@Vitupero

14/01/2024 alle 10:24

I santi di oggi 14 gennaio:

I santi di oggi 14 gennaio:

nome San Felice da Nola

titolo Confessore e martire

nascita metà del III secolo, Nola

morte 313 circa, Nola

ricorrenza 14 gennaio

Santuario principale Cripta di San Felice nel Duomo di Nola

Le poche notizie su San Felice ci vengono fornite da San Paolino di Nola nei suoi carmi natalizi, S. Felice detto anche in Pincis, sacerdote nolano nacque a Nola nella seconda metà del III secolo da nobile famiglia, fu posto in prigione dai nemici di nostra santa fede, fu liberato da un Angelo, che lo condusse ad un monte, dove diede soccorso a S. Massimo vescovo di Nola, ivi nascosto, e consumato dalla fame e dal freddo. Animava i suoi concittadini alla pazienza nella grave persecuzione, che per divina permissione, movevano contro i fedeli gl'idolatri, e coll'esempio suo insegnava loro il modo di farsi strada, per mezzo della sofferenza delle miserie temporali, alle consolazioni eterne. Perseguitato di nuovo dagl'infedeli, Iddio miracolosamente lo liberò dalle loro mani, facendo che passasse in mezzo a loro, e che gli parlassero senza che lo riconoscessero; onde pensavano a cercarlo in altra parte, quando, da certi maligni manifestato, si salvò fra alcuni dirupi, ove coperto all'improvviso con tele di ragno dalla divina Provvidenza, non fu veduto dai persecutori. Non si curò di ricuperare i beni levatigli dai nemici della fede, sprezzando ciò che di buona voglia avea già per amore di Cristo abbandonato, ma operando e faticando si mantenne sino alla morte coi frutti d'un suo orticello, ch'ei lavorava con le proprie mani. Nonostante San Felice non sia stato ucciso, fu riconosciuto come Martire dalla Chiesa per le numerose sofferenze patite nella vita. Il suo corpo fu seppellito presso le Basiliche paleocristiane di Cimitile. La sua tomba fu detta Ara Veritatis, perché gli si attribuiva particolare efficacia contro la falsa testimonianza. PREGHIERA. Quando Dio è con noi, le tele di ragno ci servono per sicuri ripari; ma quando egli non è con noi, ogni riparo, benchè fortissimo, è come tela di ragno per nostra difesa. S. Paolino. PRATICA. Cercate Cristo, e quando l'avrete sarete ricco e non avrete bisogno d'altro. Egli sarà il vostro provveditore e farà fedelmente i vostri interessi. Lieto sarò se meco avrò il Signore, Nè de' nemici miei avrò timore. MARTIROLOGIO ROMANO. A Nola in Campania, san Felice, sacerdote, che, come riferisce san Paolino, durante l’imperversare delle persecuzioni, patì in carcere atroci torture e, una volta ristabilita la pace, fece ritorno tra i suoi, ritirandosi in povertà fino ad avanzata vecchiaia, invitto confessore della fede.

