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I santi di oggi 11 agosto:
nome Santa Chiara- titolo Vergine Fondatrice delle Clarisse- nascita 16 luglio 1194- morte 11 agosto 1253- ricorrenza 11 agosto, 12 agosto messa tridentina- Canonizzazione 1255 nella Cattedrale di Anagni- Santuario principale Basilica di Santa Chiara ad Assisi- Attributi giglio, croce, ostia, ostensorio, lanterna, pastorale, ramo di palma e libro- Patrona di televisione, telecomunicazioni, coccinelle, ricamatrici, lavandai, doratori, stiratrici- Nacque Chiara nell'anno 1194 da nobili e ricchi genitori in Assisi, e fin da giovanetta dimostrò una grande pietà e devozione. In quegli anni la fama del suo concittadino Francesco cominciava ad allargarsi, e Chiara, decisa di consacrarsi al suo Signore, si presentò a lui per comunicargli il suo ardente desiderio di ritirarsi dal mondo. Francesco riconobbe in questa piissima giovane la chiamata di Dio e perciò la confermò nel suo proposito di consacrare a Gesù Cristo la sua verginità. Venuto il giorno stabilito, Chiara fuggì dalla casa paterna e si portò alla chiesa di S. Damiano ove Francesco, assistito dai suoi monaci, le tagliò i capelli e la rivestì del ruvido saio di penitenza di cui egli era già ricoperto. I suoi parenti, oltremodo irritati per questa sua risoluzione, tentarono in vari modi, anche colla violenza, di sottrarla al sacro ritiro, ma Chiara, colla grazia del Signore, superò ogni ostacolo. Poco dopo si unirono a lei numerose vergini, e perfino sua sorella Agnese: tutte si esercitavano nell'orazione e nelle mortificazioni quotidiane della vita comune, di cui Chiara dava un sì chiaro esempio. Dormiva sulla nuda terra, qualche volta tormentandosi ancora nelle brevi ore di riposo con sarmenti o con duro legno che usava per guanciale. Portava sempre ai fianchi un aspro cilicio, digiunava tre volte alla settimana a pane ed acqua. Devotissima del SS. Sacramento, passava lunghe ore innanzi all'altare, assorta in profonda meditazione. E Gesù la ricompensò di questo suo affetto anche col dono dei miracoli. Infatti avendo una volta i Saraceni tentato di invadere il suo monastero, Chiara, animata da fiducia nel Signore, quantunque inferma, prese tra le mani l'ostensorio e fattasi portare alla finestra minacciata del monastero tracciò sugli infedeli un gran segno di croce dicendo: « Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani dei pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, ti prego, Signore, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare ». Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dal Tabernacolo: "Io vi custodirò sempre!". La vergine, con il volto bagnato di lacrime, rassicurò le sorelle: "Vi do garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!". Una luce vivissima investì gli assalitori accecandoli, mentre una forza arcana rovesciava le scale e precipitava a terra i predoni. S. Chiara era pure devota della passione di Gesù Cristo, che meditava versando copiosissime lacrime. Da questa devozione attinse tanto amore alla santa povertà che ricusò perfino le proposte fattele dal Papa Gregorio IX di una povertà più mitigata, ed ottenne per sè e per le sue suore quello che chiamò « il privilegio della povertà ». Negli ultimi anni di sua vita, Chiara fu molestata da continue infermità e patimenti corporali, ma colla sua preghiera fervente ottenne dal Celeste Sposo una pazienza invitta, e fra i suoi dolori si dimostrò sempre contenta e serena. Prima di morire fece testamento: non per lasciare beni temporali, ma bensì per lasciare alle figliuole del suo cuore la santa povertà come loro divisa, come loro difesa e come loro gloria, e a 60 anni di età, piena di meriti, nell'anno 1253 rese la sua bell'anima a Dio. PRATICA. Mettiamo tutta la nostra confidenza in Gesù Eucaristico e saremo liberati da ogni male, specie dal peccato. PREGHIERA. Esaudiscici, o Dio nostro Salvatore, affinchè, come ci allietiamo della festa della tua beata vergine Chiara, così veniamo ammaestrati nella devozione. MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di santa Chiara, vergine, che, primo virgulto delle Povere Signore dell’Ordine dei Minori, seguì san Francesco, conducendo ad Assisi in Umbria una vita aspra, ma ricca di opere di carità e di pietà; insigne amante della povertà, da essa mai, neppure nell’estrema indigenza e infermità, permise di essere separata.
