@Vitupero

16/09/2024 alle 15:54

I santi di oggi 16 settembre:

I santi di oggi 16 settembre:

nome Santi Cornelio e Cipriano- titolo 21º papa della Chiesa cattolica; Vescovo, Martiri- Cornelio: Nascita Roma, 180 circa- Elezione

marzo 251- Fine pontificato giugno 253- Morte Centumcellae (oggi Civitavecchia), giugno 253- Attributi abiti papali, corno da caccia e triregno- Patrono di animali dotati di corna (Bretagna)- Cipriano: Attributi bastone pastorale, palma del martirio- ricorrenza 16 settembre- «Il Signore edifica la sua Chiesa sopra uno solo; anche se dopo la sua resurrezione egli conferisce un'eguale potestà a tutti gli apostoli. Come può credere allora di possedere la fede chi non mantiene l'unità della Chiesa?» Cipriano di Cartagine era un famoso retore che si convertì al cristianesimo verso il 246. La sua posizione intellettuale e sociale favorì la sua ordinazione come sacerdote e vescovo. All'epoca la comunità di Cartagine era lacerata da divisioni causate da persecuzioni particolarmente cruente, come quelle degli imperatori Decio, Gallo, Valeriano, Gallieno, ed altri che inducevano numerosi cristiani a sacrificare alle loro divinità pagane per sfuggire alla morte o all'esilio. Molti dei caduti chiedevano poi la riammissione, alla quale si opponevano i rigoristi. Cipriano, in considerazione della debolezza umana e della misericordia di Dio, adottò un atteggiamento più benevolo. Identica situazione si presentò a Roma dove, dopo la morte di papa Fabiano, venne eletto Cornelio, vescovo ricco di bontà e umiltà, nativo di Roma e di antica famiglia, che fu papa dal 251 al 253. Il presbitero Novaziano, famoso retore, non accettò l'elezione del nuovo papa. Si fece a sua volta consacrare vescovo e provocò una scissione tra i cristiani della capitale. Anche qui la causa della divisione era "atteggiamento da tenere nei confronti dei caduti ". Al più umile e comprensivo Cornelio si opponeva il rigorista Novaziano. In questa difficile situazione il papa ricevette il sostegno convinto di Cipriano. I due vescovi conclusero la loro vita con il martirio: Cornelio nel 253, in esilio e incarcerato a Civitavecchia (l'antica Centumcellae). Il suo corpo fu trasportato a Roma e sepolto nel cimitero di Callisto. Cipriano fu prima esiliato durante la persecuzione dell' imperatore Valeriano, quindi, il 14 settembre del 258, morì martire a Cartagine. Perciò la Chiesa ricorda insieme questi due generosi fratelli nell'episcopato, la cui fede pronta, incrollabile ed eroica trasformò in intrepidi martiri. PRATICA. Ricordando l'umiltà dell'accettazione della sofferenza dei due santi martiri Cipriano e Cornelio, rifugiamoci nella bontà del Signore senza mai turbarci, né sgomentarci. Adoriamo Cristo nel nostro cuore, forti della speranza che alimenta la nostra fede. PREGHIERA. O Dio, che hai dato al tuo popolo i santi Cornelio e Cipriano, pastori generosi e martiri intrepidi, con il loro aiuto rendici forti e perseveranti nella fede, per collaborare assiduamente all'unità della Chiesa.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria dei santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, dei quali il 14 settembre si ricordano la deposizione del primo e la passione del secondo, mentre oggi il mondo cristiano li loda con una sola voce come testimoni di amore per quella verità che non conosce cedimenti, da loro professata in tempi di persecuzione davanti alla Chiesa di Dio e al mondo.

nome Santa Eufemia di Calcedonia- titolo Martire- nascita 288 circa, Calcedonia- morte 16 settembre 303, Calcedonia- ricorrenza 16 settembre- Attributi Palma del martirio, leoni- Patrona di Rovigno, Alba Adriatica, Irsina, Sant'Eufemia d'Aspromonte, Carinaro (CE)- Di Eufemia si sa con certezza solo che fu una giovane martirizza ta a Calcedonia, c che il suo culto per un breve periodo divenne molto popolare ed esteso. Secondo la sua passio, scritta dopo il concilio di Calcedonia (451) e ritenuta poco attendibile dagli studiosi moderni, Eufemia fu arrestata perché rifiutò di partecipare a una festa pagana in onore del dio Ares, e dopo essere sopravvissuta miracolosamente a una serie di torture brutali (riassunte nel Martirologio Romano) fu infine uccisa da una bestia feroce, mentre le altre si accovacciarono ai suoi piedi. Secondo S. Asterio di Amasea (30 ott.), che li cita nel suo elogio della santa a un certo punto tra il 380 e il 410, esisteva una serie di affreschi che raffiguravano le sue torture sulle pareti della grande chiesa eretta in suo onore a Calcedonia. Lo storico Evagrio descrive la chiesa dettagliatamente e testimonia la popolarità del suo culto, oltre ad affermare che le autorità civili ed ecclesiastiche, con il popolo, si recarono a Calcedonia per beneficiare delle benedizioni garantite dalla sua intercessione, e dei molti miracoli che furono riferiti. Il fatto che il concilio di Calcedonia, che condannò il monofisismo, si svolse nella sua chiesa nel 451 fu probabilmente dovuto in parte allo straordinario prestigio che una volta Eufemia aveva. D'altro canto, non è per niente vera la leggenda in base alla quale, per trovare una soluzione, i padri del concilio collocarono due libri, uno che illustrava la posizione monofisita e l'altro quella ortodossa, nella sua cappella, che abbiano pregato per tre giorni, e poi dopo aver aperto il sepolcro, abbiano trovato quello monofisita ai suoi piedi e quello ortodosso nella mano destra. La dislocazione dei numerosi luoghi che portano il suo nome in Italia (a partire dalla costa pugliese e calabra) suggeriscono che il culto vi sia giunto dall'Asia Minore per poi estendersi in tutto il paese, specialmente nella zona di Milano, e persino in Francia, dove è menzionato da S. Vittricio di Rouen (7 ago.). Il restauro da parte di papa S. Sergio I (8 set.) dei ruderi di una chiesa dedicata a Eufemia a Roma implica che sebbene il culto fosse forte non ebbe però lunga durata, almeno in Occidente. D'altro canto, era ancora abbastanza nota ad Andrea Mantegna che la ritrasse (con il leone, il giglio, la palma e la spada) nel XV secolo. Inoltre papa Pio XII (1939-1958) la citò nella sua enciclica Sempiternus Christus Rex, scritto per commemorare il quindicesimo centenario del concilio di Calcedonia nel 1951, ed è anche menzionata nel canone del rito ambrosiano e al momento della preparazione delle offerte nel rito bizantino. In Oriente è spesso chiamata S. Eufemia la Celebre. MARTIROLOGIO ROMANO. A Calcedonia in Bitinia, nell’odierna Turchia, santa Eufemia, vergine e martire, che sotto l’imperatore Diocleziano e il proconsole Prisco, superati per Cristo molti supplizi, giunse con strenuo combattimento alla corona di gloria.