nome San Potito<br /> titolo Adolescente martire<br /> nascita II secolo, Sofia, Bulgaria<br /> morte II secolo, Tricarico<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Santuario principale Cattedrale di Tricarico<br /> Patrono di Tricarico, Ascoli Satriano, San Potito Sannitico, San Potito Ultra, Diocesi di Tricarico, Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano<br /> Fu uno dei primi martiri della cristianità, il cui martirio avvenne sotto gli imperatori Antonini tra il 160 e il 180 d.C.. Giovane patrizio romano figlio tredicenne di un ricco pagano, professò la fede cristiana nonostante il padre fosse contrario. Compì diversi prodigi: guarì dalla lebbra una matrona e liberò dal demonio la figlia dell'imperatore Antonino. Ciò non lo salvò dalla persecuzione e, dopo aver superato varie torture, venne decapitato. Le testimonianze sul culto di San Potito attestano chiaramente che il centro della sua irradiazione è stato la Puglia, proprio là dove avvenne il suo martirio. Dalla Puglia il culto si diffuse a in Campania, in Emilia Romagna, in Basilicata e altre parti d’Italia. All'inizio dell'era cristiana, Ausculum, trovandosi in prossimità della rete stradale romana della Daunia, che l'imperatore Traiano aveva sistemato, ed avendo nel suo territorio parecchi nuclei israelitici, ebbe modo di accogliere ben presto il Cristianesimo. Infatti il cristiano Potito era stato decapitato sul fiume Calaggio - Carapelle, ove fu seppellito e venerato come santo dalla piccola comunità cristiana locale. Così Potito nel II secolo d.C. divenne il primo santo storicamente attestato e venerato nella Daunia. Per intercessione del Santo Patrono gli Ascolani non piansero vittime, pur tra ingenti danni materiali, nei catastrofici terremoti del 14 agosto 1851, del 6 dicembre 1857 e durante l'epidemia di colera del 1886. L'intera popolazione Ascolana sfuggì, durante la seconda guerra mondiale, ad una sanguinosa incursione tedesca grazie a S. Potito che, prodigiosamente, fece apparire sui tetti delle case migliaia di soldati armati dalla cui visione i tedeschi in ritirata furono dissuasi dall'attaccare la città. Tutti i giovani soldati, che combatterono nella guerra d'Africa e nei due conflitti mondiali, i quali avevano portato con sé l'immagine del Santo e invocato il suo aiuto, tornarono sani e salvi a casa. I minatori Ascolani in America, i quali, ascoltando miracolosamente il suono, a loro familiare, della campana della Misericordia, uscirono appena un attimo prima che la loro miniera crollasse. In segno di ringraziamento alla Vergine e S. Potito, che avevano implorato di farli scampare dal pericolo, fecero costruire l'imponente trono ( la pëtàgnë ) sul quale veniva portato in processione il suo simulacro d'argento ( l'imponente trono venne distrutto da un incendio nel 1999). MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Potito, martire, che, dopo aver patito molte sofferenze a Sardica in Dacia, ora Bulgaria, si tramanda che sia infine morto martire trafitto con la spada.