nome Santa Filomena di Roma- titolo Principessa, vergine e martire- nascita 10 gennaio 290, Corfù, Grecia- morte 10 agosto 302, Roma- ricorrenza 11 agosto- Canonizzazione 30 gennaio 1837, liturgica canonizzata con atto del Magistero Pontificio ordinario, Città del Vaticano da papa Gregorio XVI- Santuario principale Santuario di Santa Filomena, Mugnano del Cardinale- Attributi Palma del martirio, frecce, àncora- Patrona di Treporti, Flaibano, Castions delle Mura- Nel 1802 si scoprirono delle ossa di un'adolescente tra i tredici e i quindici anni nel cimitero di Priscilla. "Pax tecum Filomena", questo recitava l'incisione, trovata insieme alla raffigurazione di due ancore, tre frecce e un ramo di palma, sulle tre tegole di terracotta scoperte vicino alla tomba. Questi segni e simboli furono accolti come una valida prova dell'esistenza di una martire e vergine di nome Filomena. Il sacerdote Francesco de Lucia portò le reliquie di santa Filomena a Mugnano nella chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie. Molti miracoli furono attribuiti al reliquiario di santa Filomena e così fu canonizzata. Secondo la leggenda l'imperatore Diocleziano volle sposarla, ma lei si rifiutò e così lui la sottopose ad atroci torture. Fu flagellata, ma un angelo le guarì le ferite. Cercarono di annegarla, ma l'ancora si ruppe e Filomena si salvò. Diocleziano ordinò di ucciderla, ma le frecce degli archi furono miracolosamente deviate. Santa Filomena fu quindi decapitata. Nell'iconografia è spesso raffigurata con frecce e ancora dovuto al suo martirio. Santa Filomena, nonostante la venerazione di cui è stata oggetto fin dalla scoperta dei suoi resti e il fervore dei suoi devoti, non è mai stata inserita nel Martirologio Romano, e nel 1961, la Sacra Congregazione dei Riti prese la decisione di rimuovere il suo nome dal Messale Romano.
nome Santa Susanna di Roma- titolo Martire- nascita 280 dopo Cristo, Roma- morte III Secolo, Roma- ricorrenza 11 agosto- Santuario principale Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano- Attributi palma del martirio e corona della verginità- Patrona di Osini e Torre Santa Susanna- Tutto ciò che si conosce di Susanna proviene da una breve nota nel Martirologio Geronimiano (molto antico e considerato sostanzialmente attendibile): «A Roma, alle "Due Case", dietro le terme di Diocleziano, il giorno della nascita di S. Susanna». Questo frammento diede lo spunto a un interessante racconto ambientato nelle case di due fratelli, Gabinio e Caio, ché racchiude un'ampia gamma di varianti pseudo storiche sul tema popolare della vergine che rifiuta il pretendente pagano. Anche gli intrighi di corte e le peripezie raccontate sono reminiscenze di saghe orientali non cristiane, dove prendono corpo una serie di conversioni poco verosimili e fantasiose rinunce ai beni materiali, mostrando come i fattori più disparati contribuiscano a formare i racconti agiografici. Si racconta che Susanna fosse la bellissima e studiosa figlia di un dotto presbitero, Gabinio, e nipote di papa S. Gaio (22 apr.), della cui vita e morte non si sa nulla di certo. L'imperatore Diocleziano stava cercando una sposa per suo figlio Massimiano. Mandò uno zio di Susanna, Claudio, che ricopriva una carica a corte, a informare Gabinio della volontà dell'imperatore che. Susanna divenisse sposa di Massimiano. La giovane, però, si oppose, dichiarandosi sposa di Cristo e indisponibile a ogni matrimonio terreno; quando lo zio si presentò per discutere della questione e cercare di convincerla, si avvicinò per baciarla in saluto ma ella si ritrasse. Protestò che era solo un segno di affetto naturale, ma lei rispose: «Non mi importa se mi baci. È la tua bocca sudicia che non posso sopportare. È piena di idolatria». «Come posso pulirla?» domandò Claudio. «Pentiti e fatti battezzare» fu la risposta. Claudio fu talmente impressionato dal rifiuto di Susanna a un matrimonio così conveniente che chiese di venire istruito nella fede cristiana e si fece battezzare insieme a sua moglie Prepedigna e ai due figli. Poi liberò i suoi schiavi e diede i beni ai poveri. Non ricevendo più notizie