nome Santa Ludmilla- titolo Martire boema- nascita 860 circa, Melník, Repubblica Ceca- morte 16 settembre 921, Tetín, Repubblica Ceca- ricorrenza 16 settembre- Santuario principale<br /> Basilica di San Giorgio- Attributi velo- Patrona di Repubblica Ceca- Ludmilla proveniva dalla regione a nord di Praga alla confluenza tra l'Elba e la Moldavia, era figlia di un principe slavo e come molte donne della sua posizione si trovò coinvolta nelle lotte di potere del tempo. Nacque nel 860 circa, si sposò appena adolescente con Borivoy, duca di Boemia e capo della dinastia Premjslid, da cui ebbe tre figli maschi e tre femmine. Nel 874, Borivoy fu battezzato da S. Metodio (14 feb.), e Ludmilla lo seguì nell'adesione alla fede. Sembra che la conversione di Borivoy sia stata una mossa politica, poiché da pagano non poteva sedersi a tavola con i nobili cristiani della Moravia; d'altro canto, il fatto che la maggioranza delle famiglie importanti della Boemia si opponevano al cristianesimo ostacolò la coppia in patria. Benché Borivoy non abbia reso le cose più facili tentando, come molti governanti del periodo, di imporre la sua religione al popolo, riuscì a sconfiggere l'opposizione, e assieme a Ludmilla fece costruire la prima chiesa cristiana in Boemia, a Levy Hradec, dedicandola a S. Clemente (23 nov.), patrono della missione dei SS. Cirillo e Metodio. Alla morte nel 894, Borivoy fu sostituito da due dei suoi figli: il minore, Vratislao, era sposato con una principessa slava della tribù Stodorané, da cui ebbe quattro figlie e tre maschi. Il maggiore, Venceslao (28 set.), alla fine governò la Boemia e fu martirizzato. Dato che la moglie di Vratislao, Drahomira, era cristiana solo di nome, Ludmilla, con il benestare di Vratislao, si assunse la responsabilità di allevare e istruire il nipote Venceslao. Essendo una donna gentile, dolce e anche istruita, svolse questo compito seriamente, perciò Venceslao ricevette una solida istruzione nella religione, oltre che nella lingua latina e slava. Le cose però cambiarono radicalmente quando Vratislao morì prematuramente nel 916, poiché Drahomira, che ora si trovava al governo, e provava certamente un enorme risentimento nei confronti di Ludmilla per l'influenza che aveva su suo figlio, tolse completamente il ragazzo dalla tutela della nonna, appoggiata pienamente dal partito anti cristiano del paese. Ludmilla, che aveva donato ai poveri la maggior parte delle sue proprietà alla morte di Borivoy, si ritirò nel castello di Tétin, a sud ovest di Praga, per evitare il conflitto con Dragomira. Sembra che Ludmilla fosse convinta che se Venceslao avesse preso le redini del potere il più presto possibile, invece di aspettare l'età giusta, il popolo si sarebbe rianimato e il cristianesimo in Boemia sarebbe stato salvo. Il partito anticristiano se ne accorse, e fu pronto a superare ogni ostacolo per tenere separati la nonna e il nipote: alla fine alcuni arrivarono a rimedi estremi, se è vero che, come molti hanno suggerito, non si sa se per istigazione di Drahomira o no, due uomini giunsero a Tétin il 16 settembre 921 e strangolarono Ludmilla con il suo velo. Dopo essere stata sepolta nel luogo in cui Drahomira fece in seguito costruire la chiesa di S. Michele, il corpo fu alla fine portato nella chiesa di S. Giorgio a Praga, forse da Venceslao stesso, prima azione politica indipendente del suo regno. La leggenda racconta la sua morte in termini puramente religiosi (morì come martire, uccisa da pagani per colpa della fede) ma la questione non è così semplice, poiché in realtà rimase coinvolta nelle lotte di potere di cui la religione era solo un aspetto, in ogni caso fu subito acclamata come martire, e il culto, che originariamente s'incentrava sulla sua tomba, cominciò a diffondersi nel XIII secolo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Praga in Boemia, santa Ludmilla, martire, che, duchessa di Boemia, preposta all’educazione di suo nipote san Venceslao, nel cui animo cercò di far nascere l’amore per Cristo, fu strangolata per congiura della nuora Dragomira e di alcuni nobili pagani.