nome Santa Nino - Santa Cristiana <br /> titolo Apostola della Georgia<br /> nascita 296 circa, Cappadocia<br /> morte 340 circa, Georgia<br /> ricorrenza 14 gennaio, (27 gennaio chiesa ortodossa) <br /> Canonizzazione pre-canonizzazione<br /> Santuario principale Monastero di Bobde<br /> Attributi Croce di tralci di vite<br /> Patrona di Georgia<br /> Le notizie sugli inizi del cristianesimo nell'antico regno di Georgia sono scarse. La storia dell'evangelizzazione, narrata da Rufino, è stata tuttavia accettata (ed elaborata) dagli stessi georgiani e da altre fonti bizantine. Fu riferita a Rufino dal principe georgiano Bakur e racconta avvenimenti svoltisi durante la vita dei propri genitori e nonni. Secondo Rufino, all'inizio del tv secolo una giovane ignota, che i georgiani chiamarono Nino e il martirologio cristiano nominò Cristiana, fu condotta schiava in Georgia. Qui edificò la popolazione con la sua vita di austerità, castità e preghiera. Se interrogata, rispondeva semplicemente di adorare Cristo Dio. Era costume che le madri recassero i bambini infermi dalle altre donne, per averne consigli. Anche Nino, una volta, venne interpellata e, posato il piccolo sul proprio mantello di crini, pregò per lui, ottenendone la guarigione. Da allora la gente cominciò a cercarla, confidando nelle sue preghiere. Anche la regina fu risanata dopo essere stata distesa sul mantello di Nino, la quale così avrebbe risposto ai ringraziamenti: «Non è stata opera mia, ma di Cristo, Figlio del Dio che ha creato il mondo». Quando ella rifiutò i doni offerti, la regina disse al re: «La prigioniera non apprezza simili cose, respinge l'oro e l'argento e si nutre di digiuno quasi fosse cibo. L'unica ricompensa sarebbe di venerare quel Cristo che mi ha guarita per le sue preghiere». Poco dopo, prosegue la narrazione, il re, smarritosi durante una caccia, promise di credere in Cristo se avesse ritrovato la via. Fu esaudito e mantenne la promessa: lui e la regina vennero istruiti da Nino e la notizia fu proclamata al popolo, mentre Nino ottenne il privilegio di predicare, insegnare e far costruire una chiesa. Il re inoltre inviò ambasciatori all'imperatore Costantino per informarlo dell'accaduto e chiedergli l'invio di vescovi e preti. Il racconto di Rufino, che risale alla fine del IV secolo, è stato tradotto in greco, siriaco, armeno, copto, arabo ed etiopico, oltre che notevolmente ampliato. Nella letteratura georgiana c'è un intero ciclo di leggende su Nino. Se Rufino non accenna alla località dove sono ambientati i fatti, né ai nomi del re o della regina o della santa, né all'origine o alla nazionalità di lei, versioni posteriori hanno tentato di colmare le lacune. Così Nino sarebbe venuta dalla Cappadocia, da Roma, da Gerusalemme, dal regno dei Franchi. Lo pseudo-Mosé di Khorene, scrittore armeno, le attribuisce la conversione dell'Armenia, associandola a S. Hripsime. In talune redazioni, ella sarebbe stata nipote del patriarca Giovenale di Gerusalemme, oppure profuga durante la persecuzione di Diocleziano. Altrove la si dice miracolosamente scampata al martirio. In Egitto viene talvolta chiamata Theognosta. Si narra che, visto il cristianesimo finalmente radicato in Georgia, Nino si sarebbe ritirata presso Bodbe in Kakheti, dove morì e fu sepolta. Si può ipotizzare che la conversione della Georgia sia iniziata durante il regno di Costantino e che una donna vi ebbe parte determinante. Il regno era certamente cristiano al tempo in cui Rufino scrisse, ma oggi è impossibile valutare quanto vi sia di autentico nella storia udita dal principe georgiano. MARTIROLOGIO ROMANO. In Georgia al di là del Mar Nero, santa Nino: da prigioniera cristiana, per la santità della sua vita ottenne da parte di tutti rispetto e ammirazione tali da attirare alla fede di Cristo la regina stessa, il cui figlio aveva guarito con le sue preghiere, il re e tutta la sua gente.

nome Beato Odorico da Pordenone<br /> titolo Frate francescano, sacerdote e missionario <br /> nascita 1285 circa, Pordenone, Friuli<br /> morte 14 gennaio 1331, Udine<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Beatificazione 2 luglio 1755 da papa Benedetto XIV <br /> Durante la prima parte della sua vita si comportò come un tipico italiano devoto, ispirandosi a S. Francesco di Assisi (4 ott.): nato in Friuli intorno al 1285, prese l'abito francescano a Udine nel 1300 e poi passò vari anni come eremita; richiamato a Udine, divenne un famoso predicatore. Verso il 1317, spinto da spirito d'avventura o da zelo missionario (o da entrambi), partì per un viaggio verso l'Estremo Oriente, dove lo avevano già preceduto vari pionieri francescani. Attraverso il racconto che al suo ritorno dettò in latino a un confratello ci è giunta la cronaca di uno dei viaggi più straordinari del Medio Evo. Nel suo resoconto forniva molti particolari geografici ma, forse per modestia, non diceva molto sul successo o il fallimento dei suoi sforzi missionari. Sarebbero stati biografi successivi ad approfondire questo argomento. Andò anzitutto a Costantinopoli e poi ancora più a est, attraverso l'Armenia, soggiornando probabilmente in case francescane. Attraversò il Golfo Persico, arrivò a Malabar, in Sri Lanka e al santuario di S. Tommaso Apostolo (3 lug.) a Malypore, vicino a Madras. In nave si diresse nuovamente a Sumatra, a Giava e forse in Borneo, prima di puntare verso la Cina. Dopo essere stato a Canton, andò a Fokien, Fuchau, Nanchino e poi, via canale, si recò a Pechino dove si fermò per tre anni, dedicandosi a una delle chiese fondate dall'arcivescovo francescano Giovanni da Montecorvino. Sappiamo ancora soltanto che durante il viaggio di ritorno passò per il Tibet. Arrivato a Udine non è chiaro se abbia cercato di reclutare altri missionari per un nuovo viaggio o se invece si sia rassegnato a un'attività apostolica locale. Pare comunque che nell'ordine si fossero creati dissensi sull'indirizzo giusto per lui: racconti successivi dicono infatti che S. Francesco gli avrebbe detto, in visione, di non muoversi, e che in punto morte gli sia stato chiesto di sottomettersi all'autorità della Chiesa, cosa piuttosto singolare per un missionario di quella fama. Morì il 14 gennaio 1331: gli furono attribuite in seguito varie guarigioni e il suo culto venne approvato nel 1755. MARTIROLOGIO ROMANO. A Udine, beato Odorico Mattiuzzi da Pordenone, sacerdote dell’Ordine dei Minori: percorse in lungo e in largo predicando il Vangelo le regioni dei Tartari, degli Indi e dei Cinesi da lui attraversate fino alla capitale della Cina Kambalik e molti convertì alla fede di Cristo.

nome Santa Macrina l'Anziana<br /> titolo Vedova<br /> nascita 270 circa, Cesarea in Cappadocia<br /> morte 340 circa, Cesarea in Cappadocia<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Patrona di vedove, invocata contro la povertà<br /> Macrina era la nonna paterna di S. Basilio il Grande e di S. Gregorio Nazianzeno (2 gen.), la cui sorella è venerata come S. Macrina la Giovane (19 lug.). Nelle sue lettere Basilio dice che lui e i fratelli furono allevati dalla nonna, a cui attribuisce la solida educazione religiosa che lo mantenne per tutta la vita nella via dell'ortodossia. Si dice che Macrina stessa fosse stata convertita da S. Gregorio il Taumaturgo (17 nov.), il discepolo più conosciuto di Origene; in realtà non è ben chiaro se Macrina lo avesse conosciuto di persona o solo attraverso le sue opere scritte, visto che morì settant'anni dopo di lui. Durante le persecuzioni degli imperatori Galerio e Massimino, tra il 303 e il 311, Macrina e suo marito furono costretti a nascondersi per sette anni nelle foreste sulle colline del Ponto. La persecuzione fu particolarmente feroce in Ponto e in Cappadocia, dove i torturatori si divertivano a cavare l'occhio destro delle loro vittime o a marchiarne la gamba sinistra con un ferro rovente; i torturatori definivano ironicamente queste pratiche un "trattamento umano". Gregorio Nazianzeno racconta che le bestie selvatiche si consegnavano volontariamente ai perseguitati in fuga nei boschi, perché potessero ucciderle per cibarsene. Si sa che Macrina sopravvisse al marito; la data della sua morte è invece incerta: anche se nell'ultima edizione del Martirologio Romano compare l'anno 340, pare sia preferibile una data posteriore.

nome Beato Pietro Donders<br /> titolo Redentorista<br /> nome di battesimo Pietro Donders<br /> nascita 27 ottobre 1809, Tilburg, Olanda<br /> morte 14 gennaio 1887, Batavia, Guyana Olandese<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Beatificazione 23 maggio 1982 da papa Giovanni Paolo II<br /> Pietro Donders nacque a Tilburg, in Olanda, il 27 ottobre 1809, figlio di Arnold e Petronella Donders, una coppia di cattolici osservanti, poveri ma grandi lavoratori. A causa della loro povertà Pietro e suo fratello Martino dovettero presto abbandonare la scuola e lavorare per aiutare la famiglia. Pietro mostrava già da allora un forte desiderio di diventare prete anche se ciò non gli appariva altro che una remota possibilità; il clero parrocchiale tuttavia lo aiutò a entrare come domestico nel seminario minore, dandogli il permesso di studiare nel tempo libero. A ventisei anni, dovendo entrare nel seminario maggiore, fece domanda, su consiglio dei suoi superiori, presso i gesuiti, i redentoristi e i francescani, ma fu respinto da tutti e tre gli ordini. Quando nel 1841 finalmente fu ordinato prete era già stato assegnato alle missioni olandesi in Suriname, dove si recò l'anno dopo, approdando nella capitale Paramaribo. Avrebbe passato tutto il resto della vita in Suriname: prima, dal 1842 al 1866, come prete secolare e poi, dal 1866 al 1887, come redentorista. Dedicò i suoi primi quattordici anni americani alle necessità della sua parrocchia di Paramaribo, prendendosi cura della popolazione indigena, visitando i malati, catechizzando bambini e adulti, e trovando anche il tempo di andare nelle piantagioni a evangelizzare gli schiavi neri, cercando di alleviare il dolore della loro orribile condizione. Nel 1856 Pietro si recò volontariamente nel lebbrosario della colonia di Batavia; un testimone convocato al suo processo di beatificazione avrebbe detto di lui: «La gente di Batavia amava frate Donders, non solo per i grandi servizi che ci prestava, come bendare i nostri piedi, portarci l'acqua o cose del genere, ma anche perché ci aiutava con le sue preghiere e il suo insegnamento». Si trattava di un aiuto tanto spirituale quanto materiale. Nel 1865 il vicariato del Suriname fu affidato ai redentoristi, e il vescovo Swinkels ne divenne il vicario apostolico. I J'anno seguente Pietro e frate Romme vennero accettati come novizi redentoristi e nel 1867 presero i voti; poco dopo Pietro sarebbe tornato, con un altro prete, dai suoi amati lebbrosi. Non essendo più solo poté finalmente dedicarsi anche a un'altra sua ambizione: portare Cristo agli indiani caribi (Arrowak e Warros) e agli schiavi fuggiti nelle foreste. Quest'opera lo obbligò a lunghi, difficili e pericolosi viaggi, scarsissimi di risultati quanto a convertiti, specialmente tra i caribi. A parte alcuni mesi a Paramaribo e Coronie, Pietro trascorse quasi tutto il resto della sua vita operando con fiducia assoluta in Dio e nella Beata Vergine presso i lebbrosi e gli indiani. Dopo una breve pausa, nel novembre del 1885 era già ritornato a Batavia; questa volta però il suo soggiorno fu breve: il 14 gennaio 1887 morì pacificamente, senza lamentarsi e come sempre rassegnato alla volontà di Dio. Venne sepolto nel cimitero del lebbrosario. Vale la pena citare le descrizioni fatte da due persone che lo conoscevano bene: «Era eccezionalmente tenace, provato da ogni sorta di santo eccesso; basso di statura, magro, bianco di capelli, senza denti e leggermente incurvato» (citazione del vescovo Swinkels). Il secondo testimone invece disse: «Vorrei inviarvi un resoconto delle sue grandi opere, ma il suo splendore era soprattutto interiore; non fece mai nulla di particolarmente straordinario nella sua vita quotidiana». Non era dunque un operatore di miracoli o di eventi straordinari, ma un semplice uomo di preghiera, con una fede sconfinata in Dio e una dedizione illimitata alle anime. Dopo la morte la sua fama si diffuse particolarmente all'interno della sua congregazione e, ovviamente, in Suriname e in Olanda, così che la sua causa fu finalmente presentata a Roma nel 1913; papa Giovanni Paolo II, in deroga all'obbligo dei due miracoli e accontentandosi di uno solo, lo beatificò il 23 maggio 1982. Attualmente, per ragioni non note, la causa di canonizzazione sembra essere sospesa. MARTIROLOGIO ROMANO. A Batavia nel Suriname, beato Pietro Donders, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore, che con carità instancabile si prese cura dei corpi e delle anime dei lebbrosi.

nome Beato Oddone di Novara<br /> titolo Monaco presbitero<br /> nascita 1100 circa, Novara<br /> morte 14 gennaio 1198, Tagliacozzo, Aquila<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Al contrario di quanto è accaduto per molti altri suoi contemporanei che giunsero alla santità, le virtù di Oddo o Oddone sono confermate dalle prove fornite da chi lo aveva conosciuto di persona nel corso di un'indagine sulla sua vita ordinata da papa Gregorio IX (1227-1241, un papa molto attivo e amico di S. Francesco). Riccardo, vescovo di Trivento, descrisse Oddo, monaco certosino, come «un uomo timorato di Dio, semplice e casto, dedito giorno e notte all'osservanza e alla preghiera, vestito di sola lana grezza, che viveva in una piccola cella [...] e obbediva sempre al suono della campana che lo chiamava all'Ufficio» (cosa che, in verità, ci si dovrebbe aspettare da ogni buon monaco certosino). Leggeva costantemente le Scritture e praticò il lavoro manuale fino in età avanzata. Durante la sua carriera monastica venne anche nominato priore del convento di Geyrach, appena fondato in Slavonia, ma Dietrich, il vescovo locale, lo perseguitò a tal punto che Oddo si recò a Roma, pregando il papa di sollevarlo dall'incarico. Venne allora accolto dalla badessa di un convento che, colpita dalla sua manifesta santità, lo nominò cappellano.<br /> Quando morì si riteneva avesse quasi cento anni; i racconti sulla sua morte, anche se narrati da testimoni oculari, appaiono piuttosto fantasiosi. Pare avesse capacità di guaritore, ma attribuì sempre ogni merito a Cristo e mai a se stesso. Chi si recava a pregare sulla sua tomba gli attribuì numerosi miracoli di cui vennero stesi vari resoconti. A noi ne è giunto uno solo, che tuttavia rappresenta la raccolta medievale più interessante del genere. Il suo ordine conservò il culto per Oddo; nel 1859 esso fu approvato anche dalla Santa Sede. MARTIROLOGIO ROMANO. A Tagliacozzo in Abruzzo, beato Odone di Novara, sacerdote dell’Ordine dei Certosini. </p> <p>

nome San Fulgenzio di Astigi<br /> titolo Vescovo<br /> nascita Cartagena, Spagna<br /> morte 630 circa, Écija, Spagna<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Patrono di Diocesi di Cartagena e di Plasencia<br /> Incarichi ricoperti Vescovo di Astigi<br /> Fulgenzio nacque a Cartagena, suo padre Severiano, era un prefetto delle milizie romane, sua madre, Teodora, era di nobile stirpe di Goti ei suoi fratelli erano tutti santi: Leandro, Isidoro e Fiorentina. L'intera famiglia si trasferì a Siviglia. Fulgenzio studiò teologia e fece grandi progressi nel campo delle lingue classiche e orientali e contribuì efficacemente alla conversione dei Visigoti ariani. Re Leovigildo iniziò una forte persecuzione contro i cattolici e Fulgenzio fu esiliato da Siviglia e si recò a Cartagena. Da lì scrisse lettere di incoraggiamento ai cristiani che erano perseguitati e allo stesso tempo addestrò nella fede il figlio del re, sant'Ermenegildo. Quando Recaredo salì al trono e abbracciò la fede cattolica al III Concilio di Toledo (589), Fulgenzio tornò a Siviglia, della cui chiesa era stato canonico per diversi anni, ma poi lo rimandarono a Cartagena per aiutare il vescovo. Successivamente fu inviato come vescovo a Ecija (610), dove si distinse per i suoi doni di pacificatore, per la sua assoluta dedizione al suo gregge di pastore buono e premuroso, per il suo zelo instancabile in tutte le cause giuste e nobili, per la sua parola che accendeva i cuori più freddi ed era come una spada a doppio taglio che trafiggeva le anime. Il tempo passò e fu nominato Vescovo di Cartagena. In un tempo in cui i vescovi risiedevano poco nelle loro diocesi - un fallimento a cui il Concilio di Trento dovette porre fine - Fulgenzio adempì sempre il suo ufficio di parroco e non si assentò mai dalle sue sedi. Né la sua penna riposava, sempre al servizio dell'ortodossia. Da esso derivarono i "Commentari alla Scrittura", tre libri sulla "Mitologia" e il "De Fide". Alla sua morte parteciparono i vescovi San Braulio di Saragozza e San Laureano di Siviglia. Era una delle figure più importanti nella chiesa spagnola del suo tempo. Patrono della Diocesi di Cartagena-Murcia. MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Écija in Andalusia, in Spagna, san Fulgenzio, vescovo, fratello dei santi Leandro, Isidoro e Fiorentina; a lui Isidoro dedicò il trattato sugli uffici ecclesiastici.

nome San Dazio<br /> titolo arcivescovo di Milano<br /> morte 552 circa, Costantinopoli, Turchia<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Canonizzazione pre canonizzazione<br /> Attributi bastone pastorale e mitra<br /> Incarichi ricoperti Arcivescovo di Milano<br /> Della vita di S. Dazio sappiamo molto poco, tuttavia la sua fama doveva essere piuttosto diffusa se S. Gregorio Magno (papa dal 590 al 604, 3 set.) lo fa comparire nei suoi Dialoghi, raccontando l'episodio in cui scacciò il demonio da una casa stregata. Fu coinvolto nei contrasti politici e teologici della sua epoca e, nel tentativo infruttuoso di salvare Milano dall'invasione dei Goti, chiamò a soccorso della città il generale orientale Belisario (505-565). Milano venne saccheggiata e Dazio stesso fu probabilmente fatto prigioniero. Era amico del grande monaco e studioso Cassiodoro (ca. 485-ca. 580) e verosimilmente fu grazie a un suo intervento se Dazio fu rilasciato. Forse in seguito all'arrivo dei goti o per sostenere papa Vigilio (537-555), si trovò a Costantinopoli durante quella serie di avvenimenti che portarono al quinto concilio ecumenico del 553, venendo coinvolto nella disputa sull'intricata questione dei "Tre Capitoli". Questi riguardavano l'opera e le figure di Ibas di Edessa, Teodoro di Mopsuestia (maestro di Nestorio) e Teodoreto di Ciro (oppositore di Cirillo di Alessandria), tre "nestoriani" (assertori della distinzione delle due nature in Cristo) del secolo precedente. Le discussioni sulla loro ortodossia in relazione ai decreti del concilio di Calcedonia (451), avevano attraversato quasi tutto il secolo, coinvolgendo anche l'imperatore Giustiniano (che governò dal 527 al 565), autore dell'omonimo e celebre Codice. Giustiniano era influenzato da Teodoro Aschida, sua "eminenza grigia", e assunse il ruolo di teologo; con l'intento di riconciliare le tendenze monofisite con l'ortodossia promulgò un editto che condannava i Tre Capitoli, obbligando tutti i vescovi a firmarlo. I vescovi orientali accettarono; Vigilio invece, sostenuto da Dazio e da altri vescovi occidentali, inizialmente rifiutò. Nel 547 Vigilo fu convocato dall'imperatore a Costantinopoli, dove tenne un comportamento oscillante e ambiguo, venendo sospettato per l'aiuto che secondo l'accusa aveva dato a Belisario nella deposizione del suo predecessore Silverio. Vigilio emise un Judicatum, in cui condannava il patriarca di Costantinopoli, Menas, sosteneva Calcedonia e abbandonava i Tre Capitoli. Questo provocò un tumulto in tutto l'Occidente, e così Vigilio (dopo aver scomunicato un gruppo di diaconi giunti a sostenerlo e dopo essere stato a sua volta scomunicato da un sinodo di vescovi africani!) ritirò il Judicatum, dicendo che avrebbe aspettato il pronunciamento di un concilio ecumenico. Pur condannando i Tre Capitoli, il concilio non riuscì a ricomporre la disputa con i monofisiti e nemmeno a evitare uno scisma di vescovi occidentali. Dazio comunque non visse abbastanza a lungo per vedere le conseguenze peggiori della controversia: morì infatti a Costantinopoli, probabilmente nel 552. Successivamente le sue reliquie vennero trasferite nella sua sede episcopale di Milano. MARTIROLOGIO ROMANO. A Milano, deposizione di san Dazio, vescovo, che nella controversia dei Tre Capitoli difese la posizione del papa Vigilio, che accompagnò poi a Costantinopoli, dove morì.

nome San Lazzaro Devasahayam Pillai<br /> titolo Martire<br /> ricorrenza 14 gennaio<br /> Beatificazione 2 dicembre 2012 da papa Benedetto XVI<br /> Canonizzazione 15 maggio 2022 da papa Francesco<br /> Lazzaro è stato un ufficiale indiano presso la corte del re di Travancore. Venne assassinato da un gruppo di soldati a causa della sua conversione al cristianesimo, nacque il 23 aprile 1712 da una ricca famiglia induista, nel villaggio di Nattalam di Vilavancode. Ebbe un'ottima formazione e raggiunse un alto livello di preparazione culturale. Iniziò la sua carriera come militare, ma divenne ben presto ministro della corte del re di Thiruvithancore e assistente di un importante tempio indù. Si sposò con una giovane donna appartenente alla stessa casta. Nel 1742, conobbe il capitano olandese, Eustachius De Lannoy, preso prigioniero in una battaglia, che lo mise in contatto con il missionario Giovanni Battista Buttari, un gesuita che diventerà suo amico e consigliere spirituale. Da questo incontro inizierà per lui, un periodo di conversione. Il 14 maggio 1745 ricevette il battesimo secondo il rito latino, dichiarando: «Nessuno mi ha costretto a venire, sono venuto dalla mia propria volontà. Conosco il mio cuore: Egli è il mio Dio. Ho deciso di seguirLo e lo farò per tutta la mia vita». Ricevette il nome cristiano di "Lazzaro", che significa «Aiuto di Dio»; in lingua tamil fu reso con "Devasahayam". Da quel momento incominciò una grande opera di evangelizzazione per promuovere la fede in Cristo Gesù e predicando l'uguaglianza tra i popoli, nonostante le differenze di casta. Questo, però, gli attirò l'odio dei bramini e degli appartenenti alla casta Nair. Intanto, diverse persone, fra cui anche sua moglie, chiesero di essere battezzate.<br /> Il 23 febbraio 1749, venne arrestato dal re ed iniziò per lui un periodo di persecuzioni che dureranno fino alla morte. Ricevette numerose torture e umiliazioni e fu imprigionato diverse volte. In seguito fu incatenato a un albero ed esposto alle intemperie. Tuttavia la sua fede restò salda e trasformò quel luogo in un'oasi di preghiera, di comunione con Dio e di evangelizzazione. Alcune volte gli fu concesso di ricevere l'Eucaristia. Infine fu esiliato ai confini del regno, nei pressi di Aralvaimoshy, ma anche qui la sua fama si diffuse presto, generando numerose conversioni alla fede cristiana. Il 14 gennaio 1752 venne assassinato con cinque colpi di fucile da un gruppo di soldati. La causa di canonizzazione fu promossa dalla diocesi di Kottar e dalla Conferenza Episcopale Indiana. La Santa Sede concesse il nihil obstat il 22 dicembre 2003. Il 3 luglio 2006 si aprì il processo diocesano che si concluse il 7 settembre 2008. Gli atti furono inviati alla Congregazione per le cause dei santi e il 18 marzo 2010 furono convalidati. Il 28 giugno 2012 papa Benedetto XVI promulgò il decreto in cui riconosceva il martirio, consentendo la sua beatificazione, la quale avvenne il 2 dicembre successivo. Il 21 febbraio 2020 papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto riguardante un miracolo attribuito all'intercessione del beato; la canonizzazione è stata celebrata in piazza San Pietro il 15 maggio 2022 dallo stesso pontefice.Ai fini della canonizzazione la Chiesa cattolica ha considerato miracoloso quanto accaduto in India nel 2013. Una donna alla quarta settimana di gravidanza era stata sottoposta a esami ecografici, dai quali erano risultati la mancanza di battito cardiaco e di movimento del feto. La donna, cattolica, si fece portare dai genitori dell'acqua attinta dal pozzo di Nattalam, dove era nato il beato Lazzaro: un'ora dopo averla bevuta, sentì che il feto si muoveva. Fu effettuata una nuova ecografia, che accertò il ripristino dell'attività cardiaca fetale. Successivamente il bambino nacque sano e in buone condizioni generali. Dopo aver accertato l'inspiegabilità scientifica del caso fu dichiarata la natura miracolosa della guarigione, avvenuta per intercessione del beato Lazzaro.

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@The_legend

un anno fa

i santi che bestemmierò domani per la verifica

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