a corte, Diocleziano mandò Massimo, fratello di Claudio e anch'egli dignitario imperiale, per cercare Susanna e avere informazioni sull'uomo, che pensava ammalato. Massimo trovò il fratello effettivamente molto emaciato, ma a motivo delle penitenze cui si era sottoposta da cristiano, e Claudio gli comunicò la decisione di Susanna; insieme la andarono a trovare per poi discutere del problema con Gabinio e il pontefice, ma tutti e quattro i fratelli si ritrovarono d'accordo a non volere forzare la ragazza. Anche Massimo fu battezzato e diede i suoi beni ai poveri. Quando Diocleziano venne a sapere del rifiuto di Susanna e della conversione dei suoi due sottoposti, si arrabbiò molto. Disse a uno dei suoi favoriti, Giuliano, che portava un antico rancore verso la famiglia, di arrestarli e di fare di loro ciò che voleva. Giuliano ordinò che Claudio e Massimo fossero bruciati vivi e i loro corpi gettati in acqua. Susanna fu decapitata in casa e suo padre fu martirizzato. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di santa Susanna, sotto il cui nome, celebrato tra i martiri negli antichi fasti, fu dedicata a Dio nel VI secolo una basilica nel titolo di Caio presso le Terme di Diocleziano.
nome San Tiburzio- titolo Martire- nascita Roma- morte Roma- ricorrenza 11 agosto- Da un'iscrizione di papa S. Damaso (11 dic.) sappiamo dell'esistenza di Tiburzio (l'iscrizione, però, non contiene informazioni sulla vita del santo). La passio (non attendibile) di S. Sebastiano (20 gen.) racconta che fu un suddiacono romano tradito da un apostata nel periodo delle persecuzioni contro i cristiani e che, condotto davanti al prefetto Fabiano, diede prova della verità della sua fede camminando a piedi nudi sulle braci ardenti. Le autorità, però, reputarono quel gesto una pratica di magia nera e lo condannarono alla decapitazione sulla via Labicana, nel luogo noto come i due lauri, dove in seguito venne eretta una piccola chiesa. MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma al terzo miglio della via Labicana nel cimitero ad Duas Lauros, san Tiburzio, le cui lodi furono celebrate dal papa san Damaso.
nome Sant'Alessandro il Carbonaio- titolo Vescovo- nascita III secolo, Comana Pontica- morte III secolo, Comana Pontica- ricorrenza 11 agosto- La vita di Alessandro si compone di un esemplare triplice rovescio di fortuna, che include la scoperta delle sue origini nobili. Quando la comunità cristiana di Comana nel Ponto divenne sufficientemente ampia da avere bisogno di un vescovo, S. Gregorio il Taumaturgo, vescovo di Neocesarea, si recò nella città per presiedere all'elezione. Rifiutò tutti i candidati proposti dal clero e dal popolo e soprattutto il favorito, un ricco di nobili origini. Gregorio ricordò loro che gli apostoli erano uomini poveri e semplici. A quelle parole, uno pare aver esclamato: «Bene, perché non scegliere allora Alessandro, il carbonaio, come vescovo?». Sapendo che Dio opera in maniera misteriosa, Gregorio mandò a chiamare il carbonaio, che arrivò sporco e annerito dal suo lavoro, e ne percepì sotto gli stracci e i cenci le grandi qualità. Interrogò in privato Alessandro e venne a sapere che era un uomo di buona famiglia e istruito, che aveva venduto i suoi beni ed era diventato carbonaio per seguire Cristo come il Vangelo ordinava. Alessandro accettò che Gregorio lo candidasse a vescovo, il popolo fu d'accordo e il nuovo pastore venne consacrato. S. Gregorio di Nissa (10 gen.), che racconta questi fatti, parla molto bene di Alessandro, dipingendolo come maestro e vescovo esemplare. Alla fine donò la sua vita per la fede, venendo martirizzato con il fuoco (come l'armonica disposizione divina richiede) e divenendo, con ogni diritto, patrono dei carbonai. MARTIROLOGIO ROMANO. A Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia, sant’Alessandro, detto il Carbonaio, vescovo, che, raggiunta per il tramite della filosofia una particolare consapevolezza dell’umiltà cristiana, fu poi elevato da san Gregorio Taumaturgo alla sede di questa Chiesa, dove rifulse non solo nella predicazione, ma anche per aver subito il martirio tra le fiamme.
nome Sant'Equizio- titolo Abate- nascita 490 circa- morte 7 marzo 560, San Lorenzo di Pizzoli, L'Aquila- ricorrenza 11 agosto- Santuario principale Chiesa di Santa Margherita all'Aquila e Monastero di San Lorenzo a Pizzoli- Patrono di L'Aquila- Equizio visse in Abruzzo nel tempo in cui S. Benedetto stava scrivendo la Regula a Monte Cassino. Da giovane pare aver sofferto molto per ricorrenti tentazioni sessuali; divenne poi un eremita nella provincia di Valeria, mediante preghiera e disciplina riuscì a dominare le passioni, e infine si ritenne pronto per guidare altre persone. Per prima cosa fondò un monastero ad Amiterno, poi altre case maschili e femminili. S. Gregorio Magno (3 set.) descrive Equizio basandosi sulle informazioni ricevute dal vescovo Albino di Rieti e da altri che lo conobbero personalmente. Quest'uomo visitava città, chiese, villaggi e case, predicando con successo, tanto che la sua fama arrivò fino a Roma. Vestiva poveramente e trasportava i libri (li preghiere in borse di cuoio appese a entrambi i lati di un cavallo piuttosto malconcio. Oltre a essere un ottimo oratore, Equizio aveva conservato la sua semplicità e, come molti altri abati dei primi tempi, non aveva ricevuto gli ordini sacri. Quando un patrizio di nome Felice gli disse che non aveva il diritto di predicare senza specifico permesso, rispose che un giovane, durante una visione, gli aveva fatto un intervento divino alla lingua e da allora era obbligato a parlare di Dio. Alcuni membri dell'alto clero romano si lamentarono della sua reputazione disdicevole e il pontefice decise di mandargli un presbitero di nome Giuliano a convocarlo. Questi trovò Equizio con indosso gli stivali e intento a falciare il prato ma pronto a partire immediatamente; Giuliano, però, era stanco del viaggio e così i due si fermarono la notte. Il mattino seguente, tuttavia (così la storia racconta), un messaggero papale sopraggiunse per dire che il pontefice aveva avuto una visione nella quale Dio gli aveva fornito ottime informazioni su Equizio; egli era un uomo santo e non doveva essere disturbato. Equizio morì il 7 marzo dell'anno 560 circa, e in quello stesso giorno il suo corpo venne trasportato nella chiesa di S. Lorenzo a L'Aquila. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio dell’odierna Umbria, sant’Equizio, abate, che, come scrive il papa san Gregorio Magno, per la sua santità fu padre di molti monasteri e, ovunque giungesse, schiudeva la fonte delle Sacre Scritture.
nome San Gaugerico di Cambrai- titolo Vescovo- nascita VI secolo, Yvoi, Belgio- morte 625 circa, Cambrai, Francia- ricorrenza 11 agosto- Canonizzazione pre canonizzazione- Incarichi ricoperti Vescovo di Cambrai e Arras- Gaugerico (in francese Géry) nacque a Yvoi, una piccola città delle Arclenne, nell'attuale Belgio. Durante una visita episcopale nella città, S. Magnerico (25 lug.), il successore di S. Niceto (5 clic.) nella diocesi di Treviri, riconobbe la santità di Gaugerico e il suo carisma e lo ordinò diacono (anche se il suo biografo afferma che dovette, prima, imparare a memoria tutti i salmi). in seguito il futuro santo divenne sempre più zelante e gli venne affidata la diocesi di Cambrai, dove si dice essersi impegnato molto per sconfiggere il paganesimo. A Cambrai fondò un monastero, che dedicò a S. Medardo (8 giu.). La tradizione popolare gli attribuisce anche la fondazione della città di Bruxelles: si dice che abbia costruito una cappella su un'isola della Senna (oggi Place Saint-Géry) attorno alla quale il villaggio si sarebbe sviluppato. Morì nel 625 circa, dopo trentanove anni d'episcopato. Venne sepolto nella chiesa di S. Medardo, su una collina fuori Cambrai. MARTIROLOGIO ROMANO. A Cambrai in Austrasia, nel territorio dell’odierna Francia, san Gaugeríco, vescovo, che, insigne per pietà e amore per i poveri, fu ordinato diacono da Magnerico di Treviri e, eletto poi alla sede di Cambrai, esercitò l’episcopato per trentanove anni.