agendo in tal modo si espose a grande pericolo, perché esisteva sempre la possibilità che la polizia potesse irrompere in uno qualsiasi dei luoghi d'incontro che Michele aveva istituito in città. Per tutto questo riceveva forza dalla preghiera giornaliera, offrendo se stesso a Dio per il bene del suo paese e dei suoi fratelli Umberto e Roberto, che tra le altre cose, contribuivano alla stampa e alla diffusione della Lega per la difesa della libertà religiosa. Infine, il 18 novembre 1927, fu arrestato con i due fratelli e, sebbene non avesse mai preso parte o supporta° azioni armate contro il governo, le autorità lo accusarono non solo di averlo fatto, ma anche di essere stato l'ideatore di un attentato, avvenuto pochi giorni prima, contro il presidente eletto, il generale Alvaro Obregon (la bomba che aveva ferito il generale si trovava in una macchina appartenuta a uno dei fratelli di Michele, che però l'aveva venduta circa una settimana prima dell'attentato). Non esisteva nessuna prova che dimostrasse che Michele e i fratelli avessero preso parte al fatto, ma dopo averli arrestati, il generale Obregon decise di usare Michele, in particolare, come esempio per tutti i cattolici (persino quando Luis Segura, il responsabile, si costituì). Non vi fu nessun processo, nessuna procedura giudiziaria; il 23 novembre Michele fu preso e fucilato da un plotone d'esecuzione, alla presenza di un folto gruppo di persone riunite dal governo. Mentre aspettava che fosse dato l'ordine di sparare, formò una croce con le braccia e disse con voce ferma: Viva Cristo Rey (il motto dei Cristeros). Anche Umberto fu giustiziato, mentre la vita di Roberto fu risparmiata all'ultimo istante. Probabilmente il governo fallì nel tentativo di spaventare i cattolici; si dice che ventimila persone abbiano assistito alla sepoltura di Michele e che la notizia della sua morte sia giunta immediatamente in tutto il mondo. Divenne, in breve, uno dei più conosciuti e venerati martiri dei tempi moderni; se la sua causa non fu introdotta fino al 1952, fu esclusivamente a causa della difficile situazione politica messicana. È stato beatificato il 25 settembre 1988. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel villaggio di Guadalupe nel territorio di Zacatecas in Messico, beato Michele Agostino Pro, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, in tempo di persecuzione contro la Chiesa, condannato a morte senza processo come complice di un delitto, subì il martirio che aveva ardentemente desiderato.
nome San Gregorio II di Agrigento- titolo Vescovo- nascita 559 circa, Agrigento- morte 630 circa, Agrigento- ricorrenza 23 novembre- Incarichi ricoperti Vescovo di Agrigento- Attributi bastone pastorale- Patrono di Conservazione beni archeologici e architettonici- Questo S. Gregorio è comunemente identificato con S. Gregorio agrigentino, cui si fa riferimento nelle lettere di papa Gregorio Magno (590-604; 3 set.); peraltro, una Vita scritta, a quanto pare subito dopo la sua morte, da Leonzio, un monaco di S. Saba a Roma, non è attendibile e tuttora vi sono versioni discordanti sulla cronologia che riguarda la sua vita. Secondo Leonzio, Gregorio nacque vicino ad Agrigento in Sicilia e fu istruito dal vescovo locale, S. Potamione. Andò in pellegrinaggio in Palestina, dove trascorse quattro anni studiando in diversi monasteri, e infine fu ordinato diacono a Gerusalemme. Da qui si trasferì ad Antiochia e Costantinopoli, e presto fu conosciuto come uno degli uomini più santi e saggi del suo tempo; infine, raggiunse Roma, dove il papa lo nominò vescovo di Agrigento. Ritornò in Sicilia, dove immediatamente il suo fervore per la disciplina gli procurò dei nemici; fu fatto un tentativo di rovinare la sua reputazione, facendo entrare in casa sua una prostituta che logicamente fu poi debitamente "scoperta". Convocato a Roma, non ebbe difficoltà a discolparsi e tornò alla sua sede. Gregorio è molto ricordato oggi per essere l'autore di un commentario greco sul libro dell'Ecclesiaste. È menzionato nel Martirologio Romano e la sua festa è ancora osservata nelle chiese greche di rito bizantino, al quale appartiene.<br /> MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Agrigento, san Gregorio, vescovo, che si tramanda abbia commentato i libri sacri, aprendo agli incolti i misteri divini.
nome Sant'Anfilochio di Iconio- titolo Vescovo- nascita 340 circa, Cappadocia- morte 403, Konya, Turchia- ricorrenza 23 novembre- La fonte principale di informazioni su S. Anfilochio è la sua corrispondenza con due cari amici, suo cugino S. Gregorio Nazianzeao e S. Basilio Magno (entrambi 2 gen.). Anfilochio nacque in Cappadocia e da giovane insegnò retorica a Costantinopoli; era ancora giovane quando incorse in una sorta di difficoltà finanziaria. che lo portò ad abbandonare la città e trasferirsi in un luogo vicino a Nazianzo, per condurre un'esistenza tranquilla e prendersi cura del padre anziano. Un piccolo approfondimento sulla sua vita in questo periodo ci è fornito da una lettera scritta da Gregorio, che sembra gli abbia fornito del frumento in cambio delle verdure del suo orto. Nel 374, a circa trentacinque anni, fu nominato vescovo di Iconio; conscio di ciò che questo avrebbe comportato, accettò con molta riluttanza e quando suo padre si lamentò con Gregorio perché gli sarebbero mancate le cure del figlio, Gregorio rispose che non aveva avuto nessun ruolo nella nomina dell'amico, e che in ogni caso anche lui avrebbe risentito della mancanza della compagnia di Anfilochio. Basilio, probabilmente responsabile della nomina, scrisse al suo amico per incoraggiarlo, esortandolo a essere guida, e non succube, degli altri. Anfilochio consultava Basilio frequentemente (per quest'ultimo Basilio scrisse il trattato sullo Spirito Santo) e ne pronunciò il panegirico al funerale. Sempre pieno di fervore sulla questione dell'ortodossia, nel 376 Anfilochio tenne un sinodo a Iconio, per condannare l'eresia macedone, che negava la divinità dello Spirito Santo, e fu presente quando fu condannata al concilio Costantinopolitano I, nel 381. Esortò anche l'imperatore, Teodosio I (379-395), a vietare agli ariani di riunirsi in assemblea. Teodosio inizialmente rifiutò, ritenendo tale misura troppo severa, ma Anfilochio alla fine lo convinse ad approvare una legge, in base alla quale le assemblee pubbliche o private degli ariani erano considerate illegali. In modo ugualmente rigoroso, Anfilochio s'oppose all'insegnamento dei messaliani, una setta carismatica e manichea, che credeva che la preghiera fosse la sola essenza della religione; nel 394 presiedette un sinodo a Sida, in Panfilia, dove questa setta fu condannata. Gregorio descrisse Anfilochio come l'araldo della verità e un vescovo irreprensibile e suo padre affermò che diversi malati erano stati guariti dalle sue preghiere. MARTIROLOGIO ROMANO. A Konya in Licaonia, nell’odierna Turchia, sant’Anfilochio, vescovo, che, compagno di eremo dei santi Basilio e Gregorio Nazianzeno e loro collega nell’episcopato, fu insigne per santità e dottrina e sostenne molte prove per la fede cattolica.
nome San Trudone- titolo Sacerdote- nascita 628 circa, Hesbaye, Belgio- morte 692 circa, Belgio- ricorrenza 23 novembre- La Vita di S. Trudone, scritta da Donato, un diacono della chiesa di Metz, poco meno di un secolo dopo la sua morte, è relativamente attendibile. Trudone, i cui genitori erano franchi, è venerato come apostolo della zona del Brabante conosciuta come Hasbaye. Agendo deciso presto di abbracciare la vita religiosa, fu inviato da S. Remacolo (3 set.), vescovo missionario, alla scuola della cattedrale di Metz, dove studiò teologia e le Sacre Scritture, e alla fine ordinato da S. Clodolfo (8 giu.). Tornato nel suo distretto, Trudone predicò presso i pagani, ancora presenti nel vu secolo. Sulla sua proprietà costruì una chiesa con un monastero attiguo, che diede il suo nome all'attuale Saint-Trond, tra Lovanio e Tongres; fondò anche un convento vicino a Bruges. Dopo la sua morte, avvenuta nel 692 ca., esistono resoconti di miracoli avvenuti presso la tomba, che divenne così luogo di pellegrinaggio. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel Brabante, nell’odierno Belgio nella cittadina in seguito insignita del suo nome, san Trudone, sacerdote, che donò i suoi beni alla Chiesa di Metz e costruì in questo luogo un monastero, in cui radunò molti discepoli.