nome Santi Abbondio e compagni- titolo Sacerdote, diacono e Martiri- ricorrenza 16 settembre- Nel museo Lateranense a Roma è conservato un frammento d'epitaffio scoperto a Rignano, a circa una quarantina di chilometri dalla città, in cui si legge: Abundio presbytero martyri sancto. Dep. VII ides dec. Gli archeologi stanno discutendo sulla sua autenticità, ma qualcuno crede si riferisca a un S. Abbondio nominato nel Martirologio Romano in questa data: «A Roma, sulla via Flaminia, il santo martire Abbondio, sacerdote, e Abbondanzio il diacono, che assieme al nobile Marciano e a suo figlio Giovanni, resuscitato da Abbondio, l'imperatore Diocleziano ha ordinato di trafiggere con la spada presso la decima pietra miliare dalla città». La data di dicembre potrebbe costituire un problema, ma G.B. Rossi ha suggerito che potrebbe essere quella della restituzione dei corpi a Teodora. Gli Acta di questi martiri, non attendibili, aggiungono che ad Abbondio e al suo diacono fu ordinato di fare sacrificio a Ercole e che, al loro rifiuto, furono gettati nella prigione Mamertina. Un mese dopo, furono torturati e condannati a morte, e mentre si dirigevano verso il luogo dell'esecuzione incontrarono Marciano, che stava piangendo la perdita di suo figlio. Abbondio pregò al cospetto del corpo del ragazzo, che ritornò in vita: a quel punto Marciano e Giovanni si convertirono e furono decapitati insieme al sacerdote e al diacono. Tutti e quattro furono sepolti in un cimitero di una donna di nome Teodora, a Rignano Flaminio. Nel 1101, durante il regno dell'imperatore Ottone III, le reliquie furono portate a Roma, insieme a quelle di Teodora (che il Martirologio Romano colloca al 17 set.), prima nella chiesa di S. Bartolomeo a Isola, poi in quella dei SS. Cosma e Damiano, infine nel 1583, le reliquie dei SS. Abbondio e Abbondanzio furono portate nella chiesa del Gesù. Due anni dopo, S. Luigi Gonzaga (21 giu.) partecipò alla Messa nella loro cappella prima di entrare nella Compagnia di Gesù. MARTIROLOGIO ROMANO. Sul monte Soratte lungo la via Flaminia nel Lazio, santi Abbondio e compagni, martiri.

nome Santa Edith di Wilton- titolo Badessa- nascita 961 circa, Inghilterra- morte 16 settembre 984, Inghilterra- ricorrenza 16 settembre- Santuario principale Abbazia di Wilton- Attributi libro- Patrona di Wilton- Alban Butler circoscrive la questione delle origini di Edith dicendo che era «la figlia di re Edgardo (959-975; 8 lug.) e Vulfrida (talvolta anche chiamata santa), nata in circostanze poco chiare e, secondo certi racconti, eccessivamente scandalose». Sembra vero che Edith (Eadgyth, Eadida, Edyva) fosse figlia non di una delle mogli di Edgardo (ne ebbe due), ma di una giovane donna di nome Wulfthryth (Vulfrida), di cui era particolarmente innamorato e che forse a quel tempo era novizia a Wilton Abbey. La fonte d'informazione più importante, sia per la leggenda sia per il culto di Edith, è la Vita scritta nel 1080 da Goscelino di Canterbury, biografo di santi inglesi che Guglielmo di Malmesbury definì' per importanza «secondo solo dopo Beda», in cui esistono delle anomalie, ma che mostra quanto profondamente conoscesse la vita che si svolgeva a Wilton e la sua tradizione, oltre a descrivere Wulfthryth come il «tesoro e la luce nascosta di Wilton». Wulfthryth diede alla luce Edith a Kemsing nel Kent nel 961, e poi si recò (o, se era già una novizia, ritornò) a Wilton, la capitale sassone del Wessex, dove la figlia fu allevata. L'istruzione scolastica di Edith fu affidata a due cappellani, Radbodo dí Saint-Rémi e Bernone di Trèves, e si dice che fosse molto abile nell'eseguire inscrizioni, miniature, cucito e ricamo (è nota per le sue eccellenti doti artistiche). Si narra che Edgardo abbia tentato almeno un paio di volte di convincerla a ritornare nel mondo, ma non ottenne risultati. Si racconta che, il giorno della professione dei voti, all'età di neanche quindici anni, Edgardo si sia recato all'abbazia con una gran quantità di gioielli d'oro e d'argento, che pose su un tappeto rosso davanti all'altare, dove si trovava la madre, a quel tempo badessa di Wilton, coperta da un velo e con il salterio in mano. Dato che Edith scelse il chiostro, l'azione successiva di Edgardo fu di offrirle la giurisdizione di badessa su tre conventi distinti a Winchester, Barking e Amesbury. Secondo la tradizione, Edith si accorse di essere troppo giovane e senza esperienza per assumersi la direzione anche di un solo convento, perciò nominò una superiora per ognuna delle tre case e restò a Wilton. Non si sa se questo racconto sia vero, d'altro canto può essere un'invenzione o almeno una distorsione per mostrare l'entità della sua indifferenza per le cose materiali.<br /> Pochissimo tempo dopo quest'episodio, Edgardo morì, lasciando come successore suo figlio Edoardo (il Martire, 975-979; 18 mar.), e quando quest'ultimo fu assassinato nel 979, quei membri della nobiltà che lo avevano appoggiato si rivolsero alla sorellastra Edith nella speranza elle avrebbe lasciato Wilton per accettare la corona, ma si narra che ancora una volta Edith abbia preferito l'oscurità dell'abbazia. Nonostante questo ritratto austero, il lato più vivace del suo carattere emerge da una conversazione con Etelwold, vescovo di Winchester, che la rimproverò di indossare abiti dai colori vivaci, e cui Edith rispose che il suo cuore per questo motivo non era meno puro. Fece costruire una cappella a Wilton in onore del martire francese S. Dionigi (9 ott.), le cui pareti furono decorate da Bernone con scene tratte dalla passione di Cristo e dal martirio di S. Dionigi. Alla cerimonia di dedicazione partecipò l'arcivescovo di Canterbury, S. Dunstano (19 mag.), che si dice abbia pianto nell'apprendere, mentre stava pregando, che Edith sarebbe presto morta. Un mese dopo, all'incirca, il 16 settembre 984, Edith morì, all'età di soli ventitré anni. Si cominciò subito a parlare di miracoli che avvenivano presso la sua tomba, e la sua festa, celebrata in molti monasteri, fu inserita nel calendario Sarum. Almeno tre chiese in Inghilterra sono in suo onore. Le reliquie furono traslate nel 997 e collocate accanto a quelle di S. Ivo (8 ott.). MARTIROLOGIO ROMANO. A Wilton in Inghilterra, santa Edith, vergine, che, figlia del re degli Angli, consacratasi a Dio in un monastero fin dalla tenera età, questo mondo, più che lasciarlo, non lo conobbe affatto.

nome San Giovanni Macias- titolo Frate Domenicano- nome di battesimo Juan Macías- nascita 2 marzo 1585, Ribera del Fresno, Spagna- morte 16 settembre 1645, Lima, Perù- ricorrenza 16 settembre- Beatificazione 22 ottobre 1837 da papa Gregorio XVI- Canonizzazione 28 settembre 1975 da papa Paolo VI- Giovanni Macias nacque a Ribera del Frasno nella regione spagnola dell'Estremadura il 2 marzo 1585. In base alle lezioni del suo Ufficio, i genitori provenivano da famiglie nobili, che avevano perso però le loro ricchezze e lo status sociale a causa «delle varie sfortune di un mondo inaffidabile», e che morirono entrambi quando Giovanni era ancora giovane.<br /> Di conseguenza, quest'ultimo fu affidato alla tutela di uno zio che gli permise di guadagnarsi da vivere come pastore, e si narra che, mentre sedeva nei campi, per tutto il giorno recitava il rosario e meditava sui misteri del cristianesimo, sentendo talvolta la tangibile presenza dei personaggi principali, in particolare Maria e Giovanni. Seguendo un'istruzione ricevuta da quest'ultimo, decise improvvisamente, all'età di trentacinque anni, di seguire i molti connazionali che si erano recati in Perù, dove lavorò per due anni in un allevamento di bestiame per guadagnarsi da vivere, prima di recarsi a Lima, in seguito alla sua decisione di intraprendere la vita religiosa. Il 3 gennaio 1622 fu accolto come fratello laico dai domenicani e donò i suoi risparmi. Non essendo abituato a fare le cose a metà, si sottopose a privazioni che misero in pericolo la sua salute, tanto che il priore insisteva continuamente affinché si moderasse; tuttavia, anche se era inflessibile con se stesso, provava un'enorme compassione per i poveri, e dopo aver ottenuto l'impiego di custode, la dimora divenne un punto d'incontro per i poveri, i malati e i bisognosi della città.<br /> Come il suo amico Martino de Porres (3 nov.), chiedeva l'elemosina per comprare ai poveri cibo e medicine, ma poiché non aveva sempre il tempo di farlo, addestrò un asino che andasse in giro da solo, così il popolo poteva mettere cibo e vestiti per loro nelle gerle. Gli furono attribuiti molti miracoli, sia prima sia dopo la morte, avvenuta nel 1645, e fu compianto dalla città intera. S. Giovanni divenne famoso in Perù come «il padre dei poveri», e il culto fu approvato assieme con quello di S. Martino de Porres (3 nov.) nel 1837, oltre a fiorire anche nella regione di Badajoz in Spagna, dove era cresciuto. È stato canonizzato da Giovanni Paolo II il 28 settembre 1975. MARTIROLOGIO ROMANO. A Lima in Perù, san Giovanni Macías, religioso dell’Ordine dei Predicatori, che svolse a lungo le più umili mansioni, curò con zelo poveri e malati e recitò assiduamente la preghiera del Rosario per le anime dei defunti.

nome San Vitale di Savigny- titolo Abate- nascita 1050 circa, Tierceville, Francia- morte 16 settembre 1122, Francia- ricorrenza 16 settembre- La fonte principale delle notizie su S. Vitale è una biografia scritta da Stefano di Fougère, un cappellano alla corte di re Enrico II che successivamente diventò vescovo di Rennes, e pur contenendo dettagli azzardati, dato che Stefano morì nel 1178, ha il vantaggio di essere più o meno contemporanea. Dopo aver completato il regolare corso di studi, Vitale fu per un breve periodo cappellano del fratellastro di Guglielmo il Conquistatore, Roberto de Mortain, poi, nel 1095, andò a vivere come eremita a Dompierre, in un luogo che aveva già sfruttato come ritiro, e quando i discepoli cominciarono a raccogliersi intorno al suo eremo, fondò l'abbazia di Savigny, introducendovi, in veste di abate, alcune riforme, e accertandosi che la regola di S. Benedetto fosse osservata fedelmente. Sembra che abbia viaggiato molto e che sia stato considerato uno dei maggiori predicatori dell'epoca; si raccontò che durante una delle diverse visite in Inghilterra fosse compreso da ogni membro di una numerosa congregazione, nonostante non parlasse inglese e che i monaci nel complesso non capissero il francese.<br /> Non si accontentò semplicemente di predicare, tuttavia, ma anche i suoi rapporti con le persone con cui veniva a contatto furono a livello pratico: fece costruire un orfanotrofio e un ostello per pellegrini, e s'interessò particolarmente della condizione delle prostitute, facendo il possibile per maritarle. Era noto perché esprimeva le sue idee apertamente senza tenere conto a chi si rivolgeva. Papa Callisto II (1119-24), dopo averlo sentito parlare al sinodo di Reims nel 1119, osservò che non aveva mai sentito affermare la verità con maggior forza e con meno lusinghe. Vitale morì, secondo i suoi biografi, il 16 settembre 1122, mentre stava recitando l'Ufficio della B. Vergine in coro. L'1 maggio 1243, con il permesso dell'abate di Oteaux (Savigny si era unita a Oteaux nel 1147), le spoglie furono collocate nella chiesa dell'abbazia; la bara fu profanata nel 1793 durante la Rivoluzione, ma i resti raccolti in una cassetta di legno. La "riforma" di Savigny divenne popolare e fu adottata da altre abbazie, compresa Buckfast nel Devon. MARTIROLOGIO ROMANO. A Savigny nella Normandia in Francia, san Vitale, abate, che, lasciati gli incarichi terreni, apprese a coltivare in luoghi deserti una più stretta osservanza e aggregò molti seguaci nel cenobio da lui stesso fondato.

nome Beato Vittore III- titolo 158º papa della Chiesa cattolica- nome di battesimo Vittore Del Zotto- nascita 1027, Benevento- Consacrazione a vescovo 9 maggio 1087 dal cardinale Ottone di Lagery (poi papa Urbano II)- Creazione a cardinale 6 marzo 1059 da papa Niccolò II- Elezione 24 maggio 1086- Insediamento 9 maggio 1087- Fine pontificato 16 settembre 1087 (1 anno e 115 giorni)- morte 1087, Montecassino, Frosinone- ricorrenza 16 settembre- Beatificazione 1887 da papa Leone XIII- Alla morte di papa S. Gregorio VII (1073-1085; 25 mag.), nel 1085 mentre si trovava in esilio a Palermo, i sostenitori delle riforme che stava tentando di varare si trovarono in un certo stato di agitazione. La presenza a Roma dell'antipapa Guiberto di Ravenna, con il nome di Clemente III, era irritante; non solo era appoggiato da almeno tredici cardinali e da un numero significativo di laici, ma era anche stato effettivamente eletto papa dall'imperatore del sacro romano impero, Enrico IV (1056-1106), il potente avversario di Gregorio nella controversia sull'investitura. L'elezione di un nuovo papa fu rimandata, ma quasi esattamente un anno dopo, costretti da Giordano di Capua, uno dei principi normanni, i cardinali elessero Desiderio, abate di Montecassino, che, secondo un'opinione comune, poteva avere una certa influenza sui normanni, e favorire un certo tipo di riconciliazione con Enrico. All'inizio Desiderio rifiutò, pensando di non essere la persona adatta, ma quando i cardinali si radunarono di nuovo il 24 maggio 1086, e lo elessero una seconda volta, accettò, con il nome di Vittore III, una scelta tattica in quanto uno dei predecessori, Vittore II (1055-1057) era stato custode di Enrico mentre era ancora un minore. Nato nel 1027 circa e chiamato Dauferio, apparteneva a una famiglia longobarda ed era imparentato con i duchi di Benevento; dato che era figlio unico, suo padre desiderava che si sposasse, ma Desiderio sentiva una forte vocazione a diventare monaco, e alla morte del padre in battaglia, nel 1047, colse l'opportunità di lasciare la sua famiglia per cominciare a vivere come eremita. Il luogo in cui viveva fu scoperto dai parenti, che gli tolsero l'abito e lo riportarono a Benevento con la forza, ma che non avevano fatto i conti con la sua determinazione, giacché un anno dopo riuscì a scappare, nonostante fosse sorvegliato attentamente, e a entrare nel monastero di La Cava. A questo punto i parenti accettarono l'inevitabile, chiedendo semplicemente che fosse trasferito al monastero di S. Sofia a Benevento, dove entrò nel 1048 o 1049, con il nome Desiderio, scelto per lui dal nuovo abate, e con cui è meglio conosciuto.<br /> Non sembra che Desiderio abbia trovato quella stabilità che stava cercando, almeno nei primi anni della sua vita di monaco. In una serie di spostamenti, lasciò Benevento per recarsi in un monastero su un'isola dell'Adriatico, poi si stabilì a Salerno per studiare medicina; e infine per breve tempo fu eremita negli Abruzzi. In seguito, avendo attirato l'interesse di papa S. Leone IX (19 apr.), si recò a Roma per trascorrere un breve periodo alla corte di Vittore 11, dove incontrò alcuni monaci di Montecassino, che lo incoraggiarono a compiere un pellegrinaggio al loro monastero e a unirsi alla congregazione. Nel 1057 l'abate di Montecassino, che era stato eletto papa con il nome di Stefano IX (1057-1058), chiamò Desiderio a Roma per affidargli l'incarico di legato a Costantinopoli, e allo stesso tempo ordinò ai monaci di Montecassino di eleggere un nuovo abate. Desiderio si trovava a Bari, in viaggio verso l'Oriente, quando gli giunse notizia che il papa era morto e che egli stesso era stato eletto abate.<br /> Desiderio fu uno dei grandi abati di Montecassino, e in campo pratico si occupò di uno dei progetti di ricostruzione più estesi della storia del monastero, con il fine di istituire una certa connessione tra i vari edifici sostituendone alcuni e rinnovandone altri. Dedicò molta attenzione al suo progetto di una chiesa sul modello della basilica, che fu costruita in cinque anni, con l'impiego di materiali ricercati e di operai provenienti dalla Lombardia e da Amalfi, oltre che da città lontane come Costantinopoli. Il risultato della fusione dell'influsso lombardo e bizantino ebbe un effetto duraturo sulla tendenza artistica all'interno del monastero, che Desiderio incoraggiò molto, e che, mediante l'attività dei monaci si estese all'esterno. L'abbazia di Desiderio fu distrutta dal terremoto del 9 settembre 1349, ma grazie alla Chronica monasterii cassinensis di Leone da Ostia, ne è rimasta una descrizione.<br /> Desiderio incoraggiò molto anche la letteratura, l'erudizione, e le arti; durante il suo incarico di abate, infatti, fiorì una scuola di scrittori, poeti, storici, e pittori, c la grande biblioteca fu ampliata. Desiderio scrisse tre libri di dialoghi, ispirati a quelli di papa S. Gregorio Magno (3 set.), sui miracoli di S. Benedetto (11 lug.), ma non fu questo il suo solo interesse. Insistette sull'osservanza severa della regola, e fu una guida così appassionante che sotto la sua direzione, il numero dei monaci sali a duecento; tra loro vi era Costantino Africano, il medico più famoso della prima scuola di Salerno e amico personale di Desiderio (probabilmente si erano incontrati durante il breve soggiorno di quest'ultimo in quella città). In questo periodo, si soleva affidare ai monaci di Montecassino una varietà di uffici ecclesiastici, e Desiderio non faceva eccezione, poiché aveva altri doveri oltre a quelli di abate. In seguito a un'elezione discussa, la persona che appoggiava fu scelta come successore di Stefano IX, con il nome di Nicola II (1058-1061) che a stia volta lo nominò cardinale, oltre a vicario del papa per Campania, Calabria, Capua e Puglia, incarico che gli consentì di effettuare delle nomine per le sedi e le abbazie vacanti. Conciliante e amante della pace, fece il possibile per migliorare le relazioni tra il papato e le autorità secolari: nel giugno 1080 riconciliò papa Gregorio VII con il duca normanno di Puglia, Roberto il Guiscardo. Il suo tentativo, invece, di riportare la pace tra Gregorio ed Enrico IV fece solo indignare il pontefice, che sentiva di aver fatto troppe concessioni all'imperatore. La rottura della loro relazione non fu duratura, in ogni caso, e quando Gregorio fu costretto ad abbandonare Roma nel 1085, Desiderio lo accolse a Montecassino e restò con lui finché morì, a Salerno il 25 maggio 1085. Desiderio mancò da Roma dopo la morte di Gregorio, ma fu costretto a ritornarvi nel maggio del 1086, quando fu eletto papa, con il nome di Vittore III, certamente uno dei più riluttanti a svolgere quest'ufficio. Già indebolito dalle malattie, e conscio che quest'elezione non era per nulla accettabile neanche per i gregoriani estremisti, per non menzionare gli anti gregoriani, sfruttò una rissa scoppiata quattro giorni dopo la sua elezione, come scusa per tornare a Montecassino, dove rinunciò alle insegne papali e riassunse il suo incarico di abate. Nel marzo 1087, Giordano di Capua lo persuase a partecipare, non in veste di papa ma di vicario apostolico in Italia meridionale, a un sinodo che si svolse a Capua, durante il quale, a dispetto dell'opposizione di una minoranza guidata dal vescovo di Lione, alla fine accettò la sua nomina al seggio papale, cui seguì la consacrazione il 9 maggio, nella basilica di S. Pietro. Roma era occupata, a quel tempo, dalle truppe dell'antipapa Clemente III, e Vittore non fu in grado di consolidare la sua autorità in quella città, nonostante l'aiuto di sostenitori potenti come Giordano di Capua e Matilde di Toscana (1055-1115), perciò dopo una settimana rinunciò, tornando a Montecassino. All'inizio di giugno, in ogni caso, nonostante il costante pessimo stato di salute, rispose alle preghiere di Matilde e ritornò a Roma, questa volta via mare, e alla fine del mese, grazie all'aiuto militare di quest'ultima, aveva tolto il controllo della città all'antipapa. Tornò a Montecassino a metà di luglio, poiché era venuto a conoscenza dell'arrivo prossimo di Enrico IV in Italia, ma nonostante questo riuscì a sistemare una discreta quantità di questioni relative al suo incarico di papa, nelle ultime, poche settimane di vita. Lazione più importante, forse, fu partecipare a un sinodo che si svolse alla fine di agosto a Benevento, dove furono prese molte decisioni importanti, non ultima, sebbene inattesa poiché proveniva da una persona che si considerava custode dell'eredità di Gregorio, la decisione di ripubblicare la condanna di Gregorio sull'investitura laica. Al termine del sinodo, questo papa saggio e amante della pace era troppo malato e non riuscì a far altro che farsi riportare al suo monastero. Sdraiato su una branda nel capitolo, impartì le ultime istruzioni ai monaci e raccomandò l'elezione di Oddone, cardinale vescovo di Ostia, alla sede apostolica. Morì il 16 settembre 1087, fu sepolto a Roma, ma nel 1692 i resti furono trasferiti in una cappella che gli era stata dedicata a Montecassino, decorata con dipinti di Luca Giordano raffiguranti alcuni episodi della vita di Vittore, tuttavia distrutta dai bombardamenti del 1944. Le spoglie, a ogni modo, furono portate in salvo a Roma, e nel 1963 furono ricollocate in una cappella nella nuova basilica di Montecassino. Il culto, che ebbe un'immediata diffusione, aveva due fonti: l'ammirazione dei monaci di Montecassino per il loro abate, e quella della Chiesa romana per il suo vescovo. Benedetto XIII (1724-1730) lo approvò per l'abbazia, ma Prospero Lambertini, successivamente Benedetto XIV, non la considerò una canonizzazione equipollentis, perciò, nonostante sia stato confermato da papa Leone XIII nel 1887, Vittore possiede ancora il titolo di beato, eccetto che a Montecassino, dove gli è stato attribuito quello di santo. MARTIROLOGIO ROMANO. A Montecassino nel Lazio, transito del beato Vittore III, papa, che resse sapientemente per trent’anni questo celebre monastero e lo arricchì magnificamente, prima di assumere il governo della Chiesa di Roma.

nome San Niniano- titolo Vescovo, apostolo della Scozia- nascita 360 circa, Scozia- morte 432 circa, Whithorn, Scozia- ricorrenza 16 settembre- Santuario principale Whithorn- Esistono tre fonti relativamente tarde su S. Niniano: due poemi del tardo viri secolo e una Vita di S. Aelredo di Rievaulx (12 gen.), tutte basate probabilmente su una Vita in latino, ora andata perduta, e sulla Storia Ecclesiastica di Beda che è la più attendibile. Beda (25 mag.), che probabilmente trasse le informazioni dall'abate Pccthelm di Candida Casa (l'attuale Whithorn nel Galloway), scrive: I pitti meridionali che abitano tra quei monti, già da molto tempo, secondo quanto si tramanda, abbandonato l'errore dell'idolatria, avevano accolto la parola di verità dalla predicazione del vescovo Niniano, un uomo santo e venerabile della stirpe dei brettoni, che era stato istruito rettamente a Roma nella fede e nei misteri della verità. La sua sede episcopale, insigne per il nome e la chiesa del santo vescovo Martino, dove il suo corpo riposa insieme a molti santi, è oggi in possesso degli angli. Questo luogo, che si trova nella terra dei bernici, è chiamato comunemente Candida casa, poiché lì fu costruita una chiesa di pietra, contrariamente all'uso dei brettoni. Non tutti gli studiosi sono pienamente convinti dell'accuratezza di Beda. Nel contesto del periodo, per esempio, la sua affermazione che Niniano fosse stato «istruito rettamente a Roma nella fede e nei misteri della verità», può essere nient'altro che un modo per dire che Niniano era un sostenitore della posizione "romana" piuttosto che "celtica" e che la sede aveva fondamenta "ortodosse". Esistono prove, nondimeno, che suggeriscono che non si è sbagliato per quando riguarda il luogo: le ricerche archeologiche a Whithorn hanno portato alla luce i resti di una chiesa primitiva, e nelle vicinanze sono state trovate delle pietre con inscrizioni cristiane, che indicano l'esistenza di un monastero. Inoltre, la tomba di S. Niniano, che divenne meta di pellegrinaggio nel Medio Evo, fu scoperta in quel luogo, «con quella di molti altri santi». Più discussa è la dedicazione a S. Martino di Tours (11 nov.), e resta aperta la questione se Niniano abbia effettivamente visitato Tours, come afferma Aelredo; è, a ogni modo, possibile che la sua forma di monachesimo si sia ispirata a quella di Martino e che abbia portato una reliquia di questo santo a Whithorn. Si è anche discusso molto sull'identità dei «pitti meridionali» e sull'identificazione esatta del luogo in cui vissero. E difficile valutare fino a dove sia giunto Niniano, partendo dalla sua sede di Whithorn. In base ai nomi di luogo e alle dedicazioni, esiste un S. Niniano vicino a Stirling, e diverse dedicazioni altrove in Scozia, oltre a tre nell'Inghilterra settentrionale, che però sono difficili da datare. La verità è che non conosciamo la portata dell'apostolato di S. Niniano, e se si crede a ciò che afferma S. Patrizio (17 mar.), il suo successo tra i pitti fu breve. Sembra falsa anche la storia che sia morto durante una visita in Irlanda; d'altro canto, ebbe indubbiamente una certa influenza nella zona di Whithorn, che divenne un centro di studi per i monaci irlandesi e gallesi, e preparò la via a S. Kentingern (14 gen.). Al momento dell'inizio del suo declino nel XVI secolo, il culto si era esteso fino al Kent e in Danimarca. MARTIROLOGIO ROMANO. A Withorn in Scozia, commemorazione di san Niniano, vescovo, che, di origine britannica, condusse il popolo dei Pitti alla verità della fede e costituì in questo luogo la sede episcopale.

nome Beato Luigi d'Aleman- titolo Vescovo- nome di battesimo Louis Aleman- nascita 1390 circa, Arbent, Francia- morte 1450 circa, Salon-de-Provence, Francia- ricorrenza 16 settembre- Esaminando le sue azioni solo dall'esterno, Luigi d'Aleman non sarebbe stato un candidato probabile alla canonizzazione. Nato nel castello Arbert nella diocesi di Beily, a est di Lione, nel 1390 circa, era ancora giovane quando si recò ad Avignone, dove alla fine divenne lettore di diritto all'università, e dopo essersi laureato (proseguì gli studi per ottenere il dottorato nel 1414) suo zio, il cardinale Francesco de Conzié, camerlengo del papa, riuscì a procurargli un certo numero di benefici ecclesiastici. Nel 1409, Luigi accompagnò lo zio al sinodo di Pisa, dove fu introdotto nel mondo complesso e spesso non edificante della politica ecclesiastica. Il sinodo era stato convocato nella speranza che, con la deposizione di Gregorio XII (1406-1415) e dell'antipapa Benedetto XIII (1394- 1417), e con l'elezione di un nuovo papa gradito a tutti, si potesse porre fine al cosiddetto Grande Scisma d'Occidente, ma lungi dal risolversi la situazione peggiorò, e per un breve periodo i tre uomini [Gregario XII e i due antipapi Benedetto XIII e Alessandro V (1409-1410)] rivendicarono il titolo di papa. I tentativi di risolvere la questione proseguirono, e Luigi fu presente nel 1414 all'incontro che alla fine si trasformò nel concilio di Costanza, convocato dal re Sigismondo (1411-1437), e dall'antipapa Giovanni XXIII (1410-1415), successore di Alessandro V. Dopo aver deposto entrambi gli antipapi e spinto Gregorio XII a rinunciare al titolo, fu possibile finalmente tenere un conclave per eleggere un nuovo papa. A Luigi fu assegnato l'incarico di vicecamerlengo, che svolse finché diventò cardinale. Dopo l'elezione, Luigi fece parte della corte del nuovo papa, Martino V (1417-1431), che lo nominò vescovo di Maguelonne e gli affidò un certo numero di incarichi di responsabilità. Il 3 dicembre 1423 fu promosso all'arcivescovado di Arles, il 24 maggio 1424 nominato governatore di Bologna, Ravenna, e Romagna, e l'anno seguente cardinale. Subito dopo, tuttavia, le cose peggiorarono, poiché a Bologna fu avversato dalla potente famiglia dei Canetoli: i suoi soldati furono soverchiati da quelli dei rivali, ed egli fu fatto prigioniero. Fu liberato dopo pochi giorni, ma dato che non riuscì a riconquistare la città, il 23 agosto 1428 fu costretto a ritirarsi a Roma, umiliato dal punto di vista politico. Martino, che Luigi e qualche altro cardinale, a quanto pare, temevano, morì il 20 febbraio del 1431, e nonostante la sua avversione personale per i concili generali e per l'idea, allora generalmente diffusa, che il papa dovesse assoggettarsi alle loro decisioni, uno. dei suoi ultimi atti fu di convocarne uno a Basilea, che iniziò il 19 luglio 1431, ma che subito degenerò in un conciliabolo. Una delle prime decisioni del successore di Martino, Eugenio IV (1431-1447), che condivideva le sue opinioni ma non i suoi scrupoli, fu quella di pubblicare una bolla di abrogazione.<br /> Luigi, successo a Eugenio IV nella sede di Bologna, era un dichiarato sostenitore della cosiddetta posizione "conciliare", e gli fu perciò proibito lasciare Roma per recarsi a Basilea, dove alcuni vescovi avevano fatto capire che intendevano ignorare Eugenio e portare avanti il concilio. In una successione d'eventi piuttosto drammatica, riuscì a scappare travestendosi, a bordo di una nave genovese ormeggiata in quel momento sul Tevere, e a raggiungere Arles, dove trascorse solo un paio d'anni, poiché nel 1434 il papa ritirò il suo decreto d'annullamento. Luigi andò subito a Basilea, dove assunse la guida della maggioranza estremista a favore del concilio che si opponeva al rappresentante del papa, il cardinale Giuliano Cesarini. Nel 1437, con il partito antipapale ancora in ascesa, il papa stesso fu chiamato a rispondere della sua provata disobbedienza nel discutere il riavvicinamento con la Chiesa greca, ma rifiutò e ordinò al concilio di radunarsi di nuovo a Ferrara. Il cardinale Cesarini e i suoi seguaci obbedirono, come il cardinale Niccolò Cusano, abbandonando l'assemblea diventata illegale a Basilea e presieduta solo da Luigi. Nel 1439, Luigi e altri trentadue elettori nominati da una commissione riuscirono a deporre Eugenio perché si era opposto al concilio, e al suo posto elessero Amedeo VIII, duca di Savoia, che, come Felice V (1439-1449), diventò l'ultimo degli antipapi. Nel frattempo, Luigi non aveva dimenticato totalmente i suoi doveri pastorali di vescovo, e quando la città fu colpita dalla peste, fu uno dei principali organizzatori dei soccorsi. Alla morte di Eugenio nel 1447, il concilio si concluse, e Felice accettò di rassegnare le dimissioni in favore del successore di Eugenio, legittimamente eletto, Niccolò V (1447-145.5), ponendo finalmente termine allo scisma. Con un gesto magnificamente conciliante, Niccolò revocò tutte le sospensioni, le scomuniche, e altre penalità a carico dell'antipapa, dei membri del concilio e dei loro sostenitori. Luigi, reintegrato nella sua posizione di cardinale, si rammaricò profondamente per il resto della vita del ruolo che aveva avuto nello scisma, e ritornò ad Arles, dove riprese a condurre la vita di preghiera e di penitenza che era sempre stata la caratteristica più distintiva del suo modo di vivere. Alla sua morte avvenuta nel convento francescano a Salon (13ou-ches-du-Rhóne), nel 1450, fu sepolto nella chiesa di Saint-Trophi-me ad Arles, in cui si dice siano avvenuti miracoli. Il culto che ne scaturì fu poi approvato da papa Clemente VII (1523-1532) nel 1527, e la festa di Luigi è celebrata in diverse diocesi della Francia meridionale. MARTIROLOGIO ROMANO. A Salon nella Provenza in Francia, transito del beato Luigi d’Aleman, vescovo di Arles, che visse in assoluta pietà e penitenza